Capitolo quarto
One conversation, a single moment
The things that change us if we notice
When we look up, sometimes
They said I would never make it
But I was built to break the mold
The only dream that I've been chasing is my own
This goes out to the underdog
Keep on keeping at what you love
You'll find that someday soon enough
You will rise up, rise up, yeah…
(“Underdog” – Alicia Keys)
Dopo il Consiglio dei
Priori, Lorenzo decise di invitare Jacopo e Antonio a cena a Palazzo Medici.
Quando il giovane ebbe fatto la sua proposta e Jacopo, seppure con poca
convinzione, ebbe accettato, il gruppetto si incamminò verso il palazzo.
Giuliano allungò il
passo e si affiancò al fratello con un’espressione che prometteva tempesta.
“Ma si può sapere perché hai invitato Jacopo Pazzi a cena
a casa nostra?” domandò, in tono melodrammatico. “È mai possibile che ce lo
dobbiamo trovare sempre tra i piedi?”
Lorenzo si lasciò
sfuggire un sorriso divertito.
“Mi sembra di
doverglielo, visto che ci ha aiutati votando a nostro favore” rispose.
“Tuttavia ci sono anche altri motivi per cui ho invitato a cena lui e Antonio.”
“Spero per te che
siano buoni motivi” brontolò Giuliano. “A volte penso che dovrei trasferirmi
definitivamente a Genova con Simonetta!”
“Non pensarci
neanche! Caso mai, quando la situazione a Firenze si sarà normalizzata, sarà
lei a venire a vivere qui con te” rise il fratello. “Ma nel frattempo dovrai
armarti di pazienza e partecipare alla cena con Jacopo Pazzi.”
Giuliano continuava a
guardarlo con aria esasperata.
“Dunque non mi
libererò mai di quello Jacopo Pazzi e del suo ancor più odioso Pazzino?”
“Giuliano, voglio
parlare in privato con Jacopo per capire se è davvero dalla nostra parte”
spiegò il fratello, “e poi voglio anche riprendere a frequentare di più
Antonio, che non mi sembra stia tanto bene. Non hai visto com’era teso e
nervoso, oggi, al Consiglio dei Priori?”
Pur se a malincuore,
Giuliano dovette ammettere che Lorenzo aveva ragione… e sopportare un’altra
serata in compagnia di Jacopo Pazzi. Ormai cominciava a diventare un’abitudine!
Quella sera nella
sala da pranzo di Palazzo Medici c’erano Lorenzo e Clarice, Giuliano con la
madre Lucrezia, Jacopo e Antonio. Mentre i Medici e i loro amici e alleati
erano a tavola, un uomo calvo con una folta barba nera e dei registri in mano
si fermò sulla soglia per salutare.
“Messer Medici, ho
terminato il mio lavoro, per oggi, sto andando a casa” disse. “Vi auguro una
buona serata con i vostri amici. Ci vediamo domani.”
“A domani, Bruno” lo
salutò Lorenzo.
“Chi sarebbe quel
brutto ceffo?” domandò Antonio con aria preoccupata, dopo che l’uomo fu uscito.
“Non avrai mica dei sicari al tuo
servizio, Lorenzo?”
Lorenzo e Giuliano
scoppiarono a ridere.
“Ma no!” esclamò
Giuliano, divertito.
Doveva comunque
riconoscere che Antonio aveva ragione: quel tipo somigliava più ad un
tagliagole che ad un onesto e innocuo contabile!
“Lui è Bruno
Bernardi, mi ha chiesto un lavoro come contabile” rispose Lorenzo, evitando di
ricordare che quell’uomo aveva preso il posto del povero Francesco Nori, morto
per salvargli la vita il giorno della congiura. Era meglio non soffermarsi
troppo sull’argomento congiura quando
si invitavano a cena Jacopo e Antonio…
“Invece io oggi ho
conosciuto un ragazzo al Consiglio dei Priori, mi ha colpito perché si
comportava in modo molto… beh, come dire, deciso” disse Antonio. “Ha detto di
chiamarsi Pirro e di essere al servizio di Messer Nicomaco, uno dei Priori che
ti sostengono, Lorenzo. Ma non è strano? Di solito i servitori non partecipano
a queste riunioni.”
Giuliano vide
nell’intervento di Antonio l’occasione buona per affrontare l’argomento dei
pettegolezzi riguardo Messer Nicomaco, sia perché era dal giorno prima che
voleva raccontare tutto a Lorenzo, sia perché sperava così di far passare il
tempo senza che Jacopo si mettesse, magari, a parlare del suo antenato Pazzino!
“Beh, Pirro è davvero
un tipo singolare” iniziò a spiegare. “Io l’ho conosciuto qualche anno fa,
quando anch’io ero uno scavezzacollo come lui e frequentavo le taverne. A volte
ci siamo ubriacati insieme e abbiamo fatto scherzi ai passanti… niente di
pesante, ovvio, solo per farsi due risate. Poi io ho conosciuto Simonetta e ho
smesso di fare quella vita, mentre Pirro ha continuato a comportarsi da
impunito. Il fattaccio, come
raccontano le matrone fiorentine, è avvenuto nel periodo in cui io e Lorenzo
eravamo… beh…impegnati a contrastare dei rivali politici…”
Qui Giuliano si
interruppe per un attimo, consapevole che tutti i presenti sapevano benissimo
che stava parlando delle varie strategie messe in atto da Jacopo e famiglia per
distruggere i Medici, fino ad arrivare alla congiura poi sventata… però era altrettanto
vero che tutti volevano fingere che tutto questo non fosse mai successo, o
qualcosa del genere. Insomma, era meglio riportare il discorso su Nicomaco!
“Nicomaco in quel
periodo non ci fu d’aiuto perché si era invaghito di Clizia, la giovane che
aveva adottato ancora in fasce e che adesso ha circa sedici o diciassette anni.
Per farla breve, era talmente ossessionato da lei che aveva deciso di farle
sposare il suo fedele servitore, Pirro appunto, che a lei non era interessato e
che avrebbe continuato a vivere la sua vita mentre il padrone si godeva la
ragazza… ovviamente ben ricompensato” riprese così il giovane Medici,
incantando il suo uditorio. Antonio, poi, era incredulo: possibile che fossero
successe cose del genere in un periodo in cui per lui esistevano solo Messer
Pazzi e le strategie per allontanarlo da quegli intrighi crudeli contro i
Medici?
“Sofronia, comunque,
la moglie di Nicomaco, aveva saputo tutto e aveva deciso di passare al
contrattacco, facendo in modo che Clizia sposasse invece il fattore Eustachio,
un brav’uomo un po’ tonto che l’avrebbe portata a vivere in campagna,
allontanandola dal pericolo” continuò Giuliano, ed era buffo pensare a come
queste mosse e contromosse ricordassero, in piccolo, tutto ciò che aveva
inventato Antonio per scongiurare la
congiura! “Voglio specificare, però, che Sofronia non è che fosse gelosa o
che volesse riprendersi il marito, l’unica cosa che contava per lei era che
Nicomaco si stava rendendo ridicolo e lei non voleva perdere la faccia di
fronte alle grandi famiglie di Firenze. Insomma, non so bene com’è andata poi,
pare che Nicomaco l’abbia avuta vinta e abbia ottenuto che fosse Pirro a
sposare Clizia, però Sofronia e le sue serve hanno organizzato una burla per
punire entrambi: hanno fatto vestire da sposa il povero Eustachio e hanno
mandato lui nella camera nuziale ad aspettare Nicomaco, mentre Pirro era stato
chiuso a chiave in un’altra stanzetta e non poteva avvertire il suo padrone.”
Adesso tutti
pendevano dalle labbra di Giuliano.
“E allora? Cos’è
successo? Non lasciarci in sospeso, fratello” lo incalzò Lorenzo. “In effetti
mi era parso che Nicomaco fosse un po’ strano quando è venuto a scusarsi con me
per le sue assenze al Consiglio dei Priori, ma di certo non avrei immaginato
una storia come questa!”
“Beh, è successo,
almeno per quanto ne sono venuto a sapere io, che Eustachio si è divertito a
malmenare ben bene Nicomaco a pugni, calci e schiaffi. Niente di troppo grave,
più che altro qualche livido e una bella botta all’orgoglio, ma tanto è
bastato: Nicomaco si è chiamato fuori da tutto, ha accettato che Clizia
sposasse suo figlio Cleandro e ha lasciato la moglie, la bottega e tutto ciò
che gli ricordava questa brutta storia, acquistando la villa accanto a quella
di Messer Jacopo per viverci con alcuni servitori e, soprattutto, Pirro che
alla fine era stato l’unico a dimostrarglisi fedele fino in fondo, anche
rimettendoci in prima persona. Non mi sarei aspettato tanta lealtà da Pirro, ma
evidentemente le persone cambiano davvero, come è successo a me.”
“E anche a Messer
Pazzi, anche lui è cambiato tanto!” commentò Antonio, rivolgendo un sorriso
luminoso e pieno d’amore all’uomo accanto a lui, cosa che, per poco, non fece
rivoltare lo stomaco a Giuliano e che, comunque, gli tolse l’appetito per il
resto della serata!
Dopo la cena, che
grazie anche a Giuliano era trascorsa in modo piacevole e senza pensare alle
minacce che pendevano su Firenze, Lorenzo invitò Jacopo a parlare in privato
nel suo studio.
“Jacopo, vi ringrazio
di avermi appoggiato e sostenuto oggi, al Consiglio dei Priori” disse il
giovane Medici, “però dovete sapere che io non ho intenzione di fermarmi. So
che il Papa non accetterà mai le mie condizioni, ma io sono pronto ad
affrontarne le conseguenze e a sfidarlo. Voi resterete dalla mia parte anche se
dovessi mettermi contro il Papa? Anche se dovesse scoppiare una guerra contro
le sue armate e chissà quali altri eserciti?”
“Ho detto che ti
avrei appoggiato e ti appoggerò” dichiarò Pazzi, in tono grave ma deciso.
“Qualunque conseguenza ci troveremo ad affrontare, Firenze sarà forte solo se
sarà unita.”
E Jacopo pensava
veramente ciò che aveva appena detto, però non si trattava solo di quello:
diciamo che, ogni volta che ripensava a Papa Sisto e ai suoi raggiri, si
sentiva il solito stolto cazzone
perché lo aveva appoggiato con la congiura invece di contrastarlo e, dunque,
sapeva che era anche colpa sua se si era arrivati a quel punto.
Adesso doveva
rimediare ad ogni costo. Sarebbe stato accanto a Lorenzo e avrebbe sostenuto le
sue scelte di fronte al Consiglio dei Priori per quanto impopolari potessero
risultare.
“La prima decisione
che prenderò è questa: se il Papa non desisterà dalla sua idea di scomunicare
Firenze, io farò in modo che i vescovi di Toscana si riuniscano in un Consiglio
e stabiliscano di riaprire le chiese anche contro la volontà del pontefice”
spiegò Lorenzo, deciso. “E se Papa Sisto lo prenderà come un atto di guerra,
che sia. Voi sarete con me anche in questo?”
Jacopo sembrava
turbato e preoccupato, ma non per quello che credeva Lorenzo. Certo, lui era
sempre stato un uomo devoto, ma questo Papa non rappresentava esattamente ciò
che Pazzi voleva dalla Chiesa, era ambizioso, spietato e molto più interessato
al potere temporale che alla guida del popolo di Dio. Ciò che faceva male alla
parte di coscienza che si era risvegliata nell’uomo era che, alla resa dei
conti, la colpa di tutto ciò era sua.
Se avesse denunciato immediatamente i piani di Salviati e le ambizioni del
pontefice, non si sarebbe mai giunti a tanto… invece, ora, Firenze sarebbe
stata attaccata, sarebbe entrata in guerra.
Jacopo non aveva
saputo proteggere la sua città, nonostante si fosse sempre ritenuto l’unico
degno di guidarla. Non l’aveva protetta così come non aveva protetto il suo
dolce Antonio…
“Sarò con te”
rispose, cercando di non mostrare le proprie preoccupazioni. “Come ho detto,
Firenze deve essere unita e dovrà esserlo ancora di più se scoppierà una
guerra. Non mi nasconderò dietro belle parole come fanno quei codardi di
Ardinghelli e Spinelli.”
Lorenzo annuì e, in
uno slancio di emotività dovuta alle tante pressioni che doveva subire in quel
periodo, strinse con forza la mano di Jacopo per suggellare la loro… ehm…
alleanza.
Se li avesse visti
Giuliano!
Per Jacopo e Antonio era ora di tornare a
casa e, nella carrozza che li riportava alla loro villa, l’uomo chiese al suo
giovane amante se si fosse divertito alla cena.
“Sì, sono stato molto bene” rispose Antonio, con
un sorriso e uno sguardo allegri che da troppo tempo Jacopo non vedeva su di
lui. “La vicenda che Giuliano ci ha raccontato mi ha interessato molto, quel
Pirro sembra un ragazzo simpatico e vivace e sarei contento di incontrarlo
ancora e poi… è stato bello passare una serata tutti insieme, tra amici, senza
pensare alle tante cose negative che ci aspettano.”
Vedere Antonio così faceva bene al cuore di
Jacopo, che lo strinse a sé con affetto. Sì, quasi certamente il Papa avrebbe
deciso di muovere guerra a Firenze e chissà quali Stati italiani si sarebbero
uniti al suo esercito… ma non voleva pensarci in quel momento, voleva soltanto
sentire tra le braccia il suo tenero Antonio che gli si affidava con tanto
amore, godere del tepore del suo corpo morbido e della sua dolcezza.
Le cose, però, erano
precipitate improvvisamente dopo che Lorenzo aveva convocato il Collegio dei
Vescovi della Toscana. Essi avevano acconsentito a riaprire le chiese e a
permettere ai sacerdoti di riprendere ad amministrare i sacramenti, di fatto
annullando la scomunica del pontefice tramite la formazione di una corte con
poteri propri, indipendente dalla Curia di Roma. Lorenzo aveva preso
un’iniziativa precisa, ben sapendo di sfidare Papa Sisto, e la sua azione aveva
portato conseguenze drammatiche. Avrebbe dovuto informare subito il Consiglio
dei Priori del fatto che gli eserciti del Papa e di Riario stavano marciando
verso Firenze, ma lui voleva parlarne prima con Jacopo e Antonio.
Lorenzo, dunque, si
stava preparando per recarsi alla villa di Pazzi, quando gli fu annunciata una
visita inaspettata: Nicomaco in persona si era presentato da lui e aveva una
proposta da fargli!
“Messer Medici, so
bene che in passato vi ho grandemente deluso e che non sono stato al vostro
fianco come avrei dovuto per… per motivi personali che adesso mi sembrano così
insignificanti” disse l’uomo, che appariva davvero contrito. “Vi avevo promesso
che d’ora in poi vi sarei stato di aiuto e voglio dimostrarvelo non solo con le
parole, ma con i fatti. Vostro fratello Giuliano mi ha detto che state per
andare a parlare con Jacopo Pazzi per avere il suo appoggio con i Priori…
ebbene, lasciate che sia io a parlare con lui. In fondo adesso abito nella
villa accanto alla sua, una mia visita potrebbe anche sembrare un semplice atto
di cortesia tra vicini e poi gli riporterò le vostre parole, cercando come
posso di convincerlo a schierarsi dalla vostra parte. Che ne dite?”
Lorenzo era perplesso
e non sapeva quanto l’intervento di Nicomaco sarebbe potuto dimostrarsi utile.
Tuttavia si rendeva conto che l’uomo aveva davvero bisogno di riscattarsi ai
suoi occhi e, forse, anche se in un modo diverso, anche Jacopo Pazzi aveva dei
debiti da ripagare nei confronti dei Medici. Chissà, avrebbe anche potuto
funzionare!
“Come desiderate,
Messer Nicomaco, andate pure voi a parlare con Messer Pazzi e poi mi farete
sapere che cosa ha risposto. Vi ringrazio per il vostro aiuto, in questo
momento è davvero importante per me e per la mia famiglia” disse il giovane
Medici.
“Sono io che
ringrazio voi per avermi dato la possibilità di rendermi utile dopo… dopo tanti
errori commessi…” fece l’uomo, inchinandosi prima di congedarsi da Lorenzo per
partire alla volta della villa di Jacopo e Antonio. Oddio, per i sensi di colpa
che si sentiva addosso pareva che Nicomaco stesso avesse partecipato alla
congiura con Salviati, Vespucci e tutti gli altri e invece era solo la sua
vergogna per aver concupito la sua figlioccia… ma insomma, andava bene anche
così!
La carrozza di Messer
Nicomaco si diresse velocemente verso la villa di Pazzi e, ovviamente, con lui
c’era anche Pirro. Non era poi così scontato che un servitore partecipasse alla
vita politica del suo signore, a meno che non fosse un sicario prezzolato, ma
Pirro aveva insistito a lungo e poi… e poi già da un pezzo il ragazzo non era
più soltanto un servitore per
Nicomaco.
Ma di questo parlerò
più avanti! Per adesso ci limiteremo ad assistere al colloquio tra Nicomaco e
Jacopo…
Fine capitolo quarto