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Autore: Josy_98    11/10/2022    0 recensioni
Quando Chirone la costrinse ad iscriversi alla Yancy Academy per aiutarlo a tenere d'occhio un probabile mezzosangue particolarmente potente, Avalon sapeva già che fosse una pessima idea. Ne era certa. E glielo disse, convinta più che mai che fosse una mossa totalmente sbagliata e che tutto sarebbe cambiato. Non necessariamente in meglio.
Da anni, infatti, tentava in tutti i modi di restare nell'ombra, lasciando ad altri il compito di occuparsi dei problemi divini, far avverare profezie e compiere imprese, limitandosi ad osservare il tempo scorrere senza interferire e rimanendo in disparte nonostante i diversi tentativi degli altri - mortali e divini - di coinvolgerla in ogni modo.
Purtroppo, però, quella volta non riuscì a restarne fuori come avrebbe voluto.
E, quando le cose si complicheranno, Avalon tenterà in tutti i modi di non distruggere quell'intricato lavoro che ha portato avanti in quegli anni, cercando inevitabilmente di salvare quel flebile e incerto futuro in cui lui sopravvive. Con la paura di non riuscirci.
Perchè, Avalon lo sapeva, lei aveva sempre ragione. Finchè non prendeva una decisione.
|Riscritta!|
|Allerta Spoiler!!|
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Percy scomparve alla nostra vista mi voltai verso Echidna, il pugnale ancora sollevato in posizione di difesa, il sole che ci illuminava attraverso lo squarcio nella parete.
«E adesso?» domandai, calma, continuando a interpormi tra lei, sua figlia e i mortali alle mie spalle. Li avrei protetti a qualunque costo. «Che intenzioni avete?»
La madre dei mostri mi studiò attentamente con i suoi piccoli e cattivi occhi da rettile, e io feci altrettanto. Nessuna delle due si perdeva un singolo movimento dell’altra. La sua lingua biforcuta saettò nella mia direzione con un sibilo, prima di sparire.
«Non saprei.» mi rispose, facendo cenno alla Chimera di rimanere immobile. «Zeus non ha dato istruzioni su di te.»
«Ma non mi dire.» commentai con uno sbuffo, trattenendomi dall’alzare gli occhi al cielo. «Chissà perché la cosa non mi sorprende. Quindi?»
Echidna passò lo sguardo da me ai mortali, a cui continuavo imperterrita a fare da scudo. Rifletteva sulla prossima mossa, sulle mie possibili reazioni, sui pro e i contro di ogni sua futura scelta.
«Tu…» cominciò.
«Li difenderò, sì.» confermai, prima ancora che finisse.
«Perché?» mi domandò, la voce sprezzante. «Sono solo degli inutili mortali.»
«Anche loro hanno il diritto di vivere.» affermai. «E né tu, né nessun altro potete sottrargli questo diritto. Anche se vi piace fingere il contrario per sentirvi più potenti, superiori.»
«Noi siamo superiori.» sibilò.
Scossi la testa. «Essere più forti non significa essere superiori. A volte, le persone davvero potenti sono quelle più deboli. Ma dubito che sia un concetto che tu possa capire.»
La madre dei mostri si mosse indispettita, la lingua biforcuta che sibilava di qua e di là.
«Zeus non ha dato istruzioni su di te.» ripetè, come per convincere se stessa ad attaccarmi.
«Lo so.» mormorai. «Ma forse non ne aveva bisogno.»
Osservai i suoi movimenti, poi feci lo stesso con sua figlia. La mia idea, il sospetto che avevo avuto anche in precedenza, si faceva sempre più chiara, sempre più certo. Cominciava a non essere più un semplice dubbio. E più ci pensavo, più mi rendevo conto che era stato lo stesso anche con il Minotauro, i fulmini di Zeus, il segugio infernale che aveva attaccato Percy al Campo, le Furie e Medusa. E anche con l’attacco che loro avevano appena compiuto.
Gli occhi di Echidna si assottigliarono. «Di cosa stai parlando?»
Abbassai il pugnale, rilassando i muscoli.
«Non puoi attaccarmi.» affermai. «Nessuna di voi due può farlo. Così come non possono farlo gli dei, né gli altri mostri. Non direttamente. E nemmeno volontariamente. A meno che non sia io a volerlo.»
Il suo voltò diventò estremamente pallido. «Come…»
«Mi ci è voluto un po’ per capirlo.» ammisi. «Ma, dopo aver collegato, è diventato tutto più chiaro. Non pensavo che le mie sorelle avessero coinvolto tutti in quella specie di patto. A parte i mortali, probabilmente, che non sanno niente di noi.» osservai la Chimera mettersi a sedere, come un normalissimo cane che aspetta pazientemente un ordine dal padrone. «Ma era così ovvio, in realtà… il Minotauro mi ha praticamente ignorata, mentre raggiungevamo il Campo, e anche quando stava per attaccarmi si è fermato. Il segugio infernale non ha mai provato ad attaccarmi, nonostante fossi a pochi passi da lui; mi ha colpita solo perché mi sono intromessa tra lui e Percy.» con la mano libera nascosta dietro la schiena, feci un leggero cenno ai mortali, sollecitandoli ad entrare nell’ascensore e ad andarsene in silenzio. «Le Furie hanno fatto lo stesso, e sono comunque riuscite a evitare di colpirmi lasciandomi addirittura uccidere una di loro. Zeus, con i suoi fulmini, mirava a Percy, non a me. Sperava di non ferirmi, probabilmente. E Medusa… beh, lei ha cercato di convincermi a farmi pietrificare, in modo che fosse una mia scelta e che, quindi, fosse autorizzata a farlo. E voi… tua figlia avrebbe potuto colpirmi tranquillamente, se avesse voluto. Ma mi ha mancata apposta.»
Il leggero tonfo delle porte dell’ascensore che si chiudevano mi fece rilassare. I mortali erano fuori pericolo, adesso, ma non mi arrischiai a togliere l’attenzione dai due esseri di fronte a me, che non avevano dato cenno di essersene accorti. Mi studiavano, entrambe. Sembrava stessero cercando qualcosa sul mio volto. Mi chiesi che cosa, e non trovai risposta.
«Motivo per cui non potevate attaccare i mortali sapendo che mi sarei messa in mezzo.» continuai. «Non potete farmi del male in nessun modo programmato. Quello che mi domando, sinceramente, è perché. Perché le mie sorelle hanno coinvolto anche voi mostri nel patto sulla mia sicurezza?» i dubbi mi si leggevano chiari sul viso, lo sapevo, ma non li nascosi. Quella era una curiosità che mi perseguitava da tempo e che nessuno si era mai degnato di spiegarmi. «Perché fare un patto del genere, in primo luogo?»
Echidna lanciò uno sguardo all’esterno dello squarcio, poi fece un cenno alla Chimera, che lentamente riprese le sembianze del chihuahua.
«Tu non hai idea di chi sei stata, ragazza.» disse seria ma tranquilla, senza più l’odio nello sguardo.
«Io non… cosa?»
«Quando lo saprai, capirai.» affermò indicandomi, prima di scomparire insieme alla figlia.
Quello che avevo letto nei suoi occhi sembrava quasi… non era possibile. Perché mai la madre dei mostri doveva provare rispetto per me? Non l’avevo mai vista prima di quel momento, né lei aveva mai visto me. E allora, perché sembrava che mi conoscesse, in qualche modo? Perché, per un istante, mi era parso che la Chimera aspettasse degli ordini da me? E a cosa si riferiva Echidna quando aveva parlato di chi ero stata?
Che diamine stava succedendo?
Mi osservai intorno, in quel piano panoramico semi-distrutto del Gateway Arch, e sospirai. Lo squarcio sfrigolava ancora, e io mi sporsi leggermente per osservare in basso, dove una moltitudine di puntini si era radunata alla base del monumento. Sperai che Percy si fosse salvato, e che Grover e Annabeth stessero bene.
Il calore del sole mi riscaldò le membra, che rilassai automaticamente. Non mi ero accorta di essermi irrigidita, probabilmente quando Echidna mi aveva detto quelle cose. Osservai per un istante il pugnale che ancora stringevo in mano, poi lo ritrasformai nell’anello e me lo rimisi al dito, ignorando il tremore che mi percorreva le mani.
«Sto bene.» mormorai a me stessa, cercando di convincermi. «Sto bene.»
Alzai il volto al cielo, mi godetti il sole per qualche secondo poi sospirai. Era il momento di tornare di sotto e raggiungere i miei amici.
 

****

 
Quando sbucai dall’ascensore ci mancò poco che venissi travolta dal frastuono che stava sopraggiungendo da ogni direzione. Elicotteri della polizia, ambulanze, vigili del fuoco e tutto ciò che aveva a che fare in qualche modo con le emergenze stavano accorrendo nella mia direzione, così mi affrettai ad eclissarmi il più in fretta possibile, cercando di ignorare i curiosi e di venire ignorata allo stesso tempo.
Vedevo i giornalisti, pronti ad andare in onda, cercare di arraffare più informazioni possibili sull’accaduto, al di là del perimetro di sicurezza che aveva stabilito la polizia.
Scrutai la folla in cerca dei miei amici, ma invece vidi dei paramedici trasportare una barella su cui era distesa la donna della famiglia di mortali che aveva assistito allo scambio con Echidna e la Chimera. Si agitava in una maniera impressionante. Poveretta, sotto shock come doveva essere, probabilmente stava raccontando ciò che aveva visto. E, se fosse stata in grado di vedere attraverso la foschia almeno un po’ – come sapevo che potesse succedere – gli altri mortali l’avrebbero presa tutti per pazza.
Passai accanto a un giornalista, ancora alla ricerca dei miei compagni, e sgranai gli occhi quando sentii ciò che stava comunicando: «Percy Jackson. Esatto, Dan. Canale Dodici ha saputo che il ragazzo che potrebbe aver causato l'esplosione corrisponde alla descrizione di un giovane ricercato dalle autorità per un serio incidente d'autobus avvenuto in New Jersey tre sere fa. E pare che il ragazzo sia diretto a ovest. Per i nostri spettatori a casa, ecco una foto di Percy Jackson.»
Corsi il più in fretta possibile verso la stazione, pregando chiunque fosse in ascolto che anche gli altri avessero deciso di fare lo stesso, e salii sul treno per Denver senza troppi problemi. Rimasi sulle porte, in attesa di vedere arrivare gli altri. Mi raggiunsero appena in tempo. Appena furono a bordo, strinsi a me Percy mentre il treno partiva e sospirai di sollievo.
«Ce l’hai fatta.» mormorai tra i suoi capelli. «Stai bene.»
Lui ricambiò la stretta, sotto gli sguardi perplessi di Annabeth e Grover.
«Echidna ti ha fatto qualcosa?» mi domandò, preoccupato, sciogliendo la stretta e osservandomi bene. «Come hai fatto a salvare quelle persone?»
«Le ho distratte permettendo ai mortali di scappare.» spiegai semplicemente. «Poi se ne sono andate e io sono riuscita a scendere senza farmi scoprire.»
«Aspetta.» intervenne Annabeth. «Come sarebbe a dire che se ne sono andate?»
«Che la Chimera è tornata ad essere un chihuahua e poi sono andate via.» spiegai.
«E non ti hanno attaccata? Non hanno cercato di ucciderti?» mi chiese lei, perplessa. «Niente? Neanche una volta?» io scossi lentamente la testa in segno di diniego. «Ma com’è possibile?»
Alzai le spalle, omettendo ciò che mi aveva detto la madre dei mostri. Mi lasciava terribilmente confusa non capire a cosa si riferisse. Ma avevo la sensazione che fosse un’informazione particolarmente pericolosa, oltre che maledettamente importante. Non volevo turbarli con qualcosa che non ero ancora in grado di capire. Avevano già abbastanza problemi con quell’impresa, per non parlare delle preoccupazioni di Percy riguardo a sua madre. Gliene avrei parlato una volta finita quella missione suicida.
Mi feci spiegare da Percy cosa gli fosse successo, scoprendo così del suo appuntamento sulla spiaggia di Santa Monica e sospirai sollevata.
Non avevo modificato niente. Fortunatamente.
   
 
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