Fumetti/Cartoni americani > I Simpson
Segui la storia  |       
Autore: _aivy_demi_    01/10/2022    23 recensioni
Questa long partecipa all'iniziativa WRITOBER2022, lista mista.
#writober2022 #fanwriter.it
_
Le età dei vari personaggi verranno equilibrate nel giusto contesto, creando uno spazio temporale coerente ai fini di trama.
Mi auguro la lettura sia di vostro gradimento in questo che è l'approdo a un nuovo fandom per me ^^
_
Diritti alle fanart: @Spikermonster @Pink
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bart Simpson, Lisa Simpson, Maggie Simpson, Marge Simpson
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Everything’s changing,
but…
nothing will really change
.

01.
zucchero

 

 

«È la solita mattinata qui a Springfield, il sole splende nel cielo, l’autunno colora le strade e i parchi di accesi toni arancio e ocra, per poi stendere un manto di calore sul… ma chi ha scritto queste stronzate? Licenziate immediatamente quel mentecatto, mi rifiuto di continuare a leggere il copione. No, no tizio qualunque, tu adesso te ne vai e mi lasci fare il mio lavoro, perché sono io qui a mandare avanti la barac-… ehi, rispetto, ti mando a gestire il meteo alle due di notte su Canale 6 se non la fai finita, ti declasso, ti… ti…! Ah, non vale neanche la pena discutere con voi. Qui è Springfield, la solita, noiosa cittadina dove non succede mai niente, niente di niente. Se volete qualcosa di cui parlare andate al Jet Market alla solita rapina del giovedì, dove anche il tentato furto è una routine dimenticabile. E da Kent Brockman è tutto. Io giuro che stavolta mi incazzo. Ma come? State ancora registrando? Chiudete, chiudete!»
Il noto conduttore televisivo sbatté violentemente la porta del furgone della emittente televisiva, facendolo cigolare sulle sospensioni di qualche anno di troppo; detestava quel rumore, accompagnava ogni sua uscita, ogni patetico giorno sulle strade di Springfield. I tempi dedicati al suo lavoro li stava contando sulle dita ogni volta di più, anno dopo anno, rendendosi conto di fare parte sempre e comunque della stessa, anonima fetta di mondo chiamata “nulla”. Addio ai grandi propositi di gioventù, all’idea di una gavetta di passaggio per poi approdare su canali importanti, più di quello a cui stava dando tutto. Insomma, troppe primavere dedicate a un avanzamento di carriera fermatosi alla scrivania del Canale 6. Il pugno non ammaccò la carrozzeria, anche se l’uomo avrebbe voluto volentieri distruggerla a mani nude, assieme alla frustrazione che gli aveva mangiato il fegato e l’equilibrio del sonno. Pensò spesso di cambiare lo slogan di chiusura delle sue interviste con “e dal niente, è tutto.” Suonava però troppo strano, e aveva rinunciato pure a quello. Nemmeno i copioni dei programmi se li scriveva più da solo, avvalendosi di una schiera di giovani talentuosi, a detta dell’agenzia interinale, che avrebbero fatto tutto per lui con la scusa di un apprendistato ben poco retribuito; sorrise amaramente nel constatare quanto quel sistema stesse facendo schifo sotto tutti i punti di vista, ma chi era lui per poter cambiare, e contribuire a far cambiare le cose?
Estrasse una sigaretta dall’immancabile pacchetto di Laramie, un gesto lento e abituale, una amicizia di lunga data.
Il fumo un compagno obbligato di scarica tensiva.
La soddisfazione di qualche minuto.
E al diavolo i polmoni.


«Oh, non immaginavo affatto di incontrarla qui, signor Brockman. Qual buon vento la porta dalle parti di Evergreen Terrace
Una voce poco familiare distrusse il piccolo momento di quiete del reporter, irritandolo ancor più del precedente fiasco della giornata lavorativa. I suoi benedetti dieci minuti erano sfumati nel nulla lasciando solo del catrame nel petto e un odore acre addosso. Sapeva di aver già visto quella donna, in più occasioni: ne era certo, non ricordava esattamente di chi si trattasse, in fondo di volti ne aveva incontrati così tanti che distinguerli e ricordarli tutti sarebbe stato impossibile. Eppure… quella capigliatura così particolare avrebbe dovuto archiviarla sicuramente: onde ricce blu, raccolte verso l’alto. Un blu innaturale, sicuramente frutto di una tinta selvaggia a coprire alcune sfumature grigie che si intravedevano ai lati delle tempie. Una gradevole cinquantenne certo, ma lo sguardo, quello pareva spento, stanco.
Smettila, Kent. Non psicanalizzare tutto e tutti, o farai la solita figura di merda.
Qualcosa in lei gli stava dicendo di darle un po’ di attenzione.
Un cenno forse, o una parola.
Attenzione, appunto.
«Buongiorno, signora.»
Perché no, forse una volta tanto sarebbe uscito da quella bolla di egoismo e autocommiserazione, e avrebbe fatto qualcosa per qualcun altro.


«Immagino non si ricordi di me, beh, certo che no. Come potrebbe? In fondo, conosce così tante persone che una come me passerebbe nell’anonimato.»
Un modo strano di esordire, quasi imbarazzante, quello di Marge Simpson: la sua capacità di non filtrare più molto bene le parole createsi nella sua testa le stava dando filo da torcere, accostata alla logorrea selettiva che non era in grado di controllare granché. Si massaggiò le braccia con dita intirizzite, quel pomeriggio l’aria era particolarmente fredda. Avrebbe voluto abbottonare la giacchetta coprendosi maggiormente, ma le pareva un gesto di scortesia nei confronti di un elemento importante, proprio lì, sul marciapiede di una anonima zona residenziale springfieldiana. Fece finta di nulla scostando lo sguardo: “non guardare mai nessuno negli occhi se non hai confidenza, Marjorie Jacqueline Bouvier. Ricorda i consigli di mamma.”
Kent si prese qualche secondo per osservarla: se avesse steso con le dita le rughe attorno agli occhi e alle labbra sottili, svestendola di un poco e ringiovanendola con un trucco leggero e perché no, una capigliatura diversa, l’avrebbe resa forse più attraente, ma si rese conto di aver concepito un’idea inadeguata e particolarmente stupida. Le sue iridi si fermarono un momento di troppo sul collo magro nascosto in parte dal colletto della camicia azzurra.
Smettila, sei patetico. Sì e no la conosci, cosa ti passa per la testa?
Giusto, quel pensiero insistente di conoscerla senza averla ancora riconosciuta premeva contro le tempie, spingendo per uscire.
«Senta, non è ch
«Mi scusi, potremm
I due si interruppero a vicenda e sorrisero nel farlo.
L’aria parve più leggera, di poco, sufficiente a mostrare a entrambi quanto la stessero facendo difficile.
Lasciala stare, Brockman. Sarà sposata, avrà qualche pargolo al seguito.
«Continui pure, signor Kent. Non volevo interromperla.» Il lieve rossore sul volto della donna tradiva una certa curiosità in quell’incontro inaspettato, fuori luogo e a tratti incredibile. Lei, una Marge qualunque, stava parlando con una persona che lavorava alla televisione. Senza danni, senza problemi, senza l’immancabile presenza del marito a dare spettacolo.
Un pessimo spettacolo.
Sospirò lei, rimangiandosi le poche parole che era riuscita a esprimere prima di fermare la voce. Avrebbe volentieri passato ancora qualche minuto in presenza dell’uomo, ne aveva di domande da esporre, altroché! Nelle mattine di solitudine guardava spesso la televisione, tra una pulizia convulsa e il pensiero dei ragazzi a scuola (non tanto il primo, ma la più piccola… una adolescente che non ne voleva sapere di sottostare alle regole), e fantasticava sul poter parlare con qualcuno dei personaggi che si intervallavano alla pubblicità snervante.
E così fu. Soltanto che in quel momento scomparve ogni singola traccia di spavalderia: averne uno di fronte era tutta un’altra cosa.
«Le andrebbe di andare a prendere un caffè?»
«Come, scusi?» Marge sorrise isterica: Kent Brockman la stava invitando sul serio a passare del tempo con lei? Incredula. E improvvisamente silenziosa. «Io? Una come me?» Coprì le labbra con le dita, mostrando inequivocabilmente – o forse come un muro di difesa – la vera all’anulare sinistro, un anello che negli ultimi anni aveva stretto la circonferenza sul dito sottile. Di più, sempre di più.
«Una come lei, esatto. Con chi ho l’onore?»
«Simpson, sono Marge Simpson.»


Marge si guardò attorno stupita: il locale era piccolo, confortevole, poco frequentato. Una viuzza laterale al centro, un angolo di quiete nella vita cittadina di ottobre. Le pareti bianche davano modo ai colori dell’arredo di spiccare. “È più bello di casa mia, qui…” pensò, innamorandosi delle rifiniture ricercate, dell’illuminazione, dello stile. Si sentì fuori luogo, un disagio insinuatosi nel petto e all’interno dei vasi sanguigni, divertendosi a disturbarla con un cinismo acuto e veritiero: “non potrai mai permetterti un posto simile, rassegnati.”
Lei, infatti, s’era rassegnata già da tempo.
Si strinse nella giacca, aggrappandosi alla consapevolezza di una vita sola, quella che aveva scelto di seguire più di venti anni prima. Si fece più piccola sulla comoda seduta, realizzando d’aver sbagliato ad accettare l’invito da chi di lei non conosceva assolutamente nulla. L’imbarazzo le si incollò ai nervi, portandola a tremare leggermente tenendo stretta la tazzina di caffè raffinato.
Buono.
Amaro, ma buono.
Davvero, non ne aveva mai assaggiato uno così.
«Lo beve senza zucchero, Marge?»
«N-no, no. Ora lo metto.» Allungò il braccio a raccogliere la bustina al centro del tavolino in stile, delicatamente laccato. Non beveva mai caffè amaro, ma la soggezione era tanta che anche un semplice gesto come quello le pesava. Ma ora, effettivamente, il caffè era ancor più di suo gusto.
«Spero di non averla sconvolta oggi, così, su due piedi. Potrebbe sembrare strano, ma sono convinta di conoscerla già.»
«Pure io», rispose rapida, recuperando con un ovvio «ma mi sembra normale, la guardo tutti i giorni al notiziario. Che stupida, mi scusi.» Ed eccola, a chiedere di nuovo scusa per una stupidaggine. Come sempre.
«Non si preoccupi. Perché dovrebbe scusarsi per una cosa simile? La prego, non si dia della stupida. Non lo è. Anzi.» Non avrebbe dovuto sbilanciarsi Kent, ma Marjorie era così palese nelle sue dimostrazioni, nelle reazioni, che le pareva una creatura gracile e spaventata. Di cosa poi? Non sapeva ancora, e forse sarebbe stato meglio non indagare nemmeno.
Parlarono di poco e di tutto, non solo del più e del meno: di come fosse cambiata Springfield, di quanto i vecchi amici erano in realtà ormai accasati, o divorziati – già più semplice – e di quanto una volta fosse tutto più facile. Alcuni eventi cittadini a cui avevano partecipato entrambi furono aneddoti atti ad alleggerire l’umore pesante del cuore della donna, oramai rilassata. Rise pure, dimenticandosi di sé e di una sensazione familiarmente nera nella gabbia toracica. Un orologio biologico dalle lancette dolorose la stava avvertendo di dover tornare a casa, ormai i ragazzi sarebbero arrivati a momenti, e con loro…
«Marge? Mi sente? Tutto bene?»
Suo marito sarebbe tornato a breve da lavoro, scaricando su di lei frustrazione, vomitandole addosso quanto si stesse sentendo inutile e sottopagato, sottostimato, sottovalutato. Oramai parlavano soltanto di problemi, dei suoi problemi.
I problemi di Homer Jay Simpson.
E addio Marge.
«Se è per qualcosa che ho detto…» Kent parve rabbuiarsi, credendosi l’artefice di quella nebbia che era scesa sugli occhi di lei. Si allungò per sfiorarla, tentando forse di riportarla al presente, una realtà da cui si era estraniata per qualche secondo.
Un cellulare suonò, insistente, strillante, alto. Spezzò tutto: dalla tranquillità di quel pomeriggio nuvoloso, alle chiacchiere che ormai avevano preso una piega leggera e un ritmo piacevole. Spezzò quei momenti di Marge, solo di Marge, solo per lei… li strappò gettandoli nel cestino della coscienza della donna, dove più volte aveva cercato di incastrarci tutti i brutti ricordi, le esperienze orribili, lo schifo che si era trascinata dietro per tutti quegli anni.
Kent la guardò, Marge ricambiò, affranta.
«Dimmi, papi.»
E lì Brockman ricordò, come avesse ricevuto un calcio alle costole tanto ben assestato da scaraventarlo sul pavimento: era lei, Simpson, la moglie del pazzo che aveva malauguratamente dato fuoco a un appartamentino in periferia. Simpson, il suo primo reportage sul posto, il primo lavoro da dipendente del Canale 6.
Marge Simpson, la donna che gridava terrorizzata, trattenuta dai volontari dei Vigili del Fuoco, mentre vedeva le fiamme divorarle tutto quello che aveva. Sogni, libri, progetti, un piccolo affitto dal lavoro alternato al primo anno di college.
Tutto in cenere.
E Kent si sentì schiacciare.
Era lei. Erano le sue lacrime quelle che aveva visto, le sue grida, i gemiti e le ginocchia sull’asfalto bagnato mentre la palazzina veniva messa in sicurezza dagli organi competenti.
Sapeva di averla già vista, ma non avrebbe mai pensato di ricordarla attraverso due occhi spaventati e una sola parola: “papi”.  


   
 
Leggi le 23 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > I Simpson / Vai alla pagina dell'autore: _aivy_demi_