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Autore: LaTuM    18/09/2022    1 recensioni
Kei si morde le labbra e si volta verso la squadra del Nekoma radunata intorno al coach. Tutti stanno bevendo assetati e il suo sguardo si sofferma a osservare il capitano, con i suoi capelli neri incasinati, lo sguardo penetrante e quel sorrisetto malefico sempre stampato su quella faccia da schiaffi che si volta a guardarlo facendogli l'occhiolino. E a Kei viene di nuovo voglia di sorridere.
|KuroTsuki - Tokyo Training Camp Arc|
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kei Tsukishima, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Gatto e la Luna'
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Diclaimer: Haikyu! non mi appartiene e da questa storia non ci ricavo neanche uno zellino.


Come il Gatto catturò la Luna



Non appena Kei fa ritorno in palestra sente su di sé le occhiate indagatrici dei compagni di squadra, del coach, degli altri giocatori e dei coach delle altre squadre. La situazione è decisamente imbarazzante, si sente le guance andare a fuoco ma cerca di mantenere lo sguardo impassibile come sempre. Probabilmente la sua è solo suggestione dettata dalla sensazione che c'è qualcosa di diverso, che fino a poco prima del break di metà mattina era molto più tranquillo e decisamente meno frustrato. Controlla per sicurezza che la pettorina gialla con il numero 11 sia indossata correttamente ma non potrebbe essere altrimenti, visto che non se l'è tolta (nonostante qualcuno ci abbia provato mentre lo teneva incollato al muro).

Si guarda in giro con aria annoiata, come sempre. Mostrarsi annoiato, disinteressato e superiore è sempre stato il suo atteggiamento di difesa: non gli piace socializzare, non gli piace essere disturbato e odia la confusione, nonostante tutto però non ha avuto il coraggio di rinunciare a entrare nel club di pallavolo. A volte si chiede perché l'abbia fatto, in fondo è solo un club, ce n'erano tanti tra cui scegliere e la metà di essi decisamente meno faticosi, rumorosi o impegnativi, ma forse, in fondo in fondo, a lui la pallavolo piace più di quanto voglia davvero ammettere. Bokuto-san gli ha detto che non si diverte a giocare perché è ancora una schiappa, ma Tsukishima crede semplicemente che gli basti fare il minimo indispensabile per portare a casa i risultati, anche se non eccelle, non è di certo una schiappa. Sicuramente ha delle ottime capacità di analisi e riesce a prevedere le azioni degli altri giocatori meglio di chiunque altro. Il suo intuito con la conoscenza di Sugawara renderebbero il Karasuno uno squadra imbattibile, ma si ostinano a far giocare Kageyama che avrà talento, ma lo tollera quanto si tollera il trapano del dentista… purtroppo però le veloci bislacche con quel tappo di Hinata funzionano bene e quindi le due palle al piede si sono conquistati il posto da titolari. Non che poi possa veramente criticare quei due, in fondo il suo posto da titolare non gliel'ha garantito nessun talento particolare, ma solo la genetica che l'ha dotato una notevole altezza assai apprezzata quando c'è da murare una palla particolarmente difficile.

Si mette in posizione della metà del campo occupata dalla Karasuno mentre dell'altra parte si schierano i loro avversari, ancora una volta il Nekoma. Tsukishima osserva il loro alzatore che ha uno sguardo annoiato alla pari di lui, eppure sono entrambi lì, a un campus dedicato solo ad ammazzarsi di partite ogni santo giorno per un'intera settimana. Forse entrambi si chiedono perché si stiano sottoponendo a una scocciatura simile, ma poi lo sguardo di Tsukishima si sposta sul capitano della squadra e deglutisce. Fino a due giorni prima era semplicemente uno scocciatore che continuava a stargli addosso e punzecchiarlo. Andava avanti così da che era iniziato il ritiro, se non fosse che durante il terzo giorno, durante una pausa tra una partita e l’altra, il suddetto capitano l'aveva afferrato per la pettorina mentre si stava rinfrescando alle fontanelle esterne e l'aveva portato in angolo distaccato del giardino dove gli altri non si sarebbero spinti. In fin dei conti conosceva il territorio, ci era già stato, lui, allo Shinzen, sapeva dove andare per non essere visto.


"Che diavolo stai facendo?" gli aveva chiesto infastidito cercando di scrollarselo di dosso.

"Come sei suscettibile Tsukki!" gli rispose il moro chiamandolo con quel nomignolo che Tsukishima detestava - non sopportava nemmeno quando Yamaguchi lo chiamava così, ma si conoscevano fin da che erano bambini e il suo amico d'infanzia si era conquistato il diritto di rivolgersi a lui con quel ridicolo appellativo.

"Non chiam-"

"-chiamarmi così, lo so. Ma se non mi dici il tuo nome, non ho molte alternative."

"Tsukishima?"

"Noioso e impersonale. Pure Chibi-chan ti chiama così e non voglio rivolgermi a te come fa lui…" sussurrò lui mellifluo avvicinandosi al suo volto, lasciandolo interdetto.

Il suo sguardo era serio, non quello strafottente o sciocco che gli aveva visto dipinto sul viso da che erano arrivati o che gli riservava ogni sera agli allenamenti. Sembrava serio, attento, concentrato, predatorio ma al tempo stesso quasi… ossequioso. Come riuscisse una persona ad avere uno sguardo con così da tante sfaccettature, Tsukishima non lo capiva.

Perché mai dovrei dirti il mio nome? Non mi pare siamo così in confidenza. Ci siamo allenati inseme l’altra sera solo perché non siete riusciti a convincere nessuno delle altre squadre.”

Se dici così sembra che tu non sia divertito nemmeno un po’…”

E chi te lo dice che le cose non stiano effettivamente così?” disse Tsukishima, nel tentativo di sviare il discorso in modo tale da potersi concentrare su qualcosa che non fosse il viso del capitano del Nekoma e fin troppi pochi centimetri dal suo.

Non ti credo...”

Tsk...”

Sei divertente quando fai così, sai…?”

Io? Divertente? Credo tu mi abbia confuso con Hinata o Haiba”

Ho detto divertente, non ridicolo” spiegò il moro, che non si era spostato di un millimetro.

Nonostante avessero passato tutta la mattina a giocare e sudare come se non ci fosse un domani, Kei percepì ancora una vaga nota di un profumo a lui sconosciuto. Qualcosa che ricordava l'odore del sottobosco. Peccato che fossero così sudati da potersi strizzare i vestiti, ma Kei era quasi certo di aver percepito una traccia di quello che poteva essere il profumo di quell’irritante centrale con i capelli più impossibili che si fossero mai visti in un campo di pallavolo (in realtà ci sarebbe stato anche Bokuto, ma lui giocava come ala, se no si sarebbe guadagnato anche lui lo stesso titolo).

Tsukishima deglutì nervosamente, non riuscendo ad allontanare lo guardo dal volto dell’altro. Si sentiva terribilmente in imbarazzo e sopraffatto e lui odiava entrambe le sensazioni perché andavano a scalfire e indebolire quella sua corazza impenetrabile.

Allora, me lo dici o no il tuo nome? Non posso chiamarti Tsukki, deduco che neanche Quattrocchi sia un’opzione, dimmi tu...”

Tsukishima alzò gli occhi al cielo, non riuscendo a capire perché il capitano del Nekoma avesse deciso di essere così insistente proprio con lui, ma in fondo doveva ammettere a sé stesso che la cosa non è che gli desse proprio così tanto fastidio come cercava invece di far trasparire.

Kei” aveva mormorato alla fine abbassando gli occhi, oramai del tutto incapace di sostenere lo sguardo penetrante dell’altro.

Finalmente. Io sono Tetsurou.”

Kei alzò un sopracciglio, trattenendo una risata e tornò a guardarlo negli occhi.

Tetsurou? Kuroo Tetsurou come i galli? Ti calza a pennello...” disse alludendo con un gesto della testa alla sua capigliatura di dubbio gusto.[1]

Non è colpa mia, mi disegnano così!” rispose il moro portandosi una mano alla fronte reclinando la testa con fare drammatico.

Per un attimo Kei fu davvero sul punto di scoppiare a ridere, ma per fortuna riuscì a trattenersi mordendosi forte le labbra nella speranza di celare la sua espressione divertita.

Beccato...” sussurrò il moro perdendo quell’aria tragicomica e appoggiando una mano a lato della testa di Kei, ritrovandosi nuovamente con il volto a pochi centimetri dal suo.

Kei tornò immediatamente serio, ma non abbastanza velocemente da impedire che le labbra di Kuroo si posassero sulle sue, rubandogli quel sorriso e andando a imprimerlo sul proprio volto. Il contatto fu così rapido che Kei non se ne rese quasi conto… un battito di ciglia, ma abbastanza per non poter negare che se ne fosse reso conto eccome.

Cos’è che diceva, che un battito d’ali di farfalla poteva scatenare un uragano dall’altra parte del mondo?

Ecco, lui non aveva idea di cosa stesse accadendo altrove, ma quel breve contatto aveva scatenato in una frazione di secondo una tempesta nel suo cervello (e non solo). Capiva e al tempo stesso non riusciva a capire. Perché mai il capitano del Nekoma avrebbe dovuto baciarlo – oddio, chiamarlo bacio forse era troppo, visto quanto era durato – o comunque posare le labbra sulle sue? D’accordo che si erano allenati insieme per qualche sera, ma lui non era altro che un irritante kohai che doveva essere convito con la forza a fare qualcosa…

Anche se forse, a giudicare da chi era il suo migliore amico, Tetsurou era abituato a rapportarsi così con il prossimo.

Bene, non mi hai ancora preso a pugni” sogghignò il moro, mascherando con il suo solito atteggiamento l’insicurezza del momento.

Se vuoi provvedo subito.”

No, grazie” gli rispose Kuroo andando a sfiorare con l’altra mano le labbra di Kei, che si ritrovò a trattenere il fiato e chiudere gli occhi nel momento in cui sentì i polpastrelli caldi di Kuroo toccarlo delicatamente.

Il capitano del Nekoma sorrise e, approfittando degli occhi chiusi di Kei, fece congiungere nuovamente le loro labbra, in quello che divenne qualcosa di molto più simile a un bacio vero e proprio. Non che Tsukishima avesse qualche esperienza a riguardo – non prima di cinque minuti fa – quindi non poteva dire cosa fosse veramente un bacio serio, ma quel contatto gli parve più che sufficiente per classificarlo come il suo primo bacio. Un bacio da quindicenne inesperto, ma Kuroo non sembrava volergli chiedere di più (non in quel momento).

Ci conviene rientrare, la pausa sarà finita...” disse Tetsurou allontanandosi lentamente da lui e dirigendosi verso la palestra principale.

Per fortuna nessuno li aveva visti.


Tocca a Kuroo servire e Kei, che è in fondo al campo, si prepara a una possibile ricezione. Non è bravo a ricevere, non gli piace, ma ha capito quanto sia importante, visto quanto il Nekoma riesce a logorare l’avversario continuando a tenere la palla in gioco.

Kuroo lancia il pallone, prendere la rincorsa e salta un attimo prima che la mano lo colpisca con potenza, mandandolo senza problemi dall’altro lato del campo, proprio nella sua direzione.

Kei prova a prenderla in bagher ma, come previsto, la forza messa da Kuroo nel servizio era troppa che le sue braccia fanno sobbalzare via la palla, facendola quasi finire in faccia la coach Ukai che, forgiato dai loro allenamenti e dalle loro schifose ricezioni, la respinge ancora prima che possa essere una minaccia.

Kei vorrebbe dire che Kuroo è troppo forte per una squadra come la loro (e in effetti lo è) ma deve anche ammettere che parte del suo fallimento è dovuto al fatto che i suoi occhi hanno un po’ troppo indugiato sulla figura del moro che saltava, all’immagine di quella mano che la sera, dopo quel primo e goffo bacio, la sera l’aveva cercato, aveva fatto scorrere le dita tra i suoi capelli, tirandoli leggermente quel tanto che bastava per inclinargli la testa e dargli quello che era stato un vero bacio.

A Kei vengono i brividi (di piacere) solo al ricordo.


Voi andate pure” disse Kuroo rivolgendosi a Bokuto e facendogli l’occhiolino “Akaashi sembra parecchio affamato.”

L’esuberante asso del Fukurodani sorrise e richiamò a gran voce l’attenzione di Akaashi, spingendolo con entusiasmo (e al tempo stesso un’inaspettata gentilezza per un tipo come lui) fuori dalla palestra numero tre.

Kei inclinò la testa osservando la scena, cercando di capire esattamente che tipo di rapporto ci fosse tra i due. Sicuramente grande stima e rispetto da parte dell’alzatore per il proprio capitano. I modi di fare di Bokuto erano affabili ed esagerati come suo solito ma, al tempo stesso, colmi di ammirazione e quello che Kei avrebbe persino osato definire affetto.

Sono carini, vero?”

Sicuramente si compensano alla perfezione” aveva riposto Kei cercando di non pensare al fatto che ora lui e Kuroo fossero da soli nella palestra, che in giro non ci fosse nessuno perché erano andati tutti a mangiare e lavarsi dopo una giornata estenuante di allenamenti.

Parlare di Akaashi e Bokuto era sicuramente un diversivo.

Parlare del rapporto che poteva esserci tra Akaashi e Bokuto lo era un po’ meno.

Kuroo lo raggiunse e gli tolse lo spazzolone dalle mani.

Non scappare” gli chiese gentilmente “Metto via questi e poi possiamo mangiare qui fuori. Ho preso qualcosa in mensa… se ti va.”

Kei deglutì nervoso ma gli consegnò lo spazzolone e andò a cambiarsi le scarpe, senza fretta, cercando al tempo stesso di asciugarsi il sudore di dosso. Impresa inutile, visto il caldo e che aveva giocato a pallavolo tutto giorno. Lo consolò che anche Kuroo faceva schifo quanto lui in quel momento.

Il moro tornò tenendo fra le mani un sacchetto di plastica e, dopo essersi cambiato a sua volta le scarpe, fece segno a Kei di seguirlo su un versante della palestra abbastanza illuminato ma lontano dalla collina infernale, dai dormitori o da qualunque altro luogo dove fosse facile che le squadre presenti di attardassero.

Si sedettero su dei gradini di cemento e Kuroo estrasse un flaconcino con dentro delle pastiglie che sciolse dentro due bottiglie d’acqua. Elettroliti: immancabili e fedeli amici degli sportivi. Kei accettò volentieri e bevve avidamente, rendendosi conto solo in quel momento di quanta sete effettivamente avesse. Kuroo lo osservò mentre sorrideva nascosto a sua volta dietro la bottiglietta d’acqua.

Meglio?”

Kei annuì.

Dal sacchetto comparvero magicamente degli onigiri, alcuni cetrioli in agrodolce, e due insalate di tofu con verdure: cibo leggero, fresco ma ricco di proteine, carboidrati e vitamine.

Spero ti piaccia” aveva detto il moro porgendogli delle bacchette usa e getta ed entrambi iniziarono a mangiare in silenzio. Quei primi bocconi furono rigeneranti, persino Kei, abituato a mangiare poco, non poté non gustarsi il piacere di mettere finalmente qualcosa sotto i denti dopo un pomeriggio che si era protratto fino a tardi e in cui avevano giocato senza trattenersi (e lui stesso aveva fatto un po’ di più del suo minimo indispensabile).

Ti sei offeso?” gli domandò dopo un po’ Kuroo dopo aver mandato giù un boccone di riso.

Tsukishima si voltò a guardarlo alzando un sopracciglio. Era ovvio che Kuroo si riferisse al quel bacio (o pseudo tale) ma, a essere onesto con se stesso, si era sentito molto peggio quando gli aveano fatto notare che Hinata aveva molte più possibilità di lui di riuscire nella pallavolo perché dove gli mancava la tecnica, c’era l’entusiasmo e la voglia continua di migliorarsi ogni volta che toccava la palla.

No… non per quello” aveva risposto il biondo, abbassando lo sguardo nella speranza che l’altro capisse senza che lui dovesse spiegarsi. Non aveva voglia di approfondire l’argomento di quanto fossero irritanti i numeri dieci per la sua famiglia.

Quindi...” iniziò a dire l’altro, posando il contenitore del cibo accanto a sé e appoggiandosi con i palmi sul gradino dietro lui, alzando la testa per osservare il cielo, dove la luna brillava in un coltre nera priva di stelle “...ti darebbe fastidio se lo rifacessi, Tsukki?” fu la sua domanda, rivolta alla luna, ma in fondo, era un po’ come se stesse parlando con lui.

Kei un po’ se l’era aspettato che glielo chiedesse – o quanto meno che l’altro tirasse fuori l’argomento – però non riuscì a impedirsi di ritrovarsi completamente senza parole e prossimo al soffocamento per l’imbarazzo.

Era il tuo primo bacio, vero?” domandò ancora Kuroo.

Tsukishima masticò attentamente quanto aveva ancora in bocca, deglutì assicurandosi che nulla gli andasse di traverso – cosa non così scontata in quel momento – e bevve un altro po’ d’acqua. Stava prendendo tempo, ma stava cercando di calcolare bene cosa rispondere al capitano del Nekoma. Le strade erano due: negare o comunque fingere che non gli importasse nulla, oppure affidarsi al suo essere caustico e tagliente.

Non ebbe dubbi quale delle due opzioni scegliere.

Tsk, se quello lo chiami bacio...”

Kuroo si voltò verso di lui con un sorriso sornione, come se fosse riuscito nel suo intento.

Lo devo prendere per un sì o per un voglio un primo bacio degno di quel nome e non quella schifezza di prima’? Chiedo così, giusto per regolarmi.”

Kei gli riservò una delle sue migliori occhiate schifate – ce n’erano per tutti e per tutti i gusti – ma la cosa sembrò solo scatenare una risata sincera nell’altro. Con il sorriso ancora sulle labbra, Kuroo si girò verso di lui, avvicinandosi, e portandogli una mano sul collo, risalendo pian piano dietro la nuca, incastrandosi tra le ciocche bionde e fini. Kei si accorse che stava trattenendo il fiato quando vide il volto di Kuroo avvicinarsi al suo e, come in un riflesso dettato dalla paura, serrò gli occhi, quasi in una smorfia.

Tranquillo, non ti mordo… a meno che tu non voglia che lo faccia” gli sussurrò il moro all’orecchio, facendolo letteralmente rabbrividire. Il fiato caldo contro la pelle sensibile e ancora sudata lo fecero fremere e cercò di rilassarsi. Non voleva dargliela vinta, ma in fondo sapeva benissimo che Kuroo aveva già vinto. In fin dei conti quel bacio Kei lo stava aspettando e lo desiderava. Non fece nemmeno in tempo a vergognarsi di aver formulato un simile pensiero, che le labbra di Kuroo furono sulle sue. Non sembrò nulla di diverso rispetto a quanto avvenuto poche ore prima, ma poi la mano del capitano del Nekoma gli strinse leggermente le ciocche, tirandogli i capelli quel minimo affinché Kei inclinasse la testa e questo sentisse la lingua dell’altro che delicatamente gli chiedeva il permesso di entrare. Colto alla sprovvista da quelle sensazioni inaspettate, Kei socchiuse le labbra e Kuroo gli diede un piccolo morso delicato al labbro inferiore prima andare a cercare la lingua del biondo, carezzandola dolcemente, come se volesse convincere lei – molto più del proprietario – che andava tutto bene e che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Uno strano suono sembrò provenire dalla gola di Tsukishima – un gemito? Un lamento? Un insulto? Questo in effetti era alquanto probabile – ma, qualunque cosa fosse, il moro lo prese come un invito ad approfondire ulteriormente il bacio, lasciando da parte la delicatezza e il timore reverenziale con cui si era approcciato all’altro, facendosi trasportare dall’unico desiderio e pensiero che aveva in quel momento: assaggiare Kei, sentire il suo calore e il suo sapore, stringerlo e tatuarsi addosso quelle sensazioni per non lasciarle più andare via.

Si stupì quando, seppur timidamente, la mano di Tsukki andò a posarsi sulla sua nuca, facendo una leggera pressione, non sufficiente da avvicinarlo a sé, ma quel tanto che bastava per invitare Kuroo a dargli un bacio degno di tale nome.

Non che il capitano del Nekoma avesse chissà quanta esperienza alle spalle, ma quel paio di anni gli aveano permesso di scoprire cosa fosse un bacio, un vero bacio – non uno sfiorarsi di labbra – ma un incontro scontro di lingue e saliva, denti, morsi e gemiti che risalivano dalla gola e andavano a scaldargli il cuore e far ribollire il sangue.

Kei non era una persona arrendevole, seguendo l’esatto opposto del judo, si sarebbe spezzato pur di non piegarsi [2], ma cedere sotto al tocco di Kuroo fu inevitabile e la voglia di ricambiare ed essere partecipe troppa. Seppur con tutto l’imbarazzo dovuto all’inesperienza, provò a imitare i movimento del moro (in fondo era che era iniziato il ritiro che non faceva altro) sentendolo farsi più vicino, come se non ne avesse abbastanza.

Con un pizzico di divertimento si ritrovò a pensare che non era così male sentire un’altra persona così desiderosa di avvicinarsi a lui fino a quel punto, ma si rese conto che anche lui stava perdendo la sua algida compostezza, troppo bisognoso a sua volta di tutto quello che Kuroo poteva dargli: il suo calore e le sue mani che lo toccavano con desiderio e curiosità, come se volesse fondere la loro pelle fino a farli diventare una cosa sola.

Il bacio rallentò il ritmo fino a che non si separarono poggiando la fronte l’uno su quella dell’altro.

Kei...” mormorò Kuroo ora che conosceva il suo nome. Diciamo che in quel momento si sentiva un po’ più autorizzato a usarlo.

Una mano del moro era ancora sul collo di Tsukishima, mentre l’altra gli stringeva il fianco, non tanto da fargli male, ma quel che bastava per impedirgli di andarsene a gambe levate in caso di ripensamenti improvvisi.

...mh?”

Questo bacio andava meglio?”

Kei aprì gli occhi e osservò quelli dell’altro: non c’era molta luce, ma poteva chiaramente distinguerle pupille dilatate, cariche di un desiderio che ancora non si era placato.

Come sempre tra le due risposte possibili, Kei scelse di non negare, ma non poteva nemmeno perdere la sua antipatica compostessa che lo caratterizzava, così optò per un provocatorio:

“…tutto qui quello che hai da insegnarmi, Kuroo-san?”


Altri due punti consecutivi per il Nekoma finché, finalmente, Kageyama fa un alzata decente e Asahi riesce a sfondare il muro della squadra avversaria e fare punto. Fanno altre tre rotazioni, un paio di servizi sbagliati da entrambe le squadre, ed ecco il momento che Tsukishima teme: lui e Kuroo sotto rete, l’uno di fronte all’altro. Guardarsi negli occhi è inevitabile e Kei deve fare appello a tutte le sue forze per non osservarlo con troppa insistenza. Deve concentrasi sulla palla perché, se non la mura lui, nessun altro lo farà. Di certo non bene come sta imparando a fare.

Osserva il pallone, guarda gli avversari… crede di aver capito. Un tempo differenziato singolo. Esatto, ha letto correttamente l’azione, ma il suo muro è ancora troppo debole. Però  è riuscito a toccare la palla, l’ha smorzata. Ora sta gli altri cercare di rimandarla efficacemente nel campo avversario, lui può solo aspettare il momento in cui murare di nuovo, e intanto il suo sguardo indugia su Kuroo: è agile e flessuoso e Tsukishima ha l’impressione che ogni suo movimento sia fin troppo calcolato. Si gira verso di lui, mordendosi leggermente il labbro… sta cercando di distrarlo, Kei l’ha capito benissimo, ma ha imparato dal suo senpai e nel mentre che Sugawara si prepara a servire –gli è sfuggito come e chi abbia fatto ancora punto per loro – si solleva la maglia per asciugarsi il sudore.

Se Kuroo vuole giocare sporco, lui non può essere da meno. Ha imparato da migliore, no?

Yaku riceve, Kozume alza, Yamamoto schiaccia, Daichi riceve, Kageyama alza e Hinata manca la palla. Punto per il Nekoma.

Kuroo si sposta di lato ma il suo sguardo è ancora fisso su Kei e forse per questo sbaglia a murare.

A Tsukishima non è sfuggito il fatto che il moro non riesca a smettere di guardarlo e nei suoi occhi legge gli stessi ricordi brucianti quando quelle dita – quei polpastrelli gli hanno sfiorato la pelle, curiose e al tempo stesso timide, lasciando scie indelebili fatte di eccitazione e promesse silenziose.


Era la terza sera di fila che si accordavano per vedersi dopo gli allenamenti. Avevano cenato in mensa normalmente come gli altri, per non destare sospetti e perché, in fondo, Kuroo aveva voglia di una cena abbondante. Kei ne avrebbe fatto anche a meno, ma in effetti si ritrovò a gustare le – seppur piccole – porzioni di cibo che aveva sul vassoio con un pizzico di entusiasmo in più. La giornata era stata faticosa e non aiutava il fatto che avesse trascorso parte del tempo delle pause - in cui avrebbe dovuto recuperare le energie – con il capitano del Nekoma incollato alle sue labbra. Non che esattamente se ne lamentasse, per quanto ancora incerto, scontroso e in apparenza apatico, era pur sempre un adolescente e il suo cervello era in grado di spegnersi a una velocità sorprendente nel momento in cui Kuroo lo trascinava da qualche parte e gli si avvinghiava addosso. Non capiva come mai sembrava tenerci così tanto – uno spilungone spocchioso con la lingua al vetriolo non era esattamente quello che si sarebbe definito un buon partito – ma il moro sembrava davvero apprezzare la sua compagnia fine a se stessa. Circa. Labbra, lingua e mani erano incluse nel pacchetto.

Avevano deciso di vedersi sul retro dei dormitori, dove si affacciavano le stanze dei professori e delle manager: i primi non erano un problema, oramai era noto a tutti che passassero le serate in un locale a ingollare sakè, mentre le seconde erano solite riunirsi in una stanza in fondo all’edificio, da cui non sarebbe stato facile vedere lo spiazzo che separava la struttura dal muro che circondava la scuola. Era la prima volta che Kuroo gli proponeva di appartarsi in modo così esplicito – di solito l’aveva sempre portato in luoghi isolati ma aperti e luminosi – ma da che avevano iniziato a incontrarsi non aveva mai percepito quel qualcosa così carico di aspettativa nella sua voce. A Kei vennero i brividi e fece del suo meglio per apparire scocciato dalla prospettiva, ma al tempo stesso non poteva negare a se stesso che stava contando i minuti che lo separavano da quell’incontro.

Con noncuranza, dopo aver riposto il vassoio della sua cena – era comunque riuscito ad avanzare qualcosa, cosa che Suga non aveva mancato di rimproverargli con il suo solito fare inquietantemente materno – ed era andato nei dormitori a sciacquarsi e mettersi una maglietta che non sapesse di carogna. Non che a Kuroo importasse più di tanto, visto che fino a qualche ora prima il fatto che fossero sudati dalla testa ai piedi non gli aveva impedito di infilargli la lingua in gola, ma si sentiva anche un po’ in imbarazzo e a disagio con addosso l’odore e la stanchezza di un’intera giornata di allenamenti.

Prese un libro a caso dal suo borsone – quello di fisica che si era portato per non rimanere indietro con i compiti se ne avesse avuto modo di farli – e uscì dall’edificio.

Poco dopo gli arrivò un messaggio di Yamaguchi che gli chiedeva che fine avesse fatto. Avrebbe preferito non rispondere, ma alla fine si rese conto che se non avesse risposto, l’amico avrebbe continuato a cercarlo con insistenza e Tsukishima non voleva essere disturbato.

Sto andando a cercare un posto tranquillo per farei compiti di fisica’ gli scrisse, certo che davanti alla prospettiva di studiare, Tadashi non avrebbe avuto voglia di andare a cercarlo.

Raggiunto lo spiazzo indicatogli da Kuroo, vide che l’altro non era ancora arrivato, così si appoggiò al muro e accese la torcia del telefono per leggere il libro che fortunatamente si era portato dietro.

Passarono diversi minuti, e il capitano del Nekoma era parecchio in ritardo. Kei si diede dello stupido. Cosa si aspettava davvero da lui? Si erano divertiti un pochino, ok. Non che quella sera avrebbe fatto differenza, il loro rapporto non era di certo una cosa destinata a chissà cosa. Nemmeno lui sapeva cosa voleva… certo, divertirsi un po’ non gli era dispiaciuto, per la prima volta in vita sua si era sentito desiderato nonostante tutti i suoi innumerevoli difetti, ma la cosa era iniziata a finiva lì.

Sbuffò scocciato, spense la torcia del telefono e chiuse il libro, girandosi verso la direzione da cui era arrivato, ritrovandosi faccia a faccia con Kuroo che gli sorrise leggermente prima di potargli una mano alla nuca e dargli un bacio… decisamente mozzafiato. Sembrava volesse divorarlo, risucchiandogli l’anima. Portò l’altro braccio sulla schiena di Kei, facendolo avvicinare ulteriormente, azzerando la distanza tra di loro.

Tsukishima fu colto alla sprovvista e fece cadere il libro per terra, portando la mano tra i capelli di Kuroo, tirandoli quel che bastava affinché l’altro gemesse nel bacio, un po’ eccitato e un po’ infastidito anche se in fondo aveva compreso che quella era la sua punizione per essere arrivato in ritardo.

Scusa… mi hanno bloccato a ogni angolo.”

E’ dura essere il capitano...” lo prese in giro il biondo sentendo però tutta la rabbia che aveva accumulato negli ultimi minuti scemare completamente dopo le scuse e quel bacio.

Le mani di Kuroo erano ancora su di lui, fronte contro fronte, occhi chiusi e fiato corto.

Kei ne approfittò per mettere il cellulare nella tasca laterale dei pantaloncini e portare la mano ora libera da ogni impiccio sul fianco del moro, stringendo quel tanto che bastava per fargli percepire la sua presenza e quel desiderio serpeggiante che si era impossessato di lui.

Già...” aveva risposto Kuroo con un sussurro.

Ti vogliono tutti...”

Peccato che io voglia solo una persona...”

Kei deglutì, imbarazzato e al tempo stesso eccitato da quelle parole perché, non voleva peccare di arroganza, ma era abbastanza sicuro che Kuroo stesse parlando di lui.

Si…?”

Oh, sì…” rispose il moro spingendolo contro il muro dietro di lui, facendo aderire la schiena al cemento piacevolmente freddo, abbassando il volto per portare la bocca nell’incavo tra il collo e la spalla. Kei rabbrividì quanto sentì la lingua e i denti del moro lambire e mordere quel lembo di pelle particolarmente sensibile, facendogli reclinare la testa di lato per il piacere, invitandolo a continuare. Si stupì di se stesso, ma la sensazione era inebriante.

E tu?” gli chiese Kuroo, senza allontanare le labbra dalla sua pelle, risalendo verso l’orecchio, mandandogli una nuova scarica di brividi che gli percorsero tutto il corpo “Tu mi vuoi Tsukki?”

Quella domanda, posta in modo così diretto da un Kuroo palesemente eccitato che lo stava tenendo premuto contro il muro, facendogli chiaramente capire quanto lo volesse, sembrò mandare in tilt il cervello di Kei. O semplicemente il suo sangue defluì tutto verso il basso.

Troppo imbarazzato per rispondere a parole, spinse il viso dell’altro verso il suo, facendo presa con le dita ancora incastrate tra i capelli, coinvolgendolo in una bacio diverso da quelli che era di solito lui ad iniziare, ma non gli interessava. Era eccitato e aveva voglia di sentire la pelle di Kuroo sulla propria, voleva sentirlo gemere e tremare per il piacere.

Il capitano del Nekoma parve prendere per buona quella come risposta perché, con la mano che teneva ancora dietro la schiena di Kei, si insinuò sotto la sua maglietta, carezzando con delicatezza la pelle sensibile dell’inguine, tracciando linee immaginarie che si avvicinavano sempre di più all’elastico dei boxer, curiosa ma al tempo stesso rispettosa. Kei fece lo stesso, imitando i movimenti dell’altro come era diventato fin troppo bravo a fare. La pelle di Kuroo era calda, aveva un buon profumo e sotto i polpastrelli poteva sentire i brividi di piacere che lui gli stava procurando. Gli venne da sorridere prima di prendere quel pizzico di coraggio necessario per scostare leggermente l’elastico dei pantaloncini che l’altro indossava e toccare timidamente con un dito l’erezione di Kuroo attraverso i boxer.

Sentiva la sua pelle andare a fuoco per l’imbarazzo, ma quel piccolo gesto sembrò una rassicurazione per il moro che, senza farsi troppi problemi, abbassò pantaloni e intimo suoi e di Kei, facendo scontrare le loro erezioni mentre entrambi gemevano in un bacio affamato.

Ti va di…?”

Cosa?” rispose Kei un po’ troppo velocemente, palesemente allarmato.

Kuroo rise e gli diede un leggero bacio a fior di labbra.

Niente di strano, tranquillo… ci sarà tempo per quello. Se lo vorrai. Perché io lo voglio, ma non adesso. Mi basta la tua mano... se a te va bene la mia.”

Kei si sentì improvvisamente sollevato ma al tempo stesso ancora più eccitato all’idea che Kuroo volesse anche altro e il fatto che concordasse che quello non fosse il momento e il luogo adatto, lo convinsero che forse non era solo un passatempo per il capitano del Nekoma.

Non dici e non prometti queste cose a una persona che vive a trecento chilometri da te…

In quel momento però non aveva importanza. La mano di Tetsurou lo avvolse e iniziò a stuzzicarlo con movimenti lenti e ben studiati e Kei fece lo stesso. Era strano, ma non era diverso da quello che ogni tanto si concedeva nella doccia o di prima mattina, quando il suo sonno era stato popolato da sogni che non ricordava ma che lo avevano lasciato in quello stato. C’era da dire che in due era molto meglio, soprattutto se era un’altra la mano che ti dava piacere.

Come i due ragazzini che erano, vennero in fretta l’uno sulla pelle dell’altro, ansimando per il piacere improvviso ed entrambi troppo imbarazzati per guardarsi.

Si pulirono con le magliette che indossavano – che dovevano già essere messe di nuovo a lavare – e Kei sogghignò.

Credo ti convenga indossarla al contrario Kuroo-san, o potrebbero farti troppe domande...”

Era buio, ma la chiazza bianca sul nero era comunque visibile.

Kuroo rise a sua volta e togliendosi la maglietta con attenzione cercò di ripulire la stoffa sul muro - ridendo per l’assurdità di quel gesto - per poi indossarla nuovamente con le cuciture a rovescio.

Così sono sicuro nessuno mi chiederà nulla…”

Sono sicuro hanno visto di peggio.”

Dubito. Non mi era mai capitato di appartarmi con qualcuno che mi piace al ritiro estivo” rispose il moro sedendosi per terra appoggiandosi la schiena al muro, accanto alle gambe di Tsukishima.

Kei lasciò andare il peso sulle ginocchia e si sedette a sua volta accanto a Kuroo, che si voltò a guardarlo sorridendo.

Sicuramente i tuoi compagni ti faranno il terzo grado.”

Perché?” chiese il biondo.

Kuroo ridacchiò.

Labbra gonfie, capelli incasinati… penseranno sia andato a imboscarti con una delle manager.”

Uhm...” rispose Kei soppesando bene le parole “Carine, ma li preferisco insistenti, irritanti e con i capelli da imbecille.”

Il capitano del Nekoma scoppiò a ridere, lusingato da quelle parole.

Anche a me piacciono nerd, inappetenti e sociopaticidirei che siamo fatti l’uno per l’altro, no?”

Kei si sentì arrossire a quella battuta che lasciava intendere ben altro.

Non stavo scherzando prima” disse improvvisamente serio Kuroo, cercando con le dita la mano di Tsukki, la stessa mano che fino a poco prima era sulla pelle e gli aveva regalato un piacere che non avrebbe saputo descrivere a parole.

Cosa intenti?”

Che voglio davvero… fare altro. Voglio fare tutto con te. Voglio uscire a cena con te, andare a Tokyo Disneyland, al cinema. Voglio passeggiare con te in un parco, baciarti sotto la pioggia e poi portarti a casa mia e farti tutto quello che ho desiderato in questi giorni ma a cui mi imponevo di non pensare...”

Anche Miyagi non è male.”

Posso venire a Miyagi, posso venire dove vuoi… Mi piaci Tsukki, nel caso non si fosse capito...”

Ne ho avuto il sospetto, ma… perché?”

Te l’ho detto, mi piacciono nerd e sociopatici. Poi però scopri che sono sì nerd, ma che se vai oltre l’apparenza davanti a te c’è una persona interessantissima di cui vuoi sapere tutto e che il tempo passato con lei non è mai abbastanza...”

Kei si sentì avvampare a quelle parole così lusinghiere.

Anche tu non si affatto male, Kuroo-san..”gli rispose stringendogli la mano, come se in quel gesto ci fossero tutte le parole che non riusciva a dirgli. Non era ancora pronto. Dovevano uscire a cena, andare a Tokyo Disneyland, al cinema… e poi chissà.

Kuroo gli posò un lieve bacio sulle labbra e rimasero così, per mezzora o forse più, il tempo di riprendersi e non sembrare così sconvolti una volta tornati nei rispettivi dormitori.

Si separarono con un ultimo rapido bacio e Kei dovette fare del suo meglio per levarsi dalla faccia quello stupido sorriso che non aveva voglia di andarsene. Quando rientrò nessuno fece domande. Solo Yamaguchi gli chiese dove fosse finito il suo libro e Kei imprecò, uscendo di corsa per andare a recuperarlo. Era stata una serata di studio decisamente interessante.



La partita è finita.

Il Karasuno, ovviamente, ha perso. Ancora una volta. Oramai nessuno si aspetta di vincere. Sono tutti rassegnati a correre su quella maledetta collina finché non saranno finiti quei giorni infernali. Anche se, in fondo, così infernali come temeva non sono stati.

Stanno ascoltando tutti il coach, le solite frasi, le solite parole di incoraggiamento e i soliti rimproveri gli errori che non hanno imparato a correggere, ma anche tante parole di stima per l’impegno che ci stanno mettendo. Questa volta Ukai parla anche di lui.

Quando il coach finisce il suo commento post partita, arrivano Kiyoko e Yachi cariche di borracce, sali minerali e snack. Una barretta energetica la accetta anche Tsukishima, anche se non la finirà. Prima beve fino quasi a svuotare la borraccia e poi, silenziosamente, scarta l’involucro e da un morso. Fa abbastanza schifo, è pastosa e gli si appiccica ai denti, ma sono i carboidrati di cui ha bisogno per restare in piedi e non svenire dalla stanchezza. Sta dormendo poco – e la colpa è solo di una persona – e si stanno allenando troppo. Si volta a guardare i membri della sua squadra: alcuni stanno chiacchierando tra di loro commentando le azioni e altri lo osservano in silenzio.

Sbuffa, perché si sente al centro di attenzione mai richiesta.

Cosa avevate da guardarmi prima quando sono entrato in palestra?”

Tsukishima vede i compagni di squadra osservarlo quasi con timore, come se nessuno volesse aprire bocca.

Si volta verso Yamaguchi, consapevole che gli basta un’occhiata delle sue – non una di quelle omicide, ne basta una annoiata e scocciata – per farsi dire tutto.

Eravamo preoccupati...”

Kei inarca un sopracciglio. Traduzione: elabora. Non c’è neanche bisogno che lo dica.

Beh, eri strano..” prosegue l’amico.

Kei sbuffa. Odia i giri di parole.

Tsukki!! Stavi sorridendo tantissimoooo!! Avevamo paura ti fosse venuta una paresi!!” risponde Hinata saltando come un grillo come suo solito.

Kei si morde le labbra e si volta verso la squadra del Nekoma radunata intorno al coach. Tutti stanno bevendo assetati e il suo sguardo si sofferma a osservare il capitano, con i suoi capelli neri incasinati, lo sguardo penetrante e quel sorrisetto malefico sempre stampato su quella faccia da schiaffi che si volta a guardarlo, facendogli l’occhiolino.

E a Kei viene di nuovo voglia di sorridere.



Note dell’autrice:

[1] ho letto da qualche parte la combo Kuroo Tetsurou identificano il gallo giapponese con le piume nere (bellissimo tra l’altro, una mia amica ne ha un paio nel suo pollaio) e dovevo inserirlo.

[2] Wikipedia


Avevo scritto mesi fa circa 700 parole di questa storia, poi – non riusciendo ancora a manovrare questi due come volevo – l'ho lasciata lì.

La settimana tra agosto e settembre sono stata folgorata dall'ispirazione e ho scritto sei storie su Haikyu!, ma questa è indubbiamente quella che mi piace più di tutte.

Non doveva uscire così lunga, ma alla fine i personaggi hanno fatto e si sono mossi esattamente come volevo.

Questa è l'inizio di una serie. Tra un po' arriverà il seguito dal titolo E venne la Luna che morse il Gatto.


   
 
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