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Autore: fiorediloto40    05/09/2022    2 recensioni
Saga non poté evitare che lacrime amare gli attraversassero il volto. Era tutta colpa sua...
L’unica cosa che aveva potuto fare in tredici anni era stato permettergli di vivere lontano dal Santuario, cosicché la sua parte crudele non avesse la tentazione di ucciderlo...ma anche così, ora erano i suoi stessi compagni d’armi a condannarlo...

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I personaggi appartengono a Masami Kurumada, Toei e Bandai.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Mu, Gemini Saga, Gold Saints, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alza il muro...ora!
 
Il colpo rimbalzò sulla parete di cristallo, e sarebbe tornato indietro con conseguenze letali se chi lo aveva sferrato non avesse avuto una prontezza di riflessi tale da fargli percepire la minaccia.
 
Mu alzò il suo colpo difensivo prima che fosse troppo tardi, sentendo chiaramente l’avvertimento nella sua mente. 
 
Questa volta, però, a differenza di quanto accaduto la notte precedente, identificò nitidamente il proprietario della voce...
 
Quando sentì una scarica di cosmo oscuro avvolgere minacciosamente il primo guardiano, Shaka tentò di veicolare la sua stessa difesa a protezione di Mu, ma resosi conto che non avrebbe potuto funzionare contro una minaccia così grande, non ebbe altra scelta che parlare direttamente nella sua mente. Sapeva che, così facendo, Mu avrebbe capito tuttavia...non c’era tempo per pensare ad un’altra soluzione.
 
Dopo aver percepito la presenza del muro di cristallo che garantiva la protezione all’Ariete, Shaka tornò in sé aprendo lentamente gli occhi. 
 
Per lunghi secondi fissò il vuoto, domandandosi cosa fosse accaduto negli ultimi minuti.
 
Sapeva perfettamente dove e con chi fosse Mu, ma qualcosa nella sua mente si chiuse ermeticamente rifiutandosi di vedere ciò che era davanti ai suoi occhi.
 
Non era possibile...di certo quel cosmo era tanto potente da poter appartenere al Patriarca ma quell’aura nera che lo permeava no...era indegna di un uomo giusto come lui.
 
Shaka scosse impercettibilmente il capo cercando di negare i suoi stessi pensieri. Deve essere accaduto qualcosa...forse Mu lo ha provocato o gli ha mancato di rispetto... anche se, in cuor suo, sapeva benissimo che il tibetano non avrebbe mai fatto né l’una né l’altra cosa, limitandosi ad evitare il più possibile colui che occupava lo scranno più alto del Grande Tempio. Inoltre, aveva riconosciuto perfettamente lo stesso cosmo oscuro che, la notte precedente, aveva cercato di impossessarsi di Mu mentre era inerme nel suo sonno, essendo stato lui stesso a ricacciarlo indietro...
 
In un gesto di irritazione si grattò nervosamente il mento, alzandosi dal suo altare di pietra e dirigendosi verso la camera da letto, nella parte più privata del tempio. Pur essendo un fascio di nervi, Shaka mantenne la sua posa altera nonostante fosse solo...con tutta probabilità, era il suo modo di chiudersi a tutto ciò che non lo riguardava, e nel caso specifico, una protezione contro qualcosa che non voleva affrontare.
 
I nodi stavano cominciando a districarsi tuttavia...il sesto guardiano sarebbe stato pronto ad accettare la realtà?
 
A diversi templi di distanza, dietro il muro di cristallo, Mu osservava la figura che giaceva sul pavimento.
 
Sebbene fosse riuscito a schivare il suo stesso colpo, Saga era caduto a terra nel tentativo di evitarlo.  Ora, però, non aveva la forza di rialzarsi. Non davanti a quello sguardo...
 
Quando Mu realizzò quale fosse il colpo usato da Saga, ricordò le parole che il vecchio maestro aveva utilizzato per descriverlo, in quei giorni in cui lo aveva messo al corrente dei pericoli che correva tornando al Santuario. Meschino, indegno, sordido ed infido.
 
Mai avrebbe pensato che un cavaliere potesse utilizzare quella tecnica per sottomettere qualcuno, e meno che mai un parigrado, un compagno d’armi.
 
Impossessarsi della volontà altrui, per costringerla a fare ciò che non farebbe mai. Un colpo in grado di trasformare un uomo in un mero burattino...
 
E poi...per cosa? Per soddisfare un bisogno edonistico?
 
Mu sentì una tale rabbia montare dentro di sé, che ruppe il muro di cristallo solo per potersi fiondare su quel corpo che appariva inerme, prendendolo per il bavero dell’abito e tirandolo a sé. Nonostante Saga si mostrasse impotente, allertò comunque tutte le sue difese, conscio del fatto che non avrebbe mai dovuto abbassare la guardia di fronte a lui.
 
- Che diavolo pensavi di fare, Saga?! - nonostante tutto, lacrime pesanti rotolarono lungo le guance rosse di rabbia del primo guardiano - Ti rendi conto di cosa sarebbe potuto accadere? - domandò scuotendolo dolcemente. Per quanta rabbia potesse avere, per quanta delusione potesse provare, Mu non lo avrebbe mai aggredito...
 
I lunghi capelli completamente neri, le sclere non più rosse, Saga era lacerato dal dolore di Mu. Il tibetano era l’ultima persona al mondo alla quale avrebbe voluto nuocere, eppure...per una strana ironia della sorte, si ritrovava sempre a pagare il prezzo più alto per le sue malefatte.
 
- Dannazione, Saga...sono io, Mu... - la voce rotta, mentre fissava il vuoto nelle orbite scure - Mi hai insegnato a leggere...hai curato le mie ferite, mi hai consolato quando mi svegliavo spaventato... - lo spingeva debolmente, mentre nella sua mente riviveva i momenti passati insieme a colui che per anni aveva considerato un fratello maggiore, un maestro.
 
Quando sentì il bavero della veste patriarcale inumidirsi sotto le sue mani, capì che in quel momento, tra le sue braccia, c’era Saga, quello vero, il cavaliere dei Gemelli che aveva ammirato durante tutta la sua infanzia, una delle persone per le quali aveva provato il più sincero affetto.
 
Quei singhiozzi che provenivano da dietro la maschera non lasciavano adito a dubbi. Mu avrebbe riconosciuto la sua voce ovunque. 
 
Senza alcun timore, prese le mani di Saga tra le sue portandole al petto - So che non sei tu...per questa ragione non riesco a odiarti...Saga... -.
 
Dal canto suo, Saga stava provando sensazioni che il suo malvagio alter ego aveva seppellito nel punto più profondo del suo animo, non riuscendo, tuttavia, a sradicarle...sentire di nuovo il suo nome, dopo anni di oblio, recitato come fosse un mantra dalla voce dolce di Mu, mosse tutti i sentimenti che ricacciava indietro ogni qualvolta riaffioravano per tormentarlo. Stanco delle menzogne, stanco del male, stanco di tutto, Saga lasciò andare una delle mani solo per portarla al proprio volto e rimuovere la maschera, dietro la quale si nascondeva da un tempo che nemmeno riusciva a ricordare. Dopo averla gettata con disprezzo, avvicinò la mano al volto di Mu per sfiorarne nostalgicamente i lineamenti delicati con la punta delle dita.
 
- Tu non puoi odiare, Mu... - la voce profonda di Saga risuonò tra le pareti del tempio dopo lunghi anni di silenzio. 
Le sue stesse orecchie non avevano più ascoltato le sue parole, relegate a fiaccanti monologhi che avvenivano solo nella sua mente fragile. Per paura che qualcuno potesse ascoltarle...
 
In uno dei suoi ormai rari momenti di lucidità, Saga realizzò quale fosse la cosa sensata da fare, l’unica che avrebbe potuto restituirgli un minimo della dignità che lui stesso aveva portato via da sé. E soprattutto, di pace.
 
Mentre una delle sue mani continuava a stringere quelle di Mu, portò l’altra all’altezza del proprio petto, inserendola in un’apertura nascosta nella stoffa...dopo pochi, rapidi, movimenti, tirò fuori dalla tasca un pugnale d’oro. Una difesa che portava sempre con sé.
 
Davanti all’arma, Mu tirò istintivamente indietro la testa, tuttavia, guardando l’espressione supplichevole dell’uomo che gli stava di fronte, gli fu subito chiaro come quel gesto non rappresentasse per lui alcun pericolo.
 
Tenendo sul palmo della mano la lama d’oro ricoperta di gemme, Saga fissava speranzoso le verdi iridi di Mu in un esplicito invito.
 
Nessuno dei due avrebbe potuto quantificare quanto tempo trascorsero in un silenzio strano e confortante, prima che uno di loro si decidesse a rompere quella inquietante calma con le sue parole.
 
- Ti prego Mu... - non disse nient’altro, non era necessario per comprendere cosa desiderasse dal tibetano.
 
Dal canto suo, Mu, statico, si limitò a guardare l’arma che gli veniva offerta senza battere ciglio.
 
Se l’Ariete fosse stato un’altra persona, non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione per fare, forse, la cosa giusta. La fragilità di Saga era stata la rovina di tutti...di coloro che, innocenti, erano periti sotto la sete di vendetta del suo alter ego... di coloro che, consapevolmente, si erano assoggettati alla sua brama di potere, poiché prima o poi ne avrebbero pagato il contrappasso... di coloro che, al contrario, ignari ne eseguivano gli ordini convinti di essere nel giusto, poiché la verità li avrebbe dilaniati...di coloro che pagavano il prezzo del biasimo e dell’esilio.
 
Il punto è che l’Ariete non era un’altra persona.
 
Davanti allo sguardo smarrito di Saga, mantenendo la calma che lo caratterizzava, strinse la sua mano intorno al pugnale per rimetterlo nella tasca nascosta nella sua veste.
 
- No... Mu... - in quel momento il falso Patriarca vide le sue speranze sgretolarsi davanti ai suoi occhi, riempiendoli di lacrime - ti prego...fallo per tutti voi...fallo per me...liberami dal mostro che mi divora...dammi un po’ di pace... - la voce tradiva tutto il dolore che Saga, quello vero, portava con sé da tredici anni.
 
Mu scosse dolcemente la testa in segno di diniego.
 
- Non sono io che posso arrogarmi questo diritto - la voce di Mu era rotta dal dispiacere - Solo Atena può decidere cosa fare della tua vita... -.
 
- Ma io l’ho fatto! - Saga non gli permise di continuare - Io ho deciso per tutti voi! -  la disperazione era tangibile nella sua voce.
 
- Sì, è vero... - Mu si limitò ad annuire - ti sei elevato a divinità...di quart’ordine, certo, ma pur sempre divinità, e il tuo tormento è la tua pena... - con delicatezza lasciò andare le mani di Saga alzandosi in piedi - non posso darti la pace che cerchi, nessuno può, tu stesso non puoi... - lo sguardo che rivolse all’uomo ancora sdraiato a terra era carico di tristezza - lascia che tutto si compia Saga...ormai non possiamo fare nulla per fermare ciò che deve accadere... -.
 
Le parole del tibetano riecheggiarono nel silenzio freddo del tempio, mentre, voltando le spalle senza alcun timore, si avviò con passo calmo, ma deciso, verso l’uscita.
 
Prima di sparire dalla sua vista, tuttavia, Mu sentì il bisogno di voltarsi per guardarlo. Una strana sensazione attanagliò la parte più profonda del suo petto...qualcosa in cuor suo gli diceva che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe visto...e il dolore lo colpì come un pugno nello stomaco.
 
- Mi hai fatto male Saga, molto... - una lacrima pesante rotolò lungo il suo viso delicato - però ti ho amato...come un fratello, come un maestro...talvolta come un padre... - la sua voce dolce tradiva il dolore sincero - e anche questo non potrò mai dimenticarlo... -.
 
Arrivato alla fine dei gradini che separavano il Grande Tempio dalle dodici case, Mu poteva ancora sentire il pianto di Saga riecheggiare nel silenzio del luogo. La desolazione di quel pomeriggio rendeva ancora più nitida la disperazione delle sue lacrime e lo strazio che provocava in chi lo ascoltava. 
 
Con il cuore spezzato, prosciugato delle sue energie, Mu si prese un momento per sé. Sedendosi sull’ultimo gradino, passò stancamente una mano tra i capelli, respirando lentamente l’aria fresca che l’imbrunire portava con sé.
 
Attese di calmare i battiti del suo cuore, e che la sua mente dissipasse le domande che inevitabilmente quel tipo di eventi riportavano alla memoria. Ormai non aveva più senso chiedersi perché fosse accaduto tutto quello che era avvenuto in quei tredici anni...inoltre, attribuire le colpe ad una sola persona sarebbe stato ingiusto e quanto di più lontano dalla realtà...chi più, chi meno, nessuno era esente da colpe, ma ormai non c’era più niente da fare... se non attendere che si compisse il destino che era stato scritto per ognuno di loro.
 
 
Intanto, nel sesto tempio, Shaka camminava nervosamente avanti e indietro per la sua camera da letto. Continuando così, era certo che entro la fine della giornata avrebbe segnato un solco ben visibile nel pavimento.
 
Davvero quel cosmo oscuro e alterato apparteneva al Patriarca? Perché si era insinuato nel sonno di Mu? Cosa voleva da lui?
 
Queste e mille altre domande turbinavano disordinatamente nella mente del sesto guardiano, non riuscendo ad approdare a nessuna spiegazione logica.
 
Per tredici lunghi, lunghissimi, anni, aveva eseguito ciecamente gli ordini impartiti dalla massima autorità del Santuario, ritenendolo un uomo giusto e confidando nell’infallibilità del suo giudizio, e ora, dopo solo poche ore dal ritorno del cavaliere dell’Ariete, tutto sembrava prendere una direzione inaspettata. E sbagliata.
 
Anche se...
 
Per quanto certo delle sue convinzioni, Shaka dovette ammettere che non tutto andava nel verso giusto...
 
Pur stando la maggior parte del tempo confinato nel suo tempio, all’indiano non sfuggiva nulla di quanto accadeva nel Santuario, e già da molto tempo aveva notato qualcosa di strano. Alcune missioni, nelle quali lui stesso era stato coinvolto quale consigliere, gli erano sembrate particolarmente cruente, e gli stessi allenamenti, soprattutto quelli dei ranghi inferiori, apparivano ai suoi occhi inutilmente violenti...
 
Shaka ricordava perfettamente l’organizzazione che vigeva ai tempi in cui il Patriarca era Shion, non ravvedendovi nulla della ferocia che invece aveva caratterizzato il periodo successivo, dalla sua morte ai giorni attuali.
 
Tuttavia, aveva sempre ricacciato con fastidio quel tipo di pensieri, quando infastidivano la sua coscienza. Ed il motivo era la fiducia, letteralmente cieca, che nutriva nei confronti del reggente il Grande Tempio, colui che, per importanza e saggezza, era secondo solo alla dea alla quale aveva giurato fedeltà a costo della sua stessa vita.
 
Snervato dai suoi stessi pensieri, il sesto guardiano si passò stancamente una mano tra i lunghi capelli. Era già stufo di tutto...
 
Come sempre era accaduto nella sua vita, Mu riusciva a stravolgere la sua tranquillità, e lo faceva con una semplicità disarmante, peraltro riuscendoci sia con la sua presenza che con la sua assenza. Anzi...ad onor del vero la sua assenza, più che turbare la sua pace, era sempre stata la causa del dispiacere che aveva fatto finta di non vedere, ricacciandolo nel profondo della sua mente. Dove era sempre rimasto, fino ai giorni attuali.
 
La verità era che, quando si trattava dell’Ariete, l’indiano si ritrovava ad essere completamente inerme.
 
Possibile che Mu mi faccia sentire sempre come un...come un...bambino?
 
Riecheggiando nella sua mente, quella parola lo impietrì, mettendo fine all’inutile scavo del solco. Il volto impallidì, mostrando le bellissime sfere azzurre spalancate.
 
Come accidenti aveva fatto a non capirlo prima?!
 
 
Ai piedi del Grande Tempio, Mu si alzò per riprendere la discesa delle dodici case. Prima di procedere, voltò lo sguardo un’ultima volta verso il luogo dal quale era uscito pochi minuti prima, notando come il silenzio che ivi aveva regnato fino a quel momento veniva lentamente sostituito dalla concitazione dovuta al ritorno delle guardie e della servitù.
 
Con tutta probabilità, pensò Mu, il mostro aveva ripreso possesso della mente di Saga, ricacciandolo in qualche luogo recondito del suo cuore nero. 
 
Sospirando stanco, cominciò la sua discesa. 
 
Mentre procedeva, sperò vivamente che Aphrodite non fosse in casa, o che si limitasse ad ignorarlo, poiché non aveva la voglia, né tantomeno la pazienza, di seguire i suoi pensieri carichi di enigmi ed allusioni.
 
Che, per inciso, non gli interessavano minimamente.
 
Tuttavia, gli risultò piuttosto evidente quanto la fortuna, in quel giorno, lo assecondasse solo in parte, quando trovò il dodicesimo guardiano in piedi davanti all’ingresso del suo tempio. Appoggiato in modo fintamente casuale ad una delle colonne, vestito della sua armatura, giocherellava con una delle sue rose tra le dita.
 
Chiaramente in attesa del suo arrivo.
 
- Voglio che tu sappia che non mi piaci per niente...non mi sei mai piaciuto Ariete! - senza prendersi la briga dei convenevoli, Aphrodite esordì senza preamboli, andando dritto al punto e mettendo subito in chiaro quali fossero i suoi sentimenti per il tibetano.
 
Ovviamente omettendo la gelosia che ne influenzava le convinzioni.
 
Mu si limitò a guardare il compagno d’armi senza rispondere. Che senso avrebbe avuto discutere con lui?
 
Il guardiano della prima casa era conscio dei tempi duri che, di lì a breve, avrebbero dovuto affrontare in quanto membri dell’esercito di Atena...esacerbare gli animi non avrebbe giovato a nessuno.
 
Tuttavia, chi gli stava di fronte, guardandolo con espressione ostile, non era della stessa opinione...era chiaro che lo svedese non vedesse l’ora di sputare il suo veleno in faccia all’interlocutore, e lo fece indipendentemente dalle conseguenze che ne potevano derivare.
 
- Ho sempre pensato di te che fossi un debole...un vigliacco che ha preferito fuggire dal Santuario, potendo contare sull’impunità garantita dalla benevolenza di colui che lo regge! - il respiro leggermente affannato tradiva tutto il suo livore.
 
Litigare con un compagno d’armi era l’ultima cosa che Mu avrebbe voluto fare, ma nonostante ciò, non avrebbe permesso alle sue parole infamanti e deliranti di gettare fango sul suo operato.
 
In fin dei conti, chi in quel momento gli stava rinfacciando ipotetiche negligenze apparteneva alla schiera di coloro che avevano tratto e continuavano ad avere benefici dai comportamenti di dubbia utilità e moralità perpetrati dal Grande Tempio...imputare indolenza ed inerzia a lui che, al contrario, ne aveva tratto sempre e solo problemi pur adempiendo ai propri doveri, poteva essere solo uno scherzo di pessimo gusto.
 
Facendo appello alla sua leggendaria calma, frutto della dura disciplina imposta da Shion prima e proseguita in seguito da Dohko, Mu fissò i suoi grandi occhi verdi in quelli azzurri del compagno, cercando di non tradire alcuna emozione.
 
- È curioso... - la voce dell’Ariete suonava monotòna - e sono onorato del fatto che tu abbia avuto dei pensieri per me... - inclinò leggermente il capo senza mai interrompere il contatto visivo con il compagno - e quasi mi vergogno nel dover ammettere che, purtroppo, non ho mai ricambiato... -.
 
Se Aphrodite era nervoso per lo scompiglio che Mu aveva, a suo parere, portato nella sua vita, sentirlo dire così candidamente di non averlo mai considerato, lo mandò letteralmente su tutte le furie.
 
Lui, il cavaliere unanimemente riconosciuto il più bello di tutto l’esercito di Atena, adulato per il suo fascino e temuto per la sua crudeltà...ignorato da unqualunque cavaliere d’oro?! Non era tollerabile!
 
- Sei una spina nel fianco, Ariete... - il tono sibilante mostrava tutta la sua collera - ...che diavolo sei tornato a fare, eh?! Tornatene da dove accidenti sei venuto, rinchiuditi nella tua torre sperduta nel nulla, e seppellisciti dentro vivo prima che la tentazione di farti fuori diventi più forte della mia lucidità! -.
 
Mu si limitò a fissare il compagno dall’alto in basso e viceversa. Com’era possibile che Aphrodite fosse considerato il cavaliere più desiderabile? Ai suoi occhi appariva un mostro...
 
Il silenzio del tibetano, tuttavia, non fece altro che far arrabbiare ancora di più Aphrodite.
 
- Dannazione Mu! Non sei contento di tutto quello che hai già causato?! - perdendo l’usuale contegno, la voce del dodicesimo guardiano divenne udibile anche a diversi templi di distanza - Lo hai fatto uscire di senno! Non so per quale oscura ragione Saga tenga tanto ad una persona inutile come te... - roteò lo sguardo in cerca di una spiegazione, prima di sbarrarli, all’improvviso, come se avesse scoperto chissà quale verità - Ho capito! Ho capito...hai fatto un sortilegio...un incantesimo... - puntò il dito contro il tibetano agitandolo nervosamente - Qualcosa che...il tuo strano popolo...sì, la tua stravagante gente, sa fare...e che hai usato per far innamorare Saga... - il modo confuso in cui parlava rivelava tutto lo smarrimento nel quale si stava incartando.
 
Che non durò a lungo. Non quando, alzando gli occhi, trovò il primo guardiano a pochi centimetri da lui.
 
Istintivamente, Aphrodite si tacitò facendo un passo indietro...l’espressione di Mu non gli piaceva per niente. Nel poco tempo che avevano condiviso da bambini, il viso dell’Ariete aveva sempre mostrato serenità, con sfumature tenere e dolci, soprattutto quando sorrideva, e nella sua memoria non riusciva a trovare niente che assomigliasse al suo volto in quel momento. 
 
Nonostante tentasse di non mostrare paura, mise in allerta tutti i suoi sensi.
 
- Quando hai finito di dire idiozie... - se il volto di Mu incuteva timore, la sua voce profonda mise i brividi in chi lo ascoltava - apri bene le orecchie perché non mi ripeterò... -.
 
Normalmente Aphrodite avrebbe risposto a tono a quelle parole insolenti, tuttavia, non riuscì a dire nulla. La sua voce sembrava spegnersi prima di attraversare la gola.
 
- La gente stravagante, lo strano popolo... del quale non sai niente, perché non ti sei mai preso la briga di guardare oltre il tuo naso... ha creato quella sacra armatura che tu ostenti... - Mu guardò profondamente nelle iridi spalancate del compagno - a mio parere, in modo discutibile e senza alcun merito, tuttavia, questo è il volere della dea e non sarò di certo io a metterlo in discussione... - poi, la sua voce si incupì ulteriormente, segno che ciò che stava per dire non sarebbe stato ripetuto un’altra volta - ma non osare parlare di amore Aphrodite...non davanti a quello che è accaduto oggi, che con esso non ha nulla a che vedere...se pensi che Saga mi ami non hai capito nulla dell’amore, e soprattutto, non hai capito niente di Saga! -.
 
Davanti alle sue parole inclementi, il dodicesimo guardiano reagì. Seppur stordito da ciò che aveva sentito e che, dovette ammettere, essere in gran parte vero, non poté sopportare di vedere messo in discussione quello che considerava un sentimento vero.
 
- Che diavolo ne sai di ciò che accade qui Mu dell’Ariete?! - alzò il mento in segno di sfida - Che accidenti ne sai di come sono stati questi anni? Che ne sai di cosa accade a Saga quando la bestia si sveglia e gli da il tormento? - la sua voce era simile ad un sibilo - te lo dico io Mu...non sai niente...perché non sei mai stato qui con lui ad assistere al suo dolore ed al suo tormento...ma io sì... -.
 
Gli occhi dello svedese si velarono leggermente, particolare che non sfuggì al suo interlocutore.
 
- Io l’ho sempre ascoltato...io l’ho sempre consolato...io l’ho sempre difeso da se stesso...io - per la prima volta abbassò lo sguardo sussurrando - ...l’ho sempre amato -.
 
Quello che seguì fu un silenzio strano.
 
Mu pensava che l’amore fosse un’altra cosa...amare qualcuno non comporta sguazzare con lui nella stessa melma, bensì provare a tirarlo fuori, avere forza per entrambi quando è necessario...e anche quando non lo è.
 
Tuttavia, preferì tacere davanti a quella confessione.
 
Non gli piaceva Aphrodite, ad essere onesti non gli era mai piaciuto...fin da giovanissimi lo aveva sempre considerato un manipolatore ed un profittatore, con una morale tutta sua, da adoperare ad uso e consumo dei suoi interessi. Eppure...in questo momento gli era sembrato sincero...probabilmente una delle rare volte in cui aveva mostrato qualcosa di reale.
 
Inoltre, era abbastanza adulto da sapere che l’amore non ha un’unica forma. Può manifestarsi in svariati modi, e non stava a lui giudicare quale fosse il migliore, o il più appropriato.
 
Anche se complesso e con molte più ombre che luci, con tutta probabilità il sentimento che il cavaliere dei Pesci provava nei confronti del falso Patriarca era sincero... era, per quanto incomprensibile e vagamente folle, proprio amore.
 
In tutto questo, Mu pensò che non ci fosse nulla da aggiungere, inoltre...aveva notato la commozione che aveva colto all’improvviso il dodicesimo guardiano, e volendo rispettare quel momento, si allontanò dal compagno per riprendere il cammino verso il suo tempio.
 
- Addio Aphrodite -.
 
Non ricevette risposta. 
 
E la ragione non fu la scortesia del cavaliere dei Pesci, semplicemente...non c’era più nulla da dire, ed il suo silenzio sancì per sempre la fine dei conti in sospeso con l’Ariete.
 
Dopo aver attraversato il dodicesimo tempio, Mu dovette ammettere con se stesso di sentirsi completamente svuotato. Il pericolo scampato con Saga e l’incontro con Aphrodite lo avevano prosciugato della fiducia che, intimamente, aveva riposto nei confronti del Santuario fino al suo ritorno. Per quanto potesse sembrare strano, una profonda e piccola parte del suo cuore aveva sempre creduto nella buona fede dei guerrieri di Atena, e coltivato la speranza che ci fosse un modo per evitare ciò che, da lì a qualche giorno, sarebbe inevitabilmente accaduto. 
 
Purtroppo però, tredici anni vissuti lontano dai suoi compagni e da colui che li governava lo avevano reso inutilmente fiducioso, e lo aveva capito solo nel momento in cui i suoi piedi avevano nuovamente calpestato quel suolo che, ormai da tempo, aveva perduto tutta la sua sacralità. Quel luogo era intriso di oscurità e coloro che vi dimoravano, più o meno consapevolmente, ignoravano le ombre che si annidavano nel loro stesso cuore.
 
Sospirando, Mu fissò un punto immaginario di fronte a sé. Tutto stava per compiersi, e la verità avrebbe travolto tutti, indistintamente.
 
Quando arrivò in prossimità della casa dell’Acquario, si annunciò al padrone di casa sollevando dolcemente il proprio cosmo. Sebbene si sentisse davvero stanco, non dimenticò l’impegno preso con Camus quella stessa mattina. 
 
Se l’amico aveva intenzione di parlare con lui, gli avrebbe prestato tutta la sua attenzione. Camus era una di quelle persone che parlava solo quando aveva qualcosa da dire. Ed era una delle qualità che Mu apprezzava di più in lui.
 
Dopo aver trascorso diverso tempo in attesa di risposta, però, ciò che ricevette fu solo il permesso di attraversare la casa. Di per sé, questo non avrebbe preoccupato il tibetano, poiché anche l’Acquario avrebbe potuto trascorrere una giornata impegnativa, e magari ciò che più desiderava era solo riposarsi...
 
Il problema era ciò che Mu aveva percepito nitidamente. 
 
La temperatura del tempio era molto più bassa del normale. Ciò significava che l’undicesimo cavaliere stava raffreddando tutto, compreso il pavimento, che stava gelando i piedi di Mu. Ma non era questo a preoccuparlo, anche perché era abituato alle temperature rigide delle cime himalayane.
 
Sentire un’instabilità così forte nel cosmo dell’amico, mise Mu pericolosamente in allarme. Camus era una persona piuttosto controllata, mai sopra le righe, apparentemente imperturbabile, e mai avrebbe permesso al suo cosmo di mostrarsi così volubile.
 
Camus, non voglio disturbarti. Voglio solo sapere se posso aiutarti in qualche modo. Mu parlò direttamente nella mente di Camus.
 
Sebbene fosse preoccupato per l’amico, non avrebbe mai permesso a se stesso di violare il suo spazio privato. Sapeva quanto l’Acquario fosse discreto...forse anche più di lui.
 
Nella parte più privata del tempio, la biblioteca dove passava la maggior parte del suo tempo quando era al Santuario, Camus era preso dai suoi pensieri. In modo piuttosto confuso a dire il vero.
 
Per quanta voglia avesse di parlare con Mu, questo non era decisamente il momento. Ciò di cui aveva bisogno era riordinare la sua mente, e il discorso che voleva affrontare con il tibetano richiedeva serietà e concentrazione. Probabilmente non gli sarebbe bastata l’intera notte per risolvere i suoi dubbi, ma comunque gli avrebbe permesso di avere le idee più chiare.
 
Nonostante ciò, volle essere il più sincero possibile con Mu. D’altronde, non avrebbe avuto alcun senso mentire, innanzitutto perché il primo guardiano lo avrebbe compreso subito, e poi, perché erano sempre stati onesti l’uno con l’altro. E questo era stato uno degli aspetti determinanti nella nascita della loro amicizia. 
 
Non ti mentirò Mu...non sto bene in questo momento...ma non preoccuparti. Ho solo bisogno di fare chiarezza con me stesso...domani mattina verrò al tuo tempio...
 
Mu intuì che la faccenda coinvolgesse un altro compagno d’armi, e con tutta probabilità sapeva anche di chi si trattasse. Per tutto ciò che riguardava la sua persona, infatti, Camus era un uomo ed un cavaliere preciso e meticoloso, non lasciava mai nulla al caso...se ora si trovava in questo stato, la causa poteva essere solo esterna. 
 
Tuttavia, come da sua abituale discrezione, Mu tenne per sé ogni considerazione. 
 
D’accordo...a domani allora...ma di qualunque cosa dovessi aver bisogno...sai dove trovarmi...a qualunque ora. Buonanotte Camus...te la auguro di cuore...
 
Dopodiché Mu si avviò finalmente verso la sua casa. 
 
Ad essere sinceri, il disimpegno dell’Acquario era stato provvidenziale... sentendosi emotivamente svuotato, Mu preferiva di gran lunga potersi riposare prima di affrontare nuovi problemi...
 
Tra chi era ancora assente per l’allenamento, chi gli concesse il passaggio più o meno volentieri, e chi lo ignorò completamente, arrivò al primo tempio prima di quanto avesse immaginato.
 
Per fortuna...
 
Dopo aver messo a riposo l’armatura, si diresse direttamente nel soggiorno, dove si trovava anche la cucina; senza molta voglia, preparò velocemente qualcosa da mangiare, che consumò in piedi. Lo fece solo perché sapeva di doversi sostenere...se fosse dipeso da lui, sarebbe andato dritto in camera da letto a sprofondare nel materasso.
 
Cosa che fece subito dopo.
 
Nel torpore del dormiveglia, che arrivò non appena la sua testa toccò il cuscino, pensava che gli sarebbe piaciuto fare un bagno rilassante prima di andare a letto, tuttavia, quando il pensiero lasciò la sua mente, era già crollato in un sonno profondo.
 
 
La luce del sole filtrò tra le tende accostate colpendolo dritto in faccia. Con una mano, Mu coprì il suo viso, mentre i raggi cercavano di insinuarsi tra le lunghe ciglia. Girando la testa di lato, cercò di ignorare il richiamo del giorno, ma quando si ritrovò a fissare il suo bel copriletto candido, comprese di essere ormai sveglio.
 
Con la cautela di chi deve riprendere contatto con la realtà, si posò sugli avambracci guardandosi intorno.
 
Ho dormito vestito?
 
Solo allora, Mu si rese conto di avere ancora addosso gli abiti del giorno prima. Praticamente era svenuto sul suo stesso letto.
 
Sorrise tra sé...se Kiki lo avesse sorpreso in quel momento, tutti gli anni passati ad insegnargli le buone maniere sarebbero andati irrimediabilmente persi...
 
Lentamente, si alzò dal letto, e stirando dolcemente le sue membra intorpidite, si diresse verso il bagno. Non c’era tempo per rilassarsi come avrebbe voluto fare la sera precedente, tuttavia, una doccia lo avrebbe aiutato ad affrontare meglio la giornata. Che sarebbe stata comunque impegnativa.
 
L’ennesima giornata impegnativa.
 
L’acqua stava ancora massaggiando il suo cuoio capelluto, lavando via dalla chioma ciò che ancora rimaneva del sapone, quando Mu avvertì in lontananza l’arrivo di qualcuno. Ricordando l’appuntamento che aveva con l’amico, ritenne superfluo indagare ulteriormente, terminando la sua igiene mattutina per andare ad accogliere l’ospite...
 
Finì di sciacquarsi e, dopo essersi asciugato sommariamente, si legò un asciugamano in vita dirigendosi verso il soggiorno, pronto per ricevere Camus. 
 
Non provava alcun imbarazzo nel presentarsi così all’Acquario...avevano già condiviso gli stessi spazi, ben più di una volta, e non era mai stato un problema per loro. A dispetto del carattere riservato di entrambi i cavalieri, nessuno dei due aveva mai mostrato inutili ed eccessivi pudori.
 
- Accomodati Camus - la visuale di Mu si limitava al pavimento, mentre, con l’asciugamano davanti al viso, tergeva l’acqua dalle sue lunghe ciocche - metto a bollire l’acqua per il tè...dal Jamir ho portato quello alla cannella... quello che ti piace tanto... -.
 
Il leggero sorriso che aveva sulle labbra non durò a lungo.  Morì quando, tolto l’asciugamano dal volto, riuscì di nuovo a vedere davanti a sé.
 
In quel momento si pentì di non aver indagato sul cosmo che si stava avvicinando...
 
Il viso irritato non lasciava presagire nulla di buono. Tantomeno la pessima ironia che seguì.
 
- Ah sì? Vedo che conosci molto bene i gusti dell’Acquario...è per questo che ti presenti davanti a lui in questo modo...Mu dell’Ariete?! -.
   
 
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