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Autore: VaniaMajor    10/09/2022    2 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 29

SOTTO ATTACCO

 

Bankotsu seppe del loro arrivo con largo anticipo, ma non mandò alcun demone all’attacco. Non fece nulla per impedire il loro avvicinamento o anche solo per rallentarli. C’erano tutti: il Principe di En, la Portatrice di Shinsetsu, il monaco e la Cacciatrice con le Hoshisaki di Jakotsu e dell’okami-yokai. Gli stavano finendo tra le braccia e il mercenario non vedeva l’ora di mettere fine a quella fase del suo piano di libertà e vendetta.

Schierò la sua armata in un ampio semicerchio nella foresta, mentre lui si piazzò vicino al pozzo magico. Per quanto lo riguardava, rimase allo scoperto, tranquillo, lucidando la sua Banryu accanto al corpo immobile e deperito del ragazzino che era stato scelto prima di lui per incarnare la Violenza. Kanna era sparita, ma sapeva che si sarebbe fatta viva al momento giusto.

«Almeno morirai con tua sorella, moccioso. Non tutti hanno di queste fortune. – gli disse, tranquillo – Parliamoci chiaro: che senso ha vivere come un vegetale? Questa sarà la tua ultima battaglia, ti sto quasi facendo un favore.» Bankotsu era convinto che il ragazzo lo sentisse, anche se da lui non veniva un segno di vita. Avvertiva un certo legame con il fratello della Cacciatrice, sicuramente dovuto all’Hoshisaki, e non vedeva l’ora di mandarlo all’altro mondo. Gli ricordava Jakotsu morente…ma anche se stesso, quando era sprofondato oltre la vita e poi ne era stato strappato per diventare vessillo di quel potere scomodo.

«Arrivano.»

La voce di Kanna, alla sua destra, lo fece voltare con una smorfia. Odiava il modo in cui poteva muoversi e apparire senza mettere in allerta i suoi sensi di guerriero.

«Sappiamo cosa fare, mocciosa, giusto? Tu pensa al tuo che io penso al mio.»

«Ricorda di recuperare…»

«Le Hoshisaki. Ovvio. Naraku crede davvero che me le lascerei scappare?»

Kanna lo guardò in faccia per la prima volta con quegli occhi che erano specchi senz’anima.

«No.» disse, con voce ambigua. Cosa voleva dire? Naraku aveva intuito le sue mire? Beh, tanto peggio. A meno di essere improvvisamente guarito e di poter uscire da quell’antro che lo nascondeva, non avrebbe avuto modo di fermarlo.

Kanna tornò al suo posto e Bankotsu si alzò in piedi, l’alabarda sulle spalle, attendendo i suoi graditi ospiti. Li apprezzò con la fredda stima di un guerriero quando li vide comparire: non potevano non sapere di essere circondati, ma questo non li aveva fermati.

«Ben arrivati! – disse, con un sorriso – Mi fa piacere vedere che gli assassini di Jakotsu hanno un po’ di spina dorsale.»

«Contrariamente a te, che per attirarci qui ti sei abbassato a rapire un ragazzo malato.» gli disse Inuyasha, con disprezzo. Bankotsu si strinse nelle spalle.

«Ordini dall’alto. Io non ho bisogno di questi mezzucci. – disse, indifferente, poi si spostò un poco per mostrare loro la figura abbandonata sulla barella di fortuna – Comunque l’ho trattato bene, come vedete. È ancora vivo…se questa si può chiamare vita.»

Sentì l’ansito della Cacciatrice e vide il monaco passarle un braccio attorno alla vita, in parte per trattenerla ma palesemente anche per confortarla. C’era un legame tra quei due? Poteva essere un’informazione interessante, ma il suo vero obiettivo era Inuyasha. L’hanyo sguainò la sua spada, anche se sapeva benissimo di non poterla usare per ucciderlo. Naraku, infatti, lo aveva avvisato che Tessaiga uccideva solo gli yokai. Chissà se quell’arma incompleta sarebbe stata all’altezza della sua Banryu?

«Perché non mi consegnate le Hoshisaki e non vi fate ammazzare? Risparmieremmo un sacco di tempo.» disse, facendo ruotare l’elsa dell’alabarda nel palmo.

«Perché non ti allontani da Kohaku e non te ne torni dal tuo padrone, brutto vigliacco?!» ritorse la Portatrice di Shinsetsu, furibonda, incoccando una freccia nel suo arco. Bankotsu sogghignò. La fanciulla non sapeva che, per quanto la riguardava, c’era una sorpresa in serbo.

«Come volete. Allora, diamo inizio alle danze!» esclamò, scattando in avanti.

«Non chiedo di meglio!» disse Inuyasha, facendo lo stesso. Non appena le due lame si scontrarono, gli yokai appostati nei dintorni confluirono sul luogo dello scontro come una massa mortale, dando inizio alla battaglia.

***

Non si scambiarono nemmeno un cenno d’intesa. Avevano deciso come si sarebbero mossi in precedenza e la situazione non avrebbe potuto essere più chiara di così. Erano circondati, Bankotsu teneva Kohaku in ostaggio e avrebbe fatto in modo di non allontanarsene, se Inuyasha non fosse riuscito a smuoverlo dai suoi pressi.

«Kirara!»

Sango spronò il neko-yokai a volare verso la turba di demoni in avvicinamento, preparando Hiraikotsu al lancio. Miroku era dietro di lei, il volto fattosi di pietra, con il bastone tagliente in una mano e un mazzo di esorcismi pronti nell’altra. Kagome deglutì e fu allarmata nel sentire dolore. La sua bocca e la sua gola erano secche per la paura.

“Avanti!” si spronò, inalando in profondità e tendendo l’arco, attingendo quanto più poteva al potere della sua Hoshisaki. Aveva un ruolo da svolgere e, in attesa che Inuyasha le spianasse la strada, non rischiava certo di ritrovarsi disoccupata. Scagliò la sua freccia contro i demoni alla loro destra, una stella rosata che esplose al contatto con uno di loro, investendo di potere benefico parecchi nemici. Qualcuno si polverizzò, troppo debole per sopportare il potere dell’Hoshisaki, altri si fermarono, feriti malamente, ma il resto del gruppo continuò a sciamare su di lei. Kagome corse avanti: Inuyasha le aveva raccomandato di tenersi sempre a lato, in modo da essere visibile anche durante il suo scontro con Bankotsu. In quel momento, il Principe di En stava scambiandosi colpi di inaudita violenza con lo scagnozzo di Naraku. Le loro forze sembravano pari, anche perché Inuyasha non poteva usare contro di lui i poteri di Tessaiga. A sinistra, Sango e Miroku stavano facendo miracoli, cercando di sfoltire le file nemiche.

Kagome si attenne alle direttive di Inuyasha, mentre incoccava un’altra freccia e la lasciava andare, facendo vittime. Non avrebbe però potuto tenerli a freno ancora a lungo.

«Kaze no kizu!»

Kagome perse il fiato per un istante a causa dello spostamento d’aria quando Inuyasha sferrò un colpo ad arco alla sua destra, facendo a pezzi un numero di avversari tale da forzarli a fermare un attimo la carica. Bankotsu ne approfittò per tentare un affondo, ma Inuyasha evitò la lama e si fece di lato, accusando però il colpo quando il guerriero gli sferrò un inaspettato pugno sulle costole, abbandonando per metà la presa sull’elsa. Il pugno di un essere umano normale non gli avrebbe fatto nemmeno il solletico, ma Bankotsu possedeva la Violenza e la sensazione fu quella di un colpo di maglio. Inuyasha fece un balzo all’indietro, piegato e per un istante senza fiato.

«Non hai troppo tempo per badare agli altri, cagnetto.» lo schernì Bankotsu.

«Avrò tempo di fare tutto ciò che serve, fidati.» ansimò Inuyasha, con un sogghigno. Bankotsu rimase per un attimo interdetto: aveva l’impressione che qualcosa gli sfuggisse nell’espressione e nelle parole del Principe di En. Poi, Inuyasha tornò a farsi sotto, cancellando i suoi ragionamenti e fomentando di nuovo l’esaltazione che lo prendeva nella battaglia. Doveva assolutamente allontanarlo dal ragazzino inerme. Una volta che Kagome e Miroku si fossero piazzati a sua protezione, avrebbero potuto smettere di preoccuparsi anche di Sango. Naraku e Bankotsu erano convinti di poter fare leva sui loro punti deboli, ma Inuyasha non era più la testa calda precedente il suo incontro con Kikyo, non esattamente…e, tra qualche istante, i suoi nemici ne avrebbero avuto la prova.

***

Dal momento in cui lasciarono la montagna della Grotta degli Echi e si diressero verso il Palazzo, il silenzio tornò a regnare tra Sesshomaru e Anna. Un silenzio strano, indice di una nuova convergenza di pensiero e di intenti ma anche pregno di una tensione non più dovuta alla voglia di saltarsi al collo a vicenda. Ognuno sembrava concentrato, con lo sguardo rivolto dentro se stesso. Non potevano negare il nuovo legame tra loro, ma nessuno dei due voleva conoscerne le future implicazioni. Si arrovellavano in silenzio, si guardavano il meno possibile, soffocavano entrambi le emozioni più o meno definite che un movimento o un tratto dell’altro suscitavano.

Lei si accorgeva di pensare sempre meno al ritorno a casa. Lui, una sera, si era trovato ad andare quasi in trance ascoltandola cantare a mezza voce quella melodia che aveva sentito nella grotta. Ne era uscito con uno sforzo di volontà, maledicendosi per aver pensato che la sua voce fosse magica, per averle guardato le labbra mentre cantava.

Tra i due, Anna era quella più consapevole della natura di quell’attrazione che si stava radicando tra loro, dell’elettricità nell’aria. Non che avesse compreso di non essere la sola a provarla, Sesshomaru era troppo bravo a nascondersi dietro il proprio muro di gelo, ma contrariamente a lui sapeva anche che se il cuore si stava facendo coinvolgere tanto quanto i sensi era perché la Grotta aveva accelerato le tappe per loro, creando una comunione che altrimenti avrebbe impiegato mesi, forse anni, a emergere, tenuto conto che in entrambi non albergava un solo grammo di frivolezza. Per Sesshomaru, invece, si trattava di uno scomodo impulso a toccarla e a stringerla che gli manteneva i nervi a fior di pelle, in quanto non era mai capitato che il suo autocontrollo fosse tanto al limite. Le emozioni, almeno per quanto lo concerneva, non erano coinvolte al di fuori del desiderio. Sarebbe rimasto, in realtà, sorpreso di poterne provare. Non associava la brama a quella confidenza che altri avrebbero già chiamato amicizia.

Nel frattempo, Kagura li seguiva a una certa distanza, senza nemmeno curarsi di nascondersi. Doveva avere in mente di combinare qualcosa, ma per il momento non agiva e Sesshomaru aveva deciso di ignorarla, ordinando ad Anna di fare altrettanto. Per la maggior parte del tempo, cercava di pensare a Tenseiga. Era la sua preoccupazione costante, perché il suo mancato utilizzo era l’unica cosa che ancora lo separasse dall’unione della Stella di En e dalla conseguente distruzione di Naraku.

Quel pomeriggio, durante una breve sosta, sguainò la lama e la tenne davanti al viso, scrutandola come se volesse leggere il suo segreto nei riflessi che il sole strappava al metallo. Anna, seduta sulle radici di un albero, lo guardava.

«L’Hoshisaki della tua spada è la Misericordia, giusto? – chiese, e al suo cenno di assenso aggiunse – Una scelta bizzarra.»

«Chiunque sarebbe d’accordo con te. – disse Sesshomaru, lasciando trasparire l’amarezza – Una spada che non uccide. Un’arma inutile.»

«Da quanto mi hanno raccontato di tuo padre, non posso credere che non vi fosse una logica nella sua scelta al momento di far creare le vostre eredità.»

«Ci ha designati eredi della caratteristica che, secondo il suo giudizio, ci avrebbe resi completi.»

«Non ha lasciato appunti? Un scritto di spiegazioni?» chiese, e al suo cenno di diniego aggiunse «E Totosai non ha saputo darti altre informazioni? Nemmeno Kiokuchi-sama?»

Il silenzio che le rispose fu sufficiente. Anna corrugò la fronte, perplessa. Il padre di Sesshomaru e Inuyasha aveva gestito la propria eredità con grande intelligenza, privandosi deliberatamente delle Hoshisaki per lasciarle ai figli e incastonandole in oggetti di potere utili. Non poteva aver senso che avesse fatto tanto, coinvolgendo il lavoro di altri, scommettendo alla cieca sulla compatibilità dei due figli con le Punte di Stella. Cosa impediva a Sesshomaru di attingere ai poteri della propria spada?

«Eppure non è crudele...» borbottò e all'occhiata corrucciata di Sesshomaru scosse il capo. «Stavo solo pensando che la Misericordia sembra richiamare un potere benefico. D'altra parte, Tenseiga è una spada, perciò deve avere anche un'applicazione d'attacco.»

«Tutte le Hoshisaki hanno una doppia valenza. La tua toglie e dà energia vitale, come hai già avuto modo di sperimentare. - disse Sesshomaru, seguendo la sua linea di ragionamento con un certo interesse – Sì, è probabile che Tenseiga nasconda un doppio potere. Tessaiga è una spada da battaglia ma può essere utilizzata anche per fare da scudo ai poteri della Stella di Gake.»

«Può accadere che le Hoshisaki si attivino autonomamente? Forse ti manca la fiducia necessaria in Tenseiga per vedere dei risultati…Lo dico perché fin da quando sono arrivata mi è stato ricordato che la disarmonia con le Hoshisaki crea danni e ne distorce il potere.» si affrettò a finire Anna, vedendo che il cipiglio di Sesshomaru aumentava.

«Non c’è fiducia tra me e Tenseiga. – ammise suo malgrado, gelido – La spada è viva, mi ha più volte avvisato della comparsa di altri frammenti della Stella di En o delle disgrazie a essa legate, ma non si è mai attivata nella mia mano.» Si stupì nel rendersi conto di non avere problemi nell’ammetterlo di fronte a lei. Forse perché non era un suo suddito, forse per la limpida connessione che adesso esisteva fra loro…Era una libertà che Sesshomaru non aveva mai sperimentato né si era concesso.

«I monaci di Ojohi mi hanno spiegato che quando avrai dalla tua tutti i frammenti, potrai riunire la Stella di En e usarla contro quella di Gake, per poi purificare entrambe.»

«Finché Tenseiga resta un mistero insondabile, quel giorno è lontano. Ora occorre tornare al castello e fare in modo che la Stella di En resti lontana dalle grinfie di Naraku. Bisognerà riorganizzare le armate, il tradimento della Grande Famiglia ha scompaginato le linee.»

Lei annuì, poi si alzò e gli andò accanto, gli occhi fissi sulla lama di Tenseiga. Sembrava che l’enigma la stimolasse. Gli piaceva vedere i pensieri scintillarle nello sguardo come lampi, segno di una mente in fervida attività.

«Privarsi delle Hoshisaki mentre si è in vita non è pericoloso? Totosai è stato chiaro nei miei riguardi…» chiese. Sesshomaru si incupì.

«Dipende. L’Hoshisaki sceglie un portatore e a seconda del livello di sintonia possono crearsi problemi anche seri in chi se ne priva. Un essere umano ne muore. Uno yokai, nei rari casi in cui questo è successo in passato, perde ogni potere e diventa più vulnerabile. Tu sei un essere ibrido, forse per questo rischi la follia.»

«Quindi tuo padre si è privato della propria forza per creare le spade?! Per questo è morto in battaglia?!» chiese Anna, scioccata, cercando di ricordare se nelle immagini del passato di Sesshomaru questo passaggio le fosse stato o meno rivelato. Vide i suoi occhi d’ambra spalancarsi più del solito, mentre la guardavano come per una folgorazione, poi stringersi in due fessure.

«No…la sua forza era intonsa.» mormorò, rendendosi conto per la prima volta di quella incongruenza. Nell’ultima occasione in cui aveva visto suo padre, Inuken si era già privato delle sue Hoshisaki ma la potenza che emanava non era mutata. Com’era possibile?! L’arte di Totosai poteva aver legato le Punte di Stella alle spade, ma non era certo in grado di mantenere inalterata o quasi la forza di Inuken. Qual era stato il segreto di suo padre? Quale potere aveva usato per compiere quella sorta di miracolo?

“Nostro padre voleva aiutarci, non crearci difficoltà. Dunque, cosa mi è sfuggito? A cosa non ho pensato, cos’ho ignorato?”

Forse, se avesse riportato alla memoria con calma i viaggi di suo padre precedenti a quella infausta battaglia contro il moko-yokai di Gake…Dovette trattenere un movimento brusco quando la mano affusolata di Anna sfiorò l’elsa di Tenseiga.

«Posso?» chiese lei, titubante. Sesshomaru fece per negare, poi qualcosa dentro di lui gli consigliò di concederle quell’onore che non era mai stato dato ad anima viva. Le consegnò la spada. Lei la prese come se maneggiasse una reliquia, con rispetto e cautela. La tenne di fronte a sé, fissandone la lama quasi con stupore, entrambe le mani chiuse sull’elsa. Le donava avere un’arma in mano, la completava. In un angolo della mente, Sesshomaru si disse che in futuro, alla bisogna, avrebbe ordinato a Totosai di forgiare qualcosa per lei.

«Awaremi. - mormorò la donna bionda tra le labbra, lo sguardo ora vacuo come se vedesse al di là della forma della spada – Avverto la grandezza del desiderio che l’ha separata dal precedente proprietario per consegnarla a te. Awaremi, però, non ha ancora la certezza di aver trovato rifugio nel tuo spirito.»

«Te lo dice Junan?» chiese Sesshomaru, amaro, e lei annuì senza accorgersi del suo stato d’animo. Le sue iridi cambiarono, volgendo all'oro e segnalando che il potere si era attivato dentro di lei, mettendola in comunione con l'Hoshisaki. Un grande desiderio…cosa significava? Inuken non aveva fatto altro che desiderare di separarsi da Awaremi e Tsuyosa? Era stato tanto semplice?

«Vorrei poter arrivare alla fonte di questo desiderio per aiutarti…» disse Anna, non sapendo come andare più a fondo. Sesshomaru trattenne per un istante il fiato, mentre qualcosa che prometteva di essere un’illuminazione gli si affacciava alla mente, portata a galla dalle parole di lei. Un'immagine vaga, un indizio, la sensazione di dover ricordare qualcosa. Subito dopo, un'emozione orribile gli attanagliò il cuore e il cervello, cancellando tutto il resto e pervertendo ciò che vedeva. Gli parve che Anna impallidisse, che l’energia abbandonasse il suo corpo come sangue da una ferita, come se fossero i suoi ultimi momenti. Tenseiga splendeva tanto da ferirgli gli occhi mentre tutto attorno si faceva buio. Lei era lì, in piedi davanti a lui, ma ora sarebbe caduta…l’avrebbe vista stesa a terra come una bambola gettata via, un’altra preda della Morte…

“Salvala! Salva la sua vita! Non lasciar morire anche lei!”

L’ordine era imperioso, drammatico, urgente. Non sapeva se quella fosse la voce di Awaremi o dei suoi rimorsi per Rin, se fosse un’allucinazione oppure una visione del futuro. In un istante, si trovò ad afferrare le mani che tenevano l’elsa di Tenseiga e a tirare Anna a sé, piegandole la nuca per alzarle il viso e cercare la vita nei suoi occhi. Il buio si dissolse insieme all’orribile visione e gli rimase la sensazione bruciante di quel corpo contro il suo, mentre il volto di Anna andava a fuoco, oltre la lama di Tenseiga fra loro.

«Sesshomaru…cosa…» balbettò, basita, vedendo che i suoi occhi erano addirittura diventati rossi. Lui indugiò un istante, scrutandole dentro quasi con furia, poi si rese conto che tutto era a posto e che si stava rendendo ridicolo, oltre ad aver creato una situazione pericolosa. La lasciò andare come se toccarla lo scottasse, riprendendosi Tenseiga, poi le voltò le spalle e rinfoderò la spada.

Stava sperando che lei evitasse di fargli domande, quando Anna gli afferrò un braccio, cercando la sua attenzione con urgenza. Sesshomaru si preparò a ripristinare le distanze con poche parole dure, ma Anna non intendeva chiedergli spiegazioni per il suo assurdo comportamento. Gli stava indicando il cielo con aria allarmata e, prima ancora di guardare, Sesshomaru poté udire la risata sarcastica di Kagura e una vocina che chiedeva aiuto.

«Quello è il piccolo Shippo!» esclamò Anna, sbalordita nel vedere la sfera rosa in cui il kitsune poteva trasformarsi, disperatamente impegnato a non farsi affettare dalle lame di vento di Kagura, che lo inseguiva sulla sua piuma e pareva giocare con la sua vita.

«Il kitsune a seguito del monaco? – mormorò Sesshomaru, incupendosi, poi si accorse che Anna stava per correre in avanti, con espressione aggressiva e un’aura violacea che iniziava a vorticarle intorno, solleticandogli la pelle con un campo d’energia che andava espandendosi, e la fermò tirandole una ciocca di capelli dorati – Penso io a Kagura. Tu recupera il nanerottolo.»

Si alzò in volo senza darle il tempo di replicare. Era ora di capire quali fossero le mire della yokai del vento. Il fatto che quel kitsune fosse venuto a cercarli non gli faceva supporre niente di buono.

***

«Eccoli!» disse Sango, sollevata, quando i monaci e le sacerdotesse uscirono dal folto insieme a una truppa di arcieri di En.

«Bene, la battaglia diventa più gestibile. - sospirò Miroku, lanciando gli ultimi esorcismi e colpendo le fronti di due esseri volanti – Riesci a lasciarmi a terra? Inuyasha ha bisogno di copertura anche da questo lato e devo vedere di trovare un varco.»

«Recupero Hiraikotsu e ci sono.» disse lei, decisa. Appena il boomerang d’osso tornò indietro e lo riebbe in mano, fece scendere Kirara e il monaco saltò giù al volo, senza farle perdere tempo con un atterraggio.

«Vado a recuperare tuo fratello. Tieni lontane le mosche!» le disse, correndo incontro ai nemici che stavano fra loro e l’ostaggio di Bankotsu.

«Non aprire il Foro del Vento, promettimelo!» gli gridò dietro lei. Miroku alzò una mano senza voltarsi e la Cacciatrice dovette accontentarsi di quel gesto senza parole. Si risollevò in volo. Il suo compito era coprire le spalle a Miroku e aveva intenzione di farlo al massimo delle sue possibilità. Non doveva dimenticare che anche lei era un obiettivo sensibile. Poteva quasi sentire le Hoshisaki di Gake pulsare contro il suo corpo, pur nella scatola che le conteneva.

Kagome, nel frattempo, si era avvicinata sempre di più al pozzo in legno da cui era uscita ormai settimane prima. Il suo piano, sempre che Bankotsu e Inuyasha non la travolgessero nel loro scontro furibondo, era addossarsi a una parete dell’Hokora e da lì accertarsi che Miroku riuscisse a raggiungere Kohaku. Il monaco stava già combattendo con fin troppi nemici. Non le erano rimaste molte frecce e Inuyasha l’aveva già salvata da un paio di assalti in massa. Doveva togliersi dalla vista, possibilmente, e dare una mano agli altri.

Corse, già senza fiato, voltandosi un attimo quando udì un’esclamazione di dolore, temendo fosse Inuyasha. Si trattava, invece, di Bankotsu: brutti graffi ad arco gli segnavano il petto, poco sotto la gola.

«Feh! Ci sono andato vicino...anche tu l'hai nascosta nel collo, vero?» chiese Inuyasha, gli artigli sporchi di sangue.

«Credilo pure, se ti fa piacere.» replicò lui, preparando la sua lancia e scagliandoglisi contro. Kagome si sentì fiera di Inuyasha. Aveva subito accettato senza storie l’idea di avvertire le truppe di En più vicine perché accorressero a dare una mano, senza ostinarsi per un duello che prometteva di essere impari. Aveva pensato di più alla loro incolumità, rinunciando a una visione egoistica della battaglia. Da quanto aveva potuto vedere e conoscere dei fratelli inu-yokai, per Inuyasha doveva essere stato un grosso sacrificio.

“Ha un cuore gentile e coraggioso.” pensò, sentendo montare in modo irrefrenabile il sentimento che provava nei suoi confronti e che aveva molta paura di chiamare amore. Si riscosse, poi incoccò un'altra freccia e alzò lo sguardo, decidendo quale traiettoria darle per fare un po' di piazza pulita e coprire gli ultimi metri che la separavano dal pozzo.

Quando riabbassò lo sguardo, impiegò un attimo per capire ciò che stava vedendo. Sul bordo del pozzo era seduta una bambina completamente bianca, che guardava a terra con sguardo assente, uno specchio tra le mani. Gli occhi perplessi di Kagome incontrarono il proprio riflesso in quella superficie, rivolta verso di lei. Non fece in tempo a trovare un senso a quella presenza, la quale non emanava alcun intento minaccioso, che le sembrò le venissero strappate le energie. Barcollò, poi cadde sulle ginocchia, gli occhi fissi nello specchio che la bambina si premurò di inclinare in modo da non farle perdere il contatto col proprio riflesso. Tutta la forza di Kagome stava scivolando via, creando un'aura rosata attorno alla cornice e alle mani della bambina. Kagome dovette appoggiare a terra anche i palmi, cercando senza successo di gridare il nome di Inuyasha mentre la vista le si appannava. La bambina bianca scese dal pozzo e le andò incontro fino ad accucciarsi davanti a lei, sempre tenendo lo specchio tra loro.

«Dammi la tua Hoshisaki.» mormorò con una voce atona e remota.

«N...non...» si spremette Kagome, cercando con tutte le sue forze di distogliere lo sguardo dal proprio riflesso per liberarsi da quell'incantesimo. Sentì Inuyasha gridare il suo nome. Poi, la catenina attorno al collo di Kagome si strappò e Shinsetsu fu risucchiata nello specchio, la cui superficie si mosse in onde liquide.

Kagome crollò a terra come se le avessero tagliato i fili e restò sul terreno a faccia in giù, immobile, accanto al pozzo che poche settimane prima l'aveva condotta a En.

   
 
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