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Autore: LadyYuna94    29/08/2022    1 recensioni
Sequel della mia "Guard Me For Eternity" che è necessario aver letto prima di cominciare questa
"La tua anima gemella giace in un corpo perduto nel passato e rigenerato per un nuovo futuro [...] La sua mente è plagiata e la sua nera arma scintilla come una fiamma nel buio. Una fiamma distruttrice che ha sete di potere [...] Ricorda, figlia del solstizio d’estate, solo tu puoi vincere il gelo nel cuore di un’anima spenta e dimenticata"
Lyn Kon è la meravigliosa figlia adolescente di Rei ed Elena; il giorno del suo sedicesimo compleanno parte per la Cina insieme ai suoi genitori e, come membro della Tribù della Tigre Bianca, deve sottoporsi ad un rito di passaggio, nel quale le verrà predetto il futuro dal Grande Saggio della Tribù. Ma la profezia di cui l'anziano parla non presagisce nulla di buono...
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10:

Rimasti soli, Vorkov sfoderò un sorriso rassicurante, che agli occhi di Lyn continuava a nascondere qualcosa di oscuro. Nonostante si trovassero assolutamente d’accordo sulla decisione di mantenere in vita Viktor, non poteva fare a meno di continuare a frapporre una certa distanza tra lei e quell’uomo, che ancora dopo dieci giorni le incuteva timore come la prima sera in ascensore.
- Mia cara, vieni avanti- la esortò e Lyn lentamente raggiunse il letto, lanciando uno sguardo pieno di tristezza a chi lo occupava.
- Non lo farà, vero?- chiese la giovane, tentando di ricacciare indietro le lacrime e preoccupandosi di non staccare gli occhi da Viktor.
- Naturalmente no- rispose sicuro l’uomo.
- Mio figlio non è come tutti gli altri ragazzi, lui è speciale- proseguì, carezzandogli i capelli, con un tono di voce che avrebbe messo i brividi a chiunque.
Lyn raccolse tutto il coraggio a sua disposizione in quel momento, guardò Vorkov dritto negli occhi e sospirò prima di emettere qualsiasi suono.
- Posso chiederle di restare da sola con lui per qualche minuto?- azzardò lei, pentendosi subito dopo di aver avanzato una richiesta piuttosto avventata, date le delicate circostanze.
Vorkov sorrise ancora, chinò il capo, baciò suo figlio sulla fronte scostandogli il ciuffo argenteo e poi lanciò a Lyn uno sguardo profondo.
- Ma certamente, prenditi pure tutto il tempo che ti serve- rispose lui in tono mellifluo e poi si diresse lentamente verso la porta.
Quando si accertò che fossero soli, Lyn si mise in ginocchio accanto al letto di Viktor.
- Viktor, ti prego, riesci a sentirmi?- cominciò, sentendo le lacrime che le cadevano ormai inesorabili sulle guance.
- Se mi senti, te lo sto chiedendo per favore, svegliati- proseguì, per poi cominciare a tirare su col naso.
- Qui fanno sul serio, vogliono lasciarti morire, quindi, ti supplico, apri gli occhi e torna a vivere- lo supplicò ancora lei.
Lyn non sapeva neanche perché stava recitando quella preghiera disperata nel tentativo di salvare quello che era, a tutti gli effetti, un perfetto sconosciuto per lei, ma qualcosa nell’anima, nel cuore, nelle profondità del suo essere la spingeva a lottare per quel giovane.
- Viktor, ascolta- Lyn allungò una mano verso quella di lui e, dopo qualche secondo di esitazione, la prese e la strinse tra le sue.
Il contatto con la pelle fredda di lui le diede una scarica elettrica che le corse per tutto il corpo. Quel tocco gelido, candido, trasmise a Lyn una sensazione di incredibile sicurezza e protezione.
- Svegliati. Devi sapere come finisce la storia tra Belle e la Bestia, io pretendo che tu conosca quel finale- la ragazza non riusciva a fermare le lacrime e i singhiozzi a stento le davano la possibilità di parlare.
- Devi avere anche tu il tuo lieto fine, lo meriti dopo quello che hai subito, quindi ti imploro, apri gli occhi-
Lyn osservava la bellezza giacente in quel letto, Viktor era come una statua in un museo, perfetto nella sua immobilità. Nonostante più di un mese chiuso in ospedale, sulle sue braccia c’erano ancora accenni di muscoli e quel ciuffo così particolare era cresciuto ancora un po’ e adesso gli cadeva quasi completamente sull’occhio destro, nascondendolo.
Lyn sentì l’impotenza invadere ogni cellula del suo corpo e quando capì che non avrebbe potuto fare più nulla, si rimise in piedi e si ricompose, sistemandosi la gonna a pieghe che aveva indossato quel giorno, immaginando di sentirsi bella per lui e fece per uscire dalla stanza, con un lungo sospiro volto a soffocare le ultime mute lacrime.
Prima di lasciare quella camera, rivolse un ultimo triste sguardo a Viktor.
- Ti prometto che questo non è un addio- disse Lyn e poi uscì definitivamente.
Proprio quando Lyn era di spalle e procedeva di corsa verso l’ascensore, asciugandosi gli occhi con la manica del maglioncino, Viktor mosse e piegò leggermente le dita della mano destra, la stessa che la ragazza aveva tenuto tra le sue pochi minuti prima, come a voler ricambiare debolmente la stretta.
Vorkov rientrò nella camera di suo figlio proprio nell’esatto istante in cui Viktor stava muovendo le dita. Si aprì in un ampio sorriso trionfante e poi scoppiò a ridere, curandosi di non attirare troppo l’attenzione degli infermieri che passavano di lì. Quindi si chiuse la porta alle spalle e tirò giù le persiane che davano sul corridoio, guardandosi intorno circospetto e assicurandosi che nessuno entrasse a disturbarlo. Del resto, nessuno avrebbe potuto. In quell'ospedale tutti lo temevano.
- Bene, ragazzo mio, molto bene- sussurrò andando verso il letto, continuando a sghignazzare.
- Hai riposato abbastanza, direi- proseguì, tirando fuori dalla tasca interna della giacca elegante, una siringa contenente un liquido trasparente.
Con fare ancor più circospetto, staccò velocemente l’ago dalla siringa e la infilò nella flebo attaccata al braccio di Viktor, premendo con forza lo stantuffo e continuando a lanciare occhiate preoccupate fuori dalla stanza.
- Ecco fatto- mormorò, mettendo via la siringa e girando la rotellina della flebo, aumentando al massimo la velocità di rilascio del medicinale.
- Sveglia, mio prode, è ora di tornare alla missione- disse Vorkov lasciandosi andare ad una nuova ed inquietante risata.
Dopo qualche secondo, Viktor cominciò ad agitarsi, come colpito da spasmi. Tossiva e sentiva i conati di vomito impossessarsi del suo corpo.
- Calmati- gli disse Vorkov, mentre tentava di togliergli il tubo endotracheale, mentre lui si agitava sempre di più.
Viktor afferrò il tubo con entrambe le mani, tentando di sfilarlo da solo, stando ancora con gli occhi chiusi, ma suo padre fu più veloce e lo liberò da quell’impiccio.
Lui balzò subito a sedere tossendo violentemente e tenendosi la gola, quando smise, fece un respiro profondissimo e alzò la testa. Due occhi con scintillanti riflessi violacei guardavano Vorkov pieni di odio.
Il giovane sentiva la gola bruciare, avrebbe voluto dire una marea di parolacce, ma era come se avesse inghiottito della sabbia che gli era rimasta incastrata nella trachea.
Vorkov sembrò non badare allo sguardo truce che suo figlio gli stava lanciando, al contrario era felicissimo e sbatteva le palpebre ammirato.
- Bentornato, figliolo-
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Durante il tragitto verso casa, Elena aveva tentato in qualunque modo di fare conversazione con sua figlia, ma aveva ricevuto in risposta soltanto qualche mugugno associato a dei monosillabi e all’ennesima domanda, la donna capì che la ragazza non era dell’umore adatto.
Elena notò che Lyn, girata completamente verso il finestrino che guardava distratta il paesaggio scorrere veloce, fosse identica a lei quando qualcosa la impensieriva particolarmente. Ricordava di aver assunto quegli stessi atteggiamenti più volte durante il Cammino, quando qualcosa la turbava. In quel momento realizzò quanto dovesse essere stato frustrante per Rei e gli altri viaggiare con lei che si chiudeva a riccio.
Tornati a villa Tornatore, Rei fu l’unico che riuscì a restituire il sorriso a sua figlia, la quale non appena vide suo padre gli corse incontro e gli saltò in braccio.
- D’accordo, come sempre vuoi il tuo papà, è sempre la stessa storia, da quando sei nata- disse sarcastica Elena roteando gli occhi e capendo che era stata appena relegata a ruolo di facchina, portando in camera i bagagli di sua figlia.
Rei guardò Lyn e le accarezzò i capelli, ammirando tutti i dettagli del suo viso.
- Papà, sono stata via dieci giorni, non dieci anni- disse lei imbarazzata.
- Lo so, ma lasciati guardare, la mia piccola Tigre è tornata alla sua tana- rispose Rei sorridente.
La ragazza sorrise, poi abbracciò ancora una volta suo papà, grata di essere tra le braccia dell’uomo più importante della sua vita. A Rei non sfuggì che quell’abbraccio nascondesse più di una semplice dimostrazione d’affetto, ma se conosceva sua figlia quanto la conosceva, sapeva che come la sua mamma non doveva essere messa sotto pressione. Si sarebbe confidata quando se la sarebbe sentita.
- Com’era la Russia?- chiese Rei, tenendo la sua bambina ancorata a sé.
- Magnifica, sai, mi pento di non esserci andata con te e la mamma, ci saremmo divertiti- rispose lei e Rei, di tutta risposta, fece una smorfia.
- Sai bene che non ho bei ricordi di quel posto- disse lui serrando le labbra.
- Appunto per questo, ne avresti creati di nuovi e più belli con noi- ribatté lei sorridendo, mostrando quei singolari canini appuntiti, proprio come quelli di suo padre.
- Potrei anche lasciarmi convincere, sai?- provò Rei e sua figlia sorrise ancora di più, quando sua madre fece ritorno nell’ingresso.
- Visto che non sono riuscita a tirarti su di morale io, magari ci riesce qualcun altro...- cominciò la donna con un sorrisetto.
- Ci ha già pensato papà, tranquilla- rispose la ragazza, guardando fiera suo padre, che ricambiò lo sguardo.
- E io che credevo di fare un miracolo...-
Quando riconobbe la voce femminile che aveva appena parlato Lyn sgranò gli occhi e si staccò da suo padre, urlando di gioia non appena vide Judy che apriva le braccia, invitando la ragazza a correre da lei.
- Non posso crederci! Sei già qui?!- disse Lyn in preda alla felicità, quando si staccò dall’abbraccio con la sua amica di sempre.
- Ho pensato di farti una sorpresa...- disse vaga la bionda.
- E non è la sola...-
- Già, che credi?-
Due ragazzi che Lyn conosceva benissimo, più delle sue stesse tasche, apparvero alle sue spalle con due sorrisoni soddisfatti dipinti sul viso.
Il più alto dei due aveva i capelli scuri raccolti in una coda bassa, un berretto bianco e rosso da cui non si separava mai, gli occhi con dei particolari riflessi antracite e un sorriso meraviglioso
- A me niente abbracci?-
Makoto Kinomiya attendeva impaziente che la sua più cara amica andasse a salutarlo. Lyn era sconvolta e, quando si riprese, scosse la testa e sorrise correndo ad abbracciare quel ragazzo che per lei era molto più di un fratello, anzi, i due si consideravano come gemelli visto che erano nati a poco meno di tre mesi di distanza ed erano praticamente cresciuti insieme. Inseparabili.
- Che bello vederti, draghetto- disse sincera Lyn, nascosta nel petto di Makoto, che era leggermente più alto di lei.
- E’ bello anche per me, tigrotta- rispose lui, usando quei nomignoli solo loro.
- Ok, troppo zucchero, sto per vomitare. Zia Elena, hai un digestivo?- sdrammatizzò Judy, mentre Lyn passava a salutare l’altro suo carissimo amico, David, il secondogenito dei Mizuhara.
- Come te la passi, Lyn?- chiese il diciannovenne, sistemandosi i suoi grossi occhialoni sul naso che nascondevano buffe lentiggini e dalle cui lenti trasparivano meravigliosi occhi azzurri come quelli di sua sorella, infine gli indomabili capelli ramati erano tenuti insieme da una fascia con la tipica bandiera a stelle e strisce del suo paese.
- Molto bene- rispose lei.
- Hey, ma i vostri genitori?- chiese Lyn, non vedendo in giro i suoi zii.
- Ci raggiungeranno domani, nel frattempo...- Makoto annusò l’aria.
- E’ odore di pizza quello che sento?- chiese sgranando gli occhi.
- Già, mamma e papà sono ai fornelli- sentenziò la sedicenne padrona di casa.
- Cazzo, che meraviglia, muoio di fame!-
Makoto era già partito in quarta verso la cucina di casa Tornatore, dove Elena e Rei si stavano già dando da fare per dare il miglior benvenuto possibile ai loro nipotini, ormai abbastanza cresciutelli, non troppo per assaggiare i loro manicaretti.
Dopo cena, come era da consuetudine ormai da qualche anno, i quattro ragazzi andavano a fare un giretto per il centro storico, non prima di essersi sorbiti un quarto d’ora di raccomandazioni da Rei ed Elena sull’orario di ritorno e il restare sempre uniti e in posti affollati.
- Neanche ora che avete due maggiorenni a tutti gli effetti che vi controllano a vista, gli zii si fidano- commentò Judy uscendo sul vialetto e accendendosi una sigaretta.
- In realtà siamo noi che dovremmo controllare te, ma dettagli- ridacchiò Makoto, girandosi il cappellino al contrario e sfoderando un enorme sorriso rivolto in particolare a Lyn.
- Dove si va? Ho proprio voglia di fare un aperitivo- propose il ragazzo dai capelli ramati.
- Dopo tutto quello che abbiamo mangiato hai anche il coraggio di voler andare per bar?- chiese Lyn, sconcertata.
- Ormai dopo tutte le estati passate in Italia, si sente completamente in diritto di prendere le vostre abitudini- ribatté Judy, strizzando l'occhio a suo fratello.
- Siete voi che mangiate da schifo negli USA, se penso ancora al quantitativo di maionese sulla tua pasta, mi viene il voltastomaco- commentò disgustato Makoto.
- Non ti azzardare, la maionese sta bene su tutto!- lo riprese David e Lyn si trovò d’accordo con Makoto e, solo quando si sistemarono comodamente sul muretto di fronte al Colosseo con una birra per uno, iniziarono a chiacchierare tranquillamente.
- Allora com’era la Cina?- chiese Makoto vago, per poi fare un sorso dalla sua Tennent’s.
Judy guardò Lyn di sottecchi e David a sua volta guardò Judy. La piccola Kon sapeva benissimo dove il suo amico d’infanzia voleva andare a parare.
- Beh, sai, accogliente, tranquilla, ma insomma ho visto solo lo sperduto villaggio da dove viene mio padre, non è che sono andata in giro a visitare altro- confessò ovvia Lyn, ravviandosi una ciocca di capelli caduta davanti la fronte a causa della leggera brezza estiva.
- Gli abitanti del villaggio erano simpatici?- incalzò David.
- Già, ho sentito che i vecchi amici di tuo padre si sono dati parecchio da fare ad avere figli- si intromise nuovamente Makoto e Judy roteò gli occhi.
- Oh, andiamo, smettila di fare il bambino, Makoto. Sappiamo benissimo che vuoi chiedere a Lyn a proposito del suo primo bacio- sbottò esasperata la maggiore del gruppo, mettendo in imbarazzo soprattutto l’altra ragazza.
- E sappiamo anche che ti rode il culo da morire per questo- proseguì Judy, indicando con la bottiglia e uno sguardo malizioso il figlio di Takao, mentre a suo fratello stava per andare di traverso la birra.
Sia Lyn che Makoto sentirono le guance andare a fuoco per l’imbarazzo.
- Ma dai, Judy...- cominciò Lyn poco convinta e l’amica rispose con una semplice alzata di spalle.
- Tu saresti in grado di mandare in carcere gli innocenti con quella bocca, lo sai?- le interruppe Makoto seccato e Judy si limitò a sorridere soddisfatta.
- Fossi in te però non mi preoccuperei di Jin, ma di un misterioso ragazzo russo...- riprese Judy, ricevendo di tutta risposta, un’occhiataccia da parte di Lyn.
- Cosa?- chiese David, vuotando la bottiglia di birra.
- Di che parla, Lyn?- chiese curioso Makoto.
- Ragazzi, torniamo? A breve i miei si attaccheranno alla cornetta e chiameranno tutti noi- propose Lyn scendendo dal muretto, più per togliersi dall’impaccio che per la fretta di tornare a casa.
 

 

   
 
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