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Autore: Feathers    11/09/2022    3 recensioni
(Eddie + Chrissy) Hellcheer / Eddissy
L'armonia che c'è fra Chrissy ed Eddie è semplicemente surreale.
È surreale il modo in cui le loro voci diventano la più splendida musica mentre chiaccherano, il modo in cui i loro corpi si incastrano perfettamente la notte, con le labbra di lui premute sulla nuca di lei e le mani intrecciate; sono surreali la spontaneità e semplicità di Eddie, che la avvolgono delicatamente e la riscaldano come il fuoco di un camino dopo ore di camminata sotto la neve.
Ma quanto è difficile dire la verità a dei genitori classisti e opprimenti? Quanto è difficile guarire dalla malattia di apparire "perfetti", e dal timore di essere giudicati?
Questa è una storia in particolare dedicata a chi vuole trovare il coraggio di crescere, di imparare ad amarsi e di tornare a respirare. Perché, a volte, l'unico ostacolo fra noi e la felicità siamo proprio noi.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chrissy Cunningham, Eddie Munson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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17 Marzo 1987

Eddie si guardò attorno, disorientato da quello sciame di ragazzi e ragazze in uniforme verde militare che brulicavano nel grande cortile del college. Stringeva nel palmo sudato un mazzetto di fiorellini rosa e bianchi che cozzavano col suo abbigliamento tutto catene, borchie e pelle nera.
Ormai stava lì da circa venti minuti. E se avesse sbagliato posto? No, non era possibile. La migliore amica di Chrissy, Esther, gli aveva descritto il luogo per filo e per segno, in modo che lui lo trovasse all'ora stabilita e la sorpresa riuscisse alla perfezione. Era talmente entusiasta di vedere la ragazza che non fece nemmeno troppo caso al trio che sghignazzò nel vederlo e borbottò «Ma come cazzo si è conciato quello?» senza nemmeno premurarsi di abbassare la voce. Occhieggiò il suo vecchio orologio da polso, e continuò a muovere il piede destro con una certa impazienza.
Ad un tratto, finalmente, il ragazzo scorse la figura graziosa di Chrissy in mezzo alla calca verde militare. Quando la ragazza fu vicina abbastanza da vederlo, smise di passeggiare e si coprì la bocca.
Eddie sorrise, salutandola con la mano libera a poco meno di dieci metri di distanza da lei, e Chrissy si mise a correre. Se ne fregò del fatto che stesse indossando la gonna della divisa e delle scarpe non proprio comode, se ne fregò dell'erbetta da poco irrigata che le bagnava le calze. Si buttò fra le sue braccia, e per qualche secondo rimase in silenzio, il viso premuto sul suo giubbotto di pelle, a farsi accarezzare i capelli e a respirare il suo profumo piacevolmente aspro a pieni polmoni. Le era mancato da morire. In quei mesi si erano scambiati diverse lettere piene di belle notizie e perfino qualche regalino, ma inutile dire che non era la stessa cosa.
"Ed... come ci sei arrivato fin qui?"
"Come ci sono arrivato? Col teletrasporto, no?" Chrissy gli diede un colpetto scherzoso sul petto.
"Ho guidato, comunque. In modo prudente, giuro. Cos'è quella faccia? Ho detto giuro! Comunque, questi... uhm... sono per te... e nel van c'è un altro regalo. Buon compleanno."
"Sono stupendi, grazie." Chrissy prese il mazzolino e lo fissò con aria trasognata, passando le dita fra i petali delicati.
"...e sappi che sono venuto a prenderti. Cioè, ti riporto io a casa. Sempre guidando con mooolta prudenza." Eddie prese la ragazza per i fianchi e la sollevò appena, chinandosi un po'. Lei si mise in punta di piedi, ridendo, e lo baciò sulle labbra.
Dopo qualche minuto, un gruppo di studentesse li raggiunse e, come uno stormo di piccioni verdognoli, si raccolse attorno a Chrissy, la quale si voltò.
"Ragazze, lui è Eddie."
"Ciao ragazze."
Due di loro - Lisa e Daisy - gli riservarono uno sguardo indecifrabile, misto fra perplessità e superbia, squadrando il suo abbigliamento dall'alto in basso, e lo salutarono con un «ciao» asciutto.
Esther, invece, batté il cinque a Eddie con fare soddisfatto, e Chrissy rimase interdetta per qualche secondo, prima di realizzare. "Tu lo sapevi, birbante!"
"Ovvio, sono stata sua complice per tutto il tempo. Eheheh." Esther ridacchiò, e si spostò le treccine piene di perle dietro la testa.
Chrissy scosse il capo, euforica, guardando prima la sua migliore amica, e poi il suo ragazzo. Era da moltissimo tempo che non era così allegra. Forse, il fatto che fosse lontana dal terrorismo psicologico della madre contribuiva, almeno in parte, a lasciare intatta la sua serenità. Guardò in basso, cercando di nascondere gli occhi impercettibilmente lucidi, e sussurrò. "Sono così fortunata ad avervi."

---

Chrissy infilò nella sua valigia i vestiti, con un sorriso stampato sulle labbra leggermente truccate. Si rese conto in quel momento di essersi portata dietro un sacco di roba inutile che ora pesava troppo. Oltre a una meravigliosa sorpresa, era stata una gran fortuna che Eddie fosse venuto a prenderla col suo van, risparmiandole un noioso viaggio di ritorno.
"Chrissy?"
La ragazza si voltò verso Daisy. "Hm?"
La sua compagna di stanza sollevò un sopracciglio. "Ma quello di prima è... quell'Eddie? Il tuo ragazzo?"
Chrissy percepì qualcosa di vicino al disgusto nel suo tono, e il cuore iniziò a palpitarle più forte sotto la maglietta. "Sì, è lui. Perché?"
"Boh... nulla." Fece una lunga pausa, e si legò i capelli castani in una codina, rimirando la propria immagine allo specchio. "Me lo immaginavo un po' più... normale?"
L'altra cercò di mantenere la calma, ed emise un risolino. "Eddie è tutt'altro che normale, ma è per questo che mi piace, ed è per questo che piace a tutti i suoi amici."
"Se devo essere onesta, a me fa un po' paura. Sembra uno che spaccia. I tuoi genitori te lo lasciano vedere?"
L'altra strabuzzò gli occhi per un nanosecondo, e distolse lo sguardo. Acchiappò un reggiseno che era rimasto sul suo letto, e lo premette sugli altri vestiti. "Paura?! Lui?! Beh uhm, se devo essere onesta, anche a me faceva paura all'inizio, ma erano solo pregiudizi che... che mi avevano messo in testa gli altri. Sai, a volte i ragazzi popolari sanno essere crudeli con chi non segue la massa. Eddie è molto diverso da quello che sembra, è tenero, gentile, spiritoso... non avrei potuto chiedere di meglio." Smise di parlare, e si sentì il viso bollente, come le succedeva ogni volta che tesseva le lodi del suo ragazzo con qualcuno.
Daisy la fissò con le labbra increspate, trattenendosi per non scoppiarle a ridere in faccia. "Bah. Contenta tu..."
Chrissy si sentì piccata, oltre che delusa. Daisy le era sembrata un po' altezzosa sin dal principio della loro conoscenza, ma non credeva lo fosse fino a quel punto.
"Ti avevo già anticipato il fatto che si vestiva in modo particolare."
Daisy sospirò. "Non è solo quello, Chris. È che sembra un po' troppo pezzente per te. Il mio ragazzo mi avrebbe regalato un mazzo enorme di rose rosse..."
"Ma lui sa che a me piacciono que-"
"...e pensavo che tu avessi standard più alti. Voglio dire... ho saputo che nella tua scuola stavi con quel giocatore di basket, Jason... Carver. Giusto? Quello sì che era un figo, ed era pure ricco! Ma magari l'avessi avuta io una fortuna del genere. Secondo me stai buttando la tua vita appresso a 'sto tipo."
L'altra ragazza strinse i pugni. "Tanto per cominciare, a me dei soldi non frega niente. E anche se mi importasse qualcosa, non avrei bisogno di cercarmene uno coi soldi. Li ho già io, e parecchi. E poi non lo conosci neanche, Eddie. E io sto con chi mi pare." mormorò, ma tremava tutta. Non era affatto abituata a rispondere a tono a qualcuno, ma negli ultimi tempi quell'esplosione di dopamina la faceva sentire sempre più motivata a migliorarsi.
"Non ti scaldare, cara, mi chiedo solo come tu possa aver fatto a passare dalle stelle alle stalle. Siamo amiche ormai, mi interesso del tuo benessere. Noi ragazze dobbiamo consigliarci a vicenda, no?"
Chrissy chiuse a fatica la sua valigia e afferrò una bustina nera. Si alzò e girò i tacchi.
"Ci vediamo alla fine delle vacanze. Ciao." sibilò, glaciale, e uscì dalla porta senza nemmeno girarsi.
Scese giù per le scale più in fretta che poté, ostacolata dai nove chili e mezzo della valigia, percorse il grande cortile affollato e si precipitò sulle strisce pedonali dimenticandosi di guardare il semaforo. Un tizio in motorino le suonò il clacson.
Eddie, che stava dall'altro lato della strada, si prese un colpo. "Hey, Chris. Fai attenzione." Le posò una mano amorevole sulla spalla, per poi reclinare la testa da un lato, gesto tipico di quando stava studiando l'umore di qualcuno. "Tutto bene?"
Chrissy annuì. "Sì." Gli diede un bacio delicato sull'angolo della bocca. "Andiamo via, per favore?"
Lui sbatté le palpebre, perplesso, e aprì il cofano. Sollevò la valigia e la caricò dentro, poi lo chiuse. "Sicura che vada tutto bene?"
La ragazza fece un grande sorriso per dissimulare il suo turbamento. "Certo. È che non vedo l'ora che la vacanza inizi."
Il ragazzo annuì. "Ci sta. Ci divertiremo un mondo quando io non sarò al negozio di dischi. Faremo attività fighe coi ragazzi e le tue amiche, vedremo tanti bei film noi due insieme, giocheremo a D&D..." Le aprì la portiera, e lei si infilò in auto.
"E poi andremo al-"
Appena Eddie si sedette al suo posto, la ragazza tirò fuori il pacchetto scuro, e interruppe con dolcezza la sua parlantina.
"Questo è per te."
Lui la guardò a pochi centimetri dal suo viso, stupito. "Mi hai preso un regalo? Ma non dovevi! È il tuo compleanno, mica il mio."
"Non so, mi andava di prendertelo. Come quando tu mi hai portato quel braccialetto a caso perché ti ricordava me."
Eddie annuì. Prese la bustina, con un'espressione da bambino curioso. A causa delle sue condizioni economiche, aveva sempre ricevuto pochissimi regali. Aprì la bustina, che era stata pinzettata e decorata con un fiocchetto argentato, ci mise dentro la mano e pescò la cassetta di «Slippery when wet» un album dei Bon Jovi che era uscito da un bel pezzo, ma che gli mancava nella sua collezione.
"Woh..." Se lo rigirò fra le mani, incredulo. "Sei un tesoro, Chrissy, grazie. Vuoi aprire il tuo?"
"Certo."
Il ragazzo allungò un braccio verso i sedili posteriori e afferrò un pacco regalo, con quel comico grugnito di fatica. "Eccolo qui."
Chrissy prese il pacco avvolto dalla carta color avorio. Le decorazioni con gli orsetti erano così carine che quasi le dispiacque scartarlo. "Oh!"
Fra le sue mani comparve Piccole Donne, uno dei classici che Chrissy aveva accennato di voler leggere.
La ragazza lo ringraziò con un bacetto a sorpresa sulla guancia. "Non vedo l'ora di iniziarlo."
"Bene, principessa. Adesso, come desideravate, ce ne scappiamo da qui..." Si allungò per aiutarla ad allacciare la cintura e accarezzarle il ginocchio. "...ovviamente volando a più di duecento chilometri orari."
"Scemo."
Eddie scoppiò a ridere e mise in moto il van, entrando con attenzione in mezzo al traffico.

---

Le vacanze primaverili furono deliziose, fra una breve gitarella con zio Wayne e un falò con le amiche di Chrissy e i Corroded Coffin tutti riuniti, fra un intimo picnic in mezzo ai boschi e mezza giornata alla piscina dove lavorava il fratello della "Rossa", soprannome affettuoso di Eddie per Maxine Mayfield.
Mentre la fine di quel periodo si avvicinava, Chrissy avvertiva una lieve malinconia invaderle i pensieri, un po' perché sapeva che non avrebbe visto il suo ragazzo e alcuni amici per un pezzo, un po' perché non aveva ancora mantenuto la promessa che gli aveva fatto verso Natale: presentargli i suoi genitori. Aveva rimandato tutto fino all'ultimo momento, ma Eddie non le disse nulla, nonostante ci tenesse molto più di quanto desse a vedere.
Un giorno, mentre stavano giocando a biliardo nella sala giochi di Hawkins, Chrissy emise un sospiro nervoso e lo guardò, aprendo appena la bocca per parlare.
"Comunque ho... parlato con mia mamma. Domani puoi venire a cena. Da me."
Eddie smise di giocare, sorpreso, e poi assunse un'espressione un po' ansiosa. "Sei sicura che vada bene? Non sei obbligata a dirgli che sono il tuo ragazzo, puoi anche raccontare una bugia."
Chrissy sbatté le ciglia, posando la stecca sul tavolo e spingendo per errore una pallina. "Ed, ma ti pare? Tu sei importante per me. Io dirò la verità.
"Sai com'è... magari sanno anche di... mio padre."
La ragazza sbatté le palpebre per qualche secondo, prima di ricordarsi. Il padre di Eddie, Noah Munson, era stato un ladro abbastanza conosciuto in quella cittadina. Aveva rubato diverse auto e le aveva rivendute, spendendo buona parte del ricavato in alcol. Questo, almeno, era tutto ciò che Chrissy sapeva di lui.
"Io non mi vergogno di te." disse lei, sollevando il mento, risoluta. "Solo perché sei suo figlio, non significa che sei come lui. Tu sei meraviglioso." Il ragazzo sorrise, e mosse qualche passo attorno al tavolo, per raggiungerla.
"Tu vai oltre le apparenze, spero che loro facciano altrettanto. Di norma non me ne frega un cazzo dell'opinione altrui ma... " Sospirò, la prese per la nuca con delicatezza, e le baciò la fronte. "...se loro reagissero male, tu che cosa faresti?"
"Li manderei a fanculo. Mi sento molto forte ultimamente." mormorò la ragazza, ripensando al modo in cui aveva affrontato Daisy, anche se non era sicura di riuscire a mandare a fanculo nemmeno una mosca. Circondò la vita del ragazzo con le braccia, e gli fece delle carezzine sulla schiena. "Domani verrai, e vedranno che bella persona sei."

---

La villa dei Cunningham era bianca e immensa, dotata di un giardino ben curato e pieno di margheritine - di sicuro una scelta di Chrissy. Eddie deglutì, e lei gli strinse la mano per un secondo. "Stai tranquillo."
"Sei tu che stai sudando." Le accarezzò la mano umida col pollice.
"Non è vero! È che sento caldo!"
"Seh, seh."
La ragazza gli fece una linguaccia e suonò il campanello. Rimase ad aspettare, tesa, con le braccia lungo i fianchi.
Sperava che fosse suo padre ad aprire, ma fu proprio Laura a comparire dietro la porta, tutta elegante e sofisticata, come se stesse andando a cenare in un ristorante di lusso. I capelli corti e biondi erano molto ordinati. Accennò un sorrisino tirato verso la figlia, e squadrò il giovane accanto a lei.
"Ciao."
Eddie si schiarì la gola secca. "Buonasera signora."
"Mamma. Questo è... è Edward... il... nostro ospite. Ed è..." La ragazza si bloccò, inspirando. La madre storse il naso, e guardò la ragazza con un'aria torva che non prometteva nulla di buono. "Che cosa?" le chiese. Nel frattempo, Philip si era materializzato dietro la moglie, e stava salutando i due giovani.
"Allora?" intimò la signora, guardando Chrissy. "È... è un mio amico."
Eddie la sbirciò per un secondo, per poi ricomporsi e sorridere educatamente alla signora. Agli occhi di qualcun altro poteva sembrare qualcosa di insignificante, ma per lui fu come essere punto da uno spillo, soprattutto dopo quella frase alla sala giochi.
"Hm." La madre di Chrissy allungò una mano verso il giovane, il quale la strinse. "Piacere di conoscerla."
"Il piacere è tutto nostro, Edward!" esclamò Philip, allungando la mano a sua volta.
La signora Cunningham fulminò il marito con lo sguardo, e lui si ammutolì.
Chrissy, nel frattempo, teneva la testa china, e si sentiva un mostro. Perché aveva detto quella frase? Era come se la sua bocca si fosse mossa da sola, pronunciando le parole «un mio amico» anziché «il mio ragazzo». Una delle cose peggiori era il fatto che non avesse nemmeno finto in modo credibile. Sua madre aveva già capito tutto, quindi era riuscita simultaneamente a rendersi ridicola ai suoi occhi e a offendere Eddie.
Era così delusa da sé stessa che non sentì ciò che mormorò suo padre mentre entravano a casa. Dopo i padroni di casa, anche loro due si sedettero a tavola, l'uno accanto all'altra.
Da un angolino della cucina sbucò Benjamin, e si sistemò gli occhiali sul naso a patata.
"Wooow! Ma tu sembri proprio quello dei Bon Jovi con questi capelli!" urlò.
"Ma Benjamin!" tuonò sua madre.
Eddie rise. "Questo sì che è un bel complimento. Grazie... Ben, giusto?"
"Sì! Tu chi sei?"
Il bambino si sedette vicino a lui, e lo fissò ancora, affascinato, senza curarsi molto dello sbuffare di sua madre.
"Io sono Eddie, un... amico di tua sorella."
Chrissy sorrise, ma con un sospiro triste. Sapeva quanto stesse cercando di nascondere la delusione.
Prima di iniziare a cenare recitarono la preghiera, e per Eddie fu forse una delle poche cose famigliari di quella situazione perché sua madre, quando era viva, ci teneva molto a ringraziare il Signore. Tutto il resto gli chiudeva lo stomaco e gli sembrava forzato. Per quanto le portate fossero di ottima qualità, l'aria che si respirava era troppo tesa a causa dei continui sguardi giudicanti di Laura. Non si era mai sentito così a causa di un adulto, anzi, di solito prendeva tutti in giro. Inoltre, era alquanto confuso dalla quantità di posate che c'erano al suo posto, e ad un certo punto iniziò a porre delle mute domande a Chrissy su quali avrebbe dovuto utilizzare e quando.
"Dunque. Tu vai al college, Edward?" chiese Philip, con tono abbastanza amichevole.
Il ragazzo sollevò lo sguardo. "Uhm, no. Io lavoro in un negozio di dischi."
"Ah... capisco. Quindi non continuerai gli studi?"
"Non lo so ancora, ma... suppongo di no."
"Hm." Laura prese un panino piccolo dal centro della tavola, e ne staccò un pezzetto con le dita, prima di portarselo alla bocca. "E come pensi di guadagnarti da vivere in futuro?"
Eddie si irrigidì, ma poi gli vennero in mente le parole incoraggianti di suo zio: «Non preoccuparti di quei ricconi là, sii te stesso. Vai bene così come sei e lo sai meglio di me.». Le rivolse un sorriso spontaneo. "In realtà io ho un grande sogno. E lavoro ogni giorno per coronarlo. O meglio, io e la mia band lavoriamo ogni giorno per coronarlo."
Chrissy si mordicchiò un labbro, e si voltò verso di lui, un po' incantata dal suo entusiasmo. Ormai era inutile fingere che non ci fosse qualcosa fra loro.
"Lo sapevo che eri una rockstar!" esclamò il bambino. Eddie gli scompigliò i capelli con fare affettuoso.
"Sapessi quanto suona bene, mamma." Chrissy cercò la mano di Eddie sotto il tavolo, e la posò sulla sua. Lui la strinse delicatamente, il che fece provare alla ragazza una sensazione di sollievo. «Non è arrabbiato con me», pensò. Quella tranquillità, però, era destinata a durare solo qualche istante.
"E ti chiami Edward come?"
Eddie rivolse la sua attenzione verso il signor Cunningham. "Uh, in... in che senso?"
"Il tuo cognome."
"Munson." sussurrò il ragazzo.
"Munson...?" Philip indietreggiò sulla sedia. Consultò sua moglie, la quale sbiancò di colpo e dovette ingerire dell'acqua, poi guardò la figlia. Calò il silenzio per alcuni interminabili secondi. Chrissy gli strinse forte il palmo che stava ricominciando a sudare, e Benjamin parve confuso.
"... sì. Mi chiamo Munson. Perché?"
"Avevi un viso familiare sotto tutti quei capelli, in effetti." Il tono di Laura si fece più glaciale di prima, se possibile.
"...io?"
"Sì... abbastanza familiare. Somigli a quel Munson. Quello che rubò l'auto a mia sorella, più o meno una decina di anni fa. Non potrei mai scordarmela, quella faccia."
Eddie strinse le labbra.
"Lo conosci, Edward?"
"Mamma. Basta." sussurrò debolmente Chrissy. "È solo una domanda. Perché mai siete così tesi? C'è qualcosa da nascondere?"
I due ragazzi rimasero in silenzio. Chrissy arrossì fino al petto, ma non aveva la più pallida idea di quanto il ragazzo si stesse sentendo umiliato e furioso. In quel momento avrebbe solo voluto essere nel suo caravan a mangiare una schifezza da due dollari insieme a suo zio.
Laura scosse la testa, e tutti e cinque continuarono a mangiare a fatica, senza dire altro. Per fortuna, quella cena finì entro poco più di una mezz'ora - che a Eddie parve più di un'ora - e i due giovani si ritirarono in giardino.
La ragazza lo condusse fino al dondolo, sul retro della villa, e lo fece sedere accanto a sé con fare impacciato. Si guardò attorno per assicurarsi di avere privacy, poi si avvicinò per baciarlo, ma lui si scostò.
"Scusa, non ne ho voglia ora."
"Tranquillo, capisco. Mi... M-mi dispiace davvero. Per... per tutto. Anche per averle detto che sei un mio amico."
"Non è un problema. Avevo messo in conto che magari... poteva mancarti il coraggio di dirlo." mentì. Non l'aveva messo assolutamente in conto. "E poi è il male minore."
"Mi dispiace, possiamo andare da loro e dire tutta la verità."
"Ma per piacere. No."
"Tanto l'hanno già capito..."
"Non voglio vederli. Penso che il discorsetto su quanto mio padre fosse un delinquente mi sia bastato e avanzato." Il suo tono uscì più acido di come avrebbe voluto.
La ragazza distolse l'attenzione da lui, e si tormentò le unghie delle mani.
"Non... non ce l'ho con te. Spero sia chiaro."
"Lo so. Non ti preoccupare."
Eddie sospirò. "Ti giuro, lo odio."
"Chi?"
"Mio padre. Lo odio. Io non ne parlo mai, ma ti assicuro che mi ha rovinato la vita, non hai idea di quanto me l'abbia rovinata. Come se non bastasse il suo cognome, ho ereditato la sua stramaledetta faccia..." sibilò.
"Eddie..."
Il ragazzo si coprì il volto con le mani tremanti, e le tolse subito dopo. "Non ti vergogni di me?"
Chrissy scosse il capo. "No. No, Ed. Assolutamente no."
"Allora perché hai detto a tua mamma che sono un tuo amico?"
"Io... io non lo so."
"Puoi dirlo, che ti vergogni. Lo capirei. Forse non dovremmo nemmeno stare insieme. Non ho niente da offrirti se non una vita di stenti e umiliazioni."
Lei scosse la testa con forza, e gli prese le mani. "Ed... sei troppo scosso al momento..."
"No, è così. Tu sei una ragazza perbene, e sei intelligente... non meriti di stare col figlio di un galeotto, che si è diplomato a stento per giunta. Meriti di meglio."
"La smetti?!" La vista le si annebbiò per la rabbia. "Hai tanto, tantissimo da offrirmi. Non capisci che impatto positivo hai avuto sulla mia vita. E sei troppo importante per me."
"Anche tu lo sei per me. Ma io mi sento in colpa. Solo perché la mia vita è un casino non ho il diritto di incasinare la tua."
"Non mi incasini niente."
"Non te ne rendi ancora conto, forse. E nemmeno io fino a poco fa. Io i tuoi genitori li ho visti... spaventati. E non li biasimo."
"I miei genitori non possono capire. Non ancora. Sistemerò tutto io. Lo farò davvero, stavolta non sono parole al vento."
Eddie prese un gran respiro bagnato, e la guardò negli occhi con l'espressione più affranta che lei avesse mai visto sul quel volto sempre invaso da sorrisi scanzonati. Era pressoché irriconoscibile in quel momento.
"Ed..." Chrissy lo prese d'istinto fra le sue braccia e se lo strinse al petto, facendogli delle carezze delicate sui capelli. Lui inizialmente era rigido, poi si lasciò annegare in quell'abbraccio e chiuse gli occhi. Dopo un po', Chrissy sentì la camicetta inumidirsi, e capì che Eddie stava piangendo in silenzio. Non l'aveva mai visto piangere se non per la commozione, quando vedevano film drammatici insieme. Lo strinse un po' più forte e gli baciò la testa, cullandolo e cercando anche solo di immaginare cosa stesse provando nel profondo. Non poteva avere idea di cosa ci fosse dietro tutta quella sua ironia e costante voglia di far sorridere gli altri.


Note dell'autrice: Daisy è parente di Angela * prende un pattino *.
No, non è canon, ho deciso io. Vvb <3
   
 
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