Cap.
27
Quarant’anni
prima
Sthiggar
non si era mai tirato indietro, di fronte a una scazzottata ma, da
quando era
entrato a far parte dell’esercito, i motivi per mettersi nei
guai erano
drammaticamente scemati.
Non
tanto perché non sentisse più
l’esigenza di fare a botte, o cacciarsi nei guai,
quanto perché il comandante Yothan avrebbe tirato loro il
collo, se avessero
macchiato il buon nome delle Fiamme Purpuree, il reggimento a cui
appartenevano.
Sthiggar,
perciò, aveva sempre cercato di evitare di causare disagi al
Corpo, visti
soprattutto i motivi per cui era finito in quella Compagnia.
Rischiare
di far infuriare il re in maniera definitiva non era auspicabile,
né tantomeno
dare quell’ennesimo dolore a suo padre. Era già
abbastanza dura doverlo vedere
una sola volta l’anno, e per poche settimane.
Combinare
ulteriori casini avrebbe forse voluto dire finire in galera, e per un
tempo a
lui sconosciuto.
Vedere
come Thrydann e compagni avevano messo all’angolo il giovane
Rahdd, però, lo
aveva mandato in bestia e, accecato dall’ira, non si era
guardato indietro,
calando come una mannaia sui bulli che avevano osato attaccare
l’amico. Era
andato a testa bassa contro il gruppo di commilitoni che lo stavano
prendendo
di mira e aveva usato le sue conoscenze in fatto di risse per menare
duro.
Quel
che ne era seguito, era stata un’autentica zuffa di
proporzioni colossali e
aveva finito con il coinvolgere ben più dei cinque elementi
iniziali, da cui
era partito tutto.
Alla
fine, quando erano intervenuti i loro superiori per dividerli
– malmenandoli
con dei pungoli raggelanti – nel piazzale della caserma erano
rimaste a terra
non meno di trenta persone.
Uno
a uno, i soldati erano stati chiamati al cospetto del comandante per
vagliare
le rispettive versioni dei fatti e, quando infine toccò a
Sthiggar, il giovane
entrò a testa alta, con un labbro spaccato e diverse
contusioni a fargli
compagnia.
Sulla
schiena portava evidenti le ustioni da freddo dei pungoli usati dai
suoi
superiori e, quando Yothan finalmente lo squadrò, non
poté che sogghignare per
un istante, di fronte alla sua espressione di lesa maestà.
Fin
da quando Yothan lo aveva visto la prima volta, irritato e spaesato
come un
cucciolo rifiutato da tutti ma ben deciso a non lasciarsi schiacciare
dalle
avversità, aveva ipotizzato che Sthiggar potesse provenire
da una famiglia
disastrata.
Leggere
la sua scheda personale e scoprire che, non solo era figlio del Gran
Sacerdote
Snorri Glenrson, ma era anche uno dei pupilli del re, lo aveva non poco
confuso
e la curiosità era montata in lui come una piena. Per questo
motivo, Yothan lo
aveva tenuto d’occhio e si era scoperto a sorprendersi a ogni
suo nuovo
risultato, a ogni traguardo raggiunto con facilità.
Non
certo una volta sola, si era chiesto il perché un giovane
così promettente
fosse stato punito dal re ma, ogni qualvolta la lingua era corsa per
mettere a
parole quella domanda, il suo cervello l’aveva bloccata.
Ben
presto, e non certo per un suo intervento personale, Yothan lo aveva
osservato
primeggiare in ogni corso svolto in Accademia, così come lo
aveva visto
brillare nelle esercitazioni pratiche e nei combattimenti a fil di
spada.
La
sua bravura era andata a cozzare sempre di più con
l’immagine del teppistello
da strada che il suo caro amico – e sovrano – Surtr
gli aveva dipinto tramite
una lettera privata allegata alla scheda personale del ragazzo,
portandolo a
tenere d’occhio il ragazzo con sempre maggiore attenzione.
Questo,
ovviamente, gli aveva altresì permesso di notare come, nel
corso degli anni, la
bravura di Sthiggar fosse diventata la causa di maggiore astio tra lui
e molti
suoi commilitoni, in gran parte figli dei nobili del Concilio della
Corona.
L’unico
membro della Gilda dei Nobili a essergli sempre stato accanto, invero,
era
stato lo scapestrato Kyddhar, nipote del re e uno tra i migliori
cavallerizzi
dell’esercito.
Kyddhar
era sempre stato al fianco di Sthiggar, durante la sua crescita
all’interno del
Corpo, ne aveva plaudito i risultati ed era sempre riuscito a chetarlo
nei
momenti di irrequietudine.
L’essere
nipote della dea Sól aveva portato a Sthiggar più
danni che soddisfazioni, allontanandolo
da molti compagni di corso, gelosi della sua bravura e dalle indubbie
caratteristiche genetiche derivanti da un simile avo.
La
maggiore forza, agilità e abilità nel combattere
erano apparse quasi subito
lapalissiane, tanto che in molti avevano iniziato a rifiutare di
allenarsi con
lui. Soltanto pochissimi ragazzi, tra cui Kyddhar, Rhadd e Fyodr non si
erano
mai tirati indietro, rimanendo fedeli alleati di Sthiggar.
Yothan
non si era perciò preoccupato di controllarlo a vista, dopo
diversi anni
passati a osservare quello strano quartetto farsi sempre più
solido e compatto,
non più timoroso che il giovane potesse essere vittima di
atti di bullismo
becero.
Ligio
alle direttive del re, si era quindi preoccupato del duplice
addestramento di Rhadd
Kahn, altro elemento unico,
all’interno del suo gruppo di future Fiamme Purpuree, tolto
lo stesso Sthiggar.
Figlio
mezzosangue di una muspell e un liósalfar oscuro –
sfuggito alle maglie di
Svartalfheimr per aver attaccato pubblicamente il re e le sue politiche
oscurantiste – Rhadd era cresciuto nella campagna nei pressi
di Hindarall senza
conoscere nulla del passato di suo padre.
Assoldato
dal re perché fosse il suo mago di corte, Keynan Kahn
– padre di Rahdd – si era
prodigato con tutto se stesso per ripagare la fiducia di Surtr e
attorno al
palazzo, come nei suoi sotterranei, aveva esteso una rete magica a
protezione
della famiglia reale.
Nei
cunicoli segreti della magione reale aveva inserito bioluminescenze
reattive e
incantesimi di occultamento, utili per nascondere approvvigionamenti e
armi.
Non soddisfatto, quindi, aveva esteso tali accorgimenti a tutta la
Hindarall
sotterranea, così da poter dare un luogo sicuro alle genti
che lo avevano
accolto in seno.
Una
volta divenuto il figlio adulto, Keynan aveva raccontato del proprio
passato a
Rhadd e, da quel momento, per il giovane virgulto di casa Kahn, servire
Surtr
era stato il primo dei pensieri.
Giunto
all’età minima per arruolarsi, si era unito alle
schiere di soldati del
Comandante Yothan, incurante del nomignolo affibiato da molti
all’illustre
soldato; il Terribile.
In
lui, Rhadd aveva trovato una guida sicura e niente affatto temibile
come aveva paventato
ma, proprio a causa della sua duplice natura, era ben presto diventato
l’oggetto di scherno dei suoi compagni.
Il
suo essere un mezzosangue era un segreto che era stato mantenuto per la
sua
stessa sicurezza ma, proprio a causa di questi silenzi, le sue
diversità – come
l’avvenenza efebica o il suo essere assai longilineo
– lo avevano comunque
cacciato spesso nei guai.
Grazie
alle disposizioni del re, che aveva voluto per lui una duplice
preparazione,
sia militare che magica, le possibilità dei compagni di
trovarlo solo, o a
disposizione dei loro scherzi, erano state ridotte al
lumicino… ma a volte non
era bastato.
Nel
corso degli anni, Rhadd si era impegnato a sopperire alla sua scarsa
prestanza
fisica – i muspell erano autentici giganti di muscoli, mentre
lui aveva ereditato
il fisico slanciato degli elfi – con
l’agilità e la furbizia.
Fortunatamente
per il giovane, la vicinanza di pochi ma fidati compagni aveva evitato
il
peggio. Nella maggior parte dei casi, per lo meno.
Yothan
era perciò quasi certo che, dietro il motivo di quella rissa
degenerata in caos
puro, vi fossero Rhadd e Thrydann. Era sempre stato così,
negli anni, e
dubitava fortemente che quel giorno le cose fossero andate diversamente.
Quel
che lo stupiva, però, era che stavolta fosse intervenuto
attivamente anche
Sthiggar.
Fino
a quel momento, si era tenuto alla larga dai guai e, quando si erano
scatenati
battibecchi o villanie, era sempre intervenuto per pacificare,
non per fomentare la rissa. Per anni aveva cercato con
tutto se stesso di non finire nella sua agenda rossa dei riottosi e,
contrariamente ai suoi precedenti poco lusinghieri, non era mai stato
causa di
problemi.
Perché,
dunque, stavolta era intervenuto attivamente?
Nell’indicargli
di sedersi, Yothan si levò dalla sua poltrona per
oltrepassare la scrivania e,
nell’osservare il suo sottoposto, intrecciò le
mani dietro la schiena e domandò
a bruciapelo: “Cosa ti ha spinto a cacciarti volontariamente
in un potenziale
viatico per una nota di demerito, soldato?”
Sthiggar
non abbassò lo sguardo, sicuro dei propri mezzi
così come delle proprie
motivazioni e, roco, disse: “La cricca di Thrydann stava
infastidendo più del lecito
un mio amico, così non
sono riuscito a trattenermi, signore.”
“Per
cricca, intendi i figli dei nobili
di
Corte che fanno capo all’erede degli Handerson?”
sottolineò Yothan, sfidandolo
con lo sguardo.
Ancora,
Sthiggar lo sostenne e, annuendo, replicò: “Posso
farvi tutti i nomi, signore,
ma sono quasi certo che voi sappiate a chi mi sto riferendo.”
Sbuffando,
Yothan annuì e scosse una mano con fare infastidito,
asserendo: “Non ho bisogno
di udire quei nomi anche dentro il
mio ufficio. Il motivo della rissa? E parla chiaro, stavolta. Non sono
delicato
d’orecchi.”
Stringendo
i denti per l’ira a stento trattenuta, Sthiggar
puntò i pugni sui braccioli
della poltrona e, reclinando il capo a scrutare le ginocchia illividite
dalla
lotta – visibili attraverso i calzoni strappati –
ringhiò: “Avevano messo in
dubbio la virilità del mio amico.”
“Tutto
qui?” sottolineò Yothan, accigliandosi.
Ancora
un ringhio. La postura di Sthiggar si fece ancor più rigida,
le spalle
incurvate in avanti e il corpo pronto a dare nuovamente battaglia, ma
Yothan lo
bloccò poggiandogli una mano sulla spalla.
Quel
che avvertì l’uomo fu un calore smisurato, molto
più grande e anomalo rispetto
a un comune muspell, e questo lo sorprese.
Non
era soltanto l’aura, a sfrigolare, ma qualcosa di
più profondo, di più
viscerale, che però ancora non sembrava pronto a emergere.
“Hanno
cercato di spogliarlo e di gettarlo nelle latrine, signore”
sibilò quindi Sthiggar, tornando a sollevare gli occhi di
lapislazzulo che, in quel momento, erano simili a due stelle cangianti.
La
forza dell’aura di cui era padrone scorreva possente in lui,
in quel momento e,
se Yothan non lo avesse ritenuto impossibile, gli diede
l’idea di poter spingere
fino a limiti inimmaginabili quel potere già di per
sé enorme.
Accentuando
la stretta sulla spalla del giovane, lo vide progressivamente chetarsi
fino a
riprendere pieno possesso della propria aura, dopodiché
Yothan disse
conciliante: “Volevo solo essere certo che i miei subalterni
avessero visto
correttamente. Non temere che non venga fatta giustizia, soldato.
Riferirò al
re stesso quanto accaduto, e i diretti interessati riceveranno la
punizione che
meritano.”
“Ma
non li caccerete” sottolineò stanco Sthiggar,
avvertendo di colpo il dolore
causato dalle bruciature da pungolo e dalle lesioni riportate durante
lo
scontro.
“Non
mi è consentito. Per quanto mi spiaccia ammetterlo, il lungo
braccio del
Concilio giunge fino a qui perciò, oltre a una strigliata
coi fiocchi e alle
celle di rigore, non potrò fare altro… ma
inculcherò loro una lezione che non
dimenticheranno. Non toccheranno mai
più
Rhadd.”
“Non
lo faranno, questo è certo, perché non
terrò mai più la testa bassa come ho
fatto finora. Non mi interessa se dovrete darmi delle note di biasimo,
se mi
metterete ai ceppi o se finirò in prigione”
replicò lapidario Sthiggar,
levandosi in piedi. “Quant’è vera
Sól, io lo difenderò a costo della vita perché è mio amico,
e non permetterò mai
più alla mia paura di fermarmi.”
“Paura
che il re possa biasimarti?”
“Mio
padre” precisò Sthiggar,
accigliandosi. “Non vorrei mai dargli un dolore ma se, per
farlo, a rimetterci
fosse un mio amico, non potrei davvero sopportarlo, perciò
ora seguirò il mio
cuore e il mio istinto, non soltanto il desiderio di non cacciarmi nei
guai.”
Yothan
assentì e, dopo averlo congedato, lasciò che
infine entrasse Rhadd, l’oggetto
del contendere di quell’ennesima rissa.
Il
giovane appariva demoralizzato e, tolte le medicazioni già
ricevute, non
sembrava aver subito ulteriori danni. Sul piano psicologico,
però, Yothan non
era altrettanto sicuro.
“A
quanto pare, io e il re abbiamo sottovalutato l’idiozia di
quei figli di papà
dei tuoi compagni” esordì Yothan, indicandogli di
sedersi dove, in precedenza,
si era accomodato Sthiggar. “So già cosa
è successo, perciò non ti chiederò
nulla. Desidero, però, che tu faccia una cosa per me,
soldato.”
“Ditemi,
signore” assentì veloce Rahdd.
“Resta
sempre insieme a Sthiggar e ai suoi amici. Non aggirarti mai
più senza una scorta, anche se soltanto
all’interno della
caserma. Finché non avrai terminato i tuoi studi di magia,
sarai un bersaglio
facile, e io non voglio ricambiare la tua fiducia nel sistema con un
coltello
tra le scapole, è chiaro?”
Sospirando,
il giovane replicò: “Questo vorrebbe dire
diventare una palla al piede per
tutti loro.”
“Non
penso che uno solo dei tuoi amici ti consideri tale, o non si sarebbero
lanciati in mezzo alla rissa per difenderti”
replicò Yothan, accigliandosi. “In
ogni caso, non farti scrupoli di sorta. Saprai sdebitarti a tempo
debito, ne
sono sicuro. In questo momento, però, desidero, anzi voglio che tu arrivi sano e salvo alla
fine del Programma e se, per
farlo, dovrai diventare la loro ombra, lo farai. Sthiggar e gli altri
non
avranno alcun problema, credimi.”
“Speravo
di non averne bisogno.”
“Per
questo, hai sempre tentato di fare le cose da solo? Beh, è
stata una scemenza.
Gli amici servono a questo, e quel pazzo di Sthiggar mi ha appena detto
che
manderà all’aria tutto, anche la sua vita, pur di
proteggerti, perciò non
rendere vani i suoi sforzi e stai con
loro.”
Rhadd
sgranò gli occhi, di fronte a quella verità
sconcertante e, basito, esalò: “Ma…
perché?”
Sospirando,
Yothan sorrise divertito e replicò:
“Perché è un bravo ragazzo, a dispetto
di
tutti i guai in cui si è cacciato in gioventù, e
non sopporta i prepotenti e i
bulli. Inoltre, a quanto pare, gli stai simpatico, perciò si
è messo in testa
di farti da guardia del corpo.”
Rhadd
sorrise divertito e, nello scuotere il capo, mormorò:
“E’ sempre stato una
testa calda, ma non potrei mai avere un amico come lui in nessuno dei
Nove
Regni.”
“Non
posso che trovarmi d’accordo” celiò
Yothan. “Starai al loro fianco, allora?”
“Ne
sarei felice, signore” acconsentì Rahdd.
“Quando sarà il momento, saprò come
sdebitarmi.”
“Lo
credo anch’io.”
***
Oggi
Quando
Rhadd mise piede nello studio del re, Sthiggar lo squadrò
con aria palesemente
confusa e l’amico, nel sorridergli, scrollò le
spalle e ammise: “Beh, adesso
sai tutto, di me.”
“Perché
non me lo dicesti mai?” replicò Sthiggar,
completamente frastornato.
Fu
Surtr a parlare per Rhadd e, nel dare una pacca sulla spalla al giovane
mezzosangue, asserì: “Le abilità di
Rhadd dovevano rimanere segrete il più a
lungo possibile, perché non finisse nuovamente sotto la
lente d’ingrandimento
dei suoi persecutori. Per questo, le sue arti magiche non sono mai
state rese
note… e ammettiamolo, ragazzo; tu non sei molto bravo a
mantenere i segreti,
visto che sei incapace di raccontare bugie.”
Arrossendo
suo malgrado, Sthiggar reclinò contrito il capo, ammettendo:
“Non posso che
dichiararmi colpevole, sire.”
Ragnhild
sorrise di fronte a tanta contrizione e, nel dargli di gomito,
chiosò: “La tua
fama ti precede ovunque, a quanto pare.”
“Già”
assentì lui, prima di rivolgersi a Rhadd e domandare:
“Sei in grado di ripetere
l’incantesimo che ci è stato fornito?”
Lui
annuì senza problemi e, dopo un breve sguardo al
liòsalfar morto, si portò
all’altezza della scrivania e lesse la malia per comprenderne
la portata. Accigliandosi
più e più volte nel rendersi conto di cosa
avrebbe voluto dire, per i portatori
di un simile sigillo, dover subire gli effetti
dell’incantesimo, storse il naso
ma non si ritrasse.
Questo
era il suo compito, ed era giunto il momento di mettere in pratica il
suo
addestramento.
“Non
dovremmo avere grossi problemi a trovarli. Quando attiverò
l’incantesimo, i
diretti interessati stramazzeranno a terra per il dolore e, sulla
pelle, verrà
incisa a fuoco l’onta del
tradimento”
disse infine Rahdd, lanciando un’occhiata torva
all’indirizzo del re.
Surtr
non ebbe alcun problema a dire: “Fai quel che devi. Sono
stanco di aggirarmi
per il mio stesso palazzo come se non ne fossi più il
padrone.”
A
quelle parole, Rhadd poggiò un dito sullo scritto del
liòsalfar e, sotto gli occhi
sorpresi dei presenti – ma non del re o di Yothan –
attrasse letteralmente in
sé ogni svolazzo e ogni lettera vergata.
Dal
foglio ormai intonso scaturì un baluginio dorato che si
estese alle dita di Rhadd
che, con occhi invasi dalla fiamma della propria aura,
lasciò vagare ogni dove
l’incantesimo costrittivo, condannando con quel gesto i
cospiratori a venire
allo scoperto.
Nel
breve decorrere di alcuni istanti, le grida si espansero per il palazzo
come il
riverbero di un tamburo percosso dai magli della colpa e Surtr,
scrutando Elsa
e Lama, ghignò soddisfatto prima di dichiarare:
“Andiamo a caccia, figlioli.”
Non
vi fu bisogno di dire altro.
***
Legato
mani e piedi alla testiera del letto, impossibilitato a usare la
propria aura
per liberarsi a causa dei lacci di gleipnir
che lo bloccavano totalmente, Thrydann non poté
che sopportare inerme ciò
che le Fiamme Purpuree fecero alla sua famiglia.
Dopo
aver raggiunto i loro alloggi regali, gli ormai ex alleati avevano
gettato al
vento ogni prudenza e, con una crudeltà dettata dal panico e
dalla certezza di
avere poco tempo a disposizione, avevano soggiogato gli Handerson.
Reso
inerme il capo famiglia con un colpo ben assestato alla nuca, le due
Fiamme
Purpuree avevano quindi legato il nobile Handerson al pari del figlio,
dopodiché si erano occupati di moglie e figlia.
Spogliate
dei propri averi e della propria dignità, erano state
violentate dinanzi allo
sguardo inorridito degli uomini di famiglia, impossibilitati ad
aiutarle in
alcun modo.
Inutili
erano state le grida di Thrydann, unico fautore di quella disfatta e di
quell’orribile
condanna che, tramite lui, era caduta sulle amate madre e sorella.
Inutile
era anche stato rammentare ai suoi antichi compagni quanto, in quella
disputa,
la sua famiglia non c’entrasse nulla e solo lui avrebbe
dovuto essere punito
per ciò che non era riuscito a portare a termine.
Inutile,
infine, era stato pregarli di avere pietà di due donne
inermi e indifese e di
risparmiare almeno loro l’orrore di essere stuprate dinanzi
alla famiglia.
La
rabbia feroce, così come il sapore della vendetta perpetrata
con il massimo del
livore, erano state droghe sufficienti a rendere le due Fiamme Purpuree
delle bestie
dissennate e senza cuore.
A
violenza ultimata, i volti ricoperti da un velo di furia non ancora
dissipata,
avevano infine lasciato andare le due donne, denudate di qualsiasi
volontà e, non
ancora soddisfatti, si erano riversati nelle stanze adiacenti per
rubare ciò
che di valore era ivi presente.
Un
dolore cociente e mai provato prima, però, aveva paralizzato
le loro membra,
così come aveva tolto fiato e forza a Thrydann, costretto a
urlare con tutto il
fiato che aveva in gola per dare voce all’arsura che ne stava
dilaniando le
carni.
La
pelle aveva iniziato a bruciare, ad ardere di un fuoco riparatore e
sulle sue
carni, evidente quanto il sangue che macchiava i corpi di sua madre e
sua
sorella, era comparso il segno del tradimento.
Fu
a quel punto che le porte si erano spalancate, lasciando entrare non
solo il
re, fumante d’ira, ma anche un redivivo Sthiggar e diverse
Fiamme Purpuree al
suo seguito.
Ora,
livido in viso per l’ira e contorto dal dolore della colpa
– incisa a fuoco
vivo sulla sua carne – Thrydann osservava l’intera
scena senza sapere bene dove
scagliare la propria furia.
Una
donna a lui sconosciuta corse lesta a soccorrere sua madre e sua
sorella, ma
Thrydann la degnò solo di uno sguardo fuggevole, gli occhi
illividiti dal
dolore puntati unicamente su Sthiggar e Rhadd.
I
due amici, l’uno al fianco dell’altro, lo fissavano
parimenti disgustati e lui,
con un sorriso ghigno e iracondo, sibilò: “Quanta
soddisfazione vi da, vedermi
finalmente piegato? Non avete sempre sognato questo?!”
“Sarebbe
stato meglio che tu non avessi cercato di essere ciò che non
avresti mai potuto
diventare” sottolineò stanco Rhadd, scuotando il
capo.
“E
chi? Un mezzosangue che si è sempre nascosto sotto le gonne
del suo cagnolino?”
ironizzò Thrydann, sputando sangue e sentenze dalla sua
bocca litigiosa.
Rhadd
lasciò alla sorpresa solo un istante per farsi largo sul suo
volto – come aveva
saputo la verità, Thrydann? – dopodiché
tornò a mascherarsi dietro il disgusto
per l’ex commilitone, lasciando che a parlare fosse
l’amico.
“Se
è così che vedi la nostra amicizia, allora
c’è ben poco che noi possiamo dirti”
si limitò a sospirare Sthiggar, avvicinandosi al padre di
Thrydann per
liberarlo dai lacci di gleipnir.
Mentre
le Fiamme Purpuree erano intente a legare i traditori nella stanza
adiacente, e
Ragnhild si occupava delle donne ferite nei bagni privati
dell’appartamento
degli Handerson, Surtr si avvicinò a Thrydann quindi, occhi
negli occhi,
sibilò: “Spero sarai soddisfatto di aver portato
un simile disonore sulla tua
famiglia.”
Il
giovane distolse in fretta lo sguardo dal re per puntarlo con odio
contro
Sthiggar, che sorreggeva il nobile Handerson – palesemente
sconvolto e
inorridito dagli impliciti significati insiti nelle parole del re
– e, livido,
ringhiò: “Non avresti mai dovuto essere tu, la
Fiamma Viva. Non sei degno del
sangue di una dea… tuo nonno era solo un comune muspell,
senza una sola goccia
di sangue nobile nelle vene!”
Sthiggar
non diede adito di essersela presa e replicò beffardo:
“In fondo dovrei
ringraziarti, sai? Grazie alla mia deportazione su Midghardr, mi
è stato
concesso di trovare l’amore della mia vita, e questo mi ha
anche permesso di diventare
l’arma perfetta nelle mani del sovrano.”
Thrydann
lo fissò senza capire, a questo punto ma, quando Ragnhild
riapparve dai bagni
con aria torva prima di affiancare Sthiggar, il giovane nobile decaduto
ringhiò
irriverente all’indirizzo della ragazza e sibilò:
“Ti sei accompagnato a una
misera midghardiana che, per qualche strano motivo, può
respirare su
Muspellheimr. Sei davvero un insulto per tutti i Giganti di Fuoco.
Nella tua
famiglia, a quanto pare, siete abituati a unirvi al vile
popolino.”
Bloccandosi
a metà di un passo, già pronta a schiaffeggiarlo,
Ragnhild fissò per un istante
Sthiggar, che scrollò le spalle con aria ironica,
lasciandole implicitamente
ampia libertà decisionale.
Con
un mezzo sorriso, perciò, la giovane si posizionò
dinanzi al giovane nobile e
bofonchiò velenosa: “Spero ti
interesserà sapere che le donne che ho soccorso
non moriranno a causa degli abusi subiti per
causa tua. Quanto alla tua affermazione, ti
converrà tenere la bocca chiusa
finché ti permetteranno di avere ancora una testa in cui
farla muovere, perché
ho una mezza idea di usare il mio nuovo titolo per fartela pagare carissima.”
Surtr
ghignò all’indirizzo di Sthiggar, celiando:
“La ragazza mi piace! Ma sei sicuro
di riuscire a gestirla? Ci vuole un sacco di energia, anche se
è più che degna
di entrambi i suoi nomi.”
Sthiggar
utilizzò l’imbeccata del sovrano per dare il colpo
di grazia a Thrydann – che stava
ancora osservando Ragnhild tra l’accigliato e il disgustato
– quindi, serafico,
replicò: “Beh, come Lama della Spada
Fiammeggiante, devo per forza
imparare a gestire la mia Elsa.”
Quelle
parole portarono il giovane Handerson a sgranare inorridito gli occhi
scarlatti
e, nell’osservare il suo avversario da sempre inarrivabile
– e che lo aveva
spinto a compiere quella follia per eliminarlo dalla sua vita una volta
per
tutte – scosse violentemente il capo e sbraitò:
“No! Non ci credo! Non è
possibile!”
Ragnhild,
allora, prese la mano di Sthiggar con sicurezza e, accigliandosi
ulteriormente,
fissò furente Thrydann prima di dire: “Esibisciti
pure. Ti conterrò io… quel
che basta per farlo cacare sotto, ovviamente.”
Mentre
Surtr scoppiava vigorosamente a ridere, Sthiggar fece come richiestogli
e,
mentre le Fiamme Purpuree conducevano fuori dagli appartamenti un
urlante e
ormai folle Thrydann, Ellri1
Handerson fissò sgomento sia Sthiggar che Ragnhild.
Deprivato
di qualsiasi forza, quindi, esalò: “La Spada
è stata dunque risvegliata?”
“Sì,
Ellri. Ma abbiamo avuto
rassicurazioni in merito e, almeno per molto, moltissimo
tempo, Ragnarök non toccherà queste
lande” mormorò
Sthiggar con tono più tranquillo, facendo rientrare il
potere primigenio che
aveva sprigionato per impressionare Thridann.
Era
chiaro quanto il nobile Handerson fosse all’oscuro delle
macchinazioni del
figlio, perciò era inutile prendersela con lui, anche se i
nobili non erano mai
stati molto gentili nei confronti della sua famiglia.
L’uomo,
però, osservò la porta della stanza dei bagni da
cui era uscita Ragnhild e,
sospirando, replicò roco: “Per me, giovane
guerriero, il Crepuscolo è già
giunto.”
Rivolgendosi
poi a Ragnhild, che aveva sospirato spiacente a quelle parole,
reclinò il capo
a mò di ringraziamento e aggiunse con il tono più
umile che, in tanti millenni,
aveva mai usato: “Ti ringrazio per la solidarietà
dimostrata verso mia moglie e
mia figlia. Non avevo idea di cosa stesse tramando mio figlio, e il
fatto che
la sua follia sia ricaduta su di loro sarà il peso che
porterò fino alla fine
dei miei giorni. Spero che nel tuo cuore esista un briciolo di spazio
per
credere alle mie parole quando ti dico che non tutti, nella mia
famiglia,
abbiamo in odio il tuo giovane compagno.”
La
ragazza assentì recisamente, asserendo atona: “Non
giudico una famiglia dai
gesti di una singola persona. Ma sappiate questo; ora come ora, vostra
moglie e
vostra figlia avranno bisogno di tutto il supporto possibile, per
sopravvivere
a ciò che è accaduto loro.”
Surtr
precedette Ellri Handerson e, nel
battere una mano sulla spalla della giovane, dichiarò con
sicurezza: “Avranno
tutto l’aiuto necessario, non temere, giovane Elsa.”
Handerson
ringraziò con un cenno del capo il suo sovrano,
dopodiché mormorò stancamente:
“Se le urla che ho udito poco tempo addietro appartengono
agli altri traditori,
allora Vostra Maestà dovrà rivedere in
toto il Concilio della Corona. Ho riconosciuto le voci di
diversi miei
confratelli, perciò temo che…”
Surtr
scosse torvo il capo e, lapidario, replicò
all’indirizzo del nobile titolato:
“Il Concilio verrà smantellato.
E’
tempo che Muspellheimr torni a essere guidato da un re, e soltanto da un re. La democrazia non fa
per noi, a quanto pare.”
“Temo
di no, sire” assentì Ellri
Handerson,
spiacente.
Non
avendo null’altro da dire, Surtr invitò Sthiggar e
Ragnhild a uscire dagli
appartamenti e, una volta trovatisi nel corridoio di
quell’ala di palazzo, la
giovane domandò: “Cosa accadrà al
figlio di quell’uomo?”
“Quello
che tu hai millantato, giovane Elsa” le spiegò
Surtr, vedendola sgranare gli
occhi in risposta. “Verrà deprivato della testa,
così che il messaggio giunga
forte e chiaro in ogni angolo del pianeta. Chiunque voglia attentare
alla mia
vita, al mio regno e al mio popolo, dovrà pagare con la vita.”
Sthiggar
strinse maggiormente la mano di Ragnhild, a quelle parole scevre di
delicatezza
ma lei gli sorrise per tranquillizzarlo, scrollò una spalla
e chiosò: “Non
temere per me. Dopotutto, ero una berserkr. So cosa significano il
sangue e la guerra.”
“Avrei
preferito mostrarti Muspellheimr in un altro modo, e in un altro tempo,
così
che tu potessi apprezzarne solo la bellezza”
sottolineò per contro Sthiggar,
spiacente.
“Se
il tuo mondo fosse rimasto in pace, tu non saresti mai giunto su
Midghard, la
Spada Fiammeggiante non si sarebbe mai attivata e noi non saremmo qui,
ora”
replicò lei con un sorrisino. “Qualcuno, o
qualcosa, ci vuole qui insieme, nei
millenni a venire. Io, perciò, non mi porrei altri dilemmi,
né mi farei degli
scrupoli di coscienza.”
“Come
desideri” acconsentì Sthiggar prima di lanciare
uno sguardo verso la fine del
corridoio, da cui stava giungendo Rhadd di corsa, e
borbottò: “Ho idea che
servirà tutta la giornata, se non di
più.”
“Temo
di sì. Ho la testa che mi sta scoppiando, con tutti gli
input che la stanno
riempiendo, ma cercherò di reggere più che
posso” si lagnò Ragnhild, storcendo
la bocca.
“Ti
prometto una vacanza nei nostri luoghi più belli, giovane
Elsa ma, per il
momento, ho ancora bisogno di te” le propose allora Surtr.
Lei
lo fissò curiosa, accennò un sorriso divertito e
domandò: “Mi chiamerete sempre
Elsa, maestà?”
“Sto
solo gongolando al pensiero di avere la Spada Fiammeggiante, tutto qui.
Concedimi un po’ di vanagloria, ragazza. Prima o poi
passerà” ghignò il
sovrano, portandola a ridere divertita.
1 Ellri: più vecchio (norreno). Indica il suo stato di anziano – o senior – all’interno della famiglia.
N.d.A.: Le prime teste
cominciano a rotolare (per ora, solo metaforicamente) e alcuni segreti
vengono alla luce, sorprendendo lo stesso Sthiggar. Poco alla volta,
Muspellheimr sta tornando alla normalità, anche se nessuno
ne uscirà senza cicatrici.