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Autore: Soe Mame    01/10/2022    0 recensioni
C'era una volta un tritone che pensava che gli umani fossero stupidi. L'incontro con un pirata spagnolo lo convincerà di avere ragione.
[La millemilionesima rivisitazione de La Sirenetta feat. un sacco di robe pesciose e non.]
Genere: Generale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo IX
Parte del mondo ~ Non sono incompetente, non sono indeciso, è solo che non ho abbastanza coraggio.


«Ez király!» Erzsébet non riusciva a stare ferma - Ed era un po' un problema, visto che la scialuppa era lunga appena tre metri e doveva sostenere otto persone, di cui due piuttosto ingombranti. «È stata una battaglia fantastica, la migliore a cui io abbia mai assistito!»
«Devo concordare.» Roderich annuì. Era imperturbabile, nonostante tutto quello che era successo. «Non appena il tritone è stato portato via, è scoppiata la più incredibile e scenografica battaglia di cui abbia memoria.»
«Peccato che alla fine lo Stregone del Mare abbia krakenato la nave.» Manon, affacciata alla bagnarola, guardava i pezzi di galeone fluttuare nella notte. «Porteremo il ricordo di questa battaglia nei nostri cuori.»
«Spero sia stata descritta nel dettaglio.» Gilbert non sembrava appena scampato ad un annegamento, data l'energia nella voce. «Una battaglia simile dovrà essere tramandata ai posteri! Soprattutto per l'insostituibile aiuto dato dal Magnifico Me!» Nessuno gli diede retta.
Purtroppo, la battaglia non era stata descritta e il lettore non saprà mai cosa avvenne in quei minuti di pura adrenalina. Gli sarà però concesso sapere come si sia arrivati ad avere otto persone su una scialuppa e un galeone in pezzi - O meglio, solo la parte delle otto persone su una scialuppa, ché Manon ha già fornito informazioni circa il galeone in pezzi.
Durante la battaglia, i tre saggi elfi avevano compreso che dieci tentacoli giganti attorno ad un galeone avrebbero portato ad un solo finale. Quindi, Abel aveva fatto salire Erzsébet e Roderich sull'unica scialuppa di salvataggio del galeone - Le altre le avevano vendute -, e suo fratello e sua sorella lo avevano seguito. Ad onor del vero, Erzsébet si sarebbe voluta gettare nella mischia, ma Manon era riuscita a farla desistere con una supercazzola del tipo: «È una cosa molto romantica, tu non c'entri niente, resta a fare la spettatrice~».
Nessuno degli avversari dello Stregone del Mare era infine riuscito a fare breccia nella sua barriera. Per tal motivo, ad un certo punto, lo Stregone aveva deciso di porre fine a quella battaglia e a quella nave, stritolandola in un abbraccio particolarmente violento. I suoi quattro avversari erano riusciti a scappare - in volo o gettandosi in acqua - appena in tempo.
Tuttavia, per una non ben chiara sequenza di eventi, Gilbert si era visto e soprattutto sentito arrivare in testa un pennone, e gli aveva fatto discretamente male. Ludwig, sott'acqua, se n'era accorto e si era trovato davanti ad un bivio: inseguire lo Stregone del Mare - non proprio la cosa più invisibile del mondo - o soccorrere il fratello degenere? Ecco perché ora era con un Gilbert redivivo sulla scialuppa, nonostante lui da solo occupasse il posto di due persone esili.
Francis si era semplicemente appollaiato sul bordo della scialuppa. Non avrebbe potuto seguire lo Stregone del Mare, una volta che fosse sceso in profondità, quindi vi aveva rinunciato a priori. L'unico assente, a parte il principe Lovino, era il capitano Antonio, che si era lanciato all'inseguimento dello Stregone del Mare. Ora che il riassunto è completo, si può tornare al presente.
«Senti un po', Magnifico Me.» L'unica illuminazione era l'accendino di Abel, eppure lo sguardo di Erzsébet brillava come fulmini. «Ora vossignoria sarebbe così gentile da spiegarmi cosa cazzo ci fai qui e perché cazzo sei scomparso di punto in bianco?»
Gilbert sbiancò. Ludwig non credeva potesse diventare più bianco di quanto non fosse, ma aveva compreso come il mondo fosse sempre pieno di novità. Incontrò il suo sguardo rosso e vi lesse una muta richiesta di aiuto. Quella, però, era una cosa che avrebbe dovuto risolvere da solo. Scosse la testa. Gilbert comprese. Ludwig gli afferrò il braccio, prima che si ributtasse in mare.
«Eh...» Gilbert deglutì. Evitava di guardare Erzsébet - Che, nel frattempo, si era avvicinata quasi a gattoni, visto il poco spazio libero. «Sai, non ci facevo più niente lì, e-»
«Non ci facevi più niente?!» Ormai Erzsébet l'aveva raggiunto e non gli aveva messo le mani al collo solo perché stava cercando una posizione comoda. «Rod ed io ci eravamo appena sposati, avremmo voluto averti-»
«Cosa? A fare il terzo incomodo?» Gilbert scattò in avanti. Ludwig lo lasciò andare. «Vi eravate sposati ed eravate nel vostro mondo di zucchero e miele, la mia Magnificenza vi avrebbe distratto!»
«Ma che cazzo dici?»
«Concordo.» disse Roderich. Guardava nella loro direzione. Non si riusciva a vedere il suo sguardo, ma il suo tono era molto flemmatico. «Per quanto una coppia sposata necessiti dei propri spazi, è comunque composta di singole persone. Eliza aveva piacere nel vederti, e altrettanto si poteva dire di te.»
«Certo che a me fa piacere vedermi!»
Roderich sospirò. La frase di Gilbert era stata scontatissima, e la cosa migliore era che fosse serio. «In un primo momento, il timore era quello che ti fosse successo qualcosa. Ma eravamo in errore, a quanto sembrava. Abbiamo compreso ci fosse qualcosa di sospetto nel momento in cui abbiamo scoperto che non risiedevi in alcun dove.»
Gilbert scoccò un'occhiata indecifrabile ad Erzsébet. «Come minchia comunicate voi due? Lui sembra un testo ministeriale, tu sei una scaricatrice di porto, come-»
Finalmente, le mani di Erzsébet raggiunsero il collo di Gilbert. Nessuno alzò un dito in sua difesa.
«Smettila di prendere tempo» Erzsébet iniziò a scuoterlo. «e dimmi perché te ne sei andato! Perché ti ritrovo qui? Cosa sta succedendo?» Gettò un'occhiata a Ludwig. «Perché sembri conoscere questo granchio e» E a Francis. «quel gabbiano?» Tornò a Gilbert. Dato che stava assumendo una leggera tonalità di blu di Prussia, lo lasciò andare. «Gil, per favore...» Sospirò. La sua voce si era abbassata. «Non puoi neppure mimarmelo?»
Gilbert stava ancora riprendendo aria. Sembrava destino gliene mancasse, quella sera. Con un sospiro più forte, tornò seduto composto. Guardò Erzsébet negli occhi. Fece schioccare la lingua. Scattò in piedi, Erzsébet quasi cadde all'indietro.
«Se mi preghi così,» La sua voce era salita a livelli ridicoli. «il Magnifico Me non può che esaudire la tua richiesta!» Si schiarì la voce. Aprì le braccia. «Sono un granchio anch'io!»
Erzsébet sbattè le palpebre. Ludwig era certo che anche gli altri ospiti della barchetta avessero fatto altrettanto. «Sei un...» Lo sguardo della donna andava prima a lui, poi a suo fratello. «Ma... Ma da quanto...?»
«Dalla nascita, mia cara Liz!» Gilbert schiaffò uno stivale sul bordo della barca. Quella oscillò in modo inquietante. Dato che Ludwig era incastrato tra suo fratello e Manon, Francis fece il favore si spostarsi dal lato opposto, in modo da bilanciare il peso. «Ho fatto un patto con lo Stregone del Mare-»
«Cosa?» Non fu solo Erzsébet a dirlo. Manon e Lucilin l'avevano sussurrato, Francis gli aveva lanciato un'occhiataccia.
«-e sono diventato umano.» Gilbert annuì alle sue parole, come se stesse dicendo cose belle. «È stato il giorno in cui quello là» Fece un cenno a Roderich. «ti si è proposto.»
«Ma... Ma...» Erzsébet continuava a sbattere le palpebre. Si tirò uno schiaffo, risuonò l'eco - Doveva esserselo dato piuttosto forte.
«Eliza, per favore.»
«Ma tu» Erzsébet ignorò Roderich. «non sei mai stato un granchio! Ti ho conosciuto per anni, sei sempre stato umano!»
«Sì, in effetti...» Ludwig prese la parola. Doveva sapere, e non poteva permettere a Gilbert di fare giri di parole per evitare una risposta precisa. «Come hai fatto a nasconderle la tua natura?»
«Mio caro, tenero fratellino...»
«È questo il tuo fratellino?» Erzsébet spalancò gli occhi. Che reazione bizzarra.
Gilbert annuì, e riprese: «Mi sono semplicemente tolto la corazza!»
Calò il silenzio.
Per un minuto, due minuti, nessuno parlò. Gilbert continuava a guardarli, uno per uno - Per quanto potesse vedere nel buio della notte marina, con solo un accendino a squarciare un pugno di centimetri di tenebre -, forse in attesa di segni di vita. Alla fine, fu Manon a spezzare quel silenzio. «Quindi,» esordì, esitante: «ad un granchio basta togliersi la corazza per sembrare umano?»
Gilbert le fece il segno della pistola con entrambe le mani. «Esattamente!»
«Secondo questo ragionamento» disse Roderich, pacato: «se un umano prendesse in mano una ruota, sarebbe indistinguibile da una carriola.»
«Non ho mai provato, ma potrei darci un'occhiata.» concesse Gilbert.
«D'accordo...» Erzsébet riprese la parola. Nonostante ciò che aveva detto, non sembrava affatto "d'accordo". «Sei un granchio. Posso accettarlo.» Da come parlava, avrebbe faticato molto. «Hai fatto un patto, sei diventato umano e sei sparito.» Sbattè di nuovo le palpebre. «Se volevi vedere il mondo, saremmo potuti andare insieme-»
«Nessun altro ha altre cose da rivelare?» Gilbert alzò la voce, a coprire quella di Erzsébet. «Tipo, Francis, perché sei un gabbiano?»
«Non puoi chiedere alla gente perché è un gabbiano.» gli fece eco Ludwig.
«Infatti.» Francis concordò. «E poi, il Magnifico non ha finito, no?»
«Cazzo, Gil!» Erzsébet scattò in piedi. La barca ondeggiò di nuovo. «Sei sparito appena mi sono sposata, perché-» Si bloccò. Sgranò gli occhi. L'espressione di chi aveva avuto la più sconvolgente delle epifanie.
«Beh,» Gilbert sbuffò. Stava parlando solo per riempire il silenzio. «ho una gran sfiga con i matrimoni.»
Erzsébet scosse la testa, piano. «È per questo...» La voce era ridotta ad un filo udibile a stento. «Sei sparito così... Per questo?»
«Oh, ho fatto ben di peggio.» Un'occhiata amara a Ludwig. Tornò a guardare Erzsébet. «Non hai idea di quanto-»
«Perché cazzo non mi hai detto niente?» Erzsébet si lanciò su Gilbert. La barca quasi sobbalzò. Le mani si erano chiuse a pugno e avevano la ben precisa intenzione di raddoppiare di volume la faccia dell'altro. «Perché non hai voluto dirmi niente?» Un'altra scarica di pugni. «Avrei capito! Avrei capito, sai? Ti avrei potuto aiutare, se tu non fossi potuto tornare indietro! Ma se tu non mi parli,» Gli assestò una testata. «come pensi che io possa capire? Cosa speravi di ottenere, scappando? Dannato imbecille!»
Ludwig le afferrò i polsi. Aveva infierito a sufficienza. «Ha appena combattuto ed è quasi affogato.» Le ricordò, quando incontrò il suo sguardo stupito. «Potrà continuare dopo, signora.»
«D...» Gilbert rantolò. «Dan... ke... schön...»
Qualcosa emerse dal mare. Chi era ancora in possesso delle proprie facoltà motorie si voltò verso un lato della barca. Antonio era ricomparso, e si era aggrappato. Dato che non c'era più granché posto, nessuno si fece da parte per farlo salire e rimase a mollo.
Diede una rapida occhiata alla scialuppa. «Perché Elisa sta uccidendo Gilbert?»
«Si è appena perso un risvolto molto drammatico e molto romantico, capitano.» spiegò Manon. «Gilbert era un granchio, ha fatto un patto con lo Stregone del Mare per diventare umano e sposare la signora Erzsébet, ma lei ha scelto il signor Roderich.»
«Oh, che schifo.» Antonio gettò un'occhiata impietosita a ciò che rimaneva di Gilbert. «E tu avevi il coraggio di farmi la predica?»
Gilbert mosse appena una mano. Ludwig tradusse per lui. «Parlerete dopo. Al momento è impossibilitato ad esprimere frasi di senso compiuto.»
«Capisco.» Antonio si aggrappò alla scialuppa con entrambe le mani. «Spero di essere arrivato al momento in cui spiegate cosa sta succedendo. Tipo,» Si voltò verso Francis. «perché sei un gabbiano?»
«Perché tutti vogliono sapere perché sono un gabbiano?»
«Per favore,» Ludwig era molto paziente - Non sarebbe stato fidanzato con Feliciano, altrimenti -, ma quel giorno la sua pazienza era stata messa a durissima prova. «di' perché sei un gabbiano, o non ne usciremo più, e abbiamo svariate cose da dire.»
Francis mise le braccia conserte. «Ci sono nato, gabbiano. È solo che mi mimetizzavo da umano per studiare il vostro mondo.» Questo spiegava perché ne fosse così esperto.
«E come?» chiese Manon. Sembrava interessata, per qualche motivo.
«Mi vestivo e mi mettevo un mantello per coprire le ali.» La risposta fu incredibilmente banale e assurdamente logica. «Prima che me lo chiediate, sì, conosco Arthùr da diverso tempo. Dev'essere per questo che ho visto oltre il suo ridicolo travestimento.»
«Quello che ha detto lo Stregone del Mare» disse Antonio, con una nota di urgenza. «è la verità? Lovino aveva stretto un patto con lui, era un principe e ora il suo regno è in pericolo?»
«Oui, cherì.»
Il capitano non disse nulla. Ludwig si ricordò di una cosa. Lasciò i polsi di Erzsébet e si sporse verso di lui. «Capitano.» Quando ottenne la sua attenzione, si presentò. «Sono Ludwig, capo delle guardie del Regno del Mare, fratello di Gilbert, guardia del corpo dei principi Lovino e Feliciano.»
Antonio parve realizzare qualcosa. «Dunque l'altra sirena, quella identica a lui...»
Cosa aveva combinato, Feliciano? «Se ha incontrato un tritone dalle fattezze simili a quelle del principe Lovino, doveva senza dubbio trattarsi di suo fratello, il principe Feliciano.»
«Che direi» s'intromise Francis: «essere in compagnia di Alfrèd e Mathieu, le due murene di Arthùr. Devono averlo scambiato anche loro per il principe Lovino.»
Ludwig annuì. «Ora ci arriviamo, Francis. Prima devo fare una cosa.» Tornò a guardare l'umano. L'umano causa di ogni cosa. «Le sono molto grato per aver placato la furia naufragofila del principe Lovino. Tuttavia, sono molto furibondo per tutto ciò che è avvenuto per causa sua.» Fece scroccare i pugni. Antonio li fissò. Indietreggiò. «Le chiedo dunque di accettare le mie rimostranze come giusta e dovuta compensazione a tutto ciò che ho dovuto subire.»
Seguì una scena di inaudita violenza, che salteremo a causa del rating di questa storia.
«Dunque, Francis.» Ludwig si voltò verso il gabbiano. Antonio galleggiava prono. «Tu sai dove posso trovare queste murene?»
Francis annuì, piano. «Ti faccio strada, Ludovic.» Volò fino al bordo più vicino a lui e gli posò una mano sui pugni ancora chiusi. «Ma solo se mi prometti di non far loro del male. Sono dei bambini, e stanno solo eseguendo gli ordini di Arthùr.»
Dei bambini... Ludwig inspirò. Quello poteva essere un problema. «Non posso prometterti di rimanere impassibile, qualora sia successo qualcosa a Feliciano.»
«Dieu, speriamo di no! Alfrèd e Mathieu non sono quel tipo di sottoposti!» Francis gli fece patpat sui pugni. «Nel caso, cherì, ricorda ciò che ti ho detto. Stanno solo eseguendo gli ordini di Arthùr. Sei liberissimo di vendicarti su di lui.»
Ludwig annuì. Del resto, aveva già le chele pronte per quel calamaro.

«Il signor Ludwig se n'è andato, ora abbiamo spazio. Che dite, tiriamo su il capitano?»
«Ma sì, dai, sennò metti che annega sul serio, chi ce li ha i soldi per un funerale?»
«E poi non voglio sentire storie dalla regina Isabella!»
«E il signor Gilbert?»
«Il signor Gilbert si riprenderà tra qualche ora, se non ha fratture.»
«Dunque qual è il bollettino medico?»
«Due quasi morti e distruzione dell'ultima nave. Abbiamo ancora la scialuppa, però.»
«Speriamo non si sia macchiata di sangue, così possiamo rivenderla a prezzo pieno!»



*



«Come,» Arthur parlò piano. Era sicurissimo che il suo udito funzionasse alla perfezione quindi, magari, dopo tutte quelle incredibili emozioni, era arrivato alle allucinazioni acustiche. «scusa?»
«Ho detto» Il principe Lovino osò guardarlo dall'alto in basso, l'espressione impassibile. «"no".»
Lo Stregone del Mare si riteneva una persona raffinata, posata, paziente e sadica. Realizzò in quel momento quanto lo spezzarsi di una determinata routine incidesse sul mantenimento dei primi tre aggettivi. Per quanto aveva memoria, alle sue vittorie era sempre seguita una gran gioia, e il suo ritirarsi nei suoi appartamenti con una soddisfazione che sarebbe svanita nell'arco di uno o due mesi.
Quella sera aveva vinto, aveva vinto su tutti i fronti - Il principe Lovino aveva perso, il Regno del Mare era suo, ora lui era il sovrano indiscusso dell'intero impero sommerso, il tutto dopo aver affondato un galeone e affrontato quattro avversari insieme. Il fatto che tra di loro - sconfitti - ci fosse anche Francis l'aveva riempito di gioia. Doveva ammettere, poi, che rivedere quel granchio vanaglorioso, che non aveva raggiunto il suo obiettivo, era stato piuttosto divertente.
Certo, il principe Lovino lo aveva indispettito - Sentiva ancora pulsare il segno del morso, porche zanne di tritone e porco status di servitore che gli faceva bypassare la barriera -, ma era stato divertente scagliarlo in mare e costringerlo a rimanere sott'acqua, mentre sopra imperversava una battaglia all'ultimo sangue - Se poi poteva concedersi un po' di vanteria, era stato davvero bravo. Una battaglia fantastica. Non per niente, aveva vinto.
Quando era tornato nella sua tenuta del Regno del Mare, aveva messo in conto di doversi occupare di un altro paio di cose - Tipo scoprire dove si fossero cacciati Alfred e Alfred Due, e scoprire se il principe Feliciano fosse tra le loro adorabili manine.
Qualcosa era andato storto.
«Mi servono delle alghe.» Liberato dal tentacolo, il principe Lovino - Allontanatosi di un miglio e mezzo in un picosecondo - si era seduto sulla prima asse disponibile, aveva accavallato le code e l'aveva guardato male.
«Alghe...?» Arthur aveva inarcato un sopracciglio. Era tornato al suo aspetto originario, sopracciglia importanti comprese. Ed era stato un bene, perché così il principe aveva potuto vedere bene la sua espressione, anche con quei quarantasei chilometri a separarli.
«Non ho intenzione di continuare a tenere questa roba!» Si era battuto una mano sulle code. Indossava ancora i pantaloni umani, ma si era liberato della camicia. «E non pensare me ne vada in giro come il tuo caro pennuto!»
Arthur aveva capito quanto avesse bisogno di riposare. La sua pazienza si stava prosciugando. «Va bene, vatti a prendere le tue alghe. Tanto,» Aveva abbozzato un sorriso soddisfatto. «ora sei un mio servitore. Puoi andare dove vuoi, tanto ti ritroverò sempre.»
Lovino non aveva risposto subito. Aveva continuato a guardarlo male - peggio del solito. «Come le tue murene?»
«Mi fido di loro.» Semplice e vero. «Posso controllare la loro posizione più tardi.» Gli si era avvicinato. Era comico vederlo così pronto a scappare ad ogni suo movimento - Temeva lo spremesse con i suoi tentacoli? «Tu, piuttosto. Non perdere tempo. Devi metterti al lavoro.»
«No.»
E così, Arthur aveva dubitato di tante cose. Nonostante ciò, i suoi sentimenti non positivi nei confronti del principe erano una certezza granitica.
«Forse» Lo Stregone del Mare sollevò le mani. «non hai ben chiara la situazione.» Si avvicinò, molto più di prima. Ora lo vedeva bene, e vedeva quanto volesse essere ovunque tranne che lì. Trattenne un sorriso. Quella casa inquietava svariate persone, ma Lovino sembrava esserne quasi terrorizzato. «Hai perso. Sei un mio servitore. Dovresti servirmi.»
«Già.» Il principe distolse lo sguardo. «Ma adesso non mi va.»
Non... era esattamente una cosa che aveva previsto. D'accordo, non sperava in grida disperate, uno gettarsi ai suoi tentacoli a mani giunte, delle preghiere spaventate, insomma, non sperava in cose che avrebbero rallegrato il suo quarto aggettivo, ma almeno un dispiacerino piccolo, una rassegnazione depressa quanto bastava, un singhiozzo tanto per gradire? E quella sillaba... Non si supponeva dicesse quella. Doveva dire l'altra, magari seguita da "mio signore", o qualcosa del genere. O che almeno lo sfidasse! Sì, una sfida senza scampo, un vano tentativo di resistenza!
«Principe.» Anzi. «Lovino.» Il diretto interessato gli scoccò un'occhiataccia più esplicita. «Non funziona così, tra servo e padrone.» Ora doveva pure mettersi a spiegare l'ovvio. Alfred e Alfred Due sì che erano bravi sottoposti, lui ordinava e loro eseguivano, fine! «Se io ti ordino qualcosa, lo scopo della tua esistenza è far sì che quell'ordine venga adempiuto.»
«Sono un principe,» Lovino sbuffò. Non sembrava esattamente turbato dalla sua nuova condizione di schiavo e causa principale dell'avvenuta conquista del suo regno inconsapevole. «le so, queste cose. E, per la cronaca,» Gettò uno sguardo all'asse su cui era seduto. «sono sempre stato dalla parte di chi gli ordini li dà.» Sembrava irritato da qualcosa, e Arthur ebbe l'atroce dubbio che fosse più infastidito dall'assenza di luoghi in cui sdraiarsi senza ritrovarsi schegge in posti che non si sapeva neppure di avere.
Ad onor del vero, Arthur aveva sospettato che non sarebbe stato un bravo servitore. Non pensava in questo modo, però. «A proposito...» Aveva bisogno di ritornare a cose ben migliori. Se poi suddette cose ben migliori fossero state un colpo pesante a quel piccolo pesciolino odioso, sarebbero assurte al sublime. «Dovresti portarmi la corona di tuo nonno.» Intrecciò le dita, posò il viso sulle mani. «Non potevo darti primo ordine diverso.»
Lo sguardo di Lovino si era rabbuiato, più cupo che rabbioso. Non esattamente perfetto, ma abbastanza soddisfacente. «La corona?»
Arthur annuì. «Ovviamente, dovrai spiegare la faccenda a tuo nonno. E a tutto il tuo ex popolo.» Arricciò le punte dei tentacoli. «È giusto sappiano chi è il loro nuovo sovrano.»
«Oh, per quello non c'è problema.»
Qualcosa non andava. Lovino lo stava guardando dritto negli occhi e stava ghignando. «Sarà lo stesso erede ad annunciare la lieta novella al mio ex popolo.»
Cosa.
«Spiegati.»
«È il secondo ordine?»
Stava seriamente iniziando ad alterarsi. Due tentacoli strisciarono fino al principe. Lo vide trasalire, e il suo sguardo arrogante vacillò. E sì che non l'aveva neppure ancora sfiorato! Peccato l'irritazione crescente sporcasse un momento tanto divertente.
«Spera di trovare presto le tue murene, Stregone del Mare.»
No.
«O dovresti spiegare perché hanno rapito una persona tanto importante per questo regno.»
Non era...
«Hai» No. «rinunciato al trono» Non era così che doveva andare. «in favore di tuo fratello?» Non era assolutamente così che doveva andare.
«Sì.» Quella sillaba era arrivata troppo tardi, e con un sapore rivoltante. L'altro, invece, doveva trovarla la parola più saporita che avesse mai pronunciato.
«Non era nei patti.»
«No.» Forse stava cercando di non ridergli in faccia. «Per questo ho potuto farlo!» Brutto... «Hai chiesto la proprietà su di me, non sul mio regno. Dovresti essere più preciso, non dare le cose per scontate!»
La voce - Quella dannatissima voce - gli morì in gola quando i tentacoli gli si strinsero attorno ai polsi. Era persino sbiancato. Almeno una soddisfazione in quel mare di schifo.
«Dimmi.» Arthur sciolse le dita. «Perché ora non dovrei tirare forte forte e aprirti a metà come una cozza?»
Ah, finalmente un po' di sano terrore, in quella faccia da schiaffi! Si era fatto desiderare, era arrivato meno piacevole del previsto, ma era arrivato.
«Non lo faresti.» Il sussurro soffocato di chi non crede ad una sola sillaba di ciò che dice.
«Non lo farei?»
Finalmente, qualsiasi traccia di insolenza era stata spazzata via. Ora lo guardava come era giusto lo guardasse.
«Non hai altri ordini?» Quella voce che aveva tenuto in una scatola e in un bracciale, ora, doveva esserglisi incastrata in gola. «Forse ora mi va di darti un po' retta.»
«Tu mi garantisci-»
«Guarda, ti garantisco quello che ti pare.»
«-che ti servono tutti e quattro gli arti?»
Lovino annuì. Era serissimo. «Nessuno di diverso da voi potrebbe capire, signor Stregone del Mare.»
Arthur roteò gli occhi. Lasciò andare il tritone. Non c'era tempo per disperarsi o imprecare, aveva delle cose da fare. «Vai in quella che era la cabina del capitano.» Non gli disse dov'era. Era più divertente cercarla, e Lovino sarebbe senz'altro stato entusiasta di girovagare per quel relitto, solo e al buio. «È la sala del tesoro. Pulisci gli oggetti lì dentro.»
Lovino inarcò le sopracciglia. Un lampo di arroganza negli occhi. «Siamo sott'acqua, come cazzo fanno ad essere sporchi? Li ha coperti una colata di fango?»
«No. Coralli, spugne e solita roba che ricopre tutto ciò che sta fermo troppo a lungo.» Agitò una mano. «Potrai mettere pinna fuori da qui solo dopo che li avrai puliti tutti. E lo saprò, se l'avrai fatto.» Non aveva la forza di formulare minacce più colorite, né di rivolgere sguardi più incisivi.
Le cose non erano andate come previsto. Non solo il post-vittoria, ma tutta la faccenda. Era sempre stato convinto che il principe non avrebbe mai abdicato, che avrebbe condannato il suo popolo, che- Insomma, il principe Lovino era un tritone rabbioso e rancoroso, non si supponeva facesse una cosa del genere. Aveva cambiato idea per qualche strano motivo o Arthur aveva semplicemente informazioni carenti su di lui? O era forse stato un gesto impulsivo, atto più che altro ad ostacolare lui? Qualsiasi fosse il motivo, era stata una mossa inaspettata. O meglio, era una mossa plausibilissima, era inaspettata che a farla fosse quel tritone. Dubitava fosse stato il principe Feliciano a convincerlo a fare una cosa del genere e, per quanto ne sapeva, re Romolo non era (ancora) al corrente di tutto ciò che era successo. Quasi gli sfuggì un sorriso al pensiero. Il sovrano attuale - ancora attuale, chissà per quanto ancora - avrebbe dovuto prestare più attenzione ai suoi eredi.
Doveva trovare Alfred e Alfred Due, prima che li trovasse re Romolo. Il principe Feliciano era stupido, ma persino lui avrebbe riconosciuto un rapimento, se la vittima fosse stata lui. Poi, doveva parlarci, con re Romolo. Sarebbe stato triste, nel sapere il nipotino tra i suoi tentacoli? Se così fosse stato, sarebbe stato suo dovere morale offrirsi di curare la sua triste anima sola.

*



Feliciano non aveva idea di dove si trovasse. O meglio, sapeva di trovarsi in una grotta sottomarina, e che tale grotta sottomarina doveva essere ancora nel Regno del Mare, perché non era stato trascinato per troppo tempo. Avrebbe persino osato azzardare che fosse ancora nei dintorni di Napoli. Queste erano le uniche informazioni in suo possesso ed erano inutili.
Era ancora avvolto nella corda, stretta abbastanza da immobilizzarlo ma non abbastanza da bloccargli la circolazione del sangue - E questa era una cosa bella, perché aveva il sospetto che, in caso contrario, avrebbe sofferto. Una volta in acqua, dove lo strapotere della gravità veniva sensibilmente limitato, aveva provato a liberarsi, ma la murena che l'aveva sollevato aveva una forza assurda e si era limitato a trascinarselo dietro come un bizzarro palloncino urlante.
Feliciano non aveva idea di dove si trovasse, sì, e non aveva idea neppure di che ore fossero. Il tramonto doveva essere passato da un pezzo, forse il sole del giorno dopo non era ancora sorto. L'aveva intuito perché i due bambini, seduti fuori dalla grotta, avevano cenato con qualcosa che non era riuscito a capire, a causa del rettangolo pixellato che vi fluttuava sopra. Le due murene avevano mandato giù il cibo misterioso con espressioni gravi, quasi funeree. Pochi minuti dopo, la murena con le lenti circolari aveva iniziato a galleggiare in posizione arcuata, e il fratello - Era abbastanza sicuro fossero fratelli, vista la somiglianza - aveva dovuto recuperarlo prima che arrivasse in superficie. A quella scena straziante non ne era seguita un'altra, quindi o erano bimbi che seguivano una dieta sregolata - Saltare la colazione non era salutare! - o, semplicemente, non era ancora arrivata l'ora della colazione. In tutta onestà, si era stupito di non sentire i crampi della fame. Forse era stata la visione agghiacciante di ciò che gli sarebbe successo qualora avesse chiesto del cibo, forse era la preoccupazione per Lovino.
Sospirò. Alla fine era stato tutto inutile. Quasi certamente Lovino aveva perso la sua libertà, e lui non aveva potuto fare niente per aiutarlo. Forse, anzi, i suoi interventi avevano peggiorato la situazione. Ludwig glielo diceva sempre, in modo implicito perché era molto buono e gentile, che i suoi piani erano discutibili. Però... Però non voleva abbandonare suo fratello. Non era l'umano, non era il patto, Lovino non gli aveva detto niente, non aveva detto niente al nonno, non diceva mai niente a nessuno, e lui aveva capito cosa stesse succedendo nel momento peggiore - Quando il disastro non si era ancora compiuto, ma non si poteva fare niente per fermarlo.
Feliciano non voleva essere re. Quello era un diritto e un dovere di Lovino. Non poteva pensare di addossarglielo e scappare a rinchiudersi nel ruolo di schiavo dello Stregone del Mare. La cosa peggiore di tutto, quella che gli rendeva il petto più pesante di tutta la catena di scogli in superficie, era il fatto che Lovino non l'avesse ritenuto degno di confidenza. Ai suoi occhi, lui, suo fratello, era esattamente uguale a tutti gli altri. Ci aveva messo troppo tempo a capirlo, ma quello che Lovino provava per chi lo circondava non era sdegnosa sufficienza.
Suo fratello era stupido. Stupido, e anche idiota. Forse lui non era stato il migliore dei fratelli, ma avrebbe dovuto dirglielo, insultarlo come faceva con gli altri, e correggere tutti i suoi errori con uno sbuffo stizzito. Come avrebbe fatto a sapere di stare sbagliando? Perché Lovino urlava, imprecava e straparlava e poi taceva con lui? Era o non era come tutti gli altri? Stupido fratello. L'avrebbe recuperato, in qualche modo, e gli avrebbe tirato le pinne, e gli avrebbe detto che era fratello stupido che non si fidava nemmeno di lui, e-
«Sentite, principe.»
Feliciano alzò lo sguardo. Le due murene si erano avvicinate e lo scrutavano con grandi occhi blu colmi di sospetto e... timore?
«Dimmi.» Non poteva essere scortese solo perché stava sgridando suo fratello nella sua mente.
«Ma voi quand'è che siete tornato pesce?»
Feliciano sbattè le palpebre, piano. Doveva dare una risposta convincente. Quei due bambini erano stati mandati a rapire Lovino, doveva essere un piano malvagio dello Stregone del Mare, quindi fingersi lui avrebbe permesso a suo fratello di avere modo di... Di peggiorare la situazione nel modo più ostinato possibile, supponeva?
«Al tramonto.»
Dovette risultare una buona risposta, perché Murena Uno si voltò verso Murena Due senza opposizioni. «E noi l'abbiamo trascinato sott'acqua...»
«Circa due ore prima del tramonto.»
Murena Uno annuì alle sue parole sussurrate - Chissà perché Murena Due parlava in quel modo. Voleva risultare più inquietante, o scenografico? Magari era per fare atmosfera!
«Quiiiiiindi, però, era umano.»
Murena Due annuì. Murena Uno mise le braccia conserte, l'espressione assorta. «Anche se è un pesce.» Murena Due annuì di nuovo. «Quindi sarebbe dovuto morire male.»
Feliciano trasalì. Si era completamente dimenticato che gli umani non respiravano, sott'acqua.
«È una fortuna non sia successo.» Murena Due si torse le dita. «Arthur si sarebbe arrabbiato molto.»
«Sarebbe stata una tragedia!» Murena Uno si schiaffò le mani sulle guance. «Una macchia terribilissima nel nostro dispotico curriculum di sottoposti!»
«Distinto.» Lo sguardo di Murena Due si spostò su di lui. «Però è come sospettavo. Non è cambiato di un millimetro. Unito al fatto che non è morto, credo che questa persona fosse un tritone fin da quando l'abbiamo prelevato.»
Feliciano deglutì. Era una murena piccola ma molto astuta! «No! Ca-» Avrebbe potuto usare le parolacce davanti a dei bambini? Forse persino Lovino ci sarebbe andato più leggero. «-cchio! Io sono il cavolo di principe Lovino! Cacchio!»
Murena Uno inarcò un sopracciglio, una curva perfetta. «Il principe Lovino ha un cavolo? In che senso?»
«È solo che so trattenere il respiro per tantissimo tempo! Cacchio!»
«Principe Feliciano?»
«Sì?» Si morse un labbro. Cacchio.
Le due murene si scambiarono uno sguardo piatto.
«Abbiamo preso il principe sbagliato.»
Murena Uno annuì, il volto serio e concentrato. «È stato un errore. Un errore comprensibile. I principi sono indistinguibili.»
«Anche l'abbigliamento umano ci ha sviati. È stato un travestimento degno di Arthur.»
Abbigliamento che gli stava anche dando un po' fastidio, e di cui si sarebbe volentieri sbarazzato.
«Anche i migliori sbagliano.» Murena Uno diede una pacca sulle spalle al fratello. «Non devi crucciarti, Matt.» Oh, che carini! Si stavano tirando su di morale! Feliciano si sentì quasi in colpa di averli ingannati, anche se lui non aveva fatto niente per spacciarsi per suo fratello, fino a pochi istanti prima. «Nonostante possa sembrare il contrario, devo ammettere di non essere ancora pienamente perfetto.»
Feliciano era certo di avere lo stesso sguardo a mezz'asta di Murena Due.
«Ma non temere.» Murena Uno parlava con voce bassa, impostata. «Deve dipendere dall'età. Da adulto, sarò perfetto.»
Feliciano non era del tutto sicurissimo che quello fosse un buon modo per tirare qualcuno su di morale, e la faccia di Murena Due sembrava confermarglielo. Dato che gli dispiaceva di essere causa di tanto cruccio in due creaturine così piccole ed innocenti, decise di intervenire. «Scusate se non sono Lovino.» Ma erano comunque rapitori, non poteva mostrarsi intimorito! Ludwig l'aveva addestrato! «Però» Assunse un'espressione cattivissima. «voi non me l'avete chiesto!»
Murena Due guardò Murena Uno. «Ha ragione. Non gliel'abbiamo chiesto.»
«Promemoria per il futuro.» Murena Uno alzò un ditino. «Se Artie ci farà rapire qualcun altro, chiedere al diretto interessato se è la persona che stiamo cercando.»
«Però il diretto interessato potrebbe ingannarci dicendoci che non è la persona che stiamo cercando quando invece lo è.»
Murena Uno spalancò la bocca. «Hai ragione!» Scosse la testa. «Certe persone sarebbero così perfide da arrivare a mentirci pur di non farsi rapire!»
Murena Due tacque. Murena Uno continuò a borbottare qualcosa. Feliciano decise di riempire lo pseudosilenzio. «Ad ogni modo,» Soprattutto perché l'educazione era una cosa importante. «voi conoscete me, ma io non conosco voi. Chi siete?»
Murena Uno si voltò di scatto verso di lui. I suoi occhi erano così pieni di stelle che quasi gli sembrava avesse iniziato ad emettere luce. «Io sono Alfred! Sono un eroe grande e potente ancora in formato miniaturizzato!» Gli nuotò a pochi centimetri dal viso, i pugni stretti. «Tra qualche anno raggiungerò la mia forma finale, e sarò grande e potente come da descrizione, e potrò aiutare tutte le tristi anime sole di questo mondo e di tutti i multiversi esistenti!»
Feliciano gli avrebbe fatto un piccolo applauso, se avesse avuto le mani libere. «Un eroe! Che bello!» Sorrise. «Non ne ho mai incontrato uno dal vivo! Ne ho sempre sentito parlare solo nelle leggende!»
Il sorriso di Alfred andava da un orecchio all'altro, la coda si dibatteva come impazzita. «E ora ne hai uno davanti! Non è fantasticissimo?»
Feliciano annuì. «Però...» Piegò appena la testa di lato. «Io ho sempre sentito che gli eroi aiutano le persone.»
La coda di Alfred rallentò. Il suo sorriso si spense alle estremità. «E... E quindi? Cosa vuoi dire?»
«Beh...» Gettò un'occhiata alla corda che lo bloccava. «Mi avete rapito. E mi pare di capire che lavoriate per lo Stregone del Mare.» Alfred annuì, piano. Il sorriso era scomparso. «E lo Stregone del Mare non è...» Doveva scegliere le parole con cura. Erano bambini, non parlavano dello Stregone con timore, dovevano fidarsi di lui. Bizzarro che un simile calamaro fosse benvoluto da dei bambini - Ma erano bambini, le creature più spietate dei Sette Mari, non si sarebbe dovuto stupire. «Simpatico.»
Alfred lasciò andare il respiro. L'aveva trattenuto? «Certo che Artie non è simpatico!» Portò le mani dietro la testa. Mise il broncio. «Mi avete spaventato. Pensavo steste per dire che Artie è cattivo!»
«Tutti» La voce impercettibile dell'altra murena ricordò ad entrambi dell'altra murena. «sono cattivi per coloro a cui si oppongono.»
L'altra murena era rimasta in disparte, ad osservare. Feliciano si sentì un po' in colpa per averlo ignorato - E stavolta era un po' colpa sua sul serio, per quanto la parlantina di Alfred invadesse il cervello fino a fargli perdere contatto con la realtà. «E tu sei?»
«Matthew.»
«Lui è Matthew!» Alfred riapparve nel suo campo visivo, la sua vocina tonante coprì quella di Matthew come una colata di sabbia bagnata. «È il mio gemello, ma non il mio gemello cattivo, è il mio gemello spalla!»
«Gemello spalla...?»
«Sì!» Alfred nuotò da Matthew e gli prese un braccio, come se lo stesse presentando ad una folla. «Io sono un eroe e lui è il mio aiutante! Come Batman per Robin, o Capitan America per Falcon, o Iron Man per War Machine!»
Feliciano era completamente a digiuno di storie di supereroi, quindi accettò le sue parole con un sorriso comprensivo. «Siete davvero bravi, allora!»
«Siamo i migliorissimi sulla piazza!» Alfred mise i pugni ai fianchi e scoppiò in una risata sguaiata. Matthew lo guardava, semplicemente.
Nonostante fossero bambini, non erano cattivi. Gli stavano persino simpatici. «Allora, se siete i migliorissimi sulla piazza...» Lo sguardo più tenero del suo repertorio. «Sareste così gentili da aiutarmi?» Era un repertorio molto vasto, l'aveva ampliato in anni di manipolazione del prossimo.
Alfred e Matthew si scambiarono uno sguardo esitante. Poi, tornarono a guardarlo. Fu il primo a parlare. «Ma tu sei un nemico di Artie. Non possiamo.»
«Quindi...» Abbassò lo sguardo, il tono si rattristò. Abbassò un po' anche la testa, contribuiva ad accentuare il messaggio emotivo. «Lascereste in difficoltà una persona in difficoltà?»
Alfred si grattò la testa. Il suo sguardo andava a lui, a suo fratello, alle pareti della grotta. «Se ti aiutassimo, non saresti più una persona in difficoltà. Ti andrebbe bene?»
Feliciano annuì. Non con troppa enfasi, doveva ancora mostrarsi dispiaciuto e rassegnato. «Ero così felice di aver incontrato un vero eroe...» Sospirò. «È così triste che io mi trovi nella fazione sbagliata. Dovrò trovare un altro eroe che venga a salvarmi.»
Gli occhi di Alfred sembravano impazziti. Lo sguardo schizzava ovunque. La bocca era appena aperta, e anche l'altra mano era andata alla testa. Il povero piccino sembrava sul punto di implodere.
Era una visione struggente e, nonostante il fine giustificasse i mezzi, Feliciano non voleva sembrare cattivo. «Se mi aiutate, giovani eroi...» Rialzò la testa. Sorrise, stavolta sincero. «Potrò darvi qualcosa in cambio.»
Alfred si bloccò. Matthew parve farsi più attento. «E cosa?»
Aveva visto abbastanza. Aveva percepito i loro sentimenti. La risposta gli era stata suggerita dal cuore. «So cucinare.»


«Le corde non erano troppo strette, vero?»
«Oh, no, erano perfette!»
«Al non riesce mai a regolare la sua forza.»
«È perché sono ancora alla mia prima fase, il regolamento della forza lo apprendo al livello venti.»
«A che livello sei, Alfred?»
«Cinque!»
«Ma allora sei proprio potente! Da come parlavi, pensavo fossi all'uno, massimo al due!»
«E invece no! Stupito, vero?»
«Tantissimo.»
«Feliciano...?»
Feliciano si voltò. Il cuore sobbalzò, grande come l'intero petto e caldo come i raggi del sole. «Ludwig!» Lasciò le manine delle due murene e si gettò sul suo granchio. Il petto caldo divenne anche dolorante. Doveva proprio smetterla di compiere azioni così avventate.
«Feliciano, ma cosa...?»
Si scostò da Ludwig. Era ragionevole fosse confuso, quindi si affrettò a spiegargli: «Alfred e Matthew hanno promesso di aiutarmi a liberare Lovino!» Si voltò verso di loro. Si erano fatti vicini, le spalle quasi fuse, lo sguardo su di Ludwig era... Oh, no, erano spaventati, poveri piccini! «Non abbiate paura di Ludwig!» Battè una mano sulla corazza rossa. Altro gesto avventato. «Nessuno più di lui è dalla nostra parte!»
«Sì...» sussurrò Matthew: «Lo sappiamo.»
«Feliciano...»
«Sì, Ludwig.» Gli accarezzò una guancia. Quella non era in lonsdaleite, solo diamante. «Puoi proseguire.»
«Non ti avevano rapito?»
Feliciano annuì. «E ora mi stanno aiutando.» Gli prese le mani. «Andremo a salvare Lovino. Prima, però, devo andare a fare i biscotti.» Ludwig si limitò a rivolgergli uno sguardo interrogativo. «Per Alfred e Matthew.»
«Il salvataggio del principe Lovino non è più urgente?»
«Una cosa per volta, Ludwig.» Gli posò un bacio sulla guancia. «Prima i biscotti, poi mi levo questa roba e solo allora andremo da quello stupido.»
Ludwig gettò uno sguardo al di sopra della sua spalla. Feliciano seguì il suo sguardo. Alfred e Matthew stavano schiumando.
«B-Bambini?»
Alfred gorgogliò qualcosa a proposito di cose disgustose. Dato che non sembrava nulla di letale, Feliciano non si allarmò.
«Il principe Lovino» esordì Ludwig: «ti ha contagiato con il suo linguaggio.»
«Per quanto io possa imitarlo bene, non sono al suo livello.»
«Senti.» Feliciano si fece attento. Ludwig usava quel tono così serio solo nelle situazioni peggiori. E quella lo era. «Sei sicuro sia ciò che vuole Lovino?»
Doveva essere questo che Lovino aveva voluto evitare. Suo fratello non parlava mai e, anche quando lo faceva, rendendo dunque inutile la parola "mai", faceva dei giri di parole equivoci. Non era bravo a parlare di sé. E non poteva pretendere che gli altri capissero il reale significato delle sue parole. Non erano tutti indovini.
Feliciano, però, ci era cresciuto con Lovino. Non era un indovino, e ci aveva messo decenni a capire cosa intendesse davvero. Ora che era certo, non gli avrebbe permesso di farsi del male.
«Non gli permetterò più di scappare.» La sua voce era ferma. «Voglio che sia lui a scegliere cosa fare. Non le voci degli altri nella sua testa.»
Forse, là in mezzo, c'era anche la sua, di voce. Non era sicuro fosse una cosa buona e voleva rimediare. La sua bellissima canzone l'aveva portato a gettarsi tra i tentacoli dello Stregone del Mare, il suo volerlo incontrare aveva spezzato qualcosa tra lui e quell'umano, ogni sua idea era stata un disastro. Ma voleva riprovarci. Era davvero stupido come gli diceva il suo stupido fratello.
«Va bene.» Ludwig gli accarezzò la testa. «Ma non sarai tu ad ideare un piano.»
Ecco, appunto. «D'accordo.» Ci avrebbe riprovato. Magari non avrebbe seguito un piano ideato da lui.
«È tutto molto bello, ma» Feliciano e Ludwig si voltarono verso Alfred. Lui e Matthew erano tornati alla vita. «i biscotti?»
«Ve, ora andiamo e li facciamo~» Tornò da loro, riprese le manine. «A cosa li volete~?»
«Sciroppo d'acero.» «Hamburger, salsa barbecue, uova, pane e semi di sesamo!»
«Non dovrebbero andarci anche lattuga e pomodori?»
«Che schifo! Chi la vuole, la roba salutare?»
«Ehm, bambini.» Ludwig diede un leggero colpo di tosse. I bambini, per lui, erano creature aliene. Quando lo guardarono, Feliciano era certo fosse rabbrividito. «Francis è qua sopra. Se volete passare a dargli un salut-»
«Ora che il patto è finito» trillò Alfred: «potremo tornare a parlargli con le parole!»
«Francis è dalla parte di questi signori.» osservò Matthew: «Quindi, anche se sono nemici di Arthur, non possono essere cattivi.»
«Maaaaatt!» Alfred sbuffò, spazientito. «Ci danno i biscotti e sanno cucinare, chissene frega!»
Feliciano ridacchiò. Ludwig scosse la testa. In realtà, prima di recuperare Lovino, c'era un altro punto. Il punto due virgola cinque. Per cambiarsi, sarebbe dovuto tornare a palazzo.
«Ludwig.» Il tono più serio. Era un ordine. «Non devi più tenere segreto ciò che è successo.»
Ludwig annuì. «Come ordinate, maestà.»
«Però...» Trasse un respiro profondo. Serrò i pugni. «Lascia che sia io a parlare con il nonno.»

*



«Ma perché non sorridete mai? Lo sapete che sembrate davvero antipatico, così?»
«Dovreste fare come il principe Feliciano. Il suo sorriso scalda i cuori delle persone, è impossibile non amarlo!»

«Il principe Lovino è inascoltabile, chi gli ha insegnato a parlare in quel modo?»
«Povero re Romolo, meno male che ha il principe Feliciano!»

«Certo che il principe Lovino è proprio stronzo. Risponde sempre male!»
«Sì, anche alla gente che vuole aiutarlo. Che ingrato!»
«Dovrebbe fare come il principe Feliciano. Lui è sempre così gentile con tutti!»
«Siamo proprio sicuri che il primogenito non sia lui? Magari c'è ancora speranza...»
«Se il principe Lovino diventa re, io mi trasferisco.»

«Che poi, in tutta onestà, il canto del principe Lovino non è neanche così bello. È molto al di sotto della media.»
«Si vede che è tutto il contrario del principe Feliciano.»



Il sole era sorto da poco. Era a metà della sua salita nel cielo, ma Lovino non aveva idea di come si calcolasse l'orario seguendo la posizione del sole, né gliene era mai fregato granché.
Lovino aveva trovato rifugio su un sasso piatto quadrato nel nulla. Letteralmente. Era uno scoglio triste, piatto, di forma quadrata, in mezzo al mare, con un paio di altri sassolini tanto per non sentirsi solo. Le navi dovevano adorarlo. Non aveva idea di quanto fosse grande ma, sdraiandosi, occupava metà perimetro - Quindi supponeva che la sua area si calcolasse due Lovini per due Lovini. Non aveva idea di quanto ammontasse, ma dubitava potesse essere un'informazione interessante.
Aveva trascorso la notte - O meglio, quelle ore del mattino in cui il sole non era ancora sorto - là sopra. Era tecnicamente in superficie, quindi gli dava l'idea di essere al di fuori del dominio dello Stregone del Mare. Certo, aveva le pinne in acqua, ogni tanto un braccio ma, in quelle ore, l'aria era stata abbastanza fresca e umida da non costringerlo a rituffarsi.
L'altra parte della notte l'aveva trascorsa nella sala del tesoro. Aveva visto altre cabine dei capitani, ma le aveva viste distrutte, bucate, sottosopra. Quella, invece, era assurdamente ben tenuta - L'aveva ricostruita lo Stregone? Aveva buttato lo sguardo qui e là - Una colonna di marmo bianco che in realtà era bidimensionale, dalla consistenza liscia, e che aveva scoperto a sue spese aveva l'antipatica tendenza a cercare di arrotolarsi attorno al braccio di chi la sfiorava; un cubo viola fluttuante con gli angoli in fiamme (fiamme?), il fuoco sottomarino che ardeva di colore verde e faceva salire una scia di bollicine, che in tutta onestà gli avevano dato una sensazione d'inquietudine; un qualcosa di spaventosamente simile ad una testa umanoide, in realtà una scultura di pessimo gusto scolpita in una sostanza gelatinosa rosa e sul cui utilizzo non voleva indagare -, poi si era accorto di tanti, tantissimi oggetti più piccoli. C'era un bracciale di perle e coralli grande abbastanza da entrare ad un bambino, e andando più vicino aveva sentito che stava sussurrando qualcosa. Si era subito allontanato. C'era il pettorale di un'armatura che sarebbe andato bene ad una bambola. Era nero, attraversato da incisioni dorate poco riconoscibili vista la loro piccolezza, ma a Lovino era parso di riconoscere delle forme che ricordavano dei granchi e delle chele. Quando l'aveva toccato, quello si era ingigantito, fino a diventare grosso il doppio di lui e pesante almeno il triplo - Si era ingigantito sopra altri tre oggetti e aveva provato a spostarlo, con scarsi risultati. Nel momento in cui aveva potuto vederlo bene, aveva avuto la conferma che quei disegni raffigurassero decisamente dei granchi. C'era quello che era indiscutibilmente un peluche. Forse era un cane, non era pratico di razze canine, né aveva voluto approfondire, quando la bestiola aveva cercato di morderlo - La boccuccia di stoffa era andata a chiudersi sul bordo del tavolo, e quello si era riempito di bolle rosse. Era stato il caso di armarsi. Su alcuni di quegli abomini c'erano effettivamente spugne, coralli e incubi alieni come tulipani di mare e pigne di mare, ché ritrovarsene una decina in un unico punto era disturbante. Purtroppo, lo Stregone del Mare si era casualmente dimenticato di dargli qualsiasi oggetto per "pulire", quindi era dovuto tornare indietro e cercare qualcosa - Un pugnale, o magari un cannone. Era una questione di difesa, non di pulizia. Alla fine, aveva trovato un coltello in quella che doveva essere la cucina. In teoria, era ben tenuta anche quella, ma sembrava reduce di numerose esplosioni - Esplosioni partite dall'interno della stanza, non risultato di cannonate nemiche. Le paratie avevano anche un colore diverso rispetto al resto del relitto, erano più scure e sembravano brillare. Alla fine, Lovino aveva dovuto accettare che il tempo della procrastinazione era finito e aveva passato ore indefinite ad accoltellare oggetti assurdi - Se per divellere gli schifi di mare o per evitare di ritrovarsi robe attorno al collo era puro dettaglio.
Ad un certo, indefinito punto, le due murene dello Stregone del Mare avevano fatto il loro ingresso nella stanza e gli avevano portato dei biscotti.
«Li ha fatti lo Stregone del Mare?» D'accordo che non era di umore splendente, ma non meditava il suicidio.
Murena Uno aveva fatto una faccia inorridita. «Assolutamente no! Ti pare?»
Era stata più la sua indignazione che la sua risposta a convincerlo. Gli era bastato un morso per comprendere due cose: la prima era che avesse una fottuta fame. La seconda era che somigliavano ai biscotti che di tanto in tanto Feliciano preparava sulle fonti di acqua rovente. Visto che erano in mano a quei due, forse Feliciano aveva ottenuto quella ricetta da Francis, e quei biscotti erano suoi. Aveva avuto la conferma quando lo Stregone del Mare era tornato, seccato.
«Ciao, Artie! Eravamo con Francis!»
«Lo so. L'ho percepito.» Aveva le braccia conserte e aveva parlato come se stesse scegliendo le parole con cura. «Vi ho lasciato a lui.» Aveva abbassato la voce. «Anche se vi avevo detto di non dargli più confidenza.»
«No, ci avevi detto di non parlargli più per tutta la durata dell'incarico!» Murena Uno aveva alzato un dito. «Ora che è tutto finito, tutto è tornato alla normalità!»
«A proposito.» Sì, lo Stregone del Mare era decisamente irritato. «Avete sbagliato principe. Dov'è Feliciano?»
«Ci siamo accorti dell'errore.» Murena Uno aveva annuito, serissimo. «Quindi l'abbiamo liberato con tante scuse.»
Lo Stregone del Mare aveva alzato gli occhi alla superficie. «E infine...»
«Sì?»
«Perché c'è gran parte del contenuto della sala del tesoro sparso per la casa?»
«Opera del principe Lovino. Ci ha detto di dirti che non avevi specificato che non avrebbe potuto buttarli in giro.»
«Però sono molto puliti!»
Lovino si era dileguato, trattenendo a stento una risata. Si era involontariamente allenato, in quel mese in superficie, perché gettare alle ortiche di mare tutto quel duro lavoro?
Forse, e sospettava forse, lo Stregone del Mare stava iniziando a riconsiderare l'idea di averlo come servo. Mentre riconsiderava, però, era meglio stargli lontano, sia mai riconsiderasse l'idea che necessitasse di arti attaccati al corpo.
Uno sciabordio.
Lovino scattò seduto. Era così perso a rimuginare che non se n'era accorto, e ora era vicino. Si voltò.
«Sei sveglio.» Una considerazione imbecille, degna dell'imbecille che l'aveva pronunciata. «Pensavo stessi dormendo.» Ah, scusa, la rimarcazione ovvia imbecille, come aveva potuto non considerarla.
Forse perché era troppo preso dal realizzare cosa avesse davanti. C'era un bastardo su una porta che usava un'asse spezzata come remo. Non era un concetto difficile, ma stava faticando a comprenderlo. Indicò il mezzo di trasporto. «Una porta?»
«È la porta della cucina.» Il bastardo rispose come se fosse una cosa divertentissima. «L'abbiamo divelta! Questo, invece,» Alzò l'asse. «è un pezzo della nave!»
«Quella del nostro matrimonio?»
Quel sorriso da idiota si spense. Non la piega delle labbra, quella persisteva come una paresi, era lo sguardo, l'espressione, tutto si era spento. «Già.»
Lovino annuì, piano. Cambiò posizione, gettò le code dall'alto lato, verso il bastardo. Non sapeva come lo stesse guardando. Propendeva più alla rassegnazione che all'ira. In compenso, la porta si era avvicinata.
«Prima mi insulti.» sussurrò: «Poi vuoi sposarmi. E cerchi di sposarti una mia copia.»
«Non-»
«E mi hai insultato subito dopo aver visto un'altra mia copia.» In effetti, quanti cazzo di Lovini c'erano? «Vaffanculo.»
La coda si abbattè su un lato della porta. Senza che il bastardo potesse fare niente, quella si ribaltò e lui cadde in acqua. L'asse-remo tornò in superficie mezzo secondo dopo, il cretino ci mise un attimo in più.
Forse avrebbe voluto dire qualcosa, ma la coda arrivò sulla sua testa, rigettandolo sott'acqua. Finalmente. Era da un po' che voleva schiacciargli la testa.
Purtroppo, la pinna non faceva presa, quindi il bastardo riuscì a sgusciare via e a riemergere. Invece di risalire sulla porta, si issò sullo scoglio triste. Forse era per avvicinarsi ma, più probabilmente, era per evitare altri voli in acqua - E questo sarebbe stato tutto da vedere.
«Era un incantesimo!» Il volume più alto e il tono più secco gli garantirono volesse specificarlo da prima.
«Stavolta non posso darti torto, per quanto per te qualsiasi cosa sia un incantesimo.» Riportò le code sullo scoglio e le abbracciò al petto. «Immagino quanto sia stato difficile, per lo Stregone del Mare. Una volta nella tua testa, l'incantesimo avrà sentito l'eco, avrà avuto paura e avrà chiamato a raccolta una decina di altri incantesimi per non sentirsi solo, ché tanto avanzava pure spazio.»
«Vuoi ancora arricchire le tue descrizioni per gli insulti o mi lasci parlare?»
Lovino trasalì. Cos'era quella domanda? Da quando il bastardo si opponeva ai suoi giustissimi insulti? Gli era persino passata la paresi. Doveva essere grave.
«Fosse per me,» sibilò Lovino: «dovresti tacere per sempre.»
«Non lo farò, tantomeno ora.»
«Mi sembra giusto.» Un ringhio. «Tu puoi darmi del mostro senz'anima, io non ti posso dire che sei un bastardo senza cervello.»
«Lovino.»
Lovino tacque. Se proprio il bastardo voleva di nuovo sommergerlo di cazzate e fargli di nuovo venire voglia di spaccargli la faccia, l'avrebbe lasciato fare. Avrebbe preferito il contrario, ma era bastardo mica per nulla.
«Quello che ha detto lo Stregone del Mare è vero?» Era serio. Un'espressione che non gli stava affatto bene.
Lovino annuì. «Solo una cosa è sbagliata.» Il bastardo parve farsi più attento. «Il Regno del Mare non gli appartiene. Sì, ero l'erede,» Per qualche motivo, sentì che qualcuno gli aveva artigliato il petto, e stava stringendo la presa. «ma ho rinunciato in favore di mio fratello, Feliciano. Che, per inciso,» Gli rivolse l'occhiata più velenosa che potè. «era il tritone che hai visto con me.»
«Sì, l'ho incontrato.»
Qualcosa era bloccato all'altezza della gola. «Ah, sì?»
Il bastardo annuì. «Ci siamo riuniti, tutti quanti. Ci siamo spiegati un po' di cose. E ho incontrato anche Feliciano. Sta bene.»
«Non te l'ho chiesto.» Anche se sentì la morsa al petto farsi meno violenta. «È adorabile, vero?»
«Sì.» Di nuovo un sorriso. Due cose sapeva fare: sorridere come un idiota e dire cazzate. Spesso le due cose andavano insieme. «Siete quasi uguali, ma caratterialmente siete opposti.»
«Rimane molto impresso.» Sciolse la muraglia di braccia. «È buono, dolce e carino. Non si può prendere il suo posto. È indimenticabile
«Non ti chiederò scusa per essere stato vittima di un incantesimo.» Il sorriso si era smorzato di nuovo. «Ma questo non significa che io ne sia felice.»
Mal di testa. «Ed eri vittima di un incantesimo, quando hai visto Feliciano con me?» Si sporse verso di lui, le mani sullo scoglio. «Ed eri vittima di un incantesimo, quando hai ribadito persino al me umano quanto Lovino fosse un mostro senz'anima?» Quanto era alta, la sua voce, se sentiva dolore alle orecchie e alla testa? «Ed eri vittima di un incantesimo, quando hai-»
«Aspetta.» Lo disse con tanta urgenza che Lovino commise l'errore di tacere. «Non mi starai dicendo che-» Si bloccò. Forse doveva inventarsi qualche puttanata ancora più grossa, e stava prendendo tempo per pensarci. «Aspetta.» L'aveva già detto. Forse avrebbe dovuto riprendere ad urlargli contro. «Ma tu...» Uno sguardo smarrito. «Ecco perché eri...»
«Puoi arrivare al punto o andiamo avanti a puntini di sospensione?»
«... Io non volevo dire che Lovino fosse un mostro senz'anima.»
Oh, no, era una puttanata troppo grande! Doveva scappare, o sarebbe stato travolto, sarebbe morto!
«Aspetta.» Ecco, di nuovo. «Lasciami parlare.» Aveva alzato le mani, come se avesse voluto afferrarlo ma ci avesse ripensato. Grazie che non l'aveva fatto. Non avrebbe più avuto mani con cui farlo. «Posso?»
Lovino glielo concesse con uno sguardo di puro odio.
Il bastardo trasse un respiro profondo. Forse perché era difficile da dire, forse perché avrebbe dovuto dire cose comprensibili ed era quello ad essere difficile. «Ho sempre pensato che le sirene non avessero un'anima. Ma questo già lo sai.» Lovino alzò gli occhi al cielo. «Ecco. Per me, sei sempre stato una compagnia piacevole. Dico sul serio!» Il suo sguardo di diffidenza doveva essere proprio potentissimo, se si era affrettato a specificarlo. «Non pensavo che dirti una cosa simile potesse... farti fare cose simili. Pensavo avresti cercato di uccidermi.»
«Forse avrei dovuto.»
«Sarebbe stato qualcosa a cui sono abituato.» Immaginava. «Quando poi ti ho visto... Non potevo credere fosse vero. Eri umano, ma tu sei una sirena, come potevi essere uman-»
«Aspetta.» Oh, no, ora sembrava lo stesse imitando. «Zitto un secondo.» Così era meglio. «In che senso? Vuoi forse farmi credere che avevi capito che Romano e Lovino erano la stessa persona?»
Antonio sbattè le palpebre. Sembrava spiazzato. «Beh, sì.»
Come "Beh, sì."? «E da quando?»
«Da quando ti ho visto sullo scoglio.» Ci pensò meglio. «La prima volta che ti ho visto umano, hai presente? C'era anche Gilbert, tu eri nudo-»
«Non ero nudo.» Ci tenne a specificarlo. «Avevo la cintura di alghe. Me la sono tolta quando mi hai dato la giacca.»
«La mia giacca rosso sangria con passamaneria dorata e bottoni di legno, perché quelli in madreperla li abbiamo venduti!»
Perché ricordava con tanta ridicola precisione di particolari una cosa del genere. In che senso l'aveva capito subito. «Come hai fatto a riconoscermi?»
La risposta fu esitante. «Beh... Eri uguale.»
«Oh, giusto.» Sbuffò. «Come Feliciano.»
«Ma perché continui a tirare in mezzo Feliciano?»
Una coltellata al petto. Aveva spezzato la morsa, ma aveva fatto più male. «Io non continuo a tirare in mezzo Feliciano.»
«Non hai fatto altro che dire il suo nome!»
Serrò i pugni. «Vuoi forse dirmi che non è vero? Tu, che pensavi che quello fossi io? Che ne sapevi? Magari era Feliciano ad essere Lovino, e Romano era Feliciano!»
«E invece non è stato così, quindi lasciami parlare.» Per quanto non stesse urlando né lo stesse guardando male, le sue parole avevano un che di aggressivo. Lovino lo lasciò parlare. «Dicevo. Io ero sicuro fossi tu. L'unica cosa che mi impediva di crederci pienamente era che tu fossi una sirena, non un umano.»
«Mutaforma, questi sconosciuti.»
Una scintilla di stupore. «Potete mutare forma?»
«No.» Con orrore, si accorse di avergli appena dato ragione, quindi si corresse. «Per natura, almeno. Ma, come hai ben visto, esistono incantesimi che possono permetterci di farlo.»
Dallo sguardo dell'altro, capì che gli aveva dato quella risposta per buona. Cos'era, ora, quel modo di fare? Voleva stargli sul cazzo più di quanto non ci stesse già?
«Dopo un mese, però, non potevo non credere che fossi tu. Eri troppo tu. Dovevo sapere.»
«Se avessi pronunciato quella frase,» lo interruppe: «io avrei perso in quell'istante.»
«Dunque era questo.» Più una considerazione a se stesso. «Avevo capito di non doverla dire, quando mi hai fermato.»
«Che astuto.» Tuttavia, era arrivato al momento del racconto in cui il buono, dolce e tenero Feliciano aveva fatto il suo ingresso. Cosa si sarebbe inventato per sembrare bravo e intelligente?
«È stato poco dopo che è arrivato tuo fratello.» Ecco, appunto. «Da lontano, pensavo fossi tu. Certo. Ma pensavo anche volessi fare del male a Romano, per attuare la tua vendetta. Sai...» Un sorriso divertito che non gli piaceva. «Stavo ancora aspettando una vendetta.» Forse poteva fracassargli i denti. «Dopo, però...» Tornò serio. «Ho capito. Quella sirena non eri tu. E, se non eri tu e ti somigliava così tanto, doveva essere tuo fratello, gemello forse. Feliciano è stata la prova definitiva del fatto che tu fossi la sirena della grotta.»
«Wow.» Tono piatto. «Quindi hai voluto ribadire quanto fossi un mostro?»
«Temo...» Abbassò la voce. Il suo sguardo era... di scuse? Se lo stava allucinando? «Di non essermi spiegato bene.»
«E allora fallo, ora.» Un sussurro più simile ad un ringhio. I pugni stretti tremavano. «Spiegati bene. Spiegamelo bene, come sono un mostro.»
«Se Romano eri tu» riprese il bastardo: «significava che avevi assunto quell'aspetto umano per avvicinarti a me. Volevi vendicarti da vicino, ma continuavi a non farlo. Restavi lì, ma non facevi niente di davvero dannoso.» Non c'era bisogno di rimarcarlo! «Credevo avessi assunto quell'aspetto umano per ingannarmi, ma non era così. Non so perché tu l'abbia fatto, in effetti.» Per la vendetta, almeno quello l'aveva azzeccato. «Con il passare dei giorni, però, mi sono accorto di non pensare a te come ad una sirena.» Perché era un tritone. «Sembravi così... umano.» Con grande magnanimità, non lo prese come un insulto. «Non era per il tuo aspetto. Continuavi a fare cose bizzarre - Come anche Gilbert, ora che ci penso. A parte quelle, però, tutto il resto era...» Un sospiro. Stava parlando troppo velocemente. «Alla fine, non me ne importava più niente di cosa tu fossi. Non me ne frega più niente se le sirene hanno un'anima o no.»
«Carino, da parte tua.» Il tono velenoso. «Ora fingerò che tu non mi abbia detto niente di brutto e cattivo.»
«Mi dispiace di averti dato un simile dispiacere.» La buttò lì, quasi fosse ovvio. «Pensavo non te ne sarebbe importato niente.»
«E non ti sono sorti dei dubbi, dopo?»
«No.» Minchia, che coglione. «Però, dopo tutto quello che è successo, dopo ieri...» Ancora una volta, quello sguardo smarrito. «Non ho ascoltato nessuno. Non ho mai ascoltato Gilbert, non ho mai ascoltato Manon e gli altri, e quindi nessuno ha cercato di fermarmi, quando ero vittima di quell'incantesimo. Era così normale che stessi andando in un'unica direzione senza ascoltare nessuno? Fino a questo punto? Fino a non vedere alcuna differenza tra me e un incantesimo?»
«Pensa quanto sei deficiente.»
«Non so neanche parlare, a quanto pare.» Un'ammissione rassegnata. «Non capivo perché avessi reagito in quel modo, nel sentirti dire che non pensavo più che tu, Lovino, fossi un mostro senz'anima. Che per me eri uguale a chiunque altro.»
Lovino si portò una mano al cuore. «Sono commosso.» No, non lo era, e mise quanto più sarcasmo possibile nelle parole. «Un discorso molto toccante. Sarebbe davvero un problema se tu non avessi distinto me da Feliciano manco per il cazzo.»
Il bastardo sgranò gli occhi. «Ma io vi ho distinti.»
«Certo.» Un ghigno. «E da cosa? Dalla sua voce più soave? Dalla sua aura più gentile? Dalla sua sconvolgente tenerezza?»
«Lui non ha gli occhi verdi.»




... Era una richiesta di ucciderlo. Non poteva interpretarla altrimenti. Avrebbe alzato le mani, gli avrebbe conficcato le dita nelle orbite e gli avrebbe strappato i bulbi oculari. Quindi si scagliò su di lui e agì. Non con le mani, e non cercò di strappargli gli occhi. Perché avesse scelto di usare la bocca e di cercare di strappargli la lingua, preferì non pensarci. Però gli afferrò il viso, per assicurarsi che non scappasse. Per quanto cercasse di buttarlo all'indietro, in acqua, però, non ci riusciva - Il bastardo opponeva troppa resistenza, e continuava a rimanere fermo anche se lui si era alzato sulle pieghe delle code. Doveva buttarlo in acqua, perché lì sarebbe stato lui in vantaggio - In vantaggio di cosa non lo sapeva. Però il bastardo era un bastardo, perché non riusciva più a controbattere alle sue puttanate, perché si ricordava dettagli inutili, perché continuava a chiamarlo con il nome che lui gli aveva detto fosse il suo, perché era venuto a cercarlo su una porta scardinata, perché era arrivato fin lì solo per dirgli idiozie, perché gli aveva detto che la sua voce era bella, perché aveva rifiutato di continuare a parlare di Feliciano, perché cazzo era sdraiato sul sasso quand'era successo.
«Ohi.»
«Eh?»
«Il mio attuale padrone non mi darà una pausa così lunga.» Lasciò andare la testa contro la roccia. Una sensazione familiare che stupidamente non gli dispiaceva. «Tornatene a casa, o rimani qui a morire di stenti, non me ne frega niente.»
Il dannato bastardo idiota cretino coglione posò la fronte sulla sua. «Cercheremo di fare qualcosa.»
«Qualcosa?» Le mani sul viso andarono ad allacciarsi dietro il collo. «Noi chi?» Sarebbero dovute andare al collo e stringere, e invece replicavano gesti fatti troppe volte. Stupide mani. Non fece niente per cambiare la loro traiettoria.
«Qualcuno a cui non piace che tu sia servo dello Stregone del Mare.»
Aveva giusto una vaghissima idea di chi potesse essere il "qualcuno", e aveva pronunciato il suo nome svariate volte negli ultimi minuti. «E tu rientri tra i "noi".» Però era "noi", non "loro". Era assurdo che la cosa non lo disgustasse. Era ridicolo che la cosa non gli dispiacesse. Era stupido che- No, quello non l'avrebbe pensato. «Ti manca così tanto farti un pesce?»
«Anche.»
«Maniaco.»
Una risata leggera. «Ma vorrei anche vedere quali altri dispetti ti inventeresti.»
Doveva dirglielo. Ne andava del suo orgoglio. «Non erano dispetti. Era la mia vendetta.»
Il bastardo non rispose. Si limitò a guardarlo.
«Volevo logorarti. Rovinarti la vita.»
Un altro sorriso di scuse. «Lovi... non è stato granché efficace.»
«Chi cazzo ti ha dato il permesso di chiamarmi Lovi.»
«È carino!» Una realizzazione. «Lovino... carino... Fa rima!» S'illuminò. «In effetti, potrei continuare a chiamarti Lovino!»
«Chiamami Lovi.»
«E Lovi sia.»
«Quindi» Ma perché continuava a parlargli? «sono al pari di un'alga che può parlare?»
«No, sei più un riccio di mare. Pieno di spine e con il ripieno buono.»
«... In che senso?»
«Interpretala come voi.» Si scostò appena. «Mentre ci pensi, stai fermo.»
«Perché?»
«Perché non ti ho mai visto alla luce del sole effettiva.»
«Cazzo dici, mi hai visto per un mese.»
«Così, intendo.» Di tutte le scaglie che doveva accarezzare, proprio quelle della vita, proprio quelle dei fianchi, proprio quelle che voleva toccasse. «Ma...»
«Cazzo vuoi.»
«Non ti stai essiccando?»
Lovino sbuffò. Non poteva neanche accusarlo di stare facendo una domanda stupida. «È ancora presto. E» Buttò uno sguardo a lato. Non potè impedirsi un tono ironico. «se non hai notato, è piuttosto umido, qui.» Ovviamente, avrebbe giurato eterna e sincera fedeltà allo Stregone del Mare piuttosto che fargli notare che il principale motivo del suo non essiccamento fosse l'avere a zero centimetri di distanza un idiota dai vestiti fradici.
Un sorriso avrebbe osato dire gentile. «Bene, allora.» E l'altra mano avrebbe osato dire maniaca, visto che era sulla stoffa dei pantaloni. «Te li sei tenuti?»
«Non ho avuto modo di cambiarmi.» Alzò appena il mento. «Neanche dodici ore e già sono stato schiavizzato.»
Il sorriso da idiota sfumò in una risata. «Non mi dispiacciono.» Ovvio non gli dispiacessero. Aveva usato il coltello da difesa per lacerare i lati interni di quei tubi di stoffa, dal bordo inferiore ad una spanna sopra la piega delle code, e non faticava ad immaginare cosa passasse per la testa di quel-
«Non sai quanto voglio togliermeli.» E, proprio perché lo sapeva benissimo, voleva infierire.
«In che senso?» Il tono del bastardo si fingeva innocente e confuso, ma la sua espressione era divertita.
La risposta era scontata. «Interpretala come vuoi.» Assottigliò lo sguardo. «O magari puoi dirmi in che senso "ripieno buono".»
L'idiota scosse la testa ed ebbe il coraggio di tornargli vicino, baciarlo, la mano che andava dietro la schiena, ad avvicinarlo ancora di più, senza dubbio una premura per impedirgli di essiccarsi, naturalmente. Allo stesso modo, Lovino cercava il contatto con quella stoffa bagnata, che logica avrebbe voluto fosse fredda e non troppo piacevole neppure per un pesce, perché pantaloni fradici, millemila miglia di mare e la temperatura ancora non troppo alta non erano abbastanza, ovviamente.
«Interpretala come vuoi.» Un sussurro, non si diede la pena di allontanarsi troppo.
«Sai cosa?» Un altro bacio, la voce non più alta di un soffio di vento. «Tu sei un cefalo.» Avrebbe voluto mordergli un labbro, ma si limitò a sfiorarlo. Le bocche umane erano troppo delicate per i denti di un tritone. «Hai un aspetto mediocre e un ripieno che fa schifo.»
Per qualche strano motivo, non sentiva più dolore da nessuna parte. Forse, un pochino, solo al suo orgoglio ferito dall'inutilità dei suoi sentitissimi tentativi di vendetta.
Ma di tutte le persone di cui avrebbe mai sentito un bisogno così violento di vendicarsi...?

.

Note:
* Il titolo del capitolo viene da Childish War (Okochama Sensou), canzone composta da Giga-P e cantata dai Vocaloid Rin e Len Kagamine. La traduzione è di Tayr/Bara no Kagami (QUI!).
Una delle canzoni più bellissime e orecchiabilissime dei Kagamine~
L'altro titolo viene di nuovo da «Parte del tuo mondo», ma stavolta è intesa la reprise.
* «Ez király!»: Che figo! (Letteralmente, "Questo è un re!"), in ungherese.


Il ritorno del potere maGGGico degli occhi verdi! L'avevo detto che in questa storia avevo messo tutte le cose che mi andavano. ╭( ・ㅂ・)و (Sì, per quanto l'anime sia indeciso se Lovino abbia gli occhi castani o verdi, per me sono del colore che mi conviene di solito verdi.)

Spero che tutto il pentimento/perdono di Antonio e Lovino sia chiaro. ( ;°Д°) *Dato che c'è svariata roba sottintesa, teme sempre che gli altri debbano ricorrere alla deduzione sherlockiana o alla telepatia.*
(Ho realizzato tipo ora che il povero Antonio non ha più avuto POV. Povero Antonio.)

Mi sono resa conto di aver iniziato a postare all'inizio dell'estate, sarebbe stato molto scenografico se avessi concluso la storia all'inizio di autunno - E, in effetti, avrei potuto farlo, se avessi effettivamente postato ogni settimana e avessi il capitolo finale. Purtroppo no, l'ultimo capitolo non è ancora stato scritto. Devo sedermi e scriverlo. (ノ゜▽゜)

Nel frattempo, grazie a tuttx coloro che hanno dato una possibilità a questa storia! Spero di portarvi un finale decente (O anche solo un finale, così, in generale-).
  
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