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Autore: Doctor Nowhere    26/08/2022    3 recensioni
Carlo Mancini, un ragazzo disoccupato e fuoricorso, si imbatte in un demone, Sorieno, in grado di soddisfare qualsiasi suo desiderio senza volere nulla in cambio. Cosa potrà mai andare storto?
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Perché non puoi farmi sentire bene?»

Carlo strinse le mani sul freddo lavandino. L’immagine scarna che lo fissava dallo specchio aveva delle pesanti occhiaie, ciuffi di capelli ribelli ovunque e delle chiazze di sugo sulla maglietta.

«Perché non puoi farmi sentire bene?» ripeté.

«Che cosa vuol dire “stare bene”?» la voce di Sorieno provenne da dietro di lui, ma il demone non si rifletteva nello specchio «Per esaudire un desiderio deve essere espresso in maniera chiara»

«Come può essere così complicato?» Carlo strinse i pugni e si voltò. Il suo cuore gli batteva nel petto fino a fargli male. Il suo stomaco era in subbuglio, il suo respiro affannoso.

Il demone alzò le spalle: «Alcune persone si sentono bene quando passano del tempo con gli amici. Altre quando sono da sole. Alcuni godono nel possedere beni materiali, altri infliggendo sofferenza al prossimo. Come faccio a capire che tipo di “bene” vuoi provare?»

«Non lo so, ma fa’ qualcosa!» Carlo si afferrò la faccia. Si graffiò la fronte e le guance «Non so cosa c’è che non va, ma non lo sopporto più!»

«Proviamo così allora» il ghigno di Sorieno non era mai stato così irritante «Io provo a elencare una serie di possibilità, e tu mi dici se qualcuna ti sembra in grado di farti stare “bene” come dici tu. Partiamo dalle cose più semplici… forse la nuova sistemazione ti mette a disagio? Posso fare qualcosa per migliorare l’arredamento?»

Carlo si trascinò fuori dal bagno. Poteva essere quello? Dal non lavorare più al non accontentarsi della baracca in cui viveva il passo era stato breve. Ormai non aveva più problemi coi soldi, dato che gli bastava esprimere un desiderio per ottenere qualsiasi cosa volesse. Aveva abbandonato il suo minuscolo appartamento e si era trasferito in un attico superlusso in pieno centro. Non c’era freno all’epicità di quel posto. Un’enorme jacuzzi da esterno, postazione da dj collegata a casse amplificate, tre diversi frigo minibar strategici per avere sempre una bibita fresca, poster di tutti i migliori film di Hollywood su tutte le pareti. C’era persino una griglia barbecue ultimo modello. E il tutto era nel quartiere più figo della città. Gli bastava attraversare la strada per raggiungere un ottimo bar dove fare rifornimento di alcol. Era il massimo dello sballo che potesse desiderare. E ovviamente nessuno veniva mai a lamentarsi per il casino Eppure già due giorni dopo essersi trasferito nulla di tutto quello gli dava soddisfazione.

In che modo quel posto avrebbe potuto essere migliore? «No, Sorieno, decisamente no. Va benissimo così»

Il demone arricciò il naso «Comprendo, comprendo. Proviamo qualcos’altro… che ne dici di una festicciola con i tuoi amici?»

Carlo si morse il labbro. Erano giorni che ci provava. Locali esclusivi, drink, musica, e poi fine serata nel suo attico. E niente post-sbornia. Sì, c’erano dei momenti di sballo, ma non appena si fermava un istante per riprendere fiato ecco che riprendeva quel fuoco che lo bruciava, lento ma inesorabile, e quei pensieri… quei pensieri terribili. Carlo scosse la testa: «No, non funzionerebbe»

Sorieno si avvicino e gli posò una mano sulla spalla«Magari allora la tua splendida fanciulla, la signorina Sara? Posso farla apparire in un istante, se desideri la sua compagnia…»

«NO! Lei no!» Carlo fu scosso da un brivido. Le cose tra loro andavano bene, benone, benissimo. Mai andate meglio. Non c’erano più liti, nessuna discussione. Sara era docile e sempre contenta, accettava qualsiasi proposta, faceva tutto ciò che voleva lui. Però… non andava. Ogni secondo con lei era una tortura. Era sbagliato. Qualcosa. Qualcosa non funzionava. Carlo non riusciva nemmeno a guardarla in faccia.

Lei era tutto quello che voleva. Ma anche la cosa che non voleva di più al mondo.

«E allora io non so più che fare. Pensaci e fammi sapere» la lingua di Sorieno accarezzò lentamente le sue labbra «Come si dice? Aiutati che il ciel ti aiuta!» e scoppiò in una fragorosa risata.

Carlo si alzò in piedi. In quella stanza enorme lui era così piccolo, inutile, insignificante. Doveva uscire. Doveva.

«Dove vai?» Il demone interruppe il suo scroscio di risa e gli fluttuò accanto, come un cane in attesa della passeggiata.

Carlo strinse gli occhi «Non lo so. Ma so per certo che non voglio averti vicino»

«Ma come…» Sorieno strabuzzò gli occhi in modo fin troppo teatrale «Come puoi cavartela senza di me?»

Carlo gli voltò le spalle.

«E se ti venisse da desiderare qualcosa? Se trovassi la risposta ai tuoi problemi e io non fossi lì con te non potrei esaudirti»

«E va bene» Carlo sbuffò «Ma non voglio sentirti fiatare, se prima non ti chiedo qualcosa io»

Sorieno annuì, si toccò il cappello con la punta del bastone e rimpicciolì fino ad assumere le dimensioni di un orsetto di peluche. Si appollaiò sulla spalla sinistra di Carlo e accavallò le gambe.

Carlo si mise a camminare, un passo davanti all’altro. Dove sarebbe potuto andare? Cosa avrebbe potuto fare? Una macchina strombazzò in lontananza. Un cane gli abbaiò contro. Non c’era nulla che potesse aiutarlo? Il suo cuore gli scoppiava nel petto ad ogni passo, consumato da quel male senza nome. A ogni battito era come se sanguinasse, come se fosse lacerato da una lama. Perché, perché stava così male? Aveva tutto. Aveva letteralmente tutto ciò che potesse desiderare. E allora perché niente riusciva a renderlo contento? Perché anche le cose più belle erano così inquinate, rovinate, prive di un senso? Dopotutto, che cosa aveva un senso nella vita? Esisteva un senso? E se non c’era, perché continuare con quella farsa?

Carlo si lasciò cadere seduto su una panchina. Attorno a lui decine, forse centinaia di persone vagavano con uno scopo e una meta che non avrebbe mai potuto conoscere. Nessuno poteva capire il dolore che lo stava distruggendo. E a nessuno importava.
Scosse il capo «Che schifo».

Non ne poteva più, non ne poteva più di tutto quel… quel tutto. Il brusio dei passi attorno a lui, il rombo dei motori, tutta quella confusione. Gli serviva qualcosa di diverso, di pacifico, tranquillo…

«Sorieno» la sua voce era flebile, stanca «Ti prego… voglio andare via di qui. Portami sulla cima che ho visitato con Sara tre anni fa»

Lo schiocco di dita risuonò come un colpo di cannone, e il suono della campana gli fece quasi perdere l’equilibrio e cadere di lato. Si coprì le orecchie e chiuse gli occhi.

Quando li riaprì era dove aveva chiesto di essere. Un fresco venticello gli accarezzò il volto e gli scompigliò i capelli. Tutto intorno era soltanto il verde dell’erba e il marrone della montagna. Tastò per terra, e ritrovò il sasso su cui lui e Sara si erano seduti a contemplare la strada. Colse una piccola campanula, e ne assaporò il profumo. Era tutto perfettamente come lo ricordava.

Inspirò a fondo.
«Ora sto meglio.»

Passò la mano sulla ruvida corteccia di un pino. I suoi aghi gli punzecchiarono le dita. Si tolse le scarpe e immerse i piedi nel gelido laghetto. Si godette lo scroscio dell’acqua, e scorse i pesciolini che vagavano in cerca di cibo. Intorno a lui tutto era pace e tranquillità.

«Ora sto meglio!»

In lontananza una marmottina fece capolino sul versante della montagna. Carlo afferrò un sasso, liscio e rotondo, e lo gettò in acqua. Ci fu un leggero “pluf”, e poi il sasso andò a fondo.

«Ora. Sto. Meglio.»

Sferrò un pugno all’erba. Perché, perché non era vero? Cosa poteva volere di più?

Nascose il volto nelle braccia e pianse. Cosa c’era che non andava in lui? Singhiozzò. Chiunque altro al suo posto avrebbe saputo cosa fare… anche soltanto cosa volere. Non c’era niente e nessuno che lo ostacolasse. Non c’era niente a impedirgli di ottenere ciò che voleva.

Alzò la testa di scatto «E se fosse proprio questo?»

La luce del Sole lo avvolse tiepida e accogliente. Si alzò in piedi. La strada che aveva percorso tre anni prima era lì. Tutte le zone d’ombra dove si era fermato a puntare i piedi per non proseguire, e tutta la salita. Mancava solo tutta la soddisfazione di raggiungere la cima, e tutte quelle ore, quel sudore, quella fatica che aveva fatto salendo.

Carlo si accarezzò il collo «E se fosse proprio perché è tutto così semplice?»

«Un momento soltanto, per cortesia» Sorieno tornò alle sue dimensioni originali, e gli si parò dinnanzi. Era sospeso oltre l’orlo della montagna, sopra lo strapiombo. «Per una volta, tesorino, se mi permetti, vorrei esprimere un desiderio io.» il suo tono era cupo, quasi minaccioso. Sul suo collo comparve una vena nera pulsante «Vorrei sapere esattamente cosa frulla nella tua splendida testolina»

Carlo sostenne il suo sguardo «Stavo pensando che forse se sto male è perché ottengo tutto ciò che voglio senza faticare. Quando sono salito su questa montagna con Sara… se mi ha fatto stare bene non era solo perché questo posto è bello, ma perché mi sono guadagnato questa bellezza. Tutte le cose che mi hai offerto mi hanno lasciato un enorme vuoto dentro perché era tutto gratuito. Non ci mettevo impegno, energia, non ci mettevo nulla.»

Sorieno scoppiò in una risata acuta. Si asciugò una goccia di sudore sulla fronte «Bene, bene, bene… e con questo cosa vorresti fare? Vuoi cacciarmi? Chiedermi di sparire?»

Carlo aprì la bocca, ma prima che potesse dire alcunché il demone si fece avanti e gli appoggiò un dito sulle labbra «Pensaci bene prima di rispondere» la pelle bianca sfrigolò sotto la luce. «Pensa con attenzione a tutte le cose che ti ho dato. Pensa al tuo lavoro, alla tua casa lussuosa, alla tua ragazza. Se te la sei cavata negli scorsi mesi è stato solo grazie a me. Vuoi davvero buttare via tutto questo?»

Una fitta di nausea. Carlo cadde seduto. Non ci aveva pensato. Che cosa aveva quando Sorieno lo aveva trovato? Niente. Una vita ridotta a una matassa informe di casini che non sarebbe mai riuscito a districare. Voleva davvero tornare a quello?

Sorieno conficcò il suo bastone a terra, a un passo dai piedi di Carlo: «Mostra un po' di gratitudine, bambino. Io ti ho dato tutto ciò che hai voluto. Non puoi certo dare la colpa a me se non ti piace ciò che vuoi. Sei davvero sicuro di voler dire addio a tutto questo? Vuoi davvero tornare in un mondo dove non puoi mai avere ciò che vuoi?»

«No!» Carlo si portò le mani sulle orecchie. Non ce l’avrebbe mai fatta. Si passò la lingua sulle labbra screpolate «Non sarebbe possibile… tenere solo una piccola parte delle cose che mi hai dato? Tipo… magari il lavoro, e Sara… o anche soltanto Sara… potrei ricominciare da lì, anche senza di te...»

Sorieno spalancò le fauci e i suoi i denti di squalo brillarono. «Oh, no, caro il mio pasticcino, non funziona così.» la figura del demone tremolò e si ingrandì «Sono stato molto chiaro quando ci siamo incontrati la prima volta, o no?» la sua voce si fece profonda e gutturale «Se io me ne vado, tutto ciò che ti ho dato viene via con me.» il suo artiglio scivolò lungo la guancia di Carlo «E tu te ne ritorni nel tuo squallido appartamento, senza un lavoro, senza un soldo, e soprattutto senza la tua adorata Sara»

Il demone era diventato due volte più alto di Carlo. Si ergeva minaccioso e statuario, mentre la luce intorno a lui calava.

Carlo si strinse le braccia contro il petto. Che cosa poteva fare? Sorieno aveva ragione, non poteva sopravvivere senza di lui. Ma non poteva neanche andare avanti così.

«Non ce la faccio più» mormorò a denti stretti.

Non poteva tornare a casa e far finta di niente. Non poteva più ignorare quel dolore. Ma ritornare a com’era prima… dover ricostruire tutto da zero, e questa volta senza l’aiuto di nessuno… come avrebbe potuto fare? Come avrebbe potuto sperare di riuscirci?

«Non ne posso più» una lacrima solcò il suo volto «Vorrei… vorrei solo che finisse. Che finisse tutto»

Il demone gettò la testa all’indietro e rise. La sua risata fece tremare la terra, dei pezzi di montagna si staccarono e iniziarono a rotolare giù lungo il pendio. Il cuore di Carlo iniziò a battere forte. Il pomolo del bastone da passeggio, la testa di coccodrillo, batté i denti al ritmo della risata. Ma non poteva essere vero… o sì?

«Ogni tuo desiderio… è un ordine»

Carlo alzò una mano. Un momento, un momento soltanto! Aprì la bocca, ma non uscì alcun suono.

E poi, cosa avrebbe potuto dire? Cosa avrebbe potuto volere di diverso?

Sorieno alzò le mani e le batté. Al primo colpo una crepa si diramò dal suo bastone, lunga e sinuosa, e spaccò in due il fianco della montagna sotto Carlo. Il ragazzo tentò di scostarsi, ma le sue gambe erano rigide e immobilizzate. Trattenne il fiato.

Secondo colpo. La crepa si aprì, divenne una spaccatura, un crepaccio. Carlo si aggrappò al bordo. No, no, non poteva andare così. Aprì le labbra secche, e richiamò tutta la sua voce “Aspetta… aspetta”. Le parole gli uscirono con un piagnucolio.

Sorieno lanciò un gridolino estatico, le mani pronte a battere ancora una volta “Troppo tardi, Carlo. Hai espresso il tuo desiderio, mi hai dato il permesso. Ho vinto!”

Terzo colpo. Dai lati del burrone si formarono degli spuntoni di roccia triangolari, appuntiti e affilati, proprio come i denti di Sorieno. Le mani di Carlo scivolarono, e la pietra penetrò nella carne. Carlo urlò a squarciagola e dimenò le gambe, ma riuscì a restare aggrappato. Il sangue gli scorse lungo i polsi. Una goccia gli cadde dal pollice sulla fronte sudata.

Rimbombò un violento colpo di un gong. L’intera montagna fu scossa da un forte terremoto.

Carlo perse la presa.

Precipitò nell’abisso. Intorno a lui c’era solo roccia e il fischio dell’aria.

Urlò, ed il suono riecheggiò lungo le pareti dell’abisso.

La luce in cima era sempre più lontana, sempre più flebile.

Alla fine scomparve.

Tutto fu buio.

Poi silenzio.

Ma in fondo, non c’era nient’altro per lui nel mondo.

   
 
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