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Autore: Manto    17/09/2022    0 recensioni
(Sigma x Gogol')
Raccolta di one shot sulla mia OTP comfort, dove la relazione tra i personaggi (e con sé stessi) e il suo evolversi sono la parola d'ordine.
Alte dosi sia di fluff che di slice of life, che di angst.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nikolai Gogol, Sygma
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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III 🌙 La Casa Lontana (10 Settembre)



La prima notte dopo la caduta, dormire si rivela terribile[1], praticamente impossibile: il dolore fisico, per quanto intenso, non può competere con l’acredine che trasuda dal cuore, cola nel sangue e sporca il respiro.
Mai come ora casa gli è sembrata tanto lontana, e lui un ramingo disperso nel mondo; cercare un sonno senza sogni è chiedere troppo, così che tutto si trasforma, perde consistenza e figura, diviene un qualcosa d’altro che gli dà la caccia fino a quando non lo confina nella realtà, dove l’incubo, invece di finire, ricomincia in un ciclo infinito.
Un posto per lui, forse, non esisterà mai; e di certo, l’ultimo luogo dove può e deve stare è accanto a lui ― lui che non vuol sentire, lui che non ama nessuno, lui che non è umano e non vuole nemmeno esserlo.
Il peggio arriva quando le braccia di questi lo sollevano per portarlo altrove, dove la sua tremenda ferita possa essere curata come si conviene; ed è come cadere nell’abisso, nel silenzio più nero. Dentro di esso, la paura.
«Lasciami andare», riesce solo a mormorare Sigma mentre scivola sempre più a fondo nelle tenebre, nel nulla, «lasciami andare.»
Nessuno risponde.
Il secondo giorno, Sigma non dice una parola; dal letto in cui è stato adagiato, circondato dalle calde pareti di una dimora sconosciuta che non tradirà mai la sua presenza ― ci ha pensato il suo compagno a essere ben convincente in merito. Che fine hanno fatto i proprietari, poi? ―, osserva il tramonto farsi strada tra basse colline e giungere attraverso una piccola finestra.
La camera è molto spoglia e antica, odora di legno e lavanda, e dona un tale senso di pace da ferirgli il cuore; per questo lui cerca di osservarla il meno possibile, una lacrima incastrata all’angolo dell’occhio e la rabbia che gli ribolle nel petto. Potrebbe arrivare ad affezionarsi a lei, a legarsi alla sua esistenza con vincoli d’acciaio, e inevitabilmente la perderebbe ― e soffrirebbe.
La lezione l’ha imparata.
La ignora anche il terzo giorno: osserva il volo delle nuvole e il ruotare di astri, vento e fiori, cercando di non pensare affatto e di dimenticare dove si trova; ma mentre la notte cala e le stelle si fanno sfacciate, Nikolai giunge in visita.
«Avanti», mormora Sigma quando sente bussare alla porta, sapendo già chi sia; e mentre si volta socchiude gli occhi, sentendosi improvvisamente troppo stanco ed esposto per continuare a sopportare.
Il giullare non indossa i suoi soliti abiti, bensì una sorta di lunga tunica e sopra il suo inseparabile mantello; i capelli sono lasciati sciolti, a ricadere giù dalle spalle e lungo la schiena, e sull’occhio sano non vi è alcuna traccia della maschera indossata abitualmente, mentre il sorriso… quello non si eclisserebbe neanche a tagliarlo via con un coltello. 
Sigma freme, si agita dalla voglia di provarci comunque. Un giorno, un giorno.
«Oh, il giovane è ritornato tra noi! Come stai, Sigma-kun?»
Gogol’ porta con sé una vecchia lanterna, che regge per la piccola maniglia a forma di rose intrecciate e alza davanti al volto: in tale veste, al manager sembra più la figura di un eremita esiliato per la propria follia che di un temibile criminale, e fa un ghigno amaro. Anche tu sai uccidere se necessario, Sigma.
«Bene, ancora meglio se tu dovessi porre fine a questa farsa. Voglio che tutto finisca in fretta», replica seccamente mentre si sistema meglio contro il cuscino e trattiene un’imprecazione per la fitta di dolore che gli ha appena attraversato il petto, «sfruttami come hai fatto fino ad adesso, poi lasciami andare. Desidero tornare a casa al più presto.»
Nikolai annuisce piano, ma sospira. Appoggia la lanterna sul comodino accanto al letto e poi prende posto ai piedi di esso, facendo attenzione a non sfiorare nemmeno il corpo del compagno. «Un pensiero condivisibile, credimi… ma, Sigma-kun, dov’è la tua casa?»
Con la velocità di un serpente, Sigma volta il capo verso la finestra, livido in volto. «Se sei venuto per prenderti gioco di me, vattene subito. Non ho voglia di perdere tempo… men che meno con te», sibila. Ha sempre saputo che sarebbe stato un errore avere a che fare anche minimamente con Nikolai, e ogni secondo glielo conferma. Ora che tutto sta crollando su sé stesso, che i giochi si stanno volgendo contro la sua persona, non riesce più a resistere a lungo: ne ha abbastanza, e niente ha senso.
Come se nulla avesse compreso, Gogol’ non si muove, e con la sua immobilità non fa che provocare ancora e ancora.
«Vai via, ho detto!»
Entrambi odono chiaramente il rumore delle lenzuola strappate dalle dita di Sigma, e l’istante dopo i loro sguardi s’incontrano. La tranquillità e la snervante, imperturbabile distanza di quelli del clown lambiscono la furia marina nell’animo del manager, non facendo altro che aumentarla; ma velocemente si sottraggono alla tempesta, così come Nikolai si alza in piedi e dà le spalle al giovane. «Bene, ero venuto a vedere se ti stessi riprendendo, e credo che tu lo stia facendo magnificamente. Passa una felice notte, Sigma-kun! Cerca di riposare più che puoi, tra qualche giorno si parteee⁓»
Se il manager fosse meno intriso di ombre, leggerebbe qualcosa di più dietro quel tono scanzonato, come ha fatto altre volte; ma per fortuna di Gogol’, lo scoramento gli impedisce di apprendere e la tristezza ha la meglio.
Il sonno gli concede solamente un singhiozzo soffocato, poi scende su di lui e lo rapisce via con sé, lontano da lì.


Come fa?
Come riesce a essere ancora avvinto al pensiero di casa?
Sulla soglia della camera, le braccia conserte e l’espressione sorpresa, Nikolai osserva Sigma dormire di uno dei suoi sonni agitati ma profondi, e scuote il capo. Non si capacita proprio dei pensieri del compagno, l’esatto contrario dei suoi. Una gabbia alla propria mente? Un limite fisico al proprio desiderio?
No, non può essere concepibile.
Sigma avrebbe ogni possibilità di essere libero, è invincibile perché privo di legami umani e materiali, e possiede più di un motivo per lasciarsi alle spalle un mondo d’illusioni, delusioni e falsità; è al massimo della propria potenza, ora, e basterebbe così poco per sciogliere gli ultimi condizionamenti… eppure insiste a rimanere uncinato a essi, a cercare il suo senso all’interno del nulla, a ignorare e rinnegare la propria indipendenza! Davvero esiste qualcuno di così legato a una dimora e un luogo, all’idea di trovare il proprio posto, all’appartenenza, da mettere in secondo piano tutti i doni che il distacco dagli uomini gli sta offrendo?
Cosa trae da ciò, quale elemento continua a sfuggire alla sua comprensione?
Anche se… anche se, deve ammetterlo, una parte di sé lo comprende: come lui, Sigma sa bene ciò che vuole e non si fermerà fino a quando non lo otterrà; o almeno, combatterà con tutte le sue forze per riuscirvi, senza rinunciare all’impiego di mezzi anche estremi.
Almeno in questo sono simili; e per precauzione, meglio non sottovalutare il ragazzo e le sue forze, specialmente quelle capaci di portare distruzione.
Bisogna celare, nascondere, non lasciar trasparire: per questo, quando spunta il quarto giorno dall’inizio di quell’impresa a due, Gogol’ si presenta davanti al compagno come se la sera prima non sia successo nulla. Attende con pazienza che il ragazzo si volti verso di lui, quindi ne osserva il volto tirato.
Chiaramente, l’ultimo posto in cui vorrebbe essere è lì, lì con lui.
«Dobbiamo già partire?», gli chiede quello con l’esitazione nel tono e l’agitazione che gli scorre sotto la pelle, e Gogol’ scuote la testa lentamente. «Assolutamente no: sei ancora debole, devi riprenderti per bene prima di affrontare il viaggio. Aspetta un altro po’.»
Il silenzio cala subito dopo, come sempre; le loro conversazioni non sono mai lunghe ― Sigma non ci tiene a discorrere con lui, e lui… perché? ― né così spontanee, ma oggi potrebbe essere diverso. C’è qualcosa, nei gesti nervosi del manager, che gli fa comprendere che per una volta non lo lascerà andare troppo facilmente.
«Gogol’-san», chiama infine questi, spezzando la calma con la rapidità del fulmine, «lo vuoi fare davvero? Vuoi davvero uccidere Fyodor Dostoevskji?»
Non perde tempo, il giovane: non fa uso di menzogna, né s’intride dell’ipocrisia che trasforma i bambini in adulti; esprime subito quello che vuole e pretende risposte. Ogni volta di più, in verità, Gogol’ si rende conto di apprezzarlo.
«Se ti dicessi di no, mi crederesti?»
Sigma scruta nelle parole e nei loro significati, apre la bocca per rispondere, tuttavia tace e continua a guardarlo. Le ore potrebbero fluire senza problemi negli sguardi che studiano e si studiano.
Alla fine il manager sta davvero per parlare; tuttavia, Nikolai lo ferma prima. «Non pretendo che tu comprenda e nemmeno ne ho bisogno: entrambi abbiamo i nostri motivi per agire, diversi ma per noi veri.
Tuttavia, ti prometto che presto sarà tutto finito, come desideri. Stanne certo.»
Il giullare fugge in fretta dalla stanza, prima che il discorso possa proseguire; pianta un punto fermo e si rintana dietro di esso, alza la sua maschera e non lascia passare nemmeno l’idea che possa esserci sotto dell’altro.
Ancora una volta, ha salvato sé stesso dal confronto con la verità.




 

NOTE 

[1] Qua si fa riferimento ai fatti avvenuti nella shot della (sempre mia) raccolta “Canta per Me”, dedicata a vari personaggi di Bungo: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3967127


ANGOLO DI MANTO

Salve!
Credetemi, per quanto la storia si sia scritta da sé in poco tempo, non è stato facile per nulla idearla. Qui l’angst e la tensione giocano su tantissimi livelli, ma più che nelle parole espresse e nei pensieri, si annida in ciò che viene solo accennato.
Non è un momento bello per Sigma, lo abbiamo visto anche nel canon; ma continuo a pensare che anche Gogol’ abbia qualcosa da dirci in merito. Avrei un sacco di discorsi da citare, ma tento di riassumerli tutti dicendo che sono molto scettica al pensiero che riuscirà mai a staccarsi dai sentimenti che prova per le persone, e che tutto potrebbe finire o in un modo molto tragico ― già un po’ lo è ―, o estremamente singolare: è una delle idee dietro a questa raccolta.
Intanto, vi ringrazio molto per continuare a seguirmi 💕
Un caro abbraccio,

Manto

 
   
 
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