𝘘𝘶𝘦𝘴𝘵𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢 𝘢𝘭 𝘞𝘳𝘪𝘵𝘰𝘣𝘦𝘳 𝘥𝘪 𝘍𝘢𝘯𝘸𝘳𝘪𝘵𝘦𝘳.𝘪𝘵
In my life I love you more
Giorno 7: Coffee shop
Un gingerbread latte era
quello che lui chiedeva. E con lui intendeva Paul, quel ragazzo
affascinante dagli occhi grandi e le guance soffici che puntualmente ogni
mattina passava da Starbucks e ordinava sempre la stessa cosa.
Un gingerbread latte, per favore.
E quei dieci minuti in cui
Paul aspettava l'ordine era il momento della giornata che John preferiva.
Si era ripromesso che prima o
poi gli avrebbe chiesto il numero ma la vita da barista di Starbucks era molto frenetica la mattina presto. Quindi non aveva mai avuto
l'occasione.
Eppure eppure... che tentazione
quegli occhi!
Li sognava ogni notte, rivolti a
lui e lui solo. Grandi, immensi, scuri e incantevoli.
Anche i suoi colleghi ormai
avevano capito la sua evidentissima cotta
e cercavano di lasciare che fosse sempre lui
a servirlo.
John era grato, e diciamolo,
quel sorriso che Paul gli rivolgeva insieme al suo ordine era così meraviglioso che gli avrebbe dato la forza
di affrontare il resto della giornata e dei clienti e delle loro assurde
richieste.
Almeno fino al giorno successivo.
Non aveva ancora capito se fosse single, ma di certo non poteva aspettare
di scoprirlo senza mai neanche parlarci per più di due secondi, durante
l’ordinazione.
E non poteva di certo distrarsi in continuazione, soffermandosi come un
babbeo a guardarlo incantato mentre prendeva il suo caffè, gli sorrideva e
sorseggiandolo si allontanava. Di questo passo sarebbe presto arrivato il
giorno in cui lo avrebbero ripreso.
Insomma era arrivato al punto in cui o
rischiava di perdere il lavoro per un richiamo
di troppo, oppure si buttava, magari rischiando di fare a pezzi il suo cuore se
avesse ricevuto un no, o peggio ancora un “sono già impegnato”, e provava a
fare il primo, spaventoso, maledetto passo.
Una mattina quindi, puntuale come sempre, Paul si presentò in cassa per
ordinare, e come sempre John lo servì.
“Il solito?” gli chiese John.
Paul ridacchiò e annuì e le farfalle nella pancia di John si agitarono
particolarmente, come un buon presagio.
Così si affrettò a preparare il suo gingerbread
latte, di tanto in tanto lanciando un’occhiata a Paul, a quel suo profilo
perfetto, a quelle labbra da baciare, mentre controllava il cellulare. Sembrava
avesse particolarmente fretta quel giorno, dato che la gamba destra non
sembrava voler stare ferma, quindi John si sbrigò.
E quando prese il pennarello per scrivere il nome di Paul sul bicchiere, in
un lampo John aggiunse:
“Oh, ain't
that nice?
Well, look it over once or twice
Yes, I ask you very confidentially
Ain't he nice?”
Tanto dolce da far venire la carie, ma perlomeno si era buttato.
Consegnò il bicchiere a Paul, aspettando che lui si accorgesse del testo.
Ma quel giorno, a quanto pare, era davvero, davvero, di fretta e lo
salutò velocemente, prima di uscire.
Inutile dire che la giornata fu nera da quel momento per John: sbagliò
diverse ordinazioni, ruppe una tazza, che dovette pagare, e per uno strano
scherzo del destino, si rovesciò addosso un gingerbread
latte appena fatto. Il capo lo riprese a fine turno, prima che John se ne
andasse, e si raccomandò che non capitasse più niente del genere.
L’umore di John quindi era decisamente cattivo
quando uscì dal locale. Il cielo era grigio, forse avrebbe piovuto. Aveva fatto
schifo a lavoro e per di più si era ridicolizzato di fronte a Paul, che
probabilmente aveva gettato il bicchiere appena terminato il suo latte.
Eppure, tutto era destinato a cambiare quando Paul lo raggiunse di corsa,
appena svoltato l’angolo.
“Ehi!”
John si fermò, incredulo, ritrovandosi davanti un adorabile e affannato
Paul.
“Cosa…” iniziò a balbettare, “…cosa ci fai qui?”
Paul rise, recuperando fiato, “Volevo solo ringraziarti per questo.”
E così dicendo gli mostrò la scritta sul bicchiere di quella mattina.
Allora non lo aveva buttato.
John arrossì, sentendosi improvvisamente molto stupido, “Oh quello… quello
è…”
“Mi dispiace, oggi ero un po’ di fretta.” gli spiegò Paul, “Ti avrei
ringraziato subito altrimenti.”
“Non c’è problema.”
“Lo hai scritto tu?”
“E’ preso in prestito da una canzone.” rispose
John, sempre più rosso in viso e così maledettamente in imbarazzo che a
malapena riusciva a guardarlo nei suoi grandi occhi scuri.
Paul gli sorrise dolcemente come se sapesse perfettamente cosa stava
provando John, “Che ne dici di parlarne davanti a un caffè?”
Così, all’improvviso John si sentì l’uomo più felice del mondo. Il cielo
era ancora grigio, ma ora il sole brillava proprio davanti a lui.
“Dico… andiamo!”
Note dell’autrice: ahhh mi
sarebbe piaciuto scrivere una au con John nel ruolo
di barista. Mamma mia. Peccato non averlo fatto. Comunque
intanto ne ho approfittato con questo piccolo prompt.
Spero vi sia piaciuta.
Prossimo capitolo: Fake dating
A domani(se riesco a scriverlo!).
kia