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Autore: Feathers    24/09/2022    2 recensioni
(Eddie + Chrissy) Hellcheer / Eddissy
L'armonia che c'è fra Chrissy ed Eddie è semplicemente surreale.
È surreale il modo in cui le loro voci diventano la più splendida musica mentre chiaccherano, il modo in cui i loro corpi si incastrano perfettamente la notte, con le labbra di lui premute sulla nuca di lei e le mani intrecciate; sono surreali la spontaneità e semplicità di Eddie, che la avvolgono delicatamente e la riscaldano come il fuoco di un camino dopo ore di camminata sotto la neve.
Ma quanto è difficile dire la verità a dei genitori classisti e opprimenti? Quanto è difficile guarire dalla malattia di apparire "perfetti", e dal timore di essere giudicati?
Questa è una storia in particolare dedicata a chi vuole trovare il coraggio di crescere, di imparare ad amarsi e di tornare a respirare. Perché, a volte, l'unico ostacolo fra noi e la felicità siamo proprio noi.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chrissy Cunningham, Eddie Munson
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Inizio Estate 1987

"Allora... finora te li sei ricordati tutti. Finalmente. Ultima domanda: questo cucchiaino qui a che serve?" chiese Steve Harrington, scuotendo l'oggetto davanti alla faccia di Eddie. L'altro ragazzo lo spinse via, fingendosi infastidito. "Per scavare nella terra dei vasi e piantare i semini del basilico."
"Dai!"
"Per spaccare l'uovo alla coque."
Nancy quasi sputò l'acqua che stava bevendo, scatenando un coro di risa.
Steve scosse il capo. "Sei tremendo, amico, te lo giuro." Poi si voltò verso Nancy. "E tu faresti meglio a non sghignazzare, che a breve tocca a te."
"Sarà il tuo turno per civilizzarmi, Wheeler. Sei onorata?" recitò Eddie, e sollevò le sopracciglia.
"Oh, non vedo proprio l'ora, guarda!"
"Allora, a che serve questo cucchiaino?" Steve rivolse la sua attenzione verso Robin. "Rob? Conosci la risposta?"
Dal suo canto, la ragazza si piantò le mani sui fianchi, quasi cadendo a causa della terribile postura che aveva adottato sul bracciolo della poltrona di casa Harrington. "Hm... non mi rico- Oh, ci sono! Serve a lanciarlo in piena faccia alla sua futura suocera."
Ripartì l'ilarità generale, ed Eddie trovò finalmente la forza di ridere di quella situazione fino alle lacrime.
"S-serve... serve per il dolce, comunque." disse Steve a fatica, cercando di smettere di ridere. "Nance, tuo turno. Non ce la faccio più con questo qui che mi parla di basilico mentre io spiego cose serie."
"Oh, secondo me non alludeva proprio al basilico ma ad altre piantagioni." disse Robin, e una pallina di carta volò in sua direzione.
Nancy si sedette. "Allora. Sappi che... Io non ti parlerò di posate, ma di formule."
"Tipo?"
"Frasi comuni, hai presente? Vediamo. Hmm... vi sedete a tavola e state per mangiare. Dici qualcosa?"
"La so, la so! Non si dice «buon appetito». Questa la sapevo! Non so il perché, ma la sapevo."
"Ottimo!" esclamò la ragazza, soddisfatta. "Altro esempio, se io fossi la signora Cunningham e starnutissi... tu cosa diresti?"
Eddie aggrottò la fronte. "Mi prendi in giro? Perfino io so che si dice «Salute»."
Lei emise dei rumorini di disapprovazione. "Eh no."
"Ora si dice «Malattia»?"
"Non si dice niente neanche in questo caso. Niente di niente."
"Oddio, e perché!?"
"Puoi dirlo a una persona che conosci molto bene. A un tuo amico o familiare. Ma non a un estraneo, perché lo metti in imbarazzo, evidenziando ancora di più il fatto che ha starnutito."
"Gesù Cristo, che cazzate che si inventano." Eddie fece un sorrisetto, e si posò una mano sulla fronte. "Okay, grazie, Nancy, lo terrò a mente. Che altro?"
Robin li guardò, esterrefatta. "Questa me la segno. Ho appena scoperto di aver fatto centomila figuracce, finora." Prese un taccuino e si mise a scriverci sopra.
Steve notò quel gesto. "Ma che stai..."
"Il corso di galateo è anche per me. Ti ricordo che sono povera e avrò mangiato in un ristorante al massimo dieci volte in tutta la mia vita. E urlo «Salute» alla gente quando starnutisce."
"Pure la tua cotta è alto borghese o che?" Eddie prese un sorso di birra, e tirò fuori una sigaretta, chiedendo a Steve il permesso di accenderla con un gesto. Steve annuì e aprì la finestra.
"Non ne ho idea, sinceramente. Non conosco a sufficienza la famiglia di Vicky. Ma, borghesi o no, se ti può consolare... potrebbero reagire più o meno come i genitori di Chrissy, se mi vedessero."
Eddie fece un tiro e buttò il fumo verso la finestra. "Perché, hai genitori in carcere?"
Robin ridacchiò. "Perché sono una donna, geniaccio."
"Cazzo, è vero..."
"Buongiorno Eddie. Sono già le undici e mezzo del mattino." scherzò Nancy. "Vuoi un caffè?"
"Oooh, che vuoi, Wheeler? Sono talmente indifferente davanti al genere che mi scordo."
"Dai, torniamo a studiare, così farai una bella impressione sui genitori di Chrissy."
"Sono venuto qui solo per scherzare sul corso di galateo e rivedervi, visto che siete in vacanza. Non penso comunque di volerli più vedere, quei due idioti con la puzza sotto al naso. Mi dispiace davvero per lei e suo fratello Ben, che devono sopportarseli."
Nancy posò una mano gentile sulla sua spalla. "Hey, non è detto che vada sempre male. Scommetto che Chrissy gliene avrà cantate quattro quando te ne sei andato. Ha l'aria di una apparentemente calma ma che però sa incavolarsi come una iena."
"Già. E sono loro ad aver fatto una figura schifosa, non tu." aggiunse Robin.
Steve passò un posacenere a Eddie. "Sono d'accordo."
"Non saprei. Ma non importa, ragazzi. Davvero. Se le cose non dovessero funzionare, me ne... farò una ragione. Non tutto va come uno vorrebbe. L'ho già imparato molto tempo fa." Il ragazzo fece un sorriso radioso, ma il suo tono di voce malfermo lo tradì.
Steve sospirò, ed esitò. "Senti, se non dovesse andare bene, ricordati che... anche noi saremo qui per te. Tutti e tre. Non ti azzardare a chiuderti a riccio."
Nancy e Robin annuirono.
Eddie spense la sigaretta, e abbracciò Steve, il quale gli diede delle pacchette affettuose sulla schiena.
"Grazie..."
Ci fu un lunghissimo momento di silenzio, prima che Steve riaprisse bocca. "Sì, amico, ma ora raccogli la pallina di carta che hai lanciato a Robin, o te la faccio mangiare."

------

Il giorno dopo.

"Yeeeeeh!"
Esther si tuffò nella piscina, schizzando una generosa quantità d'acqua addosso a Chrissy.
"Hey! Prima il camion ieri sera con la pioggia, oggi tu!"
La ragazza riemerse con eleganza, appoggiando le mani scure sul bordo. "Sei tu che ti metti vicina pur sapendo che amo i tuffi a bomba. Stolta! Forzaaa, buttati, è caldissima!"
"Arrivo, arrivo!" L'altra scosse il capo e si liberò del suo vestito, mettendolo ad asciugare al sole e sfoggiando un bellissimo costumino azzurro pastello.
"Wooow, fortunato Eddie."
Chrissy in tutta risposta le spruzzò un po' d'acqua calciando col piede, e poi entrò in piscina con lentezza. "Scema. Le altre quando vengono?"
"Boh, dicevano verso le docici e mezza. Io consiglierei loro di sbrigarsi, perché altrimenti lo squisito cous cous che ho preparato per pranzo finirà tutto."
Chrissy rise, e si immerse fino ai capelli.
Trattenne il fiato, e si accovacciò in una posizione quasi fetale per qualche secondo, per poi riprendere a nuotare. Stare in acqua la rilassava sin da quando era bambina. Si sentiva leggerissima, senza pensieri. Era quasi come volare. Probabilmente, se non avesse fatto cheerleading avrebbe optato per il nuoto sincronizzato. Tirò fuori la testa, e osservò Esther che stava facendo il morto con gli occhi chiusi.
"Quand'è che torniamo a Hawkins, di preciso? Mi scordo pure il mio nome in questo periodo." bofonchiò quest'ultima.
"Fra tre giorni. Sono già preoccupata. Gli ho mandato una lettera ma non mi ha risposto."
"Sorella mia, stammi a sentire. So che quella situazione è un casino, ma le soluzioni ci sono. Io penso che lui sia semplicemente diventato insicuro."
"E come faccio a fargli capire che non ha motivo di esserlo?"
"Sbattendo in faccia ai tuoi genitori il fatto che ti vedi ancora con lui e... ribellandoti. In casi estremi ti presto due lenzuola in più."
"Per fare che?"
Esther smise di fare il morto e nuotò più vicino a Chrissy. "Per calarti giù annodandole!"
"Stai parlando seriamente?"
"Certo. Nel caso fate Romeo e Giulietta."
"Non è esattamente una prospettiva allettante." Ghignò appena, ma poi tornò seria. "Non puoi capire che razza di discorso mi ha fatto mia madre quella sera. Mi ha riempito di negatività e robe irripetibili."
"Al solito. Tu il coraggio ce l'hai. Ne hai da vendere, Chris. Devi solo tirarlo fuori."
"Come fai a esserne certa? Io mi sento una fifona."
"Ti conosco da quando ci cagavamo addosso e avevamo il ciuccio, forse?"
Chrissy emise un risolino. "Se ti sentissero i tuoi genitori."
"I miei genitori non sono qui. Che ti ha detto tua mamma?"
"Le solite cose. Che non si può avere un futuro con uno così. Che mi porterà sulla cattiva strada, che di sicuro si fa di acidi, che è un fallito, un miserabile, un... tanto altro."
"Wow, si è data da fare Lauretta. Sempre delicatissima. Come ha fatto ad accettare il fatto che la tua migliore amica è nera?"
L'altra ragazza ridacchiò. "Sei molto ricca, è già qualcosa a tuo vantaggio."
"Può darsi. Comunque. Io penso che tu abbia dei desideri, ma che spesso permetti alla paura di superare il bisogno di farli divenire realtà."
"Wow, che poetessa."
"Ascoltami. Non devi assolutamente permettere che la tua voglia di apparire - chiaramente ereditata da tua madre - abbia la meglio sulla tua voglia di fare ciò che ti pare e piace. Capito? Ci sta agli inizi, ma soprattutto ora che sei quasi sempre lontana dalla tua famiglia, puoi iniziare a riconoscerne le dinamiche tossiche e allontanartene. Prendi tutto quel coraggio che tieni nascosto dentro e tiralo fuori."
Chrissy la guardò per un po', e poi le prese la mano, per farsi dare conforto. "Hai completamente ragione." Si immerse di nuovo in acqua. Poi tornò a galla.
"Ultima cosa e poi pensiamo ad altro. Ti ricordi il ballo di fine anno?" chiese Esther.
"Me lo ricordo, sì."
"Bene. Ti ricordi cosa mi dicesti la sera prima, mentre stavi provando l'abito per la quinta volta?"
L'altra si morse un labbro. "...sì."
"Lui lo sa?"
Chrissy scosse il capo in segno di diniego.
"Perfetto. Io trovo che dovresti dirglielo. Diglielo in faccia. Digli tutto quello che pensi senza filtri né nulla. Tutto quel che ti viene in mente. Vedrai che la sua paura svanirà."
Chrissy annuì, sentendo dentro di sé che quello che la sua migliore amica le stava dicendo era più che giusto. "Va bene."
"Promesso?"
"Promesso."

--------

«Caro Eddie,
Come te la passi? E zio Wayne? Da me niente di particolarmente nuovo, salvo qualche divertente pagliacciata dei miei compagni che non vedono l'ora che inizino le vacanze e hanno organizzato una specie di conto alla rovescia, e delle altre cose che preferisco raccontare di presenza. Sai com'è, scriverle non è lo stesso.
L'altro giorno in un negozio ho visto un bambino sui dodici anni vestito da metallaro che cercava un album dei Dio. Era troppo carino. Ho pensato subito che quando diventerai famoso ascolterà la tua musica, così come di sicuro farebbe il mio fratellino. Benjamin ti adora e mi ha detto di volerti rivedere perché sei «troppo figo». Magari quando cresce un pochino lo portiamo a vedervi suonare.
Non manca molto al mio ritorno, ormai. Sarò nella nostra città venerdì prossimo. Tu finirai di lavorare intorno alle 17, quel giorno, no? Stavo pensando che potremmo vederci. Ho anche una piccola cosa da farti vedere. Fammi sapere.
Con tanto affetto.
La tua principessa»

"La stai ancora rileggendo?"
Eddie sobbalzò leggermente, e si girò verso suo zio. "Che?"
"Figliolo, non hai nulla di cui vergognarti. Ho avuto anch'io delle ragazze. In passato."
"Non mi vergogno mica!" protestò il ragazzo, e si mise a sedere sul letto, scalciando via le scarpe nere consumate.
"Le hai risposto?"
"A forza di pensare a cosa dire, si è fatto troppo tardi. La mia lettera arriverebbe dopo il suo ritorno qui."
Lo zio Wayne mosse qualche passo in sua direzione, e gli posò una mano sulla spalla.
"Hey, sii spontaneo. Quello che è successo non cambierà nulla fra voi. Vedrai."
"Forse quello no, ma il fatto che io ho preso le distanze da lei sì. Sono un imbecille. Ora l'ho fatta preoccupare, e ho come la sensazione che si senta in dovere di «farsi perdonare» per una cosa che nemmeno ha fatto. Cristo santo. Che imbecille sono." ripeté.
L'uomo annuì. "Allontanarti non è stato molto corretto, ma c'è anche da capirti. Ti hanno umiliato, quei figli di..."
"Beh, sai che faccio? Un giorno diventerò famoso e tutti si dimenticheranno che sono figlio di quel mostro. Attendo solo quel momento." Accennò un sorrisino.
Lo zio emise un risolino e camminò verso la porta. "D'accordo Eddie. Ma ricorda che non hai bisogno di diventare famoso per sentirti degno di rispetto."

--------

Tre giorni dopo

Chrissy si avvicinò al caravan, e si tormentò un labbro, incapace di decidere se bussare o no. Si ripeté in mente «Tira fuori il tuo coraggio» più volte, pensando a cosa avrebbe detto Esther, e poi riuscì miracolosamente a sollevare il pugno e bussare piano. Quasi sperò di non essere sentita, ma dopo qualche secondo, la porta si aprì. Chrissy sbatté le palpebre e mise a fuoco lo zio Wayne, che le rivolse un sorriso caloroso, come se nulla fosse accaduto. Forse non sapeva.
"Chrissy! Ciao cara."
"Uhm, buonasera..."
"Eddie non è ancora tornato dal lavoro, qualche volta lo trattengono un po' più a lungo, ma sarà qui a momenti. Vieni, accomodati."
La ragazza sorrise a sua volta ed entrò. Annusò l'aria familiare, che sapeva di sigarette, di pancake e di Eddie. Le pizzicarono gli occhi per la felicità.
"Ti preparo un caffellatte, ti va? Io ne ho proprio voglia."
Chrissy annuì, e si sedette. "Sì, magari, mi mancavano le sue merende... grazie."
Lo zio rise, soddisfatto, e si mise a preparare il caffè e a scaldare il latte nel vecchio pentolino. "Allora, com'è il college?"
"Va tutto benissimo. Ho tempo per studiare, per fare un po' di volontariato e anche per divertirmi con le amiche: è un'esperienza meravigliosa."
"Hm hm, già. Penso che sotto sotto anche a Eddie non sarebbe dispiaciuto. Sembra che non sia così, ma in realtà ci teneva tantissimo a diplomarsi. È solo che... ha sempre avuto difficoltà a concentrarsi nello studio. Non ho idea del perché, visto quanto è intelligente."
"Non deve per forza. Magari non gli piace studiare."
"Già, può darsi. Però... a mio parere dovrebbe quantomeno tentare, se vuole un futuro migliore di questo." Wayne fece un gesto ampio per indicare il caravan, e appoggiò le due tazze fumanti sul tavolo, prima di sedersi di fronte alla ragazza. "Bevine quanto ne vuoi, se ne rimane probabilmente lo berrà mio nipote, non farti problemi."
Lei sorrise, grata di quella discreta rassicurazione, e sorseggiò il suo caffellatte. "Come... com'è stato Eddie in questi mesi?"
L'uomo la guardò, e reclinò la testa, quasi alla stessa maniera del nipote. "Beh... bene, credo."
Chrissy esitò, e abbassò il capo biondo con un lieve sospiro. "Può... essere sincero con me... per favore?" mormorò, quasi supplichevole. "Ho bisogno di sapere come si sente davvero. Si è chiuso molto con me."
Wayne inspirò, e appoggiò la sua tazza sul tavolo dopo aver preso un grande sorso. "Hm. Se ti riferisci a quello che è successo a casa tua... non è stato facile per lui."
Lei si irrigidì un pochino. "Le ha detto tutto?"
Lui annuì. "Eddie detesta vedere la compassione negli occhi delle persone. E detesta anche fare la vittima, quindi non so se ti spiegherà perché si è chiuso tanto, se non ironizzandoci su. Non posso essere io a parlartene, ma... sappi solo che la storia di suo padre è molto, ma molto peggiore di quello che sembra, per quello sentirsi paragonare a lui è stato un duro, durissimo colpo."
Chrissy sbatté le ciglia, e rimase pensosa per un pezzo. Chissà cosa doveva essere successo. C'era forse di mezzo qualche tragedia che aveva traumatizzato il piccolo Eddie in modo permanente? E quanto tempo fa era successo tutto? Si ricordava di lui da ragazzino, su quel palco del talent show, che suonava la chitarra insieme alla sua band e sembrava tanto spensierato.
"Mia madre manca di empatia anche verso di me, che sono sua figlia, figurarsi lui." borbottò la giovane, piena di vergogna e rabbia. "Spero che un giorno lui se la senta di parlarmi. Io voglio solo... che capisca che io non lo giudicherò. Mai."
Wayne si posò la mano sulla fronte. "Continua a stargli accanto, e vedrai che prima o poi capirà che può aprirsi."
Chrissy annuì, e bevve il caffellatte fino all'ultima goccia, quasi senza accorgersene. "Oh wow. L'ho finito."
"Brava."
In quel momento preciso, sentirono la chiave girare nella toppa del caravan, e si voltarono entrambi. Eddie comparve, con i capelli scuri arruffati, una maglietta sbiadita dei Metallica e i jeans scuri. "Ciao. Oh..." Puntò subito lo sguardo verso Chrissy, e abbozzò un sorriso, sistemandosi d'istinto la frangetta con le dita.
Lei si alzò. "Ed...?" disse in un sussurro.
"Sì, sono io. Sono cresciuto?" scherzò lui. La raggiunse, e le accarezzò una guancia guardandola dall'alto, un po' più rigido del solito. Lei premette il viso sul suo palmo, gli occhi chiusi.
Wayne tolse le tazze, con un sorrisino compiaciuto sotto i baffi. "Io vado a fare qualche commissione. Ci vediamo dopo."

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Più che fanfiction dovrei scrivere script per serie TV comiche americane stile Nickelodeon con le risate di sottofondo registrate 50 anni fa

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