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Autore: DavideWolfstar    01/10/2022    0 recensioni
Come fare i conti con la scoperta di aver avuto dentro di sé l'anima di Voldemort per diciassette anni? Come imparare ad amarsi e a farsi amare? In questa storia si esplora tutto il conflitto di Harry. Una Hinny, leggermente angst, con un possibile lieto fine.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Eccomi tornato con la prima storia di questo Writober, riuscirò a terminare la challenge? 
Questa storia partecipa al writober di Fanwriter.it

Prompt: zucchero
Spero vi piaccia, buona lettura!

 

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Ginny Weasley era lo zucchero, Ginny Weasley rendeva dolce ogni momento amaro della sua, ancor breve, esistenza. Harry da quando aveva sconfitto Voldemort, però, aveva scoperto di essere diabetico, metaforicamente parlando si intende. Non sapeva spiegarsi, né riusciva a spiegarselo, come avrebbe potuto vivere una vita felice con la ragazza che amava al suo fianco. Quando si era recato alla Foresta davanti a Voldemort, quando aveva scelto di sacrificare la sua vita aveva scoperto di essere difettoso, di avere in sé qualcosa di malato, di oscuro. Si era illuso subito dopo la morte di Voldemort, nelle prime ore della vittoria, che finalmente tutto andasse bene.
Come poteva però andare tutto bene? Per quasi diciassette anni aveva contenuto dentro di sé l’anima di uno spietato assassino, di un uomo malvagio che non aveva mai conosciuto amore. Come poteva quel frammento non averlo condizionato? Come poteva essere sicuro di non essere potenzialmente pericoloso? Un mostro? Un assassino? Come poteva essere sicuro che non sarebbe mai diventato come lui?
Erano trascorsi diversi mesi dalla battaglia di Hogwarts, sei mesi a porsi la stessa domanda, sei mesi a evitare Ginevra Molly Weasley. Non era stato facile all’inizio, aveva trascorso gran parte dell’estate pernottando a La Tana, sebbene fosse spesso fuori casa, vuoi per ricostruire il Castello, vuoi per testimonianze al ministero, vuoi per i suoi doveri di padrino, si era assicurato che Teddy avesse tutta la sua attenzione ogni volta possibile. Con l’arrivo di settembre e l’inizio del nuovo anno scolastico però evitare la rossa non era stato affatto difficile, anzi. Lei era partita per il Castello e lui aveva iniziato l’addestramento per diventare Auror, scelta di carriera che aveva continuato a decidere di portare avanti per senso del dovere più che per vera vocazione, erano finiti i tempi in cui sognava di catturare maghi oscuri, ora agognava la pace, ma sentiva di non meritarsela, sentiva che doveva farsi carico di tutto quello che era successo.

Il Mondo Magico nel frattempo si stava riprendendo, le macerie erano state sostituite da cantieri, gli edifici danneggiati erano in ricostruzione, nuove leggi stavano sostituendo quelle dei Mangiamorte al potere, i processi si susseguivano attribuendo responsabilità. Il clima primaverile aveva lasciato posto all’estate ed infine all’autunno, dalle magliette leggere a maniche corte si era passati ai maglioni di lana, si era passati dagli addobbi di Halloween a quelli natalizi. Non fosse stato per gli alberi di Natale che vedeva in giro, Harry Potter non si sarebbe neppure reso conto di essere a dicembre, si era talmente concentrato sugli studi di Auror e sul suo ruolo da padrino, nonché sul suo senso di colpa che il resto sembrava confuso, ovattato, quasi sfocato. In realtà c’era, sempre, un pensiero che lo riportava al mondo reale, al mondo fuori dall’Accademia, dal mondo fuori da casa Black-Tonks, e il pensiero costante era sempre lei, la ragazza che aveva scelto di lasciare indietro, che aveva scelto di allontanare, sempre lei. Più si avvicinava il Natale e più il pensiero di Ginny diventava più costante, in parte l’attesa, in parte la paura. Attesa perché era stato invitato dai Weasley, ci sarebbe stato anche Teddy e Meda non poteva trovare una scusa, e sapeva quindi che era questione di giorni prima di rivederla.  Paura perché erano mesi che non stavano nella stessa stanza e lui l’aveva evitata, non l’aveva affrontata, l’aveva messa da parte. La paura era che lei le chiedesse il perché.


E fu così che alla fine arrivò il giorno del Natale. La Tana non era mai stata così stipata, c’erano tutti, tutti tranne Fred ovviamente e la sua mancanza si sentiva in tutta la casa. Ginny era tornata per le vacanze, Charlie era tornato dalla Romania portando Ernie Macmillan che aveva conosciuto durante la guerra e che era il suo “amico speciale” (come lo definiva la signora Weasley che ancora faticava a pensare che Charlie avesse un ragazzo), vi era ovviamente Bill con Fleur, anche Percy dopo la pacificazione con la famiglia era presente e aveva portato Audrey Barnet (una graziosa ragazza americana che era in interscambio ministeriale, ragazza che Percy giurava essere solo un’amica), poi vi erano ovviamente Ron accompagnato da Hermione, George che aveva portato alla cena Angelina che gli era stato accanto in quell’anno difficile senza Fred. Oltre alla famiglia stretta erano state invitate altre persone, soprattutto membri dell’Ordine della Fenice, Molly aveva pensato che ora che tutto stava tornando alla normalità fare festa tutti insieme potesse essere più salutare che mai;dunque, non si era risparmiata ed aveva invitato Xenophilius Lovegood, con Luna ovviamente, Hagrid, Kingsley, Minerva eu n paio di persone che Harry non conosceva che di vista. Erano circa una quarantina e dire che si stava stretti era dir poco, nessuno degli incantesimi estensivi aveva risolto il problema dello spazio, almeno non del tutto.

Quell’affollamento non era certo un problema per Harry, il quale ne aveva approfittato per nascondersi nella foto facendo spazio accanto ad Andromeda e giocando col piccolo Teddy. Nonostante tutte le paure, Harry si disse che con tutto quel caos non sarebbe stato difficile evitare Ginny… come sempre quando si trattava della rossa, si sbagliava di grosso, infatti questa era scivolata in mezzo alla folla e mentre Harry provava a dare da mangiare a Teddy si era posta di fronte alla schiena del prescelto.

«Ci sai davvero fare coi bambini, Potter. Peccato, che non sei così bravo a giocare a nascondino.» Lo aveva approcciato la giovane Weasley. Harry aveva trasalito a quelle parole, aveva sentito un brivido lungo la nuca. Spaventato, ma al contempo felice di sentirla di nuovo, era come se d’un tratto tutta l’amarezza che lo accompagnava fosse scomparsa sostituita da pace, ma anche da paura. Si voltò cercando di sembrare normale, qualsiasi cosa potesse significare essere normale davanti alla tua ex «Ciao… Grazie…» indicò con queste parole verso Teddy. «…giuro ci so davvero fare normalmente, si lascia spesso imboccare da me…»  Evitò accuratamente di rispondere alla seconda parte della frase della ragazza cercando di spostare l’attenzione sul suo figlioccio. «Ti credo, Ron me lo ha scritto, anche Hermione di quanto tempo passi con Teddy. Mi sarebbe piaciuto che magari anche tu mi scrivessi, mi parlassi, invece di giocare a nascondino, quanto tempo devo ancora aspettare prima di fare tana Harry?» La voce di Ginny da dolce era lentamente diventata più tagliente. «Non credi che mi merito quantomeno una spiegazione?» Questa volta Harry non poté certo ignorare le parole della ragazza. «Hai ragione, ti meriti una spiegazione, io… Io vorrei dirti tutto, vorrei dirti perché sono scomparso, perché ti sto evitando, so che te lo meriti, so che non meriti che io ti tratti così, ma sono un vigliacco, quando ti dirò tutto so che cosa penserai di me e non posso sopportarlo. Non posso sopportare che proprio tu tra tutti venga a sapere il perché di tutto questo, ma hai ragione, è giusto. Puoi almeno aspettare che Andromeda torni dal bagno, così che possiamo allontanarci un attimo?» Quelle parole furono dure e difficili da dire, certo sapeva che doveva dirle tutto, dirle perché si era allontanato, perché non poteva stare con lei, dirle che lui era difettoso, dirle che era stata tutta colpa sua, quella guerra infame, quello che era accaduto alla Camera dei Segreti anni prima. Doveva dirle tutto questo, ma come poteva riuscirci? Come poteva confidare alla persona che più amava al mondo di non essere stato altro che un horcrux per diciassette anni della sua vita?
Il tempo era giunto però, il tempo che Ginny sapesse tutto, ed appena tornata Andromeda Ginny ed Harry si erano trovati faccia a faccia da soli, per la prima volta da eoni. Erano chiusi dentro lo stanzino dello scope, lo stesso che aveva condiviso una volta con Silente. «Io…non so bene da dove cominciare. Forse, dovrei iniziare dalla Profezia così che tu possa capire perché ti evito, perché mi tengo lontano. Inizia tutto da lì.» Ginny a quelle parole sbuffò. «Non tergiversare Potter, dimmi onestamente che non vuoi stare con me, che era tutto un gioco e che non mi hai mai amato. Sono forte abbastanza, non ho bisogno di giustificazioni. Sono sopravvissuta a tutto lo schifo dei Carrow, della guerra, della morte di Fred, pensi che non possa sopravvivere ad un cuore spezzato?» Ginny diceva tutte quelle cose con voce ferma, ma Harry poteva vedere le sue lacrime sul suo volto, non poté trattenersi dal portare la sua mano ad asciugare le lacrime della ragazza mentre cercava le parole per risponderle. «Io… Non è così! Come puoi credere che non ti abbia mai amato? Come puoi credere che sia stato tutto un gioco? È stato l’amore che provo per te l’ultima cosa che ho pensato quando mi sono fatto uccidere, se non fossi tornato dalla morte, tu saresti stato l’ultimo pensiero.» Ora erano anche i suoi occhi a lacrimare, poteva sentirlo. «Ed è proprio perché ti amo che ti sto lontano. Tu non sai quanto mi costi, stare con te è l’unica cosa che mi rende felice, ma io non lo merito e quando saprai la verità, quando saprai chi sono, lo capirai anche tu» Quelle parole sembravano sciocche anche a lui ora che le diceva. «Stai dicendo soltanto stronzate, Harry. Perché dovrei odiarti? Perché dovrebbe cambiare quello che provo per te da quando ho undici anni? Cosa devo scoprire di te? Che sei una persona che mette se stessa davanti agli altri? Che non esiti a gettarti di fronte al pericolo per salvare chiunque, Ron mi ha detto che hai salvato Malfoy, DRACO MALEDETTO MALFOY, nella stanza delle Necessità. Cosa potrebbe mai spingermi a odiarti? Dimmi, sono curiosa!»  Possibile che tutti vedessero in lui l’eroe, il salvatore del mondo magico? Non era mai stato questo, non era mai stato solo questo almeno. «Io non sono quello, non sono solo quello! Io sono solo una pedina. Son sempre stato molto meno che un eroe. Tutto inizia con quella maledetta profezia. Silente l’aveva ascoltata, ma anche un Mangiamorte. La profezia diceva che sarebbe giunto uno col potere di sconfiggere Voldemort, e nessuno dei due poteva vivere se l’altro fosse sopravvissuto. Voldemort decise che ero io il suo nemico, per questo uccise i miei genitori quella notte, fu così che attivò la profezia. Mia madre diede la vita per me, il potere del sacrificio mi salvò. Quella notte Voldemort sarebbe dovuto morire per quel sacrificio, ma non poté. Voldemort aveva creato degli oggetti potenti in cui aveva custodito la sua anima, una parte almeno. Così non poteva morire. Il diario era uno di quelli. È stata questa la missione di me, Ron ed Hermione per tutti quei mesi. Dovevamo distruggere questi oggetti, questi horcrux.» Probabilmente non era stata la spiegazione migliore, più accurata di sempre, del resto non era certo capace come Hermione a raccontare le cose. «Il diario di Riddle era un pezzo dell’anima di Voldemort? Per questo mi ha posseduto? Perché era un’emanazione di Voldemort stesso? Ma questo cosa c’entra con il tuo discorso, col fatto che dovrei odiarti?» Era questa la parte che più aveva temuto. «C’entra tutto. Creare un horcrux non è facile, bisogna uccidere una persona, poi esiste qualche sorta di rituale oscuro, non so di che si tratta, Hermione ha detto che è una cosa disgustosa. Voldemort è stato l’unico ad averne creato più di uno. Ne aveva creati sei. Il diario è stato il suo primo, poi vi era l’anello dei suoi nonni, il medaglione di Salazar Serpeverde, il diadema di Corvonero, la coppa di Tassorosso, infine aveva deciso di rendere il suo serpente Nagini l’ultimo dei suoi horcrux. Questi sei horcrux son stati tutti creati da Voldemort in persona e gli abbiamo dato la caccia, il diario era stato già distrutto ed anche l’anello, ma gli altri non sapevamo dove fossero. Non è tutto, Voldemort non creò solo questi sei hocrux. Ne creò un altro che non aveva mai voluto. Quella notte in cui mi lasciò questa cicatrice, un pezzo della sua anima si spezzò e si aggrappò alla prima forma di vita che trovò. Io… ero io il settimo horcrux della sua anima. Per diciassette anni son stato solo che un contenitore dell’anima di Voldemort. Ed è questo il motivo per cui mi sono offerto volontario per morire, doveva uccidermi per distruggere il suo settimo horcrux, me. Sarei dovuto morire, invece l’avada kedavra non ha ucciso me, ma solo l’anima di Voldemort contenuta in me. Eccolo il motivo per cui non merito la felicità, non sono poi così diverso da lui, ho avuto quella cosa dentro di me tutta la vita quasi, sono danneggiato, sono difettoso.» Sputò quelle ultime parole con disgusto per se stesso, per quello che sentiva di essere. Si aspettava che da un momento all’altro Ginny si allontanasse da lui disgustata, ma lei lo stupì. Le braccia di Ginny si avvolsero intorno al suo corpo e lo strinsero in un abbraccio. «Sei uno stupido Harry James Potter, uno stupido, ma di sicuro non sei difettoso e non sei certo come Voldemort. La tua anima non è come quella di Voldemort. E ti meriti di essere felice, e vorrei essere io la fonte della tua felicità. Permettimi di starti accanto. So che sei ferito, spaventato. Lo ero anche io quando il Diario… Quello che voglio dire è che non c’è niente di sbagliato in te, come non c’era in me. E sei stato proprio tu, la tua forza a farmi capire quanto io non fossi il Diario, ed ora permettimi di aiutarti come tu hai fatto con me. Permettimi di amarti.» Ginny Weasley era veramente zucchero capace di trasformare l’amarezza in dolcezza, forse infine Harry James Potter si era fatto una sbagliata diagnosi, non era diabetico, anzi forse aveva bisogno di più zucchero nella sua vita, la sua esistenza era stata fin troppo ipoglicemia fino ad allora, ora meritava un po’ di gioia.
   
 
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