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Autore: RanmaFanwriters    01/10/2022    11 recensioni
“Si troverà sempre una cosa nell’ultimo posto in cui la si cerca.”
(Arthur Bloch, Il secondo libro di Murphy)
Akane e la ricerca dell’amore. Tre atti per tre autrici: Natural love di Giorgi_b, First love di Moira78, Perfect love di TigerEyes.
Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Soun Tendo, Tofu Ono
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccoci arrivati al terzo e ultimo atto di questa raccolta di oneshot. Ringrazio dal profondo del cuore Tillyci per la consulenza sulla caratterizzazione di Akane (e non solo), Moira78 per la betalettura e Giorgi_b sia per la betalettura, sia soprattutto per aver avuto l’idea di questo viaggio introspettivo e aver reso partecipi sia me che Moira nella sua stesura. Grazie infinite, ragazze, vi abbraccio tutte!
Nella speranza che anche questa os possa piacere come le precedenti, auguro buona lettura a chi passerà di qui!

PS: tutti le citazioni dei dialoghi sono tratte dalla New Edition del manga!




PERFECT LOVE

di
Tiger Eyes





Sei il mio ‘niente’
quando la gente mi incontra con lo sguardo sperduto
e mi chiede: “A cosa stai pensando?”.

(Pablo Neruda)



Akane osserva dalla finestra il motivo in carne e ossa a causa del quale la sua vita è precipitata da un giorno all’altro.
Il modo in cui salta, come se fosse senza peso. Il modo in cui schiva gli affondi, come se conoscesse in anticipo le mosse dell’avversario. Il modo in cui i suoi pugni fendono l’aria, quasi diventando tutt’uno con l’aria stessa.
Il modo in cui ride e sorride, beffardo e arrogante.
Il loro ospite è il suo nuovo incubo. Perché non bastava Tatewaki Kuno a perseguitarla. Non bastava l’orda di spasimanti che ogni mattina rischiava di farla arrivare tardi in classe. Non era sufficiente nemmeno il fatto che il dottor Tofu continuasse a ignorare l’evidenza, che lei è cresciuta, è un’adolescente, ormai, quasi una donna, non più una bambina scavezzacollo.
No, tutto questo non era abbastanza, evidentemente. I kami dovevano piazzarle anche un fidanzato non richiesto fra i piedi, perché la sua esistenza fosse definitivamente rovinata. Un cretino immaturo e odioso, oltretutto, l’esatto opposto dell’uomo cui lei anela. Peggio di così non è concepibile, eppure sente che i guai sono solo all’inizio, anche se non riesce a immaginare cosa possa andare ancora più storto.
Akane richiude stizzita la finestra facendo sbattere l’anta e torna a sedersi alla scrivania. L’equazione la sta fissando dalla pagina del libro di matematica da una mezz’ora buona: nero su bianco, la sta sfidando a concentrarsi su numeri e incognite nonostante il baccano che proviene dal giardino. Ogni tanto i vetri tremano, come intimoriti dalle minacce e dai colpi ben assestati che infrangono la tranquillità di quel pomeriggio assolato.
E la propria, da quando la sua vita è finita in frantumi per colpa di quei due.
Ignorali, Akane. Quello là, soprattutto. Non è il tuo fidanzato. Non è. Il tuo. Fidanzato. È un perfetto estraneo e tale rimarrà, prima o poi Otōsan se ne farà una ragione e lo manderà via insieme a quello scroccone dell’amico. Papà non ha bisogno di un erede maschio, perché ci penserai tu a mandare avanti la palestra. Giusto?
Giusto.
Così era stato deciso. O meglio, così lei aveva deciso. Non ne avevano mai parlato, in effetti, lo aveva dato per scontato. Il padre, del resto, non aveva mai fatto parola della promessa sugellata col suo ‘migliore amico’. In ogni caso, Akane ha ampiamente dimostrato al genitore di tenere alto il nome dei Tendo nel panorama delle arti marziali, quindi non ha importanza quanto quel Ranma sia più forte e agile di lei, migliorerà ancora in futuro, non ha dubbi, dunque Otōsan non ha nulla da temere: lei se la caverà da sola come ha sempre fatto.
Akane prende un profondo respiro un pochino rinfrancata e poggia risoluta la matita sul quaderno.
“Ridammela, padre degenere! Quella fetta è mia!”.
La punta si spezza con uno schiocco attutito e vola fino al bordo della scrivania, mentre il moncherino lascia sul foglio immacolato uno sfregio sfumato.
“Non ci penso nemmeno, è l’ultima!”.
Infila per la terza volta la matita nel temperino e la ruota esasperata fino a ottenere la punta agognata.
“Ridammela, ho detto, ladro che non sei altro!”.
“Dov’è finito il rispetto che devi a tuo padre, eeeeh?!”.
Akane chiude gli occhi e conta. Conta a denti stretti fino a dieci. Poi fino a venti. Poi fino a trenta, ma non ci arriva nemmeno: un fracasso tremendo la induce ad alzarsi di slancio dalla sedia e a spalancare di nuovo l’anta della finestra per capire cosa sia accaduto, stavolta. Ed eccoli là, quei due imbecilli dei loro ospiti: hanno frantumato – di nuovo – la lanterna di pietra. E nonostante ciò, continuano a riempirsi la bocca di anguria e a sputarsi addosso i semi delle rispettive fette, tra un calcio volante e l’altro, perché di mollare la propria parte di frutto non ci pensano nemmeno. Se è per questo, evitare di litigare come bambini di cinque anni per una qualsiasi scemenza basta già a capire che razza di idioti suo padre ha avuto il coraggio di far entrare in casa loro.
Akane si volta e cerca uno dei manubri da cinque chili sul pavimento, lo afferra e torna alla finestra, cercando di prendere bene la mira, stavolta. Ma anche se la traiettoria è perfetta e quel maniaco di un baka è distratto dal genitore, lo vede scansarsi all’ultimo istante, schivando sia il suo attrezzo che un calcio rovesciato del padre, per poi contrattaccare a sua volta con un calcio che manda il signor Saotome a volare fin sotto un pino. Vorrebbe credere con tutte le sue forze che lo scemo abbia evitato il suo attacco per puro caso, ma sa bene purtroppo che non è così.
Ranma si volta difatti verso la sua finestra, il volto cosparso di semi di cocomero, e tirando con gli indici gli angoli della bocca le fa una linguaccia, dissipando ogni dubbio.
“È inutile, Akane, sei una pippetta, non riuscirai mai a colpirmi, rassegnati!”.
Sente la faccia percorsa all’istante da una vampata di calore così violento da temere che possa prendere fuoco.
“Lo vedremo, brutto idiota!”.
Furente fino alla punta della lunga chioma, cerca frenetica l’altro manubrio e quando infine lo trova sotto il letto si precipita alla finestra pronta a lanciarlo, ma il cretino non c’è più. Si sporge più che può guardando a destra e a sinistra, ma del maniaco nemmeno l’ombra: i rumori ora si sono spostati nei pressi dello stagno.
Akane chiude di slancio l’anta di vetro sbattendola un’altra volta con furia e si getta a sedere sul letto, abbandonando l’attrezzo accanto a sé per prendersi il volto fra le mani, i gomiti puntellati sulle ginocchia.
È talmente sconfortata che ha voglia soltanto di piangere.
Quello non è il mio fidanzato, non è il mio fidanzato, non lo è, non lo sarà mai!
Ma per quanto lo ripeta a se stessa, quel concetto pare non entrare nella testa di nessun membro della casa, a parte il diretto interessato.
Akane scuote il capo, amareggiata. Cosa è saltato in mente al suo adorato papà? Come ha potuto prendere una decisione del genere nei confronti delle sue figlie e arrivare perfino a imporla? Senza consultarle. Senza nemmeno avvertirle, anzi mantenendo segreta per anni una promessa che non teneva in alcun conto i loro sentimenti.
Come ha potuto fare questo a lei?

(Scegli quella che ti piace di più, sarà la tua promessa sposa)

Ha persino negato loro la possibilità di obiettare: le ha messe in fila come mercanzia esposta in una vetrina e le ha presentate lasciando a quell’estraneo la decisione su quale di loro sposare, neanche fossero davvero prodotti in vendita in un negozio.
Akane si asciuga una lacrima col palmo di una mano e si butta di schiena sul letto a fissare il soffitto, un braccio a coprire la fronte.
È anche vero che il padre viene da un’epoca in cui i matrimoni combinati erano la norma, lui stesso e la mamma si erano sposati senza nemmeno conoscersi e nonostante ciò si erano innamorati. Ma ormai la fine del millennio è vicina, Otōsan non può continuare a ragionare come ai suoi tempi e considerare le sue figlie semplice merce di scambio. Né dare per scontato che ciò che è accaduto tra lui e la mamma possa accadere a una delle figlie e al loro ospite.
Non è solo veder annullata la tua volontà che ti brucia, vero? C’è dell’altro…
Akane chiude gli occhi, lasciando stavolta che la lacrima abbandoni le ciglia per fuggire lontano.
Sì, c’è qualcosa che supera perfino la frustrazione per essere stata trattata come un oggetto: è stato rendersi conto che a suo padre non importava chi quel Ranma scegliesse come fidanzata, purché fosse una di loro.
Una qualunque.
Quella consapevolezza l’aveva quasi annientata. Tutti quegli anni trascorsi a massacrarsi di allenamenti che piovesse, nevicasse o il sole sciogliesse l’asfalto, a vincere sfide sempre più ardue contro avversari tre volte più grossi di lei, a dimostrare in ogni modo possibile che il sesso non conta, conta solo la determinazione. E che lei, anzi, era perfino meglio del maschio che suo padre non aveva mai avuto. Tutti quegli anni a cercare la sua approvazione… per cosa? Per vedersi sfilare la palestra da sotto al naso dal primo venuto che dimostrava di essere abbastanza bravo nel kenpō. Suo padre aveva già deciso chissà quanti anni addietro di lasciare il dojo al figlio del suo amico, che una di loro praticasse o meno le arti marziali non aveva alcuna importanza. E a quanto pare che l’erede in questione fosse talentuoso, nemmeno.
Akane porta il braccio a coprire gli occhi e si morde il labbro pur di impedire ad altre lacrime di testimoniare quanto suo padre l’abbia delusa. Il suo mito, il suo idolo, colui che da bambina aveva deciso ingenuamente di sposare una volta cresciuta era caduto dal piedistallo su cui lo aveva innalzato il giorno in cui Ranma e il signor Genma avevano messo piede in casa loro. E non era il solo.

(Scegli quella che ti piace di più, sarà la tua promessa sposa.
Oh, sarà sicuramente Akane, vero?
Sì, sembri fatta apposta per lui!
Non scherziamo! Perché proprio io?
Non sei tu quella a cui non piacciono i ragazzi?
Pensa che fortuna, Ranma è per metà ragazza!)


Anche le sue sorelle l’avevano delusa. A differenza loro che sembravano entusiaste all’idea, lei aveva fatto capire chiaramente di essere contraria a un fidanzamento combinato con uno sconosciuto. Invece, appena si erano rese conto che Ranma era troppo giovane per una e troppo bizzarro per l’altra, avevano scaricato in tutta fretta il fardello sulle sue spalle. Da Nabiki c’era da aspettarselo, ma da Kasumi? Come aveva potuto proprio lei farle una cosa del genere, senza tenere in conto la sua volontà? Ancora adesso sente la punta acuminata del tradimento trapassarle il cuore e a scoccare questa freccia immaginaria è stata proprio colei che si era sostituita alla mamma in tutto e per tutto.
Scosta il braccio dal volto per tornare a guardare il soffitto, dove la luce aranciata del tramonto allunga sempre più le sue dita.
Tradita dalla sua intera famiglia, che in un attimo ha deciso il suo futuro. E più veemente è la sua opposizione, più forti sono le loro risate di scherno.
Akane si alza a sedere di slancio, le mani aggrappate al bordo del letto, gli occhi fissi sui propri piedi.
Come uscire da quella situazione disastrosa? Fare finta di nulla non sembra funzionare, forse l’unica soluzione è dimostrare a tutti quanto lei e quello là siano incompatibili. Ogni tanto Akane immagina suo padre in sala da pranzo oppure nel dojo che si rivolge all’amico fraterno comunicandogli a occhi chiusi, l’espressione greve, le braccia conserte: spiacente, Genma, i nostri figli non vanno d’accordo, sono come cane e gatto, lo hai visto anche tu, il fidanzamento è rotto. Ma sarebbe una soddisfazione di breve durata: suo padre potrebbe sempre far fidanzare Nabiki con quel Ranma e lei perderebbe la palestra. Se le cose restassero così, invece, sarebbe lei a ereditarla, ma è una magra consolazione.
Tuttavia è più forte di lei, non riconoscerà mai quel fidanzamento, perché quello là non è il suo fidanzato, anche se ormai l’intera scuola, anzi, l’intero quartiere lo considera tale. Lei non è impegnata, soprattutto non con un maniaco pervertito. Anche perché il suo cuore palpita per un altro, l’unico che ritenga degno di lei: un uomo, tra l’altro, non un ragazzino. Il problema però è sempre lo stesso: il suddetto ancora non si è accorto che lei è cresciuta. È più alta, più formosa e soprattutto i capelli hanno superato in lunghezza persino quelli di Kasumi! Eppure la chiama ancora piccola e la tratta come se avesse otto anni. Quanto era stata sciocca a illudersi che sarebbe bastato diventare ‘Akane dai capelli lunghi’ per catturare lo sguardo di un uomo che gli occhi li ha sempre avuti solo per sua sorella: ogni volta che Kasumi fa il suo ingresso nello studio medico, Akane diventa invisibile. A quel punto non le resta che togliere il disturbo e lasciare il dottore a parlare con Betty mentre oneechan ride pacata delle sue bizzarrie.
Nulla è cambiato da quando il dottor Tofu ha aperto il suo ambulatorio non lontano da casa loro, a parte la lenta presa di coscienza, da parte di Akane, che può farsi crescere i capelli fino alle caviglie e magari un giorno superare Kasumi in altezza, comunque le lenti del dottore non si appanneranno mai per lei, la sua bocca non balbetterà mai frasi senza senso, le sue mani non afferreranno mai le braccia scheletriche di Betty per improvvisare qualche passo di danza.
Akane si alza e torna mesta alla scrivania, prende posto sulla sedia girevole e rimane a guardare fuori dalla finestra il cielo che vira dal turchese al rosso fuoco.
Di tutti i mosconi che le ronzavano attorno, perché doveva perdere la testa proprio per l’unico esemplare maschile che non l’ha mai considerata e mai lo avrebbe fatto?
Perché è bello, forte, virile, gentile e ti ricorda tuo padre quando era giovane. Ammettilo, hai proiettato su di lui le caratteristiche di papà e le hai ingigantite.
Sì, forse ha idealizzato un pochino il dottor Tofu, però le sue molte qualità sono innegabili, non troverà mai un uomo altrettanto perfetto per lei. Se solo l’avesse guardata anche una volta soltanto come guardava Kasumi! Cosa doveva fare per suscitare in lui un minimo di interesse? Se ci fosse riuscita, non soltanto si sarebbe liberata in un colpo solo di quel Ranma e dei tanti spasimanti che a scuola continuavano a sospirare per lei, ma sarebbe stata felicissima di lasciargli condurre la palestra! Solo il dottor Tofu, a suo giudizio, era davvero degno di prendere le redini del dojo, solo a lui lo avrebbe permesso. Anche se forse non vi avrebbe mai messo piede, preferendo curare i malati. Tanto meglio, la palestra l’avrebbe portata avanti lei!
Ma per lui esisteva solo Kasumi. Sarebbe esistita sempre e solo la sua dolce e ingenua sorella maggiore.
Riprende in mano la matita che ormai è diventata un terzo della sua lunghezza e osserva le equazioni senza davvero vederle.
La verità è un boccone amaro che le è andato di traverso molto tempo fa, ma anziché inghiottirlo o sputarlo, ha lasciato che finisse per strozzarla. Non ha speranza, col dottore, è ora che se ne faccia una ragione, così come si sono finalmente arrese le orde di pretendenti che pensavano sul serio di conquistarla sfidandola a batterli nelle loro discipline sportive. Che assurdità. Era però un’assurdità che alla fine risultava utile come allenamento, se solo ogni giorno non avesse rischiato di entrare a scuola in ritardo per colpa di quegli esuberanti corteggiatori. E poi la gente aveva anche il coraggio di stupirsi che lei odiasse i ragazzi, come poteva non detestarli? La sua vita era diventata un inferno quasi dal primo giorno di scuola e la colpa era stata unicamente di quel pallone gonfiato di Kuno Tatewaki.
Per fortuna hanno smesso di tormentarmi da quando…
La matita si spezza di netto tra le dita e Akane, dapprima stupita, lascia poi cadere con un sospiro le due metà e le briciole di legno sul quaderno ancora aperto.
Quel Ranma almeno un’utilità l’aveva avuta, dopotutto, benché lei non avesse certo avuto bisogno del suo aiuto per tenere a bada tutti quegli invasati: il finto fidanzamento aveva quantomeno convinto i suoi appassionati fan a desistere dal conquistarla o chiederle un appuntamento. E questo ora le permetteva di entrare a scuola perfino in anticipo, senza corse rocambolesche, né combattimenti intralcianti. L’utilità di quel maniaco però finiva lì e, in ogni caso, detestava più lui che tutti i ragazzi del Furinkan messi insieme.
Allunga una mano verso il portapenne e prende una matita nuova di zecca, con la gomma ancora candida sul fondo, e inizia a saggiarne la punta col pollice.
Quel maledetto l’aveva ingannata facendo credere a tutti, appena arrivato, di essere una ragazza. E lei, in buona fede, gli aveva persino offerto la propria amicizia.

(Sono Ranma Saotome, vi chiedo scusa…
Io sono Akane, spero che diventeremo amiche)


Invece, in bagno, aveva rivelato il suo vero volto.

(Scioglie la chioma e sfila via il karategi, felice di aver trovato un’amica con cui condividere la passione per le arti marziali e non un fidanzato mai visto prima. Non vede l’ora di fare quattro chiacchiere a mollo nell’acqua bollente con la nuova venuta, curiosa di scoprire i posti che ha visitato in Cina e gli allenamenti cui il padre l’ha sottoposta. Chissà quanto avrebbe potuto imparare da lei!
Sorride perfino, quando fa scorrere con una mano l’anta di legno, un asciugamano tenuto sotto l’altro braccio, la bocca che si schiude e il respiro che muore sul nascere insieme al sorriso.
Un ragazzo si erge davanti a lei, un piede sul bordo della vasca, in procinto di uscire, i pettorali bene in evidenza.
E non solo.
Sbatte le ciglia, convinta che i vapori del bagno le abbiano giocato un brutto scherzo. Per quello, forse, la sua mente accantona l’imbarazzo per indurla a fare ciò che mai avrebbe immaginato di fare in vita sua: lo squadra dalla testa alla caviglia per essere davvero sicura di aver visto
bene, perché anche lui ha una treccia, dopotutto. Ma quando lo sguardo si sofferma all’altezza del bacino deve arrendersi.
Sì, è un ragazzo, è
inequivocabilmente un ragazzo.
E lei è talmente scioccata dall’aver visto per la prima volta in vita sua un maschio nudo, da perdere su quella soglia l’uso della parola.


Invece di stenderlo a mani nude, come giustamente le aveva suggerito Nabiki, si era limitata a richiudere l’anta, rivestirsi e uscire dal bagno. Quell’idiota l’aveva destabilizzata a tal punto da farla battere in ritirata. Lei, che mai si era tirata indietro davanti a una sfida.
Maledetto…
Aveva preso a pretesto quella doppia umiliazione cocente – essere vista nuda da un ragazzo e fuggire davanti al nemico – per rovesciargli poi addosso i peggiori insulti e rifiutarsi categoricamente di fidanzarsi con un maniaco pervertito, ma il motivo per cui lo detestava visceralmente era ben altro.

(Meno male che sei una ragazza, non sopporterei di essere battuta da un ragazzo…)

Aveva perso contro un maschio. E quel che era peggio, aveva perso due volte. Prima in palestra – in quello che avrebbe dovuto essere un semplice allenamento per saggiare le capacità della loro ospite e che invece era diventato un combattimento vero e proprio, almeno da parte sua – e poi in bagno, quando aveva preferito abbandonare il campo di battaglia, piuttosto che affrontare l’avversario. Quelle erano state le vere umiliazioni. Essere battuta nel suo stesso dojo – con una facilità disarmante, per giunta – e darsi a una fuga precipitosa nella sua stessa casa.

(Sono Ranma Saotome, vi chiedo scusa…)

No, non ti scuso, non ci penso nemmeno. Hai dimostrato a mio padre di essere talmente superiore a me nelle arti marziali, che adesso Otōsan è convinto più che mai che la palestra sarà in buone mani solo se sarai tu a guidarla. Tu, non io. Perché io non raggiungerei il tuo livello nemmeno se mi allenassi per altri cento anni. Sei inarrivabile, Ranma, è questo che fa più male, perché se non riuscirò a batterti, sarò costretta davvero a sposarti, pur di non perdere il dojo.

(Ehi, Ranma, dove stai andando?
In Cina! Troverò il modo di tornare definitivamente come prima, non è il momento di pensare a fidanzarsi, questo!)


Allora perché è ancora qui? Cosa lo trattiene? Nemmeno lui è d’accordo con quel ridicolo fidanzamento, che aspetta dunque ad andarsene?

(Quando sorridi sei carina)

La punta della matita si spezza, stavolta, sotto la pressione del polpastrello, ma lei ci fa caso a mala pena.
Perché glielo aveva detto? Solo per consolarla?
Ma anche fosse, a te che importa?! Non cambia nulla!
Una folata di vento le scosta alcune ciocche di capelli dalla fronte e Akane solleva il viso perplessa, sicura di aver chiuso la finestra, poco prima. Invece contro la luce pomeridiana si staglia quella faccia da schiaffi appollaiata sulle tegole fuori da quella stessa finestra, una mano poggiata contro l’anta aperta, che la osserva col suo solito, detestabile sorriso sghembo. Come qualche sera prima, quando dopo il bagno aveva indossato il pigiama e si era osservata in uno specchio constatando che sì, lei aveva proprio un bel sorriso. Peccato che quel cretino fosse apparso dal nulla a rovinarle il momento.

(Che fai, ridi da sola? Sei matta?)

A ben pensarci, quella sera non si era chiesta cosa ci facesse Ranma sul suo davanzale, per cui per una volta si sarebbe trattenuta evitando di torcergli il collo.
“Che vuoi?”, lo aggredisce balzando in piedi e sbattendo i palmi sulla scrivania, prima che lui si faccia scappare di bocca un’altra cattiveria.
“Ancora nervosetta? Ti ho riportato una cosa che hai perso in giardino…”, le dice ironico tenendo immobile sulla punta di un indice il manubrio che lei gli aveva lanciato. Un manubrio da cinque chili che lei deve afferrare saldamente con l’intera mano, per sollevarlo.
Maledetto…
Lei odia i ragazzi. Ma odia lui più di chiunque altro, Tatewaki incluso. Odia la sua sicurezza, la sua boria, perfino più della facilità con cui balza su un tetto o schiva i suoi attacchi annoiato come se evitasse una mosca molesta.
Akane afferra l’attrezzo e lo getta sul letto incurante se cadrà o meno a terra.
“Grazie tante, ora puoi anche andartene”.
E non tornare mai più, magari…
“Ecco, veramente…”, indugia invece Ranma a disagio, portando il braccio dietro la testa per grattarsi la nuca. I capelli neri come una notte senza luna mettono ancora più in risalto le iridi dal colore anomalo. Chissà perché, oltre a cambiare sesso, l’acqua fredda cambia anche colore di occhi e capelli: rosso semaforo e blu esuberante per la versione femminile, nero tenebra e blu cenere per la versione maschile. È come se nei suoi occhi fossero racchiusi i due volti del mare: acceso e brillante d’estate, scuro e agitato d’inverno.
Akane trasale nel rendersi conto di averlo fissato troppo a lungo e distoglie lo sguardo stizzita per posarlo sulla libreria di fianco a lei.
“Beh, allora? Che c’è?”, lo esorta, seccata in realtà più con se stessa per avergli prestato attenzione più di quanto meritasse.
“Stavi facendo i compiti?”.
Gli getta un’occhiata di sufficienza e si accorge che Ranma sta osservando il libro lasciato aperto, per fortuna, non lei. Incrocia allora le braccia al petto, un sopracciglio inarcato a rimarcare quanto la sua pazienza sia vicina a esaurirsi.
“Non è ovvio? Ma non sono riuscita a concentrarmi con tutto il baccano che avete fatto tu e tuo padre!”.
“Ah, ehm… mi dispiace…”, afferma lui con l’aria del cane bastonato.
Non gliela racconta giusta, è troppo remissivo, vuole sicuramente qualcosa.
“Perché mi hai riportato il manubrio? Cosa vuoi in cambio di questa… gentilezza?”.
“Ecco, mi… mi aiuteresti con la matematica?”, le chiede impacciato rigirandosi gli indici senza osare guardarla in faccia. “E anche con la storia… e la letteratura… Io ho sempre viaggiato da che ho memoria, ho frequentato raramente la scuola, sono molto indietro in tutte le materie, a parte… beh, educazione fisica…”, confessa assumendo ora l’espressione di un cucciolo smarrito. “Se non recupero in fretta, verrò bocciato ed è la volta buona che mio padre mi abbandona sul serio in mezzo ai boschi a sfamare i lupi…”.
Come riesce Ranma a passare in un battito di ciglia da super macho a uccellino caduto dal nido è qualcosa che la lascia ogni volta basita. Akane chiude gli occhi e si porta una mano a coprirli, incredula davanti a una faccia tosta di tale portata. Non sa se prestar fede alla confessione allucinante che gli ha appena fatto, una parte di lei vorrebbe spedirlo in orbita a suon di pugni o con un calcio ben assestato e che si arrangi da solo, il fulgido erede della scuola di lotta indiscriminata Saotome. Ma c’è un’altra parte – una parte che s’intenerisce facilmente e che per questo Akane ha soprannominato “Kasumi” – che non riesce a ignorare una sincera richiesta d’aiuto, anche se viene dal più idiota degli idioti.
“E va bene, d’accordo… ma solo per questa volta”, lo ammonisce tornando a guardarlo. “Prima e ultima, capito?”.
Lui spalanca gli occhi sorpreso: evidentemente si aspettava un netto rifiuto, non una rapida capitolazione.
“Grazie! Vado a prendere la mia cartella!”, le annuncia saltando subito dopo giù dal primo piano. Ma lei sta ancora fissando il punto dove il baka con la media scolastica più bassa dell’intero istituto Furinkan era solo un istante prima. Perché la parte di lei che non riesce a ignorare una richiesta di aiuto, adesso non riesce a ignorare la nuova sfumatura che hanno assunto quelle sue iridi così particolari: quella della gratitudine. Dopo mesi trascorsi a essere guardata solo come una ragazza da conquistare o un trofeo da vincere, per lei è una novità assoluta essere guardata da un ragazzo come si guarda un amico che non ti lascia solo, nel momento del bisogno: con gli occhi
(luminosi)
traboccanti di riconoscenza.
No, lui non deve guardarla così, come se fossero amici. Non sono amici. Al massimo possono essere alleati contro quegli scellerati dei loro genitori. Ma amici no, lei non può essere amica di un ragazzo.
Perché no?
Akane torna a sedersi quasi con cautela, come per assaporare quella nuova, bizzarra sensazione che si fa strada nel petto: un amico maschio? Possibile, per una come lei che aveva giurato odio eterno nei confronti dei ragazzi? Di certo, se come ospite e nient’altro Ranma fosse rimasto a lungo in casa loro, alla fine avrebbe dovuto quantomeno provare ad andarci d’accordo, anche solo per quieto vivere.
Se ci vai d’accordo, però, tuo padre penserà che sei interessata a lui e non te lo leverai più di torno!
Vero anche questo, tuttavia…

(Io sono Akane, spero che diventeremo amiche)

Il suo sguardo di poco prima le ha fatto tornare alla mente la sua espressione stupita, perfino… emozionata, di fronte a quella semplice domanda il giorno che era piombato in casa loro in versione femminile. Non ci aveva pensato, in effetti, ma Ranma ne aveva mai avuti, di amici, con la vita vagabonda che aveva condotto sino a quel momento? Probabilmente no. Probabilmente, lei è la prima persona che gli ha teso una mano, senza chiedere nulla in cambio.
Ma poi hanno… ha rovinato tutto. Sì, lei. Detesta ammetterlo, ma ha mandato lei tutto a rotoli nel momento in cui si è sentita umiliata, usata, messa da parte, rovesciando su Ranma una colpa che in fin dei conti non aveva.
Non è colpa sua se è nato maschio.
Non è colpa sua se si trasforma in una femmina.
Non è una colpa avere un talento smisurato per le arti marziali.
E probabilmente non ha ancora lasciato quella casa solo perché per la prima volta nella sua vita Ranma ha un tetto sopra la testa e tre pasti al giorno, può frequentare la scuola e condurre un’esistenza normale. Un po’ di stabilità, finalmente. E lei, pur di liberarsene, lo rispedirebbe in mezzo a una strada, privandolo di tutto questo.
Akane lascia fuggire via dalle labbra un sospiro affranto.
Forse… forse è stata un po’ precipitosa. Magari… beh, magari potrebbe anche tollerare la sua presenza, giusto per dargli il tempo di assestarsi, farsi degli amici, anche una ragazza… Del resto, non dovrebbe essere difficile per uno carino come lu…
Sgrana gli occhi, mentre un ingranaggio nel suo cervello s’inceppa.
Ca… carino?!
L’ha… pensato sul serio?
Beh, brutto non è davvero, almeno questo puoi ammetterlo, no?
La vocetta di Nabiki s’intromette come una fastidiosa zanzara che svolazza molesta nella sua mente.
Va bene, d’accordo, ha un bel viso, nulla da ridire su questo.
Bel viso? Tutto qua? Dai, su, che persino il dottor Tofu perde il confronto!
E va bene, accidenti!, ammette con se stessa pestando un piede per terra. Certe volte non può fare a meno di osservarlo, soprattutto quando si allena in giardino con addosso quella canottiera striminzita, ma lo fa solo per cercare di capire e assimilare le sue tecniche, nient’altro!
Ah, non per goderti lo spettacolo? Ma a chi vuoi darla a bere?
Beh, grazie tante, pratica arti marziali, per forza ha un fisico prestante, ma non è certo l’unico, anche il dottor Tofu ce l’ha!
Ma il dottore è fuori dalla tua portata. E poi diciamocelo, differenza di età a parte, se anche ti guardasse in modo diverso, non resisteresti a lungo accanto a uno come lui: i ragazzi carini e coccolosi non fanno per te. Questo è il vero motivo per cui finora hai respinto tutti i tuoi pretendenti.
N-no, non è vero!
Quindi vorresti un ragazzo che fosse tale e quale al tuo ortopedico? Bello, atletico e di animo gentile?
Esattamente!
Bugiarda.
Akane fa appena in tempo ad aggrapparsi al bordo della scrivania per non scivolare dalla sedia.
Perché bugiarda? Il dottor Tofu è il suo ideale, l’uomo perfetto per lei, nessuno potrebbe stargli a paragone! Si è fatta persino crescere i capelli per catturare la sua attenzione, nonostante la intralcino negli allenamenti e nei combattimenti!
Sì, sei una bugiarda. Non resisteresti un giorno accanto a un ragazzo tutto gentilezze e carinerie, perché sarebbe una noia letale, proprio come lo sono i ragazzi della scuola che ti fanno rivoltare lo stomaco con i loro approcci romantici!
Non è vero, a lei piacciono i ragazzi cortesi e premurosi, quale ragazza potrebbe mai trovare attraente un arrogante attaccabrighe con la sensibilità di un elefante?
E tutte le lettere d’amore strappate? Gli inviti a uscire rifiutati? I pugni e i calci elargiti?
È diverso, non le interessavano i mittenti e a volte ha dovuto usare le maniere forti per farlo capire ai più caparbi.
Perché nessuno era paragonabile al buon dottore, vero?
Esatto, nessuno è e sarà mai come lui.
Perché, allora, non sei più andata a trovarlo da sola con una scusa qualsiasi?
Perché il ciclone Saotome è piombato in casa sua e non le ha dato un attimo di tregua? Da quando quel Ranma ha varcato il vialetto d’ingresso, lei non ha più avuto un momento di pace!
Non ti sei annoiata, dunque…
Non di certo, no.
Anzi, è stato anche stimolante, non è così?
Sì, può darsi…
Hai scoperto grazie a lui di avere dei limiti come artista marziale che adesso vuoi a ogni costo superare. E poi che non tutti i ragazzi ti idolatrano cadendo come pere nashi ai tuoi piedi…

(E per tua informazione, il mio corpo è più sexy del tuo!
Non me ne frega un bel niente di Akane! È manesca e testarda, te la lascio più che volentieri!)


Akane stringe i pugni al ricordo della magra figura che il baka le ha fatto fare prima davanti alla sua famiglia, poi davanti ai suoi compagni di scuola.
Odioso! Supponente! Ma chi si crede di essere?!
L’unica persona sincera che tu abbia forse mai incontrato: quanti hanno il coraggio di dire davvero quello che pensano? È l’unico ragazzo di tua conoscenza che non ha timore di dar fiato alla bocca, nonostante le botte che prende da te. A proposito, ha toccato con mano il tuo vero carattere e non è ancora fuggito…
Solo perché non ha un posto dove stare.
Sicura? In sedici anni lo ha forse mai avuto?
D’accordo e con ciò?
Ha scelto di restare e non è solo per convenienza o perché glielo ha imposto suo padre. Potrebbe andarsene quando vuole e nessuno potrebbe fermarlo, lo hai visto tu stessa.
Ma questo… che significa? Non è interessato a lei come lei non è interessata a lui, è l’unica cosa su cui sono d’accordo!
E il kenpō dove lo metti? Di tutti quelli che conosci, è l’unico coetaneo che pratichi sul serio le arti marziali. Si allena perfino con te, anche se sei solo tu a guadagnarci.
E va bene, è un fenomeno nelle arti marziali, non si rompe se lo pesta come un mochi e fisicamente è pure niente male, quindi?
Hai dimenticato che ti guarda dritto negli occhi, quando i ragazzi della scuola abbassano imbarazzati i propri e fuggono via appena accenni una risposta.
Il modo in cui le tiene testa.
Nessuno le ha mai tenuto testa.
Ma soprattutto, non ti considera una bambolina da proteggere.
Ci mancherebbe! Lei non ha bisogno della sua protezione, non ha bisogno della protezione di nessuno!
Per lui, sei una sua pari.
Akane si alza in piedi e si guarda intorno come se non riconoscesse la sua stessa stanza. L’aria sta diventando soffocante, anche se la finestra è spalancata.
Una… una…
Non sei piccola. Non sei fragile. Non sei indifesa. Non sei inferiore. Sei una ragazza tosta. Uno come lui non avrebbe interesse a battibeccare con te se non lo trovasse stimolante. E anche tu.
Fa qualche passo verso la porta, torna indietro, si avvicina alla libreria, si volta verso il letto, il fiato che diventa sempre più corto.
Io?! No! Io non trovo affatto stimolante un maniaco pieno di sé, è assurdo!
Quando lo hai capito?
Cosa, per tutti i kami?!
Che Ranma è perfetto per te.
Il fiato diventa un grumo di gelatina, come di gelatina diventano le sue gambe, perché di punto in bianco decidono di non sostenerla più.
Akane si accascia sul pavimento, scuotendo la testa.
No, non è vero, è semplicemente ridicolo!
È questo il vero motivo per il quale lo detesti tanto. Perché dentro di te sai in realtà che tuo padre, anche se nel modo sbagliato, ha trovato il ragazzo perfetto per te.
Scuote ancora la testa, ma sempre più debolmente.
No… non è vero…
Quando lo hai capito, Akane?

(Che diavolo ci fai qui?
Mmmm… a quanto pare stai bene!
Non dirmi che volevi cercare di tirarmi su? Lascia perdere…
Perché dici così? Oh, il collo è a posto!)


Le era corso dietro nonostante il collo storto per assicurarsi che stesse bene, le aveva fatto la linguaccia per farla reagire e poi si era allenato con lei nel dojo. E dopo i ‘racchia’ e gli ‘scema’ sussurrati a mezza bocca

(Quando sorridi sei carina)

l’aveva sorpresa con quella frase buttata là con noncuranza e lei aveva pensato lì per lì che l’avesse fatto per deconcentrarla e vincere lo scontro. Nonostante un tipo come lui non perda occasione per insultarla. E cercarla, e seguirla, ovunque lei vada.

(Vuoi litigare?
Oh, così ci siamo. L’atteggiamento aggressivo ti si addice molto di più)


Gli aveva dato dell’idiota per quella frase, ma ora che ci pensa, non era forse un altro modo per farle capire che in realtà, sia col broncio che col sorriso, lui la trova carina?
Non aveva mai tentato di piacergli. Non aveva mai finto di essere ciò che non era, come col dottor Tofu. Eppure il suo carattere violento non lo spaventa. Ecco perché con lui, solo con lui…
…riesci a essere te stessa.
Allora è vero? Ranma è perfetto per lei? Ma anche fosse…
Un bussare insistente alla porta la scuote dal suo torpore, facendole trovare la forza di alzarsi in piedi mentre si asciuga in fretta una lacrima che non si è accorta di aver versato.
“Avanti”, dice con tono deciso pensando di ritrovarselo di fronte quando il pomello gira e la porta si apre.
“Sorellina, non hai sentito Kasumi che ci chiamava da basso? È pronta la cena! Che fai qui al buio?”, le chiede Nabiki con una mano ancora sul pomolo e l’altra poggiata su un fianco.
Lei sbatte le ciglia, rendendosi conto solo in quel momento che il sole è tramontato da un pezzo e nella stanza sono scese le tenebre.
“Io…”, balbetta gettando un’occhiata ai compiti che ancora attendono lei e Ranma sulla scrivania.
“Akane, tutto bene? A che stai pensando?”.
Che io non lo ammetterò mai. Mai.
Prende un respiro profondo a occhi chiusi, prima di tornare a rivolgersi alla sorella con una nuova, devastante consapevolezza impressa nel cuore e nel sorriso.
“A niente”.

   
 
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