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Autore: Ode To Joy    02/10/2022    3 recensioni
[BakuTodo]
[DabiHawks]
[Past- BakuDeku]
Touya davvero non lo capiva.
“Perché continui a provarci tanto ostinatamente con me?”
Tutti avevano gettato le armi, dichiarandolo una causa persa, un fallimento. Tutti. I due uomini più importanti della sua vita per primi.
E ora arrivava questo fanciullo, che aveva il suo stesso viso ma non lo conosceva affatto.
Un estraneo. Suo fratello.
“Perché quando ti guardo vedo me,” rispose Shouto, con voce rotta. “Perché qualcuno mi ha salvato, nonostante io non stessi chiedendo aiuto.”
“Tu non mi conosci, Shouto.”
“Nemmeno tu conosci me. Ma mi conoscerai, stanne certo.”

[...]
A seguito di una guerra vinta a caro prezzo, il Principe Shouto viene cacciato dalla corte di suo padre perché aspetta un figlio da Katsuki, il Drago di cui è Cavaliere. Cerca rifugio dal fratello maggiore, esiliato otto anni prima, che ha rinunciato al nome della loro famiglia per divenire Dabi.
[Fantasy AU]
[Questa storia partecipa al Writober 2022 di Fanwriter.it]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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2 Ottobre
Prompt: "We wanted to be the sky"

II

The Prince Of Fire And Ice

What more do you expect from me?
There's nothing left here to burn
There's nothing left here to burn
And I've given you every part of me
There's nothing left here to burn
There's nothing left here to burn
["Nothing else left to burn" - Lovers & Lies]

 

 La corte dell’Alto Trono sorgeva su di un’isola, circondata dalle acque cristalline del Lago delle Mezze Stagioni, che diveniva un’enorme lastra di ghiaccio in inverno e scompariva quasi del tutto in estate. Ora, mentre gli eserciti delle Casate aspettavano che il sole sorgesse sul giorno in cui avrebbero scritto l’epilogo di quella guerra, le chiome degli alberi erano piene di nuove foglie, figlie della bella stagione.

Nell’aria della notte, il Principe di Fuoco e Ghiaccio avvertiva l’odore di pioggia, ma quando sollevò lo sguardo trovò il cielo sereno, trapunto di stelle. 

Tutto era silenzioso, immobile.

Shouto si chiedeva cosa stessero facendo gli altri ma, al contempo, non voleva la loro compagnia. La calma che precedeva il fragore di un campo di battaglia era uno spazio intimo, da condividere con pochi. Era stato addestrato per compiere imprese grandiose fin da piccolissimo ma suo padre, che come mentore si era rivelato un completo disastro, non aveva mai speso una parola per prepararlo a quella sfida dal punto di vista emotivo.

Smarrito nei suoi pensieri, Shouto si allontanò dal campo, andando dove i suoi piedi lo volevano portare. Arrivò a un’altura sgombra da alberi, da cui si potevano vedere chiaramente le luci del castello e la valle che gli faceva da cornice.

Da quando i Todoroki sedevano sull’Alto Trono, non avevano mai combattuto una battaglia così vicina a casa.

Indipendente da come sarebbe andata, qualcuno avrebbe cantato le loro gesta.

Shouto non cercava la gloria. 

Essere l’Erede dell’Alto Trono implicava un’enorme responsabilità e, mai come allora, la sentiva pesare sulle sue giovani spalle. E non c’era nessuno con cui condividerla.

Anche se suo padre portava il fardello della corona, sapeva che non sarebbe mai riuscito a comprenderlo davvero.

“Non riesci a dormire?”

Quelle parole lo presero di sorpresa ma quando si voltò, fu felice di scorgere il viso sorridente di Izuku nell’oscurità della notte.

“Sembra che non sia l’unico,” rispose il Principe.

“Posso farti compagnia?”

“Ne sarei lieto, grazie.”

Izuku lo affiancò e, per un po’, rimasero in silenzio a guardare il panorama.

“Katsuki?”

“Oh, lui dorme,” rispose il giovane Campione della Corona. “È nato per il campo di battaglia. Queste cose non lo innervosiscono davvero.”

“Neanche tu sembri nervoso,” ribatté Shouto. Non ne era davvero sorpreso, Izuku era fatto così: s’innervosiva per un banchetto organizzato in suo onore, ma nel momento decisivo si trasformava. 

Se Katsuki combatteva per vincere, il suo Cavaliere lo faceva per proteggere.

“E tu?” Izuku lo guardò negli occhi. “Non dovresti restare solo in una notte come questa.”

“Ora ci sei tu,” gli fece notare il Principe. “Va bene così.”

Le sue parole non bastarono a cancellare la preoccupazione sul viso di Izuku. 

“Puoi parlare sinceramente con me, Shouto, lo sai.”

Sì, lo sapeva e gli doveva molto proprio per questo.

“Io…” Esitò. “Ho paura,” disse, infine. “Non di morire ma di non essere pronto a fare quello che devo. Un intero popolo guarda a me come suo salvatore e io, fino a poco tempo fa, non sapevo nemmeno per cosa volessi combattere.”

Shouto sollevò la mano sinistra e una fiamma rossa comparve al centro del palmo della sua mano, diradando l’oscurità tra di loro. 

“Se non fosse stato per te, questo potere non sarebbe mai stato mio, le fiamme del risentimento mi avrebbero consumato e di me sarebbe rimasta solo un’altra, tragica leggenda scritta dal sangue dei Todoroki.” Sollevò lo sguardo e sorrise al compagno di avventure. “Ti ringrazio, Izuku. Questo sono io e questo è il mio potere, ma nessuno dei due avrebbe visto la luce senza di te. Per questo dubito. Sono davvero degno di essere il Principe di Fuoco e Ghiaccio, l’Erede dell’Alto Trono, quando non sono riuscito nemmeno a essere forte per me stesso?” 

La fiamma si dissolse. Nel buio, Izuku trovò la sua mano e la coprì con la propria.

“Tu sei tu, Shouto,” disse. “Non sei sbagliato perché ti ci è voluto tempo per accettare il tuo potere, non sei debole per esserti rialzato con la mano di qualcuno. Se vuoi il mio sincero parere, penso che il nostro incontro abbia solo accelerato l’inevitabile. Tu non appartieni alle tenebre, sei nato per essere Re e lo avresti dimostrato al mondo comunque, con o senza di me.”

Shouto non ne era certo, ma ricambiò la stretta sulla sua mano. “Qualunque cosa accada, sono onorato di aver combattuto questa guerra al tuo fianco e a quello di Katsuki.”

Il sorriso di Izuku si fece triste ma, celato dall’oscurità della notte, il Principe di Fuoco e Ghiaccio non se ne accorse.

“Vorrei che tu mi facessi una promessa, Shouto…”

 

-1 anno e mezzo dopo-

 

Il dolore lo raggiunse prima di ogni altra cosa, mentre era sospeso in quella dimensione a metà strada tra la realtà e l’incubo. Non aveva più il privilegio di fare bei sogni da diverso tempo, ormai, nemmeno nelle sue notti più dolci insieme a Katsuki. 

L’ossessione di suo padre lo aveva privato dell’innocenza della sua infanzia, quella di un altro uomo della spensieratezza della sua fanciullezza. Aveva sedici anni, non aveva visto abbastanza inverni per tutte le cose che aveva vissuto e per quelle che, già la lo sapeva, lo attendevano.

”Tu non dovrai fare niente.”

Udì la voce gelida di suo padre come se fosse ancora lì, nella sala dell’Alto Trono.

”Penserò io a rimediare al tuo errore.”

C’era stato un tempo in cui Shouto aveva avuto paura del Re, poi aveva trasformato il suo timore in rancore. La guerra aveva complicato le cose ma, in qualche modo, le aveva quietate. Per questo Shouto era andato da lui, perché si era illuso di potersi fidare, di ricevere l’appoggio di un padre, ma ad accoglierlo erano stati gli occhi gelidi del genitore che lo aveva schiacciato innumerevoli volte sotto il peso della sua ambizione.

Era scappato per non combattere una battaglia persa in partenza.

Katsuki.

Il suo Drago era l’unica cosa a cui riusciva a pensare, del resto non gli importava. Se Katsuki non era al sicuro, poteva smettere di vivere anche lì e subito.

”Vorrei che mi facessi una promessa, Shouto.”

In quel momento, mentre continuava a scivolare tra le realtà e l’incoscienza, il ricordo della voce di Izuku non gli fu di alcun conforto. Al contrario, lo spinse di più verso il baratro.

”Abbi cura di Katsuki per me.”

La sua mente lo gettò di nuovo in mezzo al campo di battaglia, nel giorno in cui aveva visto il Drago rosso volare sopra le torri della corte dell’Alto Trono. Qualcuno lo teneva fermo, contro il terreno fangoso mentre, intorno a lui, le spade s’incrociavano in duelli mortali. Fece appello alle poche forze che gli restavano e il fuoco arrivò prima del ghiaccio.

Un colpo al viso mandò l’incubo in mille pezzi.

Ancora con gli occhi chiusi, Shouto mosse le membra intorpidite e si accorse di essere su di un letto, sotto una pelliccia calda. Era sveglio ma lo schiaffo lo aveva sconquassato. Qualcuno gli afferrò i polsi e glieli bloccò all’altezza della testa.

Provò a ribellarsi.

“Resta fermo!”

Shouto smise anche di respirare. Conosceva quella voce, ma era un ricordo sfocato, depositato sul fondo della memoria. Sollevò le palpebre e due occhi identici a quelli di suo padre risposero al suo sguardo. Le iridi turchesi rilucevano della stessa luce glaciale, ma il viso dell’uomo sopra di lui era più giovane, con gli angoli smussati e sfigurato da cicatrici ben peggiori. Shouto sapeva riconoscere i morsi del fuoco, lui stesso ne portava i segni, ma l’atrocità che doveva aver vissuto quel ragazzo non la riusciva neanche a immaginare.

“Adesso ti lascio andare,” lo avvertì. “Vedi di non fare stupidaggini…”

Shouto annuì due volte.  

Quando le mani di suo fratello lo lasciarono andare, riprese a respirare.

Touya si allontanò, camminando all’indietro, come se non si fidasse a dargli le spalle. Una volta arrivato accanto al camino, afferrò un pezzo di legno alla cieca e lo gettò tra le fiamme morenti. In pochi istanti, la luce nella stanza aumentò e riuscirono a guardarsi chiaramente in faccia.

Che il giovane uomo che gli era di fronte fosse Touya Todoroki non c’erano dubbi, ma Shouto non poteva fare a meno di confrontare i capelli corvini con quelli candidi dei ricordi della sua infanzia, mentre gli abiti neri erano quanto di più lontano ci fosse dai mantelli rossi dei membri della corte dell’Alto Trono.

Touya shioccò le dita e Shouto sobbalzò.

“Sono solo ustioni, Shouto, non dovresti essere così impressionato.”

Suo fratello si sedette in fondo al letto, in modo da poterlo guardare senza essergli troppo vicino. 

“Dunque…” Appoggiò il mento al palmo della mano, le labbra piegate in un sorriso inquietante. “Un certo Drago mi ha raccontato che è giunto il momento che io e te ci facciamo una bella chiacchierata.”

Un Drago.

“Katsuki!” Shouto scattò a sedere, ma una fitta all’addome lo pietrificò. Si portò una mano tremante in grembo e rimase in silenzio, in attesa. Non successe nulla e inspirò profondamente dal naso per calmare il suo cuore impazzito.

“Oh, la storia è più seria di quanto sospettassi,” commentò Touya, piegando la gamba sul letto. “Katsuki,” ripeté. “Quel coso ha un nome, sorprendente.”

Shouto sollevò lo sguardo. “Dimmi che sta bene, ti prego.”

“L’ho lasciato nella sala del trono a medicarsi le ferite da solo.”

Era tutto quello che Shouto aveva bisogno di sapere. Cedette alla debolezza e si adagiò sui cuscini. “Grazie per averci salvati, Tou-”

“È stato il tuo Drago a sollevarti di peso da terra. È stato lui a essere convincente, fosse stato per me…” Touya lasciò la frase in sospeso. “Ma passiamo ai discorsi seri: che hai fatto in faccia?”

Istintivamente, Shouto si toccò la cicatrice intorno all’occhio sinistro. “È una storia lunga…”

“Ha a che fare con il motivo per cui sei qui?”

“No.”

“Bene, allora sorvoliamo.” Touya si prese un momento per guardarlo fisso. “Come ci si sente da passare da cocco di papà a fallimento totale?”

Tanto per cominciare, Shouto non era mai stato il cocco di nessuno, tantomeno del Re e, secondo, se c’era mai stato un tempo in cui gli era importato di rendere suo padre orgoglioso, non ne aveva memoria. Tuttavia, quella domanda fece intuire a Shouto che Katsuki doveva essersi comprato il permesso per accedere al Castello Vecchio attraverso qualche confessione di valore.

“Che cosa ti ha raccontato?” 

Era ovvio che Touya non li avrebbe fatti restare in nome di un legame di sangue che, era evidente, disprezzava. Shouto non poteva neanche biasimarlo, non dopo tutto quello che il Re gli aveva fatto. Sapeva di dover dare qualcosa in cambio di quell’ospitalità e se doveva raccontare la storia dall’inizio, lo avrebbe fatto. 

Non aveva ragione di nascondersi con Touya. Erano stati feriti dallo stesso padre, questo doveva pur voler dire qualcosa.

“Il coso ha sbraitato qualcosa riguardo a quello stronzo, bastardo di un Re e si è guadagnato istantaneamente la mia simpatia.” Touya calcò l’ultima parola in modo esagerato, come se lo stesse prendendo in giro. “Sei Cavaliere di un Drago, che è il sogno dei sovrani della nostra Casata da generazioni. Che cosa hai fatto per incazzare nostro padre al punto da spingerlo a cacciarti?”

“Non mi ha cacciato,” lo corresse Shouto. “Io e Katsuki ce ne siamo andati da soli.”

Touya fece una smorfia contrariata. “Una fuga per capriccio? Male, molto male. Temo che tu debba alzarti alla svelta e togliere il dist-”

“Non sono fuggito per capriccio!” Si difese Shouto. “Non ho avuto altra scelta!”

Suo fratello dovette percepire la disperazione nella sua voce, perché gli concesse il beneficio del dubbio. O, forse, decise solo che il suo tempo valeva la sua curiosità.

“Chiariamo subito qualche dettaglio, Shouto. Perché sei tu il Cavaliere di quel Drago? Le storie che sono arrivate qui, a Nord-Est, parlavano di un giovane Campione, molto vicino al Principe di Fuoco e Ghiaccio, cioè tu.”

Izuku.

Touya aveva sentito le storie che lo riguardavano ma, evidentemente, non aveva prestato loro la giusta attenzione.

Shouto dischiuse le labbra, ma si ritrovò a corto di parole. Avrebbe potuto dare una risposta diretta, ma non sarebbe bastato a spiegare come stavano davvero le cose. Decise di cominciare dall’inizio.

“Abbiamo vinto una guerra, ma a caro prezzo.”

Quelle parole bastarono a cancellare ogni traccia di scherno dal viso di Touya. “Contro chi?”

“L’Unione delle Ombre.”

“Era un’alleanza tra quali popoli?”

“Non era un’alleanza, era un esercito.”

“Tagliamo corto,” disse Touya, sbrigativo. “Ci hanno ammazzato il padre?”

Esasperato dall’atteggiamento irrispettoso del fratello, Shouto alzò la voce: “hanno ammazzato AllMight!”

Per la prima volta dall’inizio di quella conversazione, sul viso di Touya comparve un’espressione spontanea. Era incredulo.

“Il Campione è morto?”

Shouto abbassò lo sguardo e artigliò la coperta di pelliccia. “La caduta del vecchio Campione ha decretato l’inizio della guerra,” raccontò, “quella del giovane ha scritto la parola fine.”

Izuku era morto a quindici anni, consegnato alla storia e alle leggende come il più grande degli eroi. Tutto quel che Shouto era riuscito a fare per lui era stato promettergli di proteggere ciò che aveva di più caro al mondo. Gli ultimi avvenimenti erano la prova che non era affatto in grado di farlo.

“In altre parole, il primo Cavaliere di quel Drago è morto e tu lo hai sostituito,” concluse Touya.

Sostituito. Suo fratello non poteva saperlo, ma era una parola che a Shouto faceva male. Ingoiò l’amarezza e andò avanti con la sua storia.

“La guerra ha cambiato tante cose, ci ha fatto muovere verso direzioni che non…” Arrossì. “Gli eventi hanno spinto me e Katsuki l’uno verso l’altro e…” 

Non seppe come continuare.

La risata stridula di Touya lo informò che non era necessario.

“E bravo il mio fratellino!” A stento riusciva a parlare tra le risa. “Ecco cosa ha fatto incazzare papà! Tu non ti limiti a cavalcare un Drago in volo, tu lo fai nelle stanze dell’Erede dell’Alto Trono, alla corte del Re! Hai portato la dinastia Todoroki a tutto un altro livello di epicità, i miei più sentiti complimenti!” Era euforico. “Ci scommetto quel che vuoi che il nostro vecchio sta cuocendo da solo, tra rabbia e sgomento!”

Shouto sapeva di non avere un gran senso dell’umorismo, ma la parte divertente della questione gli sfuggiva completamente. Non perse tempo a chiedere, non era importante.

“Ti sbagli,” ribatté. “Papà lo sapeva.”

Touya smise di ridere di colpo. “Cosa?” 

“Papà lo sapeva,” ripeté Shouto, convinto.

“Non ti ho mai giudicato una mente brillante, ma andare dal Re a confessare che ti scopi un-”

“Non gli ho mai detto nulla!” Esclamò il Principe di Fuoco e Ghiaccio. “Papà lo sapeva perché lo aveva capito e basta. Non gliene importava.”

“Stai delirando, Shouto.”

“Tu non puoi saperlo, ma dopo la guerra è… Era cambiato. Era l’ombra di se stesso, sempre triste, a rimuginare. Mi ha anche permesso di lasciare la corte insieme a Katsuki e, un tempo, non lo avrebbe mai fatto, lo sai.”

“Non parlarmi come se ci fosse qualcosa a legarmi a te,” lo avvisò Touya, tagliente come solo il più profondo rancore poteva esserlo. “Ci sono capitati gli stessi genitori a otto anni di distanza, nulla di più.”

Era la triste verità dei fatti e Shouto, suo malgrado, non poteva negarla.

Il sangue li rendeva fratelli ma, nel loro caso, era una parola vuota. Estranei con qualcosa in comune era il miglior modo per descriverli.

Suo fratello era stato esiliato dalla corte a sedici anni ma, pur essendo nati e cresciuti nello stesso castello, le loro esistenze erano sempre andate avanti in modo parallelo. 

Touya era il primogenito su cui i loro genitori avevano investito tutto e quando si erano resi conto di aver commesso un errore, lo avevano gettato nell’ombra con la scusa di proteggerlo. 

Shouto - il quarto, l’ultimo - era venuto al mondo per essere una seconda possibilità, quella da crescere dopo aver imparato dall’esperienza degli errori passati. 

Se erano entrambi lì, lontani da casa, col cuore distrutto dallo stesso uomo, era perché le loro storie non erano andate come il Re le aveva pensate.

“Papà era certo che io e te avremmo conquistato il cielo,” disse Shouto, senza un perché, aveva solo bisogno di accorciare la distanza tra sé e suo fratello in qualche modo. “Ti ha mai raccontato di quel suo sogno?”

Touya alzò gli occhi al cielo. Non era solo disinteressato, ma anche annoiato.

“Perché hai detto era cambiato?” Domandò, riportando entrambi all’argomento principale della conversazione. 

“Mi è capitata una cosa,” rispose Shouto. “E sono andato da lui, certo che non mi avrebbe…” Smise di parlare e ingoiò a vuoto.

“Avanti, Shouto, il Re ha fatto del male alla sua famiglia per tutta la vita, perché questa volta dovrebbe essere peggio delle altre?”

“Perché mi fidavo,” rispose Shouto, lo sguardo basso. “Perché avevo bisogno di un padre.”

Touya non mancò di schernirlo.

“Non posso credere che tu sia cresciuto per essere un tale ingenuo!”

“Sì, lo sono.” Shouto ce l’aveva con se stesso per questo. “Ma quello che gli ho detto è importante!”

L’altro non mostrò alcuna empatia per lui.

“Qual è questa cosa tanto importante da superare il fatto che cavalchi un Drago?”

“Aspetto un bambino.”

Touya udì quelle parole, ma non le ascoltò.

Il loro significato lo raggiunse poco a poco e quando realizzò quello che stava realmente accadendo, si alzò dal letto di colpo.

Shouto dischiuse le labbra per aggiungere qualcosa, ma suo fratello lo zittì con un gesto della mano. Prese a vagare per la stanza nervosamente, borbottando sottovoce con se stesso. Il Principe di Fuoco e Ghiaccio comprese che aveva bisogno di un istante per elaborare la notizia. 

Quando ebbe finito di riflettere, Touya tornò accanto al letto e lo guardò dritto negli occhi.

“Ne sei sicuro?”

“Se non ne avessi avuto la certezza, non sarei mai andato a dirlo a nostro padre.”

Lo sbigottimento del Principe Esiliato si tramutò in un folle attacco d’ilarità. 

“Devo dichiarare la resa, fratellino!” Esclamò, alzando entrambe le braccia. “Ti cedo volentieri questa vittoria. La storia è piena di reali folli e crudeli, colpevoli di aver compiuto stragi, come me, ma divenire il Cavaliere di un Drago per lasciarsi ingravidare da lui? No, non si è mai sentita una storia simile nella Casata dei Todoroki! Che peccato…” Aggiunse, simulando un’espressione afflitta. “Non sai quanto avrei voluto assistere alla reazione del Re!”

Se ne avesse avuto la forza, Shouto gli avrebbe tirato un pugno per farlo smettere di ridere.

Era insopportabile.

“Questa è la reazione di nostro padre!” Esclamò, indicando se stesso. “Sono qui, in una terra dimenticata da tutti, esattamente come te. Non riesci a intuire il resto da solo?”

Il maggiore tentò di darsi un contegno.

“Dimmi i dettagli, fammi divertire.”

“Non c’è nulla di divertente da raccontare. Non volevo restare alla corte dell’Alto Trono. Punto.”

“Ah-ah, Shouto, hai detto che non te ne sei andato per capriccio, ma così dai quell’impressione.”

“Papà mi avrebbe tolto il bambino!” Shouto voleva piangere, ma non era saggio mostrarsi vulnerabile di fronte all’altro. Aveva bisogno che permettesse a lui e Katsuki di restare, ma doveva stare molto attento a mantenere un certo controllo sulla situazione. 

Touya alzò gli occhi al cielo. 

“Che cosa ti aspettavi, Shouto?”

“Siamo stati circondati dalla morte per così tanto tempo,” rispose il Principe di Fuoco e Ghiaccio. “Ho pensato che questo potesse essere il nostro nuovo inizio, non solo per me e Katsuki. Ho sperato che questo bambino potesse avvicinarmi a papà.”

”Tu non dovrai fare niente, Shouto, penserò io a rimediare al tuo errore.”

Errore. Sì, ne aveva commesso uno quando si era illuso che, attraverso il dolore, suo padre avesse imparato ad amare.

“Mi sono sbagliato…”

   
 
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