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Autore: AMYpond88    22/10/2022    1 recensioni
Raccolta di missing moments Satosugu (o Sugusato?), senza ordine cronologico.
Un po' di fluff, tanto angst
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Geto Suguru, Gojo Satoru
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Questo non è esattamente un nuovo capitolo (quello arriva settimana prossima) ho solo spostato "Losing game" all'interno della raccolta, dopo aver riflettuto due mesi sul rating e aver deciso che può stare nell'arancione.
Quindi, se avete già letto, passate pure oltre.
Un abbraccio!




"Geto! Ho bisogno di parlarti..."
Con un sospiro, esce e si chiude la porta alle spalle.
I suoi occhi corrono alle finestre del corridoio, verso il riquadro di cielo azzurro di quella calda giornata estiva, prima di volgere uno sguardo interrogativo a Yaga.
L'uomo, in piedi davanti a lui con il pugno ancora alzato, pare pronto a bussare per quella che Suguru è sicuro sia la decima volta.
Il professore non gli da il tempo nemmeno di aprire bocca, ma lo incalza con un classico, quanto scontato, 'dove diamine è Gojo' che gli fa alzare gli occhi al cielo. Pensare che credeva di essere uno stregone, non il baby sitter del suo migliore amico.
Sta per rispondere che non lo sa (mentendo, ovviamente lo sa), ma l'uomo non sembra intenzionato a lasciarlo parlare.
Suguru capisce in fretta che più che sapere dove si trovi Satoru, è uno sfogo quello che vuole Yaga.
Nessuno con un minimo di senno verrebbe a chiedere a lui dove si trovi Gojo, sperando in una risposta sincera, se quest'ultimo non vuole farsi trovare.

"Non ha calato il velo", inizia Yaga.
Un grande classico, quando mai si ricorda di calarlo. Suguru non può che annuire.
"Ha 'giocato a palla' cito letteralmente da quanto testimoniato da una finestra, con la testa della maledizione, canticchiando che l'avrebbe esorcizzata".
Gli viene quasi da ridere, Satoru era al telefono con lui mentre bullizzava la suddetta maledizione. Un primo livello, se non ricorda male.
Lo stregone si era lamentato di aver risolto la cosa in due minuti, rimanendo indispettito per essersi annoiato troppo nello scontro.
Sinceramente, si stupisce che queste cose scuotano ancora Yaga.
"E ha dato il suo numero di telefono alla fidanzata della vittima, per 'consolarla' secondo quanto riportato".
E qui si trova quasi a strozzarsi con la sua stessa saliva. Questa Satoru dovrà spiegargliela.
Ascolta per ancora qualche minuto lo sproloquio indignato dell'uomo, su come le alte sfere gli mettano pressione perché 'tenga sotto controllo quel dannato ragazzo', fingendo che gliene importi e soprattutto che la cosa possa anche vagamente preoccupare Satoru.
Quando il professore se ne va, gli pare di essere uscito dalla sua stanza giorni prima. A quanto pare non è solo il baby sitter, ma anche l'ufficio reclami di Gojo.

Entra in camera, chiudendo piano la porta dietro di sé.
Un rumore, dal fondo della stanza, richiama la sua attenzione.
È una voce, anzi, più un gemito malamente soffocato, quello che guida il suo sguardo verso il letto sfatto.
Sfatto e occupato.
Sgrana gli occhi, realizza e poi sorride.
"Yaga ti cercava..."
Rimane sul vago, mentre si avvicina scuotendo la testa. Perché sapeva già prima di entrare che se Yaga avesse messo piede in stanza, avrebbe trovato Satoru nel suo letto, esattamente dove lo aveva lasciato, nudo e decisamente contrariato per l'interruzione.
La scena che si trova davanti, però è decisamente una sorpresa. Una bella sorpresa.

"A si? Per il velo?"
Il maledetto finge non curanza e se è questo il gioco a cui vuole giocare, Geto è lieto di accontentarlo.
"Credo più per aver offerto alla ragazza sopravvissuta il tuo numero."
Dal suo tono di voce pare quasi non gli importi.
Gojo ridacchia stupidamente in risposta.
"Beh, volevo essere gentile... "
La voce lo tradisce, come pure la risata che esce affaticata. È senza fiato e Suguru deve fare uno sforzo non indifferente per mantenere la sua solita espressione calma, perchè davvero non può credere alla sua fortuna.
Perché Satoru è bello sempre. La mattina con il segno del cuscino sulla faccia, mezzo addormentato a lezione o mentre rosicchia un lecca lecca.
Con la bellezza stravagante dell'amico ci fa i conti da tre anni, ma quello che ha davanti ora è diverso e inaspettato.
Perché Satoru è sempre bello, ma nudo nel suo letto che si masturba è una visione.

Si avvicina cauto, limitandosi a sfiorare con lo sguardo la pelle lattea del ragazzo, mentre lo ascolta portare avanti il suo teatrino.
"Era carina sai? Sarebbe stata il tuo tipo... bassina, viso dolce... sembrava una bambolina".
Mentre parla di quella scimmia senza importanza, Satoru continua ad accarezzarsi, lento, pronto a strappargli ogni parvenza di sanità mentale.
La gamba piegata impedisce a Suguru la vista di cosa stia succedendo, ma non fatica ad immaginare.
Sperando che il suo cuore impazzito non faccia troppo rumore, si chiede quanto la sua maschera di indifferenza potrà reggere.
Va fiero della sua espressione illeggibile e spera non lo tradisca ora. Anzi si augura che l'altro la prenda come una sfida.
"Disse il ragazzo alto un metro e novanta che si sega nel mio letto... "
"Beh, ci stavi mettendo tanto..."
"E hai deciso di pensare alla ragazza carina per passare il tempo?"
"No, decisamente no, te l'ho detto: era più il tuo tipo".
Suguru sbuffa in risposta, tra l'incredulo e il rapito, mentre deglutisce a vuoto.
L'amico (seriamente, si ostina a definirlo ancora così?) sta aumentando il ritmo, la sua voce sempre più spezzata e gli spasmi del suo corpo gli fanno capire che è vicino e se è certo di una cosa nella vita è che un orgasmo di Satoru è uno spettacolo che non vuole perdersi.
Chiude con un passo la distanza che lo separa dal letto, levandosi la maglietta che si era infilato in fretta e furia al richiamo di Yaga.
Con un tocco gentile alla gamba del ragazzo, gli fa capire di abbassarla, così che possa sedersi a cavalcioni su di lui, appena sotto il bacino.
"Pensi di darmi una mano?"
Gojo ride della sua stessa, pessima, battuta, facendolo sobbalzare.
"Non credo, dopo questa non te lo meriti", risponde, ignorando la rispostaccia che gli arriva contro.

La risata di entrambi si spegne, rotola in un sospiro che diventa l'ennesimo ansito mal trattenuto, ricordandogli in che situazione sono.
Satoru si sta masturbando davanti a lui e lui non può fare a meno di guardare.
Non dove la mano del ragazzo si muove a ritmo sempre più veloce e caotico. Non che non gli interessi, ma è arrivato tardi, quindi deve puntare subito al meglio.
Il suo sguardo esita, ma non cade neppure sugli addominali, sempre più contratti, né sul petto che si alza e abbassa o sulla schiena che si inarca splendidamente.
I suoi occhi corrono veloci al viso. Risalgono dalle labbra tumide e appena schiuse, verso le guance arrossate.
Si perde per un attimo a guardare la corona di capelli bianchi come la neve, sparsi sul cuscino.
Se non avesse lavato con cura lui stesso quelle federe, le direbbe sporche e ingiallite, a confronto con il bianco perfetto dei capelli di Satoru.
Vorrebbe restare solo a guardarlo disfarsi da sè, ma Suguru è umano e quello è un gioco che è destinato a perdere. Quindi non riesce a fermare le sue dita mentre si insinuano tra le ciocche.
Il ragazzo sotto di lui muove la testa come un gatto contro la sua mano, voltando il capo e appoggiando le labbra contro il suo polso, mentre fatica sempre più a trattatenere gli spasmi e i gemiti.
Sussurra una richiesta sporca che gli arriva dritto allo stomaco e al sangue.
Però no, non è quello che vuole adesso. Quindi scuote la testa, preparando il suo tono più conciliante per far fronte al broncio che gli metterà su Satoru.
"No, non ora. Voglio guardarti".
"Pervertito", risponde l'altro fingendo indignazione, mentre lui decide che in qualcosa può accontentarlo.
Si corica al suo fianco e gli volta gentilmente il viso.
Fa scorrere il pollice fino alle sue labbra, con una leggera pressione le apre maggiormente.
Si insinua dentro con indice e medio, cauto, gentile, accarezzando con i polpastrelli la lingua.
Non da il ritmo, vuole che sia Satoru a decidere quando è abbastanza. Quando il compagno lascia andare le sue dita, la sua mano scende, accarezza, le sue falangi spingono finché un gemito particolarmente acuto e uno scatto improvviso della schiena del ragazzo gli fanno capire che ha colpito il punto giusto.
Mentre muove le dita mappando vie che conosce a memoria, può concedersi di puntare lo sguardo su quello che dall'inizio era il suo obiettivo: gli occhi di Satoru.
Socchiusi, umidi e leggermente arrossati, ma sempre sbalorditivi.

Appoggia la fronte contro la sua, accompagnandolo verso il suo climax, sussurandogli il suo nome piano contro le labbra.
Chiamandolo come in preghiera, perché vuole che Satoru lo guardi, vuole che il suo mondo si faccia tutto azzurro.
Perché quel mondo per lui invece è ogni giorno sempre più nero e vorrebbe poterglielo dire.
Vorrebbe dirgli che lui gli manca, quando è via.
Che ogni missione in solitaria è più dolorosa.
Che è stato orribile vedere Haibara sul letto dell'obitorio.
Che, come Nanami, anche lui ha pensato che potrebbero lasciare tutto nelle sue mani. Sulle spalle dello stregone più forte.
Che quelle scimmie le odia, gli mettono nausea tanto quanto le maledizioni che ingoia, come uno straccio per raccogliere il vomito, ma non può parlarne con lui, perché teme il suo disprezzo. Perché lui è Gojo, ormai più semi-dio che uomo e loro sono solo mortali.
Vorrebbe gridargli che ogni giorno è peggiore del precedente e ogni maledizione che ingoia si rompe qualcosa dentro, si apre qualche crepa. Ma non entra un filo di luce, solo altra oscurità.
Che solo quando sono così, quando lui è tra le sue braccia, sente che può essere ancora intero.
Quando davanti a lui c'è solo Satoru.
Satoru che ride, dondolandosi sul davanzale dell'aula per fargli la linguaccia a testa in giù;
Satoru appena sveglio, con i capelli spettinati;
Satoru che prende in giro Utahime e poi abbassa gli occhiali di un soffio, per fargli l'occhiolino in un gesto complice;
Satoru nudo nel suo letto;
Satoru che viene, come sta venendo ora, guardandolo e sussurrando il suo nome come una cantilena.
Perché solo quando non è di fronte allo stregone, ma al ragazzo, al suo migliore amico, non è come se una maledizione lo mangiasse vivo dall'interno.
Quando è il suo unico e solo e lui può scordarsi che nemmeno qualche mese prima erano i più forti, mentre ora è rimasto indietro, insieme agli altri.

"Satoru guardami" chiede. E rendi il mio mondo come una giornata d'estate, per favore. Solo per un istante, rendilo come i tuoi occhi.
Tutto questo non lo dice, ha ancora una dignità, ma lo bacia, lo stringe, lo accarezza finché i tremori che lo scuotono (che li scuotono entrambi) non svaniscono.
Si gode questo momento di debolezza, con accoccolato tra le braccia quello che ormai è, a detta di tutti, lo stregone più forte, eletto in cielo e in terra.
Gli bacia la tempia, crogiolandosi nel calore di un Satoru stranamente quieto e vulnerabile, aspettando che la bolla in cui sono esploda.
Sa che sarà per poco.

E infatti la pace dura esattamente un minuto, prima che il ragazzo si stacchi da lui per stirarsi come un felino troppo cresciuto, regalandogli un sorriso furbo e negli occhi un pensiero che Suguru legge chiaro.
Scuote la testa incredulo, ghignando e mettendo da parte i pensieri tristi, lasciando che ripiombino a terra come la sua divisa da stregone.
Spera solo che non lo inghiottano non appena Gojo lascerà la stanza.
Probabilmente però non è un'eventualità di cui dovrà occuparsi nei prossimi minuti.
Perché quando Satoru apre bocca, sa cosa sta per dire.
Perché quando Satoru parla, lo fa con tono di sfida e lui di nuovo non crede alla sua fortuna.

"Allora, dove eravamo rimasti?"


Doveva essere un pezzo easy, leggermente hot (la cosa doveva fermarsi a Geto che coglieva Gojo in flagranza di reato) ed è sprofondata nel angst da "Geto depresso cerca di rimanere attaccato al baratro della sua ormai poco stabile sanità mentale". E anche decisamente più hot.
   
 
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