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Autore: Alarnis    03/10/2022    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Il confine varcato     



“Lo scontro è inevitabile!” disse Ludovico. Urlò. “Zelio vieni avanti!” e la sua spada frustò l’aria con un sibilo.
“Lo stesso vale per te, Gregorio!” precisò Moros.
“Mi è lecito chiedere quando e dove?” s’informò cordiale sorvolandovi.
Gregorio vide Ludovico annuire a Moros che rispose senza farselo ripetere, a nome di tutti e due. “Qui e adesso!”.
“Quanta determinazione leggo ora nel tuo sguardo.” apprezzò e applaudì con tre colpetti della mano destra sulla sinistra. “Commovente!” sentenziò.
“Sto aspettando!”.
“Metteresti in pericolo la tua vita solo per sciogliere Nicandro dalla sua promessa?” lo interrogò con volto bieco.
Un secco “Sì!” caricò l’aria di aspettativa in entrambe le parti.
“Moros… Moros…”disse scettico. “Mi dedudi.”.“Commutai la tua pena in sua preghiera e ora entrambi mi biasimate.” rimarcò. “Non volevo farti un torto.” chiarì e una genuina incredulità fece da cornice alle sue parole. “Per quello che mi riguarda Nicandro è libero da ogni promessa.” disse pacato.
“Non ti credo!” disse il boscaiolo al lupo.
Zelio si pulì la bocca nervoso: per lui non c’era scorciatoia al combattere contro Ludovico che lo sfidava con uno sguardo impaziente.
“Puoi credere ciò che vuoi!”. Gregorio portò la mano al farsetto e vi scavò dentro con la mano. “Questo era di Guglielmo!” disse traendo un pendaglio d’argento.
Moros osservò il cimelio. Lo riconobbe. Era una piastra metallica, lavorata a sbalzo e raffiguarava un’aquila dalle ali aperte. Era il simbolo dell’acquisito titolo di conte del capitano di ventura Guglielmo Montetardo.
“Puoi tenerla tu, Nicandro.”. Gregorio la strinse nel pugno.
Nicandro non osò avvicinarsi, così lui fece l’atto di piegarsi sulle ginocchia per posarla a terra. Allungò la mano verso il pavimento.
“No!” lo frenò Nicandro per impedire un affronto alla memoria di Guglielmo.
Lui si bloccò. Aprì il palmo. “E’ tua!” insisté. Avanzò la mano.
Nicandro si decise ad accettare e, senza farselo ripetere poggiò entrambe le mani a racchiudere la sua. “Lo terrò come il gioiello più caro.” disse con un soffiò. “Volevo solo salvargli la vita.” Confessò. “Aveva eseguito l’ordine di Guglielmo.” difese l’agire del cugino.
“L’ho compreso.” confermò con poca convinzione. Sprezzante girò il capo.
“Gregorio...”. “Per quello che vale, ti ringrazio.” riconobbe Nicandro. In quelle parole c’era la riconoscenza per la famiglia che lui e Lavinia gli avevano dato.
“Hai fatto la tua scelta.” disse. Aveva superato il confine che non avrebbe mai dovuto varcare. Il loro commiato era giunto.
“Se permetti….” disse.
Nicandro assecondò il calzare del pendente che Gregorio gli calò sul capo e, rimirò il ciondolo, pendente sul proprio petto.
Ora!
Gregorio ringhiò di gola e veloce aggrovigliò la catena al pugno. Tirò, mentre le mani di Nicandro reagivano automatiche verso il collo.
Sentì l’intervento di Lavinia alle braccia, nel tentativo di contenere e bloccare la sua furia, mentre le spade iniziavano a incrociarsi per tutti gli altri. Zelio e i suoi uomini contro Ludovico e i suoi compagni, Ottavio contro quel traditore di Ubaldo, il giovane Vittorio contro Moros, finchè Mavio non prese il posto di quest’ultimo perché aiutasse Lavinia.
“Non intrommerti!” affrontò la sorella, mentre gli sfuggiva la presa sulla catena. Riuscì a scaraventarla verso la finestra dove urtò la testa, mentre Nicando finì a terra.
Moros gli arrivò addosso. Lui rispose veloce di spada e lo ferì alla scapola sinistra costingendolo a indietreggiare, come se inciampasse.
Con lo sguardo a Lavinia, Moros ignorò la ferita; sollevato di veder Nicandro respirare a pieni polmoni e tossire più volte con entrambe le mani davanti alla bocca ad accompagnare i sussulti per far rifluire l’aria.
Lavinia mosse il capo e riprese coscienza. Frastornata si massaggiò la testa con la mano macchiata del sangue della tempia sinistra, dove la cute era lesa.
Moros accorse da lei e si chinò al suo capezzale, nonostante una macchia rossastra gli coprisse la scapola. “Pensa a Nicandro.” disse lei.
“Che cosa dici?” rispose lui alla conferma di Nicandro di stare bene. Lei lo prese al braccio. “E’stata tutta colpa mia.” fece ammenda. Lui le sorrise e, tra cuore e braccia, le distese il lembo del mantello, come se volesse proteggerla e riscaldarla con il suo stesso calore.
Gregorio portò la mano sul viso; il palmo aperto per non vederli. Uniti non aveva più potere su di loro.
“Avrei dovuto ucciderti un tempo!” disse a Moros. La rabbia saliva. Sentiva le guance tese, i denti strisciare. “Questa volta non delegherò ad altri questo compito.” Sentenziò. Lavinia ne fu sconvolta.
“Commissionai io a Bastiano il compito di uccidere Moros, ma lui fallì.” disse con livore, mente Nicandro lo guardava quasi balbettando dall’agitazione. “A…ve…vi… promesso…”.
“Le promesse sono vuote.” lo istruì ilare.
“No! sono importanti!” intervenne Ludovico.
   
 
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