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Autore: AMYpond88    24/10/2022    1 recensioni
Raccolta di missing moments Satosugu (o Sugusato?), senza ordine cronologico.
Un po' di fluff, tanto angst
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Geto Suguru, Gojo Satoru
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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"Sensei!"
Yuji si sbraccia per salutarlo, il sorriso aperto e l'espressione allegra.
Dalla scalinata che porta al campo d'allenamento, Gojo lo guarda scuotendo la testa, cercando di non mettersi a ridere, sapendo quello che sta per succedere.
Come previsto, non passa un istante che l'asta di Maki colpisce Itadori sulla nuca, abbastanza forte da stordire chiunque non abbia le doti fisiche del ragazzo.
"Idiota! Non ci si distrae durante uno scontro! Vuoi morire?"
Yuji fa il broncio, mentre si porta una mano alla testa.
"Scusa, Maki senpai".
La ragazza, una mano al fianco, l'altra impegnata a puntare il bastone d'allenamento verso il proprio Kōhai, sbuffa infastidita.
"Stupido! Ti sembra lo spirito per vincere all'incontro di scambio?"
Gojo osserva la scena lasciandosi andare ad un mezzo sorriso, grattandosi il mento.
Le donne a volte fanno davvero paura.
Si siede sui gradini, allungando le gambe, intenzionato a godersi il tepore di quella mattinata di primavera prima di dare davvero inizio alla sua giornata.
Picchia una mano contro l'orecchio, a scacciare la strana sensazione che lo accompagna da quando si è alzato, come un ronzio continuo.
Nulla.
Prova a tapparsi il naso e soffiare.
Ancora nulla.
L'acufene rimane lì, appena percettibile.
Rumoroso abbastanza da essere un fastidio, ma non tanto da non essere ignorarabile.

"Yo, Satoru!"
Soprattutto se Suguru finalmente si è degnato di raggiungerlo.
"Buongiorno Geto sensei!"
Prima ancora che si volti, Yuji lo precede nel salutare il nuovo arrivato, sbracciandosi come un matto e guadagnandosi una nuova e davvero troppo scontata bastonata dalla ragazza Zenin.
"Itadori Kun non distrarti, Maki non è un'insegnante tenera", lo riprende con voce calma Geto.
Ha un sorriso stanco sul volto, mentre si siede al suo fianco sulle scalinate.
Alcuni ciuffi neri di capelli gli cadono sulla fronte, mentre con la mano si scherma gli occhi dal sole del mattino, senza togliere lo sguardo dai loro studenti.
Lo guarda e può chiaramente leggere il moto d'orgoglio che prende Suguru alla vista dei ragazzi che si allenano già di prima mattina.
Nella sua testa invece balzano tre pensieri.
Il primo è che non si ricorda da quando non vedeva l'altro con un taglio così corto, probabilmente dalla loro adolescenza.
La coda bassa in cui Geto ha raccolto i capelli corvini nemmeno arriva alle spalle, sfiorando a mala pena il collo della divisa da stregone.
Il secondo è che l'uomo è schifosamente bello, nonostante le leggere borse sotto gli occhi e l'accenno di barba sulle guance.
Se non ricorda male era stato chiamato per una missione la notte scorsa, probabilmente non ha fatto tempo né a dormire né a radersi.
Il terzo pensiero, beh quello è meglio se se lo tiene per sé, ma si segna mentalmente di nascondergli i rasoi per un'altra occasione.

"Tieni, sono passato a prendere la colazione".
Geto interrompe il suo sconveniente flusso di pensieri facendogli dondolare davanti un sacchetto che è quasi certo contenga più zuccheri di quanti sia salubre mangiare in un mese.
Visto che la borsa contiene esclusivamente dolci, capisce al volo che sarà l'unico dei due a fare colazione.
"Tu non mangi?"
Suguru non specifica nulla, ma dopo tanti anni non gli serve nemmeno guardarlo, figurarsi che parli, per capire che la maledizione che ha incontrato sulla sua strada è stata esorcizzata e ingerita.
"Sicuro? Non ti andrebbe nemmeno di bere qualcosa di caldo?"
"No, ma grazie Satoru..."
"Non che mi stia preoccupando", aggiunge, appoggiandosi con un braccio alle spalle dell'amico, "...solo che sei insopportabile quando torni da certe missioni..."
Non gli serve guardarlo nemmeno per sapere che girandosi, vedrebbe Suguru roteare gli occhi con finta esasperazione.
Lasciano cadere la conversazione, spostando lo sguardo verso il campo di allenamento dove Yuji si è praticamente trincerato dietro Panda, appena arrivato sul prato, per sfuggire a Maki.
Geto ride alla scena e lui perde un battito, come non sentisse quel rumore da anni.

Una nostalgia strana gli attanaglia lo stomaco e qualcosa nella testa gli ripete che dovrebbe ascoltare, dovrebbe bere quel suono tanto da conservarlo nella testa per giorni.
E lo farebbe, se quel dannato brusio lo lasciasse in pace.
Solo in quel momento realizza. Non è un problema del suo orecchio.
È l'energia maledetta attorno alla scuola che ha qualche cosa che non va.
Si gira verso Suguru, chiedendosi come sia possibile che nessuno dei due abbia notato nulla, ma appena si volta, sbarra gli occhi sotto la benda.
Il brusio cresce in un fischio stridulo che minaccia di spaccargli il cranio in due. L'energia maledetta aumenta ancora, sul punto di esplodere, il suono diventa assordante.
Di colpo tutto torna alla calma, resta solo il ronzio che lo tormenta dalla mattina.
Nemmeno si è accorto di aver sepolto il viso tra le mani.
Suguru è di fronte a lui, lo guarda come se fosse pazzo.
L'espressione stranita, le sopracciglia arcuate. Il fatto che sia il più forte, non ha mai impedito al compagno di prendersi cura di lui. Di preoccuparsi per lui.
"Satoru, stai bene?"
Sì, sta bene... si sente stanco. Si sente stanco e fatica a pensare.
Anche la sua tecnica, anche i suoi Sei Occhi, sembrano intontiti.
"Si scusa... dicevi?"
"Hai sforzato troppo gli occhi? Quegli occhiali ormai sono rovinati, perché non usi una benda?"
"... ma io la uso".
"E questi cosa sono?"
Suguru gli sfila gli occhiali da sole, sorridendo indulgente, prima di posare un bacio tra le sue sopracciglia.
Non osa immaginare l'espressione confusa che deve avere dipinta in volto.
Sente in lontananza Maki intimargli di prendere una stanza, mentre un leggero imbarazzo colora le guance di Geto.
Va tutto bene. Deve andare tutto bene. Forse è davvero troppo stanco o forse ha solo bisogno di zuccheri.
Scuote la testa, aprendo il sacchetto della panetteria.
"Le sventure di Itadori sono più divertenti delle mie battute?"
Ghigna al compagno, tuffando il naso nel sacchetto per scegliere il dolce che meglio può spingerlo verso la sempre più vicina soglia del diabete.
"Sai, mi sembra una vita da quando ti ho sentito ridere ..."
"Da quando mi hai ucciso...", risponde l'altro in un respiro.

Da quando mi hai ucciso...
Rimane gelato, immobile in quel istante, mentre alza lo sguardo a fissare Geto.
L'uomo ha il tono tranquillo di chi sta dicendo un'ovvietà ed è... diverso.
Ha i capelli lunghi, scendono lungo le spalle e quasi gli arrivano in vita.
Il suo viso è perfettamente rasato, la mascella affilata.
Non indossa la divisa da insegnante, ma vesti da monaco.
Ha un sorriso triste e sembra sapere già quello che lui ancora deve realizzare.
Perché Suguru non può essersi tagliato i capelli, né portare la divisa da insegnante.
Suguru non può nemmeno conoscere Itadori, né può essere lì seduto al suo fianco perché... è morto. È morto per mano sua.
Lui ha ucciso il suo migliore amico nemmeno un anno fa.
Quindi perché se è morto, l'uomo ora lo guarda, inclinando la testa, quasi come se avesse pietà di lui.
"Se vuoi possiamo fare finta di nulla, nessuno ha sentito...", dice in un sussurro.
Gojo chiude gli occhi.
Vorrebbe. Vorrebbe davvero, ma non può.
È evidente che sia il macabro scherzo di qualche maledizione. Non fosse "il più forte" probabilmente non avrebbe avuto scampo al tranello in cui è caduto.
Chissà per quando avrebbe retto.
Incrocia le dita e tutto finisce.
Lo spazio collassa, accerchiandolo in un meccanismo di specchi che scatta e si chiude attorno a lui.
In ognuno, una versione diversa del suo riflesso ricambia il suo sguardo.
Lui poco più che adolescente, coperto del sangue dell'unica battaglia in cui si è trovato a versarne, con un sorriso maniacale e folle sul volto.
Lui del presente.
Lui in decine di versioni, ma in ogni caso, solo.
Tranne in una: accovacciato in un vicolo, davanti a Suguru che lo ascolta, sul viso pallido e sporco di sangue un'espressione incredula che lascia il posto ad una risata.
La sua ultima risata.
Poi, proprio mentre incrocia lo sguardo di una sua versione molto più giovane, praticamente un bambino, stretto in uno yukata chiaro, il suo Vuoto Infinito prende il sopravvento.
Uno dopo l'altro, gli specchi si infrangono.

Riesce ad afferrare per un braccio la maledizione, trascinandola fuori dal dominio.
Per un istante è stato indeciso, se lasciarla a marcire o occuparsene alla vecchia maniera.
La consapevolezza di sè stesso però è un ottimo deterrente.
È conscio delle sue capacità, né è dolorosamente consapevole da sempre.
Non è il migliore solo per le doti straordinarie che ha ereditato come un dono. Lo è anche perché quando si tratta della sua tecnica, quando tutto si riduce a leggere il campo e decidere come agire, può farlo nel tempo di un respiro.
Efficiente, freddo, analitico. Anche nel contemplare e accettare danni collaterali.
Se non lo è stato un motivo deve esserci.
Se è entrato nel dominio di una maledizione, invece di disintegrarla in partenza, doveva avere un buon motivo e l'unico che gli viene in mente è che dovesse recuperare qualcuno.
Qualcuno che non può permettersi di perdere.
Megumi .
È come essere travolti da un treno in corsa.
Il suo istinto ha agito bene, quando l'ha spinto ad impostare un dominio di due decimi di secondo, abbastanza per prendere la maledizione, ma non per ferire chiunque fosse con lui.
Senza contare la fredda soddisfazione che gli porta l'urlo che l'essere fa mentre strappa una delle braccia. Decidere di finire la questione a mani nude è stata la scelta giusta.
Piazza il piede sul collo della creatura, mentre con le dita gli artiglia la mascella.
Forse potrebbe guardarla dibattersi ancora un po', ma ha altre priorità.
"Ti è andata male, ora aspetta qui da brava ..."
Gli basta uno sguardo per spezzare gli arti che sono rimasti, in abbastanza punti da dargli il tempo per fare quello che deve.

Si volta verso il motivo per cui è entrato nel dominio.
Megumi è a terra, seduto e illeso, ma decisamente non in sé.
La testa ciondola tra le ginocchia piegate al petto.
Le braccia tese a sorreggere il nulla, dopo qualche istante piombano pesanti ai suoi fianchi, prima di salire ad avvolgere il suo stesso torace.
È palese che l'illusione in cui la maledizione l'ha catapultato doveva essere decisamente meno piacevole delle sua. Non il mondo desiderato, ma un ricordo.
È evidente anche in quale sia stato trascinato.
Non c'era quel giorno per lui, ma chi l'ha soccorso gli ha raccontato lo stato in cui il ragazzo era stato trovato.
Il viso rigato da lacrime silenziose, il cadavere di Itadori tra le braccia.
Per Gojo la questione è finita tra le tante voci sulla sua personale lista del conto che i piani alti dovranno pagare.
Si china di fronte a lui, gli solleva il viso.
"Megumi, era un'illusione, Yuji è vivo..."
Aspetta che il ragazzo incroci il suo sguardo. Solo quando gli da un piccolo cenno con il capo, disegna un segno veloce sul terreno, deciso a spedirlo al sicuro.
Se è stato abbastanza preciso, direttamente nell'ufficio di Shoko.
Non appena Fugushiro svanisce, rivolge le sue attenzioni alla maledizione. Un grado speciale non registrato, senza dubbio.
Probabilmente troverà un feticcio.
O quello o quelle vecchie mummie che si autodefiniscono vertici del Jujustu se la vedranno con lui per il loro ennesimo errore di calcolo.
"Fammi capire, intrappoli la gente nella propria testa fino alla morte?"
Avvicinandosi, provvede a rispezzare gli arti. Anche quello che con tanto impegno quell'essere si è fatto ricrescere.
"Ricordi, paure, desideri? Abbastanza vigliacco da parte tua ..."
Tutto il peso del suo sguardo piomba sulla maledizione.
Le afferra il collo, sollevandola da terra e schiantandola contro il primo muro disponibile, con tanta forza da far esplodere le finestre dello stabile.
"Hai guardato nella testa sbagliata".
Sorride, una mano alla trachea, l'altra alla mascella. Sorride e stringe, finché il rumore delle ossa che si spaccano non diventa più forte delle urla.
Quando ha finito, del grado speciale rimane l'ombra sulla parete. Oltre ad un dito di Sukuna.
Raccoglie il feticcio da terra, girandoselo tra le mani.
Non saprebbe dire per quanto continui a ridere istericamente.

Quando entra nell'ufficio di Shoko, Megumi è seduto sulla barella, lo sguardo spento mentre si presta agli ultimi controlli.
"Vai pure Fushiguro, cerca di riposare", lo congeda la donna, rivolgendo a lui un'occhiata stanca.
Mentre il ragazzo gli passa a fianco, allunga una mano a spettinargli i ciuffi ribelli.
Per una volta, forse la prima da quando è diventato il suo tutore, Megumi non si sottrae al tocco.
"Cosa è successo?", esordisce Ieiri, senza nemmeno volgersi verso di lui. Si limita a riordinare scartoffie, aspettando che decida di risponderle.
"Un grado speciale non registrato... "
"Fushiguro sembrava sconvolto", continua, "anche se non mi ha raccontato molto..."
"... non i migliori cinque minuti della sua vita", risponde, tagliando corto.
Megumi ha diritto ai suoi demoni personali, tanto quanto lui ai suoi.
Shoko lo guarda, sembra soppesare le parole.
"E tu?"
Si veste del suo sorriso più stupido e irritante, sperando che basti.
"Non mi ricordo gran che, probabilmente mi sono dedicato al mio passatempo preferito: infastidire Nanamin o Utahime..."
Ieiri alza un sopracciglio, prima di sbuffare indicandogli la porta.
"Vattene o giuro che diventerai la mia prossima autopsia".
Le da le spalle, con un gesto di saluto, mentre prende la porta.
"Ci vediamo Shoko".


Suguru continua a guardarlo, non smette di sorridere, mentre lui prende a coppa il viso e lo bacia.
Piano, lentamente.
Quante volte avrebbe voluto prendersi il tempo di baciarlo così?
Quando erano ragazzini ed ogni cosa era troppo veloce.
O nei dieci anni passati lontani.
Con i pollici gli accarezza le guance.
Se rimanesse qui, sarebbe così male?
Può smettere di pensare agli altri?
Può smettere di portare il peso del mondo della stregoneria?
Può vivere in un mondo dove non ha ucciso l'amore della sua vita?
No. Non può, ma può immaginare che gli sia permesso ancora per qualche istante.
"Sei diventato sdolcinato, Satoru... ", lo prende in giro Suguru, come se leggesse i suoi pensieri.
Non gli importa, lo bacia ancora una volta, mentre incrocia indice e medio.
"Espasione del dominio..."
Si stacca, lo guarda per un istante ancora. Non vuole darsi il tempo per chiedersi quante volta debba ancora sopportare di perderlo.
È ad un centimetro dalle sue labbra, quando trova il coraggio di parlare. La voce poco più di un sussurro.
"Vuoto infinito"
.



   
 
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