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Autore: fiorediloto40    01/10/2022    3 recensioni
Saga non poté evitare che lacrime amare gli attraversassero il volto. Era tutta colpa sua...
L’unica cosa che aveva potuto fare in tredici anni era stato permettergli di vivere lontano dal Santuario, cosicché la sua parte crudele non avesse la tentazione di ucciderlo...ma anche così, ora erano i suoi stessi compagni d’armi a condannarlo...

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I personaggi appartengono a Masami Kurumada, Toei e Bandai.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Mu, Gemini Saga, Gold Saints, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Allora...hai parlato con Camus? -.
 
Dopo essersi dissetato alla piccola fontana ai bordi del Colosseo, Milo asciugava con un panno di spugna il sudore dalla fronte e dal collo, limitandosi a scuotere dolcemente il capo in segno di diniego.
 
- E perché no? Che accidenti stai aspettando?! - in piedi di fronte a lui, i riccioli castano chiaro incollati alla fronte umida, Aiolia incrociò le braccia in attesa di una risposta.
 
- E tu Aiolia...hai dichiarato i tuoi sentimenti a Marin? - come spesso faceva quando voleva eludere una domanda, Milo cercò di cambiare argomento, mostrando un sorriso malizioso e tentando di mettere in imbarazzo il Leone.
 
Che non si innamorò minimamente del suo gioco.
 
- Non fare come al solito...non provarci nemmeno Milo...che c’entra Marin adesso? - nonostante le sue parole, Aiolia non era affatto irritato.
 
- C’entra, mio caro, perché vieni qui a fare la predica su di me e Camus, quando sei il primo a dare il peggior esempio... - un sopracciglio alzato sottolineava il suo sarcasmo - sei innamorato di Marin da una vita e non hai mai avuto neanche il coraggio di dirle che ti piace...e osi farti chiamare Leone... -.
 
Lo scherno di Milo, però, non durò a lungo...non quando vide un bellissimo sorriso allargarsi sul volto dell’amico.
 
- Parla al passato insetto! -.
 
- Aracnide prego... - lo corresse Milo.
 
- Come? - domandò Aiolia confuso.
 
- Aracnide...lo Scorpione è un aracnide...Camus me lo ha... - quando si rese conto di quello che stava per dire, abbassò la mano con noncuranza - ah...lascia perdere...è l’abitudine! Dicevi? -.
 
Aiolia sollevò entrambe le sopracciglia sorpreso, ripromettendosi di riprendere l’argomento Camus dopo aver messo l’amico al corrente delle novità che riguardavano lui e l’aquila amazzone.
 
- L’ho fatto Milo...ieri sera, dopo l’allenamento dei cavalieri d’argento, sono andato all’accampamento per parlare con lei... - Aiolia muoveva dolcemente lo sguardo imbarazzato puntato verso il basso - Mi ha fatto entrare nel suo alloggio e mi sono dichiarato... - le sue guance presero colore solo ricordando gli eventi della sera precedente.
 
- E? - Milo lo guardò in attesa.
 
- E lei mi ha mostrato il suo volto...lo sai cosa significa, vero? -.
 
- Che stai per morire? - Milo amava prendeva in giro il Leone, ma in realtà era felice per lui.
 
- Idiota... - Aiolia fece una smorfia, che però non riuscì a mascherare la sua gioia.
 
- Quindi è per questa ragione che Aldebaran non ti ha visto passare ieri notte... -.
 
- No.…beh...io... - rosso di vergogna, Aiolia cominciò a balbettare, ma quando vide l’espressione furba sul volto di Milo, capì di essere miseramente caduto nel suo gioco. Tra i denti, imprecò contro la propria ingenuità.
 
Milo inclinò il capo rivolgendogli uno sguardo comprensivo e malizioso allo stesso tempo - Credimi Olia...neanche un bambino ci sarebbe cascato...ma almeno so che hai passato una bella serata, e sono sinceramente contento per te! - concluse dando all’amico una pacca su una spalla.
 
Aiolia annuì, ma dopo qualche istante tornò all’attacco.
 
- Ok, ti ho detto quello che volevi sapere...ora vuoi dirmi, per cortesia, perché non hai ancora parlato con il frigorifero? - incrociò le braccia in attesa di una risposta.
 
Sentendo quell’epiteto, Milo fece un debole sorriso. 
 
- La verità? È che non so cosa dirgli Olia... - allargò le braccia a sottolineare il suo disagio - A parte il fatto che mi caccerebbe dal suo tempio prima ancora che io possa metterci piede...che faccio? Vado lì e gli dico...sai, ti ho baciato perché sono geloso di Mu e volevo mostrarti che sono meglio di lui...ora mi perdoni? - dopo qualche secondo in attesa aggiunse - Suona ridicolo anche a me! -.
 
- Detto così sì - ammise francamente Aiolia - è per questa ragione che devi essere sincero -.
 
Milo non rispose, limitandosi a guardare l’amico. Nel suo sguardo, però, non c’era più alcuna traccia della malizia e dello scherno di poco prima. Solo tanti dubbi.
 
- Devi dirgli cosa provi per lui...altrimenti non capirà mai i tuoi comportamenti e continuerete in questo circolo vizioso in cui lui corre, tu lo insegui, e quando finalmente lo hai raggiunto riesci solo a fare idiozie... -.
 
Milo scosse la testa sconsolato, fissando un punto immaginario - Mai avrei pensato una cosa del genere... -.
 
- Che cosa? - domandò Aiolia premuroso, poggiando con cura una mano sulla spalla dell’amico.
 
- Che mi sarei ridotto ad accettare consigli sull’amore da Aiolia di Leo...la nemesi del savoir faire!!! -.
 
- Ah...vaffanculo Milo! - rispose Aiolia spingendolo.
 
Si guardarono per diversi secondi...prima di scoppiare a ridere entrambi.
 
 
Intanto, nel primo tempio, dopo lo sconcerto iniziale dovuto alla visita inattesa, Mu tornò al suo abituale contegno.
 
- Cosa ti porta nel mio tempio...Vergine? - la voce non tradiva alcuna emozione. Con la sua consueta calma, Mu dissimulò l’imbarazzo di essere praticamente nudo mentre il suo compagno era vestito da capo a piedi della sua armatura.
 
- Non rispondere ad una domanda con un’altra domanda! - il tono di Shaka era secco - Ti presenti davanti all’Acquario in questo modo perché conosci bene i suoi gusti?! -.
 
Mu sapeva che la Vergine vedeva benissimo anche tenendo le palpebre chiuse, e per questa ragione, la strana sensazione di essere ripetutamente scandagliato da cima a fondo lo metteva terribilmente a disagio.
 
Doveva trovare il modo di defilarsi da quella situazione...almeno per potersi vestire!
 
Tuttavia, non gli piaceva per niente il tono autoritario con il quale la Vergine tentava di imporsi, per di più in casa sua, e per quanta necessità avesse di recarsi nella sua stanza e vestirsi, volle prima di tutto mettere in chiaro le cose.
 
- Per prima cosa...ti ricordo che sei nel tempio dell’Ariete...la mia casa... - scandì le parole in modo pacato ma piuttosto duro.
 
Shaka stava per rispondere in modo tagliente, ma Mu lo prevenne prima che potesse aprire bocca.
 
- Non mi importa se tu o chiunque altro in questo dannato luogo pensate che io sia un traditore... la vostra opinione non conta né tantomeno mi interessa, perché solo Atena ha il diritto di giudicare quello che faccio... - il tono con cui parlava non ammetteva repliche - e finché io sono il guardiano di questa casa, esigo che chiunque entri nel tempio dell’Ariete lo faccia con l’attenzione necessaria ed il rispetto dovuto! -.
 
Shaka era statico. Sebbene si mostrasse impassibile, non si aspettava la reazione di Mu.
 
Nei suoi ricordi la voce del tibetano non era mai stata così dura, così perentoria...eppure, riflettendoci un attimo, non avrebbe dovuto esserne sorpreso...tutti loro erano cambiati, non avevano più niente dei bambini che avevano condiviso la loro esistenza tredici anni prima. 
 
Stranamente però, quella sfaccettatura inusuale, lungi dall’infastidirlo come normalmente sarebbe accaduto se qualcuno avesse usato quel tono con lui, innescò una scarica di adrenalina che percorse integralmente il suo corpo...per qualche ragione a lui sconosciuta, non replicò alle parole dell’Ariete.
 
- E per questa ragione, chi entra in questa casa ed il modo in cui viene ricevuto da me sono affari miei...non ti devo alcuna soddisfazione Vergine! - detto ciò, si voltò per dirigersi verso la sua camera da letto, senza attendere una risposta dall’ospite.
 
Riuscì, tuttavia, solo a fare qualche passo...aveva a malapena oltrepassato il tavolo della cucina quando si sentì strattonato per un braccio e messo spalle al muro senza molta gentilezza.
 
Per un momento spalancò gli occhi, sorpreso dal gesto e dall’inaspettata intimità che ora condivideva con Shaka a causa del ridotto spazio che li separava. Avrebbe voluto protestare davanti a quell’atteggiamento prepotente ed autoritario, tuttavia...non poteva negare che quella confidenza forzata rendesse la sua pelle ancora più sensibile, più recettiva...e non gli dispiaceva affatto. 
 
Maledisse mentalmente la sua debolezza.
 
- Di chi è il bambino? -.
 
Mu sentì l’anima andare direttamente all’inferno, che era il luogo dal quale sembrava provenire la voce grave del sesto guardiano. 
 
- È tuo? - la pressione esercitata sul braccio di Mu tradiva la collera che tentava di trattenere. Anche solo l’idea che fosse vero, gli faceva ribollire il sangue.
 
Mu si prese qualche secondo per riflettere sebbene sapesse di avere pochissime opzioni...se avesse mentito, Shaka lo avrebbe capito subito, e sapendo quanto imprevedibile potesse essere la sua reazione, non poteva permettersi errori.
 
A malincuore, decise di dire la verità, e se avesse dovuto combattere contro la Vergine per questo, non si sarebbe di certo tirato indietro.
 
- No - Mu si concentrò nell’eventualità di uno scontro - è il mio allievo -.
 
Nonostante tenesse gli occhi chiusi, Shaka scrutò attentamente nelle sfere verdi di Mu cercando di capire se stesse mentendo. In realtà gli piaceva tremendamente guardare le iridi smeraldine del primo guardiano...anche se non lo avrebbe mai ammesso, gli davano quel senso di pace che non era mai più riuscito a trovare da quando Mu era andato via dal Santuario. 
 
No, non trovò alcuna traccia di menzogna nel suo sguardo, e l’insolito sollievo che gli alleggerì il cuore lo rese definitivamente conscio della strana dipendenza che, suo malgrado, lo legava al tibetano. 
 
Suo malgrado...perché la religione che professava non permetteva quel tipo di attaccamento. Suo malgrado...perché non poteva proprio farne a meno.
 
- Allora quando eravamo in Jamir mi hai mentito... - Shaka lo disse più per nascondere lo strano conforto che sentiva che non perché gli interessasse davvero.
 
- Non ti ho mentito...ciò che ti ho raccontato è accaduto davvero... -.
 
Davanti al tono calmo, ma fermo, di Mu, Shaka sollevò leggermente un angolo delle labbra, mostrando un lieve sorriso.
 
- Allora mi hai manipolato... - a dispetto delle parole, però, la sua voce suonava più morbida.
 
- Non ti ho manipolato...ti ho riferito solo una parte della verità... -.
 
In un’altra circostanza, Shaka avrebbe accusato il colpo al suo orgoglio, ma stavolta no...sebbene tacesse, dovette riconoscere che ciò che Mu aveva detto era vero. Aveva sentito solo ciò che voleva sentire.
 
- Lo sai cosa dicono le regole... - la sua non era una domanda - il Santuario dovrebbe esserne al corrente... - stranamente la sua voce si era addolcita. 
 
- Proprio per questa ragione non ti ho detto nulla - Mu tentò di muoversi con discrezione, ma gli fu impossibile - Il Santuario non c’entra...ho trovato il bambino, appena nato, abbandonato in un bosco ai piedi della montagna dove vivo...dove vivevo - si corresse - è stato il suo piccolo cosmo a guidarmi per trovarlo...è nato sotto la costellazione dell’Ariete ed è lemuriano...è naturale che lo stia allenando a succedermi - l’espressione del viso seria, prese un respiro profondo - se vuoi informare il Patriarca sei libero di farlo, ma ti avverto che non permetterò a nessuno di vantare alcun diritto sul mio allievo... -.
 
Anticipando le domande di Shaka, rispose a tutti i suoi dubbi. Fece anche qualche altro tentativo di divincolarsi, tuttavia, la forte presa dell’indiano non gli lasciava alcuno spazio di manovra. 
 
Deviando momentaneamente dall’argomento principale, si domandò perché Shaka continuasse a tenerlo a quella distanza ravvicinata nonostante la situazione fosse piuttosto imbarazzante...coperto dalla vita in giù solo da un asciugamano bagnato, si sentiva sinceramente a disagio, inoltre...a peggiorare il tutto, il suo naso percepiva il leggero profumo di fiori di loto proveniente dal sesto guardiano.
 
Il che esasperò i suoi nervi. Era il suo odore... sin da bambino. 
 
Dal canto suo, Shaka godeva di quegli istanti di silenzio, deliziandosi del delicato aroma di lavanda che il primo guardiano non era mai stato neanche conscio di avere. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che lo aveva sentito...leggero...dolce... Lungi dal provare alcun tipo di imbarazzo, quella vicinanza gli piaceva terribilmente e allo stesso tempo lo sconcertava. Perché non riusciva ad allontanarsi?
 
Quando tornò per un attimo in sé, uscendo a malincuore da quella strana bolla di benessere, si rese conto di avere ancora delle questioni da chiarire con il tibetano. Dubbi che gli occupavano la mente da un po' di tempo a questa parte, e se non li avesse affrontati, non avrebbe avuto un’altra occasione.
 
Aveva già deciso di non riferire al Patriarca dell’allievo di Mu, perché dopo ci sarebbe stato il tempo per tutto... Shaka, infatti, era convinto che l’imminente scontro, per così dire poiché non lo considerava neanche tale, con i cavalieri di rango inferiore che spalleggiavano colei che rivendicava il ruolo di dea, avrebbe definitivamente chiarito ragioni e torti. 
 
E, naturalmente, era convinto di aver sempre agito dalla parte della ragione.
 
- Sei tornato per aiutare i ragazzi di bronzo...vero? - la domanda era retorica, ma voleva sentire la risposta dalle labbra di Mu.
 
Che, tuttavia, tacque.
 
Non aveva ben compreso cosa fosse venuto a fare Shaka, e, con tutta probabilità, neanche lui stesso sapeva esattamente cosa cercare.
 
Passava da un argomento all’altro senza concluderne nessuno...come se, in pochi minuti, cercasse di capire cosa fosse accaduto nell’arco di anni.
 
In realtà l’indiano era davvero in preda alla confusione. Sebbene all’esterno non tradisse emozioni, la presa tenace sulle braccia di Mu era da sola sufficiente a dare l’idea del disordine che c’era nel suo cuore.
 
Il problema era proprio questo...il cuore...perché l’unica verità che Shaka cercava, l’unica che avrebbe accettato, era che il tibetano non avesse fatto entrare nessun altro nel suo...
 
Perché l’unico che avesse mai avuto accesso a quell’esclusiva parte di Mu era stato solo Shaka.
 
- Dicono che uno di loro è venuto a trovarti...che siete intimi... - il tono di voce era ridotto ad un filo, ma non fu sufficiente ad evitare la rabbia che, da lì a qualche istante, colse per sfinimento il primo guardiano.
 
- Dannazione Shaka! - ora Mu si dimenava per divincolarsi - Cosa hai nel cervello?! Prima insinui che abbia qualcosa con Camus...poi un figlio...adesso che sarei “intimo” - fece le virgolette con le dita sebbene fosse ancora costretto - con uno dei ragazzi di bronzo...ma per chi mi hai preso?! -.
 
Shaka non si mosse, né dette segno di voler mollare la presa.
 
- Nel caso in cui i tuoi di amici non ti avessero informato bene... - Mu sembrava leggermente più calmo ma il tono sarcastico tradiva la sua indignazione - quel ragazzo è venuto fino alla torre del Jamir per far riparare la sua armatura e quella di uno dei suoi compagni...ed era disposto a morire per far tornare in vita le armature! E io l’ho fatto...le ho riportate in vita...perché...forse non lo sai - allungò un sorriso ironico e sprezzante - è quello che faccio...è quello che ho sempre fatto! -.
 
In uno scatto d’ira riuscì finalmente a liberarsi dalla presa di Shaka, tuttavia, il movimento brusco ebbe come unico risultato quello di far cadere l’asciugamano che teneva legato alla vita, lasciandolo completamente nudo davanti al compagno.
 
Gli occhi spalancati...le bocche aperte per la sorpresa...nessuno aveva il coraggio di muoversi né di parlare.
 
Tuttavia, dopo qualche istante di sgomento, Mu fece per raccogliere l’unico indumento che avesse a disposizione per coprire la vergogna che aveva già tinto di carminio il suo viso, ma la mossa della Vergine fu più veloce...in un battito di ciglia, Mu si ritrovò nuovamente contro il muro.
 
Ora era nudo in tutti i sensi, perché oltre al suo corpo, sentiva la sua stessa anima attraversata dai bellissimi zaffiri di Shaka.
 
Mu rimase senza fiato...erano passati anni dall’ultima volta in cui aveva visto le iridi del sesto guardiano...gli erano sempre piaciuti i suoi occhi, ed il fatto che li aprisse solo in sua presenza lo aveva sempre considerato un dono speciale. All’epoca emanavano curiosità e saggezza...ora...ora c’era una strana luce in fondo a quello sguardo...
 
Il punto è che Shaka, contrariamente a quanto facesse normalmente, aveva agito esclusivamente d’impulso. Nel giro di qualche secondo il suo cervello era andato in corto circuito, e probabilmente non era neanche del tutto conscio di ciò che stesse facendo...
 
Se fosse dipeso da lui, avrebbe bloccato il tempo in quel ridotto spazio nel quale non esistevano altri che lui e Mu...e quell’elettricità che saturava la poca aria tra di loro.
 
L’istinto primordiale dell’indiano fu di liberarsi della armatura della Vergine, per poter sentire con la propria quella pelle candida e delicata che lo chiamava in modo insistente, che lo ipnotizzava. Una parte di sé era spaventata dai suoi stessi desideri...quelli che non aveva mai provato né pensava di poter provare, e che offuscavano completamente la sua proverbiale capacità di giudizio...ma un’altra parte era assolutamente convinta di ciò che stava facendo, pretendendone, anzi, di più.
 
Tuttavia, soccombere al desiderio fu l’unica cosa che non permise a se stesso...quello sarebbe stato un punto di non ritorno, da lì in poi si sarebbe perso per sempre.
 
Dal canto suo Mu non riusciva nemmeno a respirare. Un po' perché non sapeva cosa sarebbe accaduto, ed un po' perché non poteva negare che la vicinanza di Shaka avesse annebbiato tutto il resto. Gli piaceva?
 
Troppo. L’istinto si ribellava alla sua stessa ragione nel punto in cui il respiro dell’indiano raggiungeva la sua pelle rendendola ispida, sensibile...
 
Il primo a muoversi dopo secondi che sembrarono un’eternità fu Shaka.
 
Con gli occhi nuovamente chiusi, incollò la propria fronte a quella del tibetano, tenendo con forza le mani ai lati del suo corpo scoperto.
 
- Sei tornato Mu... - la voce era roca, grave - ma sei tornato da traditore... -.
 
- Questo è quello che pensi tu... - Mu sussurrò, ma in modo fermo e chiaro - sei l’uomo più vicino agli dei Shaka...ma ricordati che sei pur sempre un uomo... -.
 
Sebbene le parole di Mu fossero chiare, Shaka non accusò nessun colpo. La sua mente era troppo amareggiata da ciò che sarebbe accaduto da ora in poi, non lasciando alcuna alternativa al suo agire. Secondo lui, ovviamente.
 
- Avrei voluto provare almeno un po' di pietà per quei ragazzi che si apprestano a morire... - prese un respiro profondo - ma non posso permettermi di essere magnanimo...sapendo che tu appoggi degli impostori...e non me... -.
 
Per quanta voglia avesse di urlare la verità, Mu comprese che nulla, se non l’evidenza, avrebbe fatto cambiare opinione al suo compagno. Scosse dolcemente la testa...
 
- Se quella ragazza che reclama la posizione di dea è davvero la reincarnazione di Atena, dovrà dimostrarlo... - ma non poté continuare perché fu interrotto seccamente.
 
- Allora perché sei dalla loro parte?! -.
 
Mu sospirò lentamente - Perché so per certo che chi ora siede al tredicesimo tempio non è chi dice di essere... - si fermò un momento prima di dire qualcosa che gli pesava davvero dire - e non riesco a capacitarmi di come tu non lo abbia ancora compreso -.
 
Ed era vero.
 
Uno dei più grandi tormenti del tibetano, durante quegli anni trascorsi nell’esilio e nel disprezzo, era dovuto alla mancanza totale di spirito critico da parte di Shaka. Sebbene non avesse mai messo in dubbio l’abilità di Saga nell’ingannare i suoi compagni, non era mai riuscito a capacitarsi di come una persona così profonda e dotata come il sesto guardiano non avesse percepito l’oscurità con la quale la lunga mano di Saga aveva ammantato l’intero Santuario.
 
Non era possibile. 
 
Ed infatti non era così. Semplicemente...Shaka si rifiutava di vedere ciò che la sua stessa mente aveva compreso da tempo.
 
E nonostante l’evidenza, anche in quel momento scelse di perseverare nel mostrarsi sordo alla ragione di Mu ed alla propria.
 
- Quando tutto questo sarà finito...sarò io stesso a porre fine alla tua vita Mu... - l’Ariete poteva sentire il dolce respiro sulle sue labbra mentre Shaka continuava a tenere le loro fronti unite - ...non permetterei mai a nessun altro di mettere le sue mani su di te... -.
 
Sebbene le sue parole fossero drammatiche, la voce di Shaka suonava in modo incredibilmente dolce. 
 
- Non sarà necessario... - anche la voce di Mu era ridotta ad un sussurro, ma nonostante ciò suonò ferma - se sono nel torto...se ho sbagliato per tutti questi anni...sarò io stesso a farlo... -.
 
Shaka aprì nuovamente gli occhi. 
 
Che fosse per la sua stessa mano o per la volontà del primo guardiano...sarebbe riuscito ad accettarlo? Avrebbe sopportato la morte di Mu?
 
Sarebbe riuscito ad uccidere quello che era stato il suo primo ed unico sentimento umano e sincero?
 
In una sincronia perfetta, e rispondendo ad un richiamo più forte di qualunque ragione, le bellissime iridi zaffiro della Vergine si persero negli occhi stupendi e profondi del primo guardiano...
 
A ben vedere, Mu avrebbe potuto defilarsi in qualunque momento da quella situazione...gli sarebbe bastato fare riscorso alla sua telecinesi, come in tante altre occasioni aveva fatto, per liberarsi dall’imbarazzante presa di Shaka. Eppure non fece nulla...non poté, non volle fare nulla...sentiva di essersi smarrito dentro quegli occhi che, per quanta confusione potessero mostrare, allo stesso modo brillavano di una determinazione unica. Il cosmo di Shaka lo avvolgeva dolcemente in una sorta di innato istinto di protezione, riscaldandolo con il suo tepore delicato.
 
Senza alcun imbarazzo, lo sguardo di Shaka percorse ogni centimetro di quella pelle eburnea dalla quale lo separavano solo pochi centimetri, quasi volesse imprimere quella visione nelle sue retine e nella sua memoria. O semplicemente perché non poteva farne a meno.
 
In realtà, Shaka stava smarrendo se stesso dentro Mu. E non si era mai sentito così vivo come in questo momento.
 
Continuando a tenerlo contro il muro, con le mani bloccate ai lati della testa, l’indiano non riuscì più a resistere...come se tutti i suoi anni di meditazione e di indifferenza nei confronti dei sentimenti umani fossero momentaneamente rinchiusi in una bolla dalla quale era felicemente fuggito, si abbandonò per la prima volta nella sua vita al suo istinto, chiudendo la distanza che lo separava dalle labbra di Mu.
 
Fu poco più di una carezza, un battito d’ali di farfalla, ma sufficiente a ridare vita a quelle braci che entrambi avevano sepolto sotto la cenere del dovere cavalleresco. 
 
Nessuno dei due aveva mai condiviso quella confidenza con un’altra persona, eppure...sembrava tutto così naturale. Con gli occhi chiusi per assaporare più intensamente il loro gusto, i corpi si adattarono perfettamente a quell’intimità, chiedendo inevitabilmente di più.
 
Le dita di Shaka sfiorarono dolcemente i fianchi nudi di Mu, e, riaprendo gli occhi, poté godere del rossore che, nel frattempo, aveva tinto deliziosamente le guance pallide del primo guardiano.
 
Un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra...la reazione di Mu era adorabile.
 
Tuttavia, le cose non sempre seguono il corso che vorremmo, e stava per reclamare nuovamente quelle labbra rosee e morbide, con l’intenzione di andare più a fondo, quando sentì il cosmo di un altro cavaliere avvicinarsi al tempio dell’Ariete.
 
In silenzio, imprecò contro l’ospite inopportuno.
 
Senza perdere tempo, recuperò l’asciugamano per avvolgerlo intorno alla vita del tibetano, e sebbene Mu avesse inteso quel gesto come la volontà dell’indiano di salvare le apparenze, in realtà non avrebbe potuto essere più lontano dalla verità...
 
Shaka aveva agito in quel modo solo per evitare che qualcuno vedesse Mu nudo.
 
Qualcuno oltre lui naturalmente. La sola idea che qualcun altro potesse anche solo posare lo sguardo sul corpo eburneo e vellutato di Mu gli faceva ribollire il sangue.
 
A malincuore, si preparò a partire, ma, prima di andare via, accarezzò con la punta delle dita le labbra tanto desiderate, alternando lo sguardo tra queste e gli smeraldi che lo guardavano in attesa.
 
- A presto...Mu dell’Ariete... - furono le ultime parole che sussurrò prima di voltarsi e dirigersi verso l’uscita, lasciando una leggera scia di essenza di loto nelle narici sensibili del primo guardiano, che, inebriato, poté solo volgere lo sguardo al cielo rovesciando dolcemente la testa contro il muro.
 
Quando Camus si addentrò oltre l’ampia piattaforma del primo tempio, la sorpresa di vedere uscire l’imperturbabile cavaliere della Vergine fu più forte persino della sua impassibilità.
 
Un sopracciglio alzato sottolineava il suo stupore.
 
I due cavalieri si fronteggiarono per alcuni istanti prima che uno di loro si decidesse a rompere quel silenzio imbarazzante con il cortese protocollo sociale.
 
- Buongiorno Shaka - parlò secco.
 
- Buongiorno Camus - due parole furono più che sufficienti all’Acquario per cogliere la velata ostilità che il sesto guardiano celava in maniera volutamente maldestra.
 
Era evidente il tentativo di Shaka di sottolineare il fastidio della presenza di Camus nel tempio dell’Ariete. Una presenza evidentemente troppo confidenziale a parere della Vergine e che il francese comprese subito...
 
Camus alzò impercettibilmente un angolo delle labbra, divertito dalla gelosia di Shaka. In effetti, in quel momento, la Vergine non aveva nulla del carattere semidivino che avrebbe dovuto contraddistinguerlo dai suoi parigrado, risultando piuttosto umano nell’evidenziare l’inopportunità di Camus.
 
- Se stai partendo a causa mia... - ma Camus non riuscì a terminare, fermato da una mano alzata di Shaka che imponeva silenzio.
 
- No.…ho finito... - fu la laconica risposta dell’indiano.
 
Seccato dall’atteggiamento altezzoso, l’Acquario avrebbe volentieri congelato quella mano impertinente che pretendeva di dargli ordini in casa altrui, tuttavia si costrinse a non mostrare alcuna reazione...se non altro per rispetto verso il vero custode di quel tempio.
 
- Bene...allora...buona giornata...Vergine - fu il commiato di Camus prima di riprendere i suoi passi per addentrarsi nella parte più privata della casa.
 
- Ricorda di non perdere troppo tempo o sarai in ritardo per l’allenamento... Acquario... -.
 
Camus era convinto che Shaka avesse ripreso il cammino verso il suo tempio, ma quando quelle parole pretenziose gli arrivarono alle orecchie, si girò di scatto piuttosto irritato. L’espressione arrogante dell’indiano non fece altro che indispettirlo ulteriormente. 
 
L’undicesimo guardiano non era certo un uomo istintivo, al contrario, appariva sempre pacato, composto... ma come diavolo si permetteva un suo parigrado di redarguirlo come se fosse un ragazzino?! Shaka poteva essere l’uomo più vicino agli dei, la reincarnazione di Buddha, il consigliere del Patriarca...ma avrebbe dovuto imparare a stare al suo posto!
 
Camus stava per abbandonare i propositi pacifici di poco prima, quando una mano affusolata si posò in modo dolce e fermo sulla sua spalla, trattenendolo sui suoi passi. Girandosi, incrociò gli occhi calmi dell’Ariete che, in silenzio e sorridendo gentilmente, gli chiese di lasciar perdere.
 
A pochi passi di distanza, Shaka vide la scena sentendo uno sgradevole fastidio nello stomaco.
 
Cos’era tutta quella cura che Mu riservava al cavaliere dell’Acquario? Che tipo di legame legava i due compagni?
 
Sebbene non fosse mai stato interessato ai pettegolezzi, anche Shaka, come tutti nel Santuario, aveva sempre sospettato di una relazione tra l’Acquario e lo Scorpione che andasse oltre la semplice amicizia...cosa c’entrava adesso Mu?
 
Irritato, girò i tacchi stizzito voltando le spalle a Mu e Camus e dirigendosi verso l’uscita senza salutare.
 
Ovviamente non poté vedere lo sguardo obliquo che l’Ariete gli rivolse seguendolo con gli occhi finché non fu fuori dalla sua vista.
 
Al contrario, Camus lo vide benissimo.
   
 
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