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Autore: Ode To Joy    19/10/2022    3 recensioni
[BakuTodo]
[DabiHawks]
[Past- BakuDeku]
Touya davvero non lo capiva.
“Perché continui a provarci tanto ostinatamente con me?”
Tutti avevano gettato le armi, dichiarandolo una causa persa, un fallimento. Tutti. I due uomini più importanti della sua vita per primi.
E ora arrivava questo fanciullo, che aveva il suo stesso viso ma non lo conosceva affatto.
Un estraneo. Suo fratello.
“Perché quando ti guardo vedo me,” rispose Shouto, con voce rotta. “Perché qualcuno mi ha salvato, nonostante io non stessi chiedendo aiuto.”
“Tu non mi conosci, Shouto.”
“Nemmeno tu conosci me. Ma mi conoscerai, stanne certo.”

[...]
A seguito di una guerra vinta a caro prezzo, il Principe Shouto viene cacciato dalla corte di suo padre perché aspetta un figlio da Katsuki, il Drago di cui è Cavaliere. Cerca rifugio dal fratello maggiore, esiliato otto anni prima, che ha rinunciato al nome della loro famiglia per divenire Dabi.
[Fantasy AU]
[Questa storia partecipa al Writober 2022 di Fanwriter.it]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Dabi, Hawks, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Prompt:

You are exactly where you need to be


XIII

The Voice 


I will not make the same mistakes that you did

I will not let myself 'cause my heart so much misery

I will not break the way you did

You fell so hard

I've learned the hard way, to never let it get that far

Because of you

(“Because of you” - Kelly Clarkson)



 

Nel seguire gli spostamenti dei Nomu, le truppe continuarono a muoversi verso sud. Alla fine dell’inverno, trovarono sul loro cammino una vecchia roccaforte e, tentati dall’idea di dormire sotto un tetto solido, vi si stabilirono. Fu in quel luogo che il Principe delle Fiamme Blu e il suo Cavaliere trascorsero la loro prima notte d’amanti.

La mattina dopo, Touya aprì gli occhi prima che il sole tagliasse l’orizzonte, svegliato da qualcuno che chiamava il suo nome. Si erano addormentati sul tappeto, accanto al focolare. La prima cosa che il Principe vide furono le braci spente e annerite nel caminetto. Si sollevò sui gomiti lentamente, ancora intontito dal sonno. Hawks dormiva accanto a lui, con le ali stese verso il centro della camera.

Non poteva essere certo stato lui a chiamare il suo nome. Considerò l’idea di esserselo immaginato, forse sognato, e tornò a stendersi tra le pellicce che avevano usato come coperte, spingendosi verso il suo Cavaliere nel processo.

Nel sonno, Hawks gli circondò la vita con il braccio e Touya chiuse gli occhi, deciso a riposare ancora qualche ora.

Non ci riuscì.

La pressante sensazione di essere osservato lo costrinse a sollevare di nuovo le palpebre. Alzò la testa e scrutò la stanza, alla ricerca di un intruso o qualunque altra cosa che potesse giustificare il brivido freddo che gli attraversava la schiena e gli faceva venire la pelle d’oca. Scivolò via dall’abbraccio di Hawks, stando attento a non svegliarlo.

Quando si sollevò in piedi, avvolse le braccia intorno al corpo nudo. Il freddo non era mai stato un problema per lui, ma allontanarsi dal calore del corpo di Hawks fu una cosa abbastanza spiacevole, specie con quella sensazione sinistra che strisciava sotto la sua pelle e non lo lasciava andare.

Touya guardò fuori, ma non vide nulla d’insolito.

Lasciò andare un sospiro e il suo fiato si condensò in una nuvola di vapore.

Si voltò, dandosi del paranoico, deciso a tornare dal suo Cavaliere.

Ebbe il tempo di fare appena due passi.

“Touya…”

Il Principe gelò, trattenne il respiro. Quando si voltò a guardare di nuovo fuori, non c’era nessuno nel cortile interno della roccaforte, ma qualcuno aveva chiamato il suo nome. 

Non perse tempo a porsi domande a cui non avrebbe saputo dare alcuna risposta. Recuperò i propri vestiti da terra e dopo averli indossati, uscì dalla camera senza disturbare il sonno di Hawks

Scese le scale velocemente. Era troppo presto perché, oltre a lui, qualcun altro fosse sveglio. Nonostante l’inverno stesse per finire, il terreno del cortile era gelato e quasi tutto era ricoperto di brina.

Touya andò oltre, uscì dai cancelli della rocca, addentrandosi nel bosco che la circondava. Una nebbia leggera avvolgeva ogni cosa, contribuendo a rendere il paesaggio più inquietante. Il Principe camminò per pochi minuti, o forse di più. 

Quando vide l’uomo in nero, il suo cuore saltò un battito.

La sua figura era nascosta per metà dal tronco di un albero. Era molto alto, a Touya ricordò suo padre, il cappuccio nero del mantello gli copriva completamente il viso, tranne la bocca.

Era come la creatura di un incubo, ma il Principe non aveva intenzione di scappare.

“Ce ne hai messo di tempo per accorgerti di me,” disse l’uomo in nero.

“No…” Mormorò Touya, come se stesse pensando ad alta voce. “Ti ho già visto. mi talloni da tempo, vero?”

Non avrebbe mai saputo indicare un quando o un dove precisi in cui quell’individuo era già comparso sul suo cammino, ma sentiva che lo seguiva da tempo, nascosto nell’ombra che gettava alle sue spalle con ogni passo. 

“Ti osservo,” disse lo sconosciuto.

A Touya non fece affatto piacere notare che poteva sentire chiaramente la sua voce, ma non muoveva le labbra.

Fece un passo indietro.

“Hai paura di me?” Domandò lo sconosciuto, beffardo.

Touya si portò la mano alla fronte.

“Sei nella mia testa?”

“Non è nel mio interesse farti del male,” lo rassicurò l’uomo in nero. “Ho solo creduto che ti facesse piacere sapere che, a differenza di tuo padre, c’è qualcuno che ti guarda.”

“Non so a cosa ti riferisca,” mentì Touya, sebbene lui fosse stato il primo ad accusare il Re di non dargli abbastanza attenzioni. Quell’essere, qualunque cosa fosse, non doveva avere conferma di quella sua debolezza. “Mio padre non mi fa mancare nulla.”

“Di sicuro, in quanto Principe, disponi di tutte le cose materiali che desideri, ma il tuo cuore è ferito e lo sai bene.”

Touya ghignò.

“Come può uno sconosciuto dall’aspetto sinistro sapere se il mio cuore è integro o no?”

“Chiunque subisca il dolore di essere respinto dal proprio sangue ha il cuore rotto,” disse l’uomo in nero. “Io lo so bene.”

“Smettila di perdere il fiato in sciocchezze e dimmi cosa diavolo vuoi da me?”

“Sei coraggioso, Touya Todoroki. Peccato che tu stia tremando.”

Sì, era vero.

Touya sollevò la mano sinistra e guardò le dita inferme con disprezzo. Le strinse a pugno e le fiamme blu gli avvolsero il braccio.

“È solo il freddo,” disse, sprezzante, anche se non lo aveva mai sofferto in vita sua. “Per l’ultima volta, che cosa vuoi da me?”

Vide le labbra dell’uomo in nero piegarsi in un sorriso.

“Permettimi una domanda: non hai mai avuto la sensazione di essere fuori posto, come se il destino avesse compiuto un errore con te?”

Il destino aveva compiuto molti errori con il Principe delle Fiamme Blu.
Gli aveva dato in dono un potere senza precedenti e lo aveva maledetto con un corpo incapace di sopportarlo. Se n’erano accorti troppo tardi. Aveva passato l’infanzia a sentirsi ripetere che era venuto al mondo per uno scopo più grande di tutti gli altri e, di colpo, avevano cambiato idea.

Touya era nato per indossare la Corona, che fosse realmente adatto a regnare o lo volesse davvero non era indicativo per il concretizzarsi del suo futuro.

Una scelta non gli era mai stata data. Suo padre aveva scritto la sua storia ancor prima di tenerlo tra le braccia e Touya, affamato d’amore, lo aveva assecondato mettendoci tutto se stesso. E per cosa? Non appena si erano resi conto che il fuoco dei Todoroki lo feriva, i suoi genitori avevano preso ogni verità che lo riguardava e gli avevano detto di non crederci più.

D’allora, Touya aveva dedicato ogni suo respiro a cercare di provare a se stesso, a suo padre, al mondo intero che la ragione per cui era nato valeva ancora, che non era un fallimento. Keigo - Hawks - era l’unica cosa che si era concesso di volere sinceramente, la sola boccata d’aria nella sua folle corsa verso il potere. 

In breve, si era mai sentito fuori posto? Sì, innumerevoli volte, ma era stato privato della facoltà di scrivere la sua storia da sé. Gli era stato assegnato un ruolo, stava lottando per esserne all’altezza e non riusciva a vedere nulla al di là di quello.

“Sono esattamente dove devo essere,” rispose Touya, senza esitare.

L’uomo in nero non gli chiese altro.

“Quando il tuo astro brucerà al punto che nessuno, nemmeno tuo padre, potrà ignorarti, ci rivedremo.”

Quelle parole non avevano alcun senso.

“Che cosa signifi-”

“Touya…”

Il Principe si voltò e, alle sue spalle, trovò un fanciullo dai capelli corvini, spettinati.

“Tenko?” Chiamò Touya, smarrito come se si fosse appena svegliato da un sogno.

Era l’ultima persona che si era aspettato di vedere. 

“Che cosa state facendo qui fuori, mio Principe?” Domandò il ragazzino, con quell’aria intimorita che indossava in qualunque occasione.

Touya tornò a guardare di fronte a sé, ma l’uomo in nero non c’era più.

Le fiamme blu si dissolsero.

“Niente…” Rispose, guardandosi intorno con sospetto. “Non dovresti essere qui fuori. I Nomu potrebbero essere ovunque e approfittare del fatto che sei da solo per cibarsi di te.”

“Quando vi ho visto uscire dai cancelli, ho pensato la stessa cosa,” si giustificò Tenko.

Non era un Cavaliere, nemmeno un apprendista. Era uno degli orfani accolti dalla corte, di quelli senza un talento utile da usare sul campo di battaglia. L’unica ragione per cui era lì, a miglia e miglia da casa, era per rendere più comoda la vita di qualche Cavaliere blasonato. Touya e Hawks lo avevano conosciuto da bambini, durante una delle loro tante fughe per le strade della capitale. Forse lo avevano reso loro complice proprio durante una di quelle scorribande notturne, senza pensare che una cosa del genere gli sarebbe potuta costare la testa.

Eppure, sprezzante del pericolo, aveva seguito il Principe della Corona per non lasciarlo solo al mercé dei Nomu. Atto stupido, ma coraggioso.

Touya incontrò i suoi occhi, parzialmente coperti dalla frangia corvina.

“Tu non hai visto niente?” Domandò.

Tenko scosse la testa.

“Torniamo indietro, mio Principe. Restare qui fuori è pericoloso.”

Sì, era senza dubbio pericoloso, ma non a causa delle bestie informi che minacciavano il loro regno da due stagioni.

Il Principe affiancò il servitore. Nonostante Tenko avesse un paio di anni meno di lui, erano alti uguali.

“Perché non hai avvertito nessuno?” Domandò Touya, mentre scendevano lungo il sentiero. “Io ho il fuoco e tu non hai nemmeno una spada.”

Tenko abbassò lo sguardo, imbarazzato. 

“Ho pensato che se il Principe fosse stato visto fuori dai cancelli, avrebbe passato dei guai.”
E aveva ragione.

Ma Touya non avrebbe ricevuto più di una ramanzina da parte di un padre ansioso. Per essere lì, lontano dal suo posto, Tenko rischiava le frustrate.

“Sei coraggioso, Tenko,” disse Touya e lo credeva davvero.

Gli occhi scuri del fanciullo divennero enormi e le sue guance si colorarono un poco.

“Sono onorato di sentirvelo dire.”
“Come hai fatto a vedermi?” Aggiunse Touya. “Che cosa ti ha svegliato?”
“Un incubo…”
Il Principe strinse le labbra e annuì.

“Sì, un incubo ha svegliato anche me.”




 

-9 anni e mezzo dopo-




 

Il cielo sopra la Cintura Vulcanica Minore era terso e, nonostante fosse ormai estate inoltrata, l’aria era fresca. 

Shouto camminava con l’arco stretto in mano e la faretra appesa alla spalla destra. Il paesaggio intorno a lui era desolante, nulla di paragonabile al blu del Mare del Nord o all’immensità che aveva ammirato dalle cime degli antichi vulcani delle terre dei Bakugou.

La culla in cui era nata la dinastia dei Todoroki era nera e basta.

La prima volta che Shouto era stato al Castello Vecchio, più di nove anni prima, la distesa oceanica lo aveva incantato, oscurando tutto il resto. Ora che aveva occasione di guardarsi intorno, non trovava nulla di particolarmente affascinante in quella regione ai confini estremi del regno di suo padre. 

Mentre si spostava, il Principe era attento a non perdere mai di vista le torri della rocca. Era stata l’unica condizione di Katsuki, prima di lasciarlo andare: “non andare dove non posso raggiungerti con più di un colpo d’ali.”

Shouto aveva dovuto penare per farsi concedere qualche ora da solo. Ne aveva bisogno.

Aveva portato con sé arco e frecce per giustificare con la caccia quella sua piccola fuga, ma non si stava nemmeno impegnando a cercare una preda. Era stanco.

Non fisicamente - per sua fortuna, i sintomi peggiori della gravidanza si erano alleviati notevolmente con il termine dei primi mesi - ma si era reso conto di aver sottovalutato l’impatto emotivo che affrontare suo fratello aveva avuto su di lui.

Shouto aveva combattuto una guerra senza precedenti ed era stato lui a recuperare il corpo di Izuku dal campo di battaglia. Superato un momento tanto buio, nella disperazione della fuga, si era detto che Touya non potesse essere una prova altrettanto dura.

Si era sbagliato.

Nulla era paragonabile al momento in cui aveva raccolto i resti del giovane Campione, ma tenere testa a suo fratello era un po’ come farlo con suo padre. Lui e Touya a stento si conoscevano ma, nel convivere con lui, Shouto sentiva gravare sul suo cuore lo stesso fardello che lo aveva accompagnato fino alla fanciullezza. 

Touya non era qualcosa di nuovo, ma solo il capitolo che gli era mancato della tragedia della sua famiglia. In ogni suo sguardo, o gesto, o parola che gli rivolgeva c’erano un rancore e una rabbia che Shouto conosceva bene. Era sfiancante.

L’arrivo di Hawks non era stato un grande aiuto in tal senso.

A numeri, erano in tre contro uno. Nei fatti, Katsuki era l’unico che riusciva a guardare Touya negli occhi, senza vederci dentro demoni e fantasmi di un passato che non era affatto andato in cenere.

Shouto credeva davvero quello che aveva detto al Primo Cavaliere: se Touya gli avesse permesso di avvicinarsi, era certo che le ferite che il Re aveva lasciato loro addosso non avrebbero più fatto così male. Ma non era un processo a senso unico e suo fratello non aveva alcuna intenzione di assecondarlo.

Sì, era sfiancante.

Quella parentesi di solitudine gli serviva per riflettere e riprendere fiato.

Non appena il paesaggio di scoprì e riuscì a vedere il mare oltre le nere torri del Castello Vecchio, Shouto appoggiò l’arco a terra e si sedette su una delle rocce nere.

“Per la prima volta, siamo solo io e te,” disse, accarezzandosi la pancia. Aveva cominciato a notarla davvero solo nelle ultime due settimane, ma non lo aveva ancora detto a Katsuki. Voleva che se ne accorgesse da solo.

“Il tuo papà è un po’ distratto, vero?”

Katsuki, in realtà, era fin troppo attento, ma Shouto aveva preso le distanze, troppo pensieroso per farsi amare. Sapeva che il giovane Drago sopportava a stento quel genere di situazioni, specie se il Principe si nascondeva dietro a un muro di silenzio, ma stava imparando a essere paziente. Oppure, molto più probabile, Katsuki aspettava che voltasse lo sguardo per andare a sfogarsi con - o sul - povero Hawks.

Shouto si liberò della faretra e si distese sulla roccia, il braccio destro piegato dietro la testa e la mano sinistra posata sul grembo. Rivolse lo sguardo al cielo, cercandovi una soluzione al caos che si agitava nel suo animo.

Fin da piccolissimo, suo padre gli aveva ripetuto che era nato per un grande scopo e non si era mai fatto scrupoli a fargli piangere tutte le sue lacrime in nome di esso. Quando quella follia lo aveva privato di sua madre, Shouto aveva issato intorno a sé una barriera impenetrabile per lungo tempo. Non aveva permesso a nulla e nessuno di toccarlo, ponendosi come obiettivo quello di diventare forte, ma non secondo le sue regole del Re.

Solo Izuku era stato in grado di tirarlo fuori da quella roccaforte di ghiaccio in cui si era barricato, ma questo non era stato sufficiente a insegnargli come gestire i tumulti del suo cuore. Shouto aveva odiato, tanto. La disperazione e la tristezza gli avevano lasciato addosso i loro segni troppo presto e non avevano mai davvero smesso di affondare i denti nella sua carne. Gli ci era voluto del tempo per capire che il calore non lo avrebbe per forza bruciato, che afferrare la mano di un amico non era debolezza e che abbandonarsi tra le braccia dell’amore poteva essere una cura. 

A modo suo, Izuku non lo aveva mai lasciato e Katsuki se ne stava al suo fianco con fierezza. Dall’altra parte, suo padre l’aveva ferito per l’ennesima volta e suo fratello non perdeva occasione per rigirare il dito nella piaga. 

Intorno a Shouto, tutto e il contrario di tutto convivevano e il caos che ne derivava gli faceva venire voglia di urlare. Poi si ricordava della creatura che cresceva dentro di lui. Ciò che provava per suo figlio non era fisso come le stelle nel cielo. Alle volte, parlare con lui riusciva a lenire un poco l’amarezza che gravava sul suo cuore; altre, il pensiero di divenire genitore lo dilaniava. Desiderava la vicinanza di suo padre e sua madre, come un bambino spaventato dal buio, poi ricordava che nessuno dei due lo aveva mai fatto sentire al sicuro.

“E se possedessi un potere abbastanza grande da non avere più ragione di provare paura?”

Shouto sentì il sangue gelarsi nelle vene. Si tirò a sedere e si guardò intorno. Non vide nessuno ma il suo istinto gli disse che non era da solo.

Si alzò in piedi, ogni fibra muscolare era tesa fino allo spasmo. Se lo avessero attaccato, non si sarebbe disturbato a contenere la forza.

Era calato uno strano silenzio su quel sentiero tra le montagne. Innaturale.

“Shouto…”

Il suono del suo nome lo fece trasalire. Si voltò e vide suo fratello sul sentiero, a pochi metri da lui.

“Touya…” 

Era felice che fosse lui. Sebbene solo per un istante, quel sussurro in fondo alla sua testa gli aveva fatto paura.

Il maggiore dovette accorgersene perché lo guardo fisso, mentre si avvicinava, come se avesse qualcosa fuori posto.

“Che cosa ti prende?” Domandò.

“Non lo so,” ammise Shouto, affondando le dita della mancina tra i capelli. “Mi è sembrato di sentire una voce nella testa.”

Suo fratello non lo derise come suo solito ma, al contrario, Shouto scorse un guizzo di allarme nei suoi occhi turchesi. 

“Touya…?”

Suo fratello gli afferrò il braccio e prese a guardarsi intorno, come se fosse alla disperata ricerca di qualcosa. O qualcuno.

“Sicuro di non aver visto nessuno?” Domandò il Principe Esiliato, continuando a scrutare tra le rocce nere sul pendio del vulcano dormiente.

Shouto annuì.

“Touya, che cosa c’è?”
Il maggiore rispose al suo sguardo.

“Che cosa ti ha detto quella voce?”

Il Principe di Fuoco e Ghiaccio aprì e chiuse la bocca un paio di volte, cercando di ricordare con precisione le parole.

“Ha detto qualcosa riguardo a un potere che mi avrebbe impedito di provare ancora paura,” rispose.

Suo fratello lo fissò come se fosse un fantasma.

Shouto sollevò la mano per toccarlo.

“Touya…?”

Touya gli afferrò il polso e lo tirò con urgenza lungo il sentiero, in direzione del Castello Vecchio.

“Muoviti,” disse, senza gentilezza. “Torniamo indietro.”

E Shouto percepì che era spaventato.

   
 
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