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Autore: anonimo_21    31/10/2022    1 recensioni
Estratto dal testo: ...Così era sempre stato, così era anche quella sera. Le stelle brillavano come diamanti e sembravano sussurrarle un messaggio in modo molto chiaro: “Non c’è difficoltà che tu non possa superare, puoi stare tranquilla, ce la farai come l’hai sempre fatta. Ogni confine può essere varcato, anche i più irraggiungibili.”
Nel periodo precedente all'esame per l'ottenimento della licenza temporanea da eroe, Ochaco è alle prese con il suo innamoramento per Izuku, dal quale, per qualche motivo, è turbata.
Capitoli: 3 (in fase di conclusione)
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izuku Midoriya, Ochako Uraraka, Tsuyu Asui
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella giornata era stata esattamente come aveva pronosticato: assolutamente sfiancante. Ne erano una conferma i numerosi lamenti affaticati che riempivano ininterrottamente lo spogliatoio femminile della Palestra Gamma, all’interno della quale aveva avuto luogo l’allenamento odierno. Ochaco, dal canto suo, piuttosto che darsi sfogo in quel modo, si era persa fra quelle vorticose nubi che erano i suoi pensieri. Mentre riponeva il suo costume nell’apposita valigetta si rese conto che, nonostante pensasse di averci già fatto l’abitudine, continuava a stupirsi di come ogni volta la U.A. riuscisse a ribadire tutte le qualità per le quali era da anni ritenuta la miglior scuola per Heroes di tutto il Giappone, e forse la migliore al mondo. Di giorno in giorno le lezioni e gli allenamenti aumentavano d’intensità, o forse si trattava di un fattore percettivo: presumibilmente più andavano avanti, più loro studenti erano stanchi, ed ancor più lo diventavano con lo scorrere del tempo, dunque gli allenamenti erano sempre gli stessi, o forse erano stati programmati in un certo modo volontariamente… la verità era che non aveva la minima importanza. La bussola interiore di Ochaco, più che tutto, era orientata verso l’esame che si sarebbe tenuto fra qualche giorno, nel quale l’intera classe avrebbe cercato di ottenere la tanto agognata licenza temporanea da eroi. Si chiedeva, a parte la fatica, cosa passasse nella testa dei suoi compagni. Lei in particolare era spaccata a metà fra il desiderio che quella settimana terminasse, e con essa tutte le fatiche necessarie per il raggiungimento di quella dannata licenza, e l’ansia per la prova che avrebbero affrontato di lì a poco meno di una settimana. Quella forzata ricerca di una preferenza non era che un dubbio amletico assai fastidioso e completamente inutile, ma si concedeva di rimuginarci sopra poiché questo le permetteva di allontanare la mente da fatica e lavoro.
A proposito di allontanare il lavoro: con una conversazione avvenuta qualche ora prima, le ragazze avevano concordato che quella sera avrebbero passato del tempo tutte assieme. Se il giorno precedente avevano chiacchierato comodamente sedute sui divani dell’area comune del dormitorio, questa volta volevano rimanere nella camera di una di loro: intendevano fare a rotazione ed era il turno di Mina, la cui stanza si trovava al quarto piano del dormitorio, come quella di Ochaco. Ad ogni modo, la ragazza castana non si era resa conto che nel frattempo le ragazze l’avevano preceduta, e mentre lei se ne stava imbambolata fra i suoi pensieri, loro erano già uscite dagli spogliatoi, capì che doveva sbrigarsi e raggiungerle. Accidenti… due notti fa le era capitato di svegliarsi nel bel mezzo della notte e, siccome non riusciva a riprendere sonno, aveva deciso di prendere un po’ d’aria sul suo balcone. Alla fine era rimasta fuori forse fin troppo tempo, ed ora rimpiangeva quei preziosissimi minuti di sonno di cui si era volontariamente privata, poiché si era resa conto di essere molto più stanca del solito. Ne era una prova il fatto che lei fosse l’ultima ad uscire dagli spogliatoi, dato che non accadeva spesso. Smise di tergiversare, maledicendosi per essersi nuovamente persa a riflettere inutilmente, dunque chiuse la valigia, raccolse il suo zaino rosa, ed uscì lasciandosi andare la porta alle spalle.
Fuori, le sue compagne di classe la stavano aspettando: le raggiunse e insieme s’incamminarono verso la fermata del bus scolastico, il cui compito era quello di riportare gli studenti (principalmente quelli del corso per eroi) ai rispettivi dormitori dopo gli allenamenti nelle palestre che si trovavano in una diversa sezione della scuola, troppo distanti dalla loro destinazione perché si potesse percorrere il tragitto "a piedi", ossia servendosi del proprio quirk, in tempi utili per le lezioni, a seconda delle occasioni e degli orari. Il mezzo era già arrivato, in orario come sempre, in perfetto stile U.A. In un periodo normale sarebbe stato il professor Aizawa a decidere se gli studenti avrebbero raggiunto la Palestra Gamma, ossia la struttura che solitamente ospitava i loro allenamenti, per conto loro o a bordo di un bus scolastico, e ciò valeva sia per l'andata che per il ritorno: l'eroe neutralizzatore utilizzava questo metodo per appesantire, o alleggerire, ogni allenamento ai suoi studenti, cosicché essi fossero costretti a restare sempre all'erta ed ad abituarsi all'imprevedibilità di cui la vita di un eroe professionista è profondamente intrisa. Tuttavia, da quando la U.A. era finita al centro di polemiche, dubbi e lamentele di ogni tipo a causa delle spiacevoli situazioni di cui era ritenuta unica responsabile quali gli attacchi dell'Unione dei Villain alla U.S.J e nei terreni del gruppo delle Pussycats, il preside Nezu aveva deciso che ogni spostamento degli studenti in gruppo avrebbe dovuto essere controllato in maniera più rigorosa per banali questioni di sicurezza ed immagine mediatica. Dunque ora ogni viaggio di ritorno palestra-dormitorio di fine giornata avveniva obbligatoriamente in un autobus, per la gioia di un po’ tutti gli studenti, ed in particolare per quelli della 1-A che erano grati di avere una fatica in meno da compiere, dato il pesante periodo che stavano attraversando.
Nel tempo speso sull'autobus le ragazze chiacchierarono quel tanto che le loro stanche membra concedevano loro (e questo valeva per tutta la classe) anche con Ojiro, Koda, Kaminari e Tokoyami, che sedevano loro vicino. Ochaco era colpita dal semi-silenzio che regnava sovrano lungo tutto il mezzo, solitamente il brusio era molto più evidente, tuttavia era contenta di avere un’ulteriore conferma del fatto che la stanchezza era un problema che in quel periodo riguardava tutti quanti. Passò il breve viaggio di ritorno a guardare fuori dai finestrini ed a rivolgere una scarsa attenzione alle conversazioni sporadiche talvolta accennate da qualcuno.

E così dopo cena le ragazze effettivamente s’incontrarono nella stanza di Mina. Rimasero lì un’oretta e mezza a chiacchierare ed a spassarsela. Durante il ritiro nei boschi quelle studentesse e quegli studenti avevano già avuto un piacevole seppur faticoso (per motivi che non c’entravano direttamente con quella condizione) assaggio di cosa significasse vivere nello stesso luogo a stretto contatto gli uni con gli altri. Non si erano ancora abituate, né loro né i loro compagni maschi, a quella nuova convivenza scolastica, la quale era a tutti gli effetti obbligata. Riflettendoci, contro quegli ultimi terribili accadimenti da cui il Giappone era stato sconvolto non vi era contromisura migliore: era l’unica scelta da compiere, a prescindere dall’opinione singola di studenti e famiglie, favorevoli o contrari che fossero, le quali comunque avevano potuto decidere singolarmente se aderire all’iniziativa oppure andare a rivolgersi ad un altro istituto. Fortunatamente per il destino della U.A. erano poche le famiglie che avevano optato per la seconda opzione, tuttavia si trattava comunque di una perdita di studenti.
 Nonostante quest’alone oscuro che appesantiva quella condizione, la nuova esperienza cui erano obbligati gli alunni era comunque da loro senz’altro gradita. Andare a vivere con i propri amici più affiatati è un sogno assai comune fra gli adolescenti, e perlopiù loro non dovevano preoccuparsi di niente a livello economico-organizzativo: le spese erano tutte coperte dalla scuola, o per meglio dire dallo stato, dunque non c’erano problemi. Di certo a qualcuno pesava la maggiore distanza perenne dai propri genitori, dai parenti e dai vecchi amici che avevano intrapreso corsi diversi in altre scuole, ma il solo fatto di vivere a stretto contatto con persone della loro età generava in loro un’atmosfera di spensieratezza che solo un adolescente può conoscere e comprendere appieno. Ciononostante non erano nemmeno degli sprovveduti: erano perfettamente coscienti del motivo per il quale si trovavano tutti insieme in quel luogo, lontani dalle loro famiglie. Proprio per questa ragione tutti, chi più chi meno, cercavano di vedere il bicchiere mezzo pieno e di godersi tutti i piacevoli vantaggi di quella loro nuova condizione. Ecco perché, quella sera anche più del solito, le ragazze passarono insieme un sacco di tempo senza che se ne rendessero conto e bene o male restando lontane dalle loro preoccupazioni più intime. Risero un sacco alle battute idiote di Mina, ascoltarono gli aneddoti di YaoMomo colme di un divertito interesse ogni qualvolta lei cercasse di mascherare la sua provenienza da una classe sociale elevata fallendo miseramente, spettegolarono insieme seguendo la direzione di Tooru, sempre attenta ai vari gossip… non riuscirono a far cantare Kyoka che quella sera non se la sentiva molto. Ecco, quella fu l’unica nota storta, se così la si vuol chiamare, della serata, ma non era niente di che. E poi giocarono a giochi semplici come lo shiritori (ossia il gioco delle parole concatenate), volarono cuscinate violentemente scherzose e tanto altro ancora…
Giunse però, sotto astuto consiglio di YaoMomo (anche se a ben vedere si trattava più di un ordine) l’ora di tornare nelle rispettive camere, decisione appoggiata quasi all’unanimità, quantomeno sicuramente condivisa da Ochaco il cui senso di stanchezza non l’aveva abbandonata per tutta la sera, nonostante il divertimento. Percorrendo le scale del dormitorio ogni ragazza si dirigeva verso la propria camera spesso in coppia, dato che vi erano almeno due ragazze per ogni piano dell’edifico (escluso il secondo, che era vuoto), ragion per cui Momo si aspettava che Tsuyu sarebbe salita con lei, difatti la stava attendendo in procinto di salire le scale. La ragazza-rana invece si era inaspettatamente fermata poco prima. Quando la sua compagna di piano la chiamò rivolgendole perplessa una domanda implicita, lei le rispose di non preoccuparsi e di salire senza di lei.
“Volevo parlare un secondo con Ochaco.” 
“Ah capisco, allora buonanotte!”
“Buonanotte Momo.”
La ragazza-rana rivolse alla mora un cenno di saluto con la mano sinistra mentre con l’altra bussava tre volte alla porta di Ochaco, la quale era già tornata in camera e difatti, dopo qualche secondo, aprì la porta.
“Ciao Ochaco.” – La ragazza non si aspettava una sua visita a quell’ora.
“Ehi Tsuyu.” –  La salutò con fare interrogativo.
“Scusa se vengo qui a quest’ora, ma volevo parlarti.”
“Ah… beh entra.”
La padrona di casa, o meglio, della camera fece capire all’amica che poteva sedersi sul suo letto con un cenno della mano destra, nel mentre la sinistra era impegnata a strofinare l’occhio sinistro con veemenza. Purtroppo il tavolino sul quale era solita prendere il thé era dotato di una sedia soltanto, esattamente come la sua scrivania, perciò dovevano accontentarsi del letto se volevano parlare guardandosi in faccia comodamente.
Mentre chiudeva la porta sbadigliando esordì: “Allora dimmi pure.”
La ragazza dai capelli verdi attese che la compagna prendesse posto affianco a lei per poi rompere gli indugi ed andare dritta al punto, come suo solito: “Come sai Ochaco io sono una persona che dice sempre tutto quello che pensa”.
“Di recente ti ho vista sempre più pensierosa, talvolta distaccata e mi stavo chiedendo come mai, poi, ieri sera… beh a dirla tutta già lo sospettavo ma è diventato ovvio.”

Tsuyu faceva riferimento a quando la sera precedente le ragazze chiacchieravano comodamente sedute sui divani dell’area comune, momento che, doveva ammettere, anche Ochaco ricordava molto bene. Durante quella conversazione, poiché alle altre sembrava che lei fosse particolarmente distratta, Mina le aveva chiesto cosa avesse e lei aveva detto di sentire “come una sensazione di vuoto dentro”. Allora l’amica era saltata a conclusioni affrettate sostenendo che la ragazza fosse innamorata di qualcuno: ironia della sorte, ci aveva preso ma non poteva saperlo.
“Chi è il fortunato? Izuku o Iida?” le aveva chiesto.
Per l’imbarazzo lei si era coperta il volto con le mani, mettendosi involontariamente a fluttuare per la sala negando tutto, mentre le gote le divenivano un’unica sfumatura di rosso acceso. Mina e Kyoka avevano cercato di farle sputare il rospo ma non avevano ottenuto la risposta da loro cercata, dopo di che era intervenuta proprio la ragazza-rana, affermando che “non stesse bene impicciarsi”, indirettamente appoggiata da YaoMomo, che, come di consueto, ricordava a tutte che si era fatto tardi e sarebbe stato meglio se fossero andate a dormire. E così, mentre le ragazze si avviavano verso le loro camere, Ochaco, guardando fuori dalla vetrata, aveva notato Izuku intento ad allenarsi nonostante l’ora tarda, e si era persa a guardarlo per chissà quanto tempo senza nemmeno accorgersene.

A ripensarci la ragazza castana si sentiva riempire dall’imbarazzo… non sapeva nemmeno lei come avesse fatto, era stata veramente una stupida, per non parlare delle risposte per nulla credibili che aveva dato ai quesiti delle ragazze. Ad ogni modo aveva già intuito dove l’amica sarebbe andata a parare nell’attuale conversazione, difatti la vide avvicinarsi l’indice della mano destra vicino alla bocca come faceva sempre prima di porre una domanda, di cui, questa volta, pensava di conoscere in anticipo il contenuto, quantomeno per sommi capi.
“Ti sei resa conto di esserti letteralmente imbambolata a fissare Midoriya dalla finestra in quel modo strano subito dopo quello che le altre avevano detto?”
Scacco matto. Era stata beccata. Già sospettava che qualcuno se ne fosse accorto ma quella fu la prima conferma davvero incontrovertibile. Il tono mezzo divertito con cui Tsuyu aveva pronunciato la domanda la fece arrossire di vergogna.
Ochaco non riuscì a reagire dicendo qualcosa prima che l’amica l’anticipasse – “Sinceramente non capisco come abbiano fatto le altre a non accorgersene. Secondo me qualcuna ha capito ma non ha detto niente. D’altronde io ci sono arrivata, anche se avevo già qualche sospetto.”
“Ti prego non me ne parlare…” – disse affondando il viso color pomodoro nelle mani, questa volta però rimanendo attenta a non toccarsi con tutti e cinque i polpastrelli di ambedue le mani così da non attivare involontariamente il suo quirk, come invece era accaduto il giorno prima.
“Non so neanch’io come abbia fatto! È da un po’ di tempo che mi capita d’imbambolarmi in quel modo, prima solo ogni tanto, ma ora che viviamo qui tutti insieme mi accade molto più spesso.”
Sentendo Ochaco parlare con quel tono imbarazzato che solo lei sapeva fare, e che lei conosceva bene, la ragazza dai capelli verdi non riuscì più a trattenersi, era diventato impossibile. Scoppiò in una fragorosa risata condita da qualche occasionale “Cra” divertito. Ochaco, vedendo la sua amica, la quale non rideva spesso, ridere di lei, fu come colpita da uno schiaffo dritto al viso. Era scioccata, scioccata dal suo essere così tanto comicamente ingenua. Si era resa conto di quanto quella situazione facesse effettivamente ridere in senso positivo. Ripensò a tutte le volte nelle quali, dopo aver pensato a ciò che le aveva detto Aoyama, aveva avuto assunto atteggiamenti che non potevano che farla risultare quantomeno stravagante, per non dire bizzarra, agli occhi altrui. Era già successo troppe volte, ed in quel momento la ragazza castana fu convinta di aver capito cosa gli altri pensassero di lei quando si comportava in quei modi, anche se loro non ne conoscevano il motivo alla base: era comico. La risata dell’amica le fece capire qualcosa a cui mai prima aveva pensato: era ingenua, genuinamente, comicamente ingenua. Per questo motivo sul suo volto si formò un sorriso che dopo un attimo si tramutò in una risata lunga quanto quella della ragazza-rana. Andarono avanti almeno trenta secondi buoni, prima che Tsuyu, asciugandosi una lacrima divertita dal viso, parlasse di nuovo  –  “Cra. E dire che prima di ieri sera pensavo fosse qualcosa di grave. Sei una sagoma.”
Smise del tutto di ridere, ed Ochaco con lei poco dopo, poi la sua espressione si fece più seria  –  ”Sai Ochaco? Non ho ancora avuto modo di ringraziarti come si deve per avermi aiutata, una settimana fa.”
La ragazza castana non si aspettava che il discorso prendesse una piega simile così apparentemente diversa dalla precedente, il suo viso pareva perplesso, non aveva compreso subito a quale avvenimento l’altra stesse facendo riferimento  –  ”Di che parli?” – “Di ciò che è successo con Todoroki, Kirishima e gli altri…”

Parlava di quando, come classe, radunati dinanzi al letto in cui giaceva Midoriya ancora ferito, avevano discusso e valutato di un eventuale loro tentativo di salvare Bakugo, catturato dall’unione dei Villain durante l’attacco avvenuto durante il ritiro nei boschi. Midoriya, Todoroki e Kirishima erano fermamente convinti di non poter rimanere con le mani in quella situazione, dunque avevano deciso di agire all’insaputa di professori, adulti e qualsiasi altra autorità. Tsuyu invece si era opposta, tentando di farli desistere dai loro intenti, cercando di far capire loro che agire al di sopra delle regole come avevano intenzione di fare avrebbe reso loro e le loro azioni moralmente equivalenti agli stessi criminali contro cui centinaia di valorosi eroi combattevano faticosamente ogni giorno. Le sue parole, per quanto razionali, non avevano riportato i risultati sperati. I suoi compagni erano troppo determinati e per di più incapaci di mettere a tacere il senso di colpa che li attanagliava: sarebbero andati avanti per la loro strada, ma lei lo avrebbe scoperto solo più tardi.
Alla fine, sbagliando, nessuno di coloro che avevano assistito e partecipato al dibattito aveva denunciato gli intenti dei compagni ai docenti o a qualche autorità: quello era il motivo per cui il professor Aizawa li aveva severamente ripresi ed aveva rivelato loro che se le cose fossero andate diversamente lui non si sarebbe fatto problemi ad espellere tutta la classe all’infuori di Bakugo, Jiro e Hagakure: il primo per ovvi motivi, le seconde poiché quel giorno erano ancora ricoverate in quello stesso ospedale e dunque non potevano essere coinvolte nel misfatto o colpevoli di esso a prescindere. Ad ogni modo la ragazza-rana, riflettendoci a posteriori, riteneva di aver rivolto contro i suoi compagni parole fin troppo dure, dato che la loro iniziativa, per quanto azzardata e parecchio rischiosa, era andata a buon fine. Poco importava quanto avesse detto riguardo quella bravata l’eroe neutralizzatore, il quale le aveva di fatto dato ragione in maniera indiretta, pur non sapendolo e ritenendola comunque responsabile di quell’omertoso silenzio di classe tanto quanto gli altri; lei si sentiva lo stesso in errore per ciò che aveva detto.
A seguito di tutto ciò, Tsuyu non era riuscita ad eliminare i di sensi di colpa. Non era riuscita a godersi la loro prima giornata nel dormitorio come gruppo proprio a causa di essi. Quella sera non se l’era sentita di passare del tempo con i suoi compagni: non sarebbe riuscita a divertirsi e chiacchierare con i suoi amici come se non avesse mai rivolto loro parole a suo giudizio tanto pesanti. Dunque si era ritirata nella sua stanza, perdendosi così “il torneo delle camere”. Quando Ochaco era andata a bussare alla stanza della ragazza dai capelli verdi per chiederle se volesse unirsi a lei ed agli altri Tsuyu aveva rifiutato, spiegandole come mai preferisse passare la serata da sola anziché con i compagni.
Durante il giro delle camere i pensieri di Ochaco erano più volte corsi verso l'amica ed il suo triste stato d’animo. Capiva quel sentimento di colpevolezza, e le dispiaceva che l'amica soffrisse tanto per ciò che aveva detto. Dopo che la visita delle camere era terminata, la ragazza castana aveva deciso di andare un'altra volta da Tsuyu per vedere come stesse, ed aveva fatto bene: l'amica, dopo averle aperto, aveva ceduto ed era scoppiata in lacrime. Ochaco era rimasta colpita da quel pianto che le aveva mostrato in tutto e per tutto l'entità di ciò che la ragazza dai capelli verdi sentiva, entità che forse aveva sottovalutato come non avrebbe dovuto fare: aveva abbracciato e consolato la ragazza-rana, poi le due avevano parlato. Nel corso della serata che aveva passato da sola in camera Tsuyu aveva compreso che non doveva cercare un modo per convivere con quel senso di colpa, doveva solamente liberarsene al più presto, era la scelta migliore. Doveva andare incontro alle sue responsabilità e alle sue colpe verso i suoi amici, chiedendo il loro perdono nella speranza di poter così tornare a divertirsi e chiacchierare con loro tranquillamente, come aveva sempre fatto. Dunque, dopo essersi calmata, aveva comunicato ad Ochaco la sua decisione e le aveva chiesto di andare a chiamare per lei Izuku, Todoroki, Tenya, YaoMomo e Kirishima, affinché potesse scusarsi con loro per averli paragonati a dei criminali.
Dopo l’elezione di Sato a “Re delle camere”, i sette ragazzi si erano trovati ai piedi del loro dormitorio, dove aveva avuto luogo la fatidica conversazione, la quale era terminata fra le lacrime di quasi tutti. I suoi compagni avevano compreso i suoi sentimenti e accettato quelle scuse così sincere, scusandosi a loro volta per le loro azioni e ringraziandola per aver parlato con loro di tutto ciò. Tsuyu capì di aver compiuto la scelta giusta. E così i sette ragazzi avevano messo una pietra sopra quegli eventi. Finalmente, tutti avrebbero potuto cercare di ricostruire la loro normalità, nel tentativo di lasciarsi definitivamente alle spalle quel periodo tanto travagliato.

"Ah, capisco…" – Ochaco si era rabbuiata pensando a quella vicenda spiacevole – "In realtà non c'è bisogno di ringraziarmi: ti ho vista sofferente e mi sono preoccupata, niente di più. Sono contenta di come sia finita, nonostante tutto."
Tsuyu fissò i suoi occhi raneschi in quelli dell'amica  –  "Cra. Anch'io. Proprio per questo volevo ringraziarti per avermi aiutata. Hai pensato a come stessi e ti sei preoccupata per me.” – "Appunto ora mi sembrava che fossi tu quella bisognosa di una mano, e volevo restituirti il favore. Cra."
Ochaco ebbe l'impressione che l'amica le avesse detto qualcosa di molto importante, al di là della dichiarazione di affette e sincera preoccupazione per lei, che senz’altro le aveva fatto piacere…
“Ti ringrazio davvero molto Tsuyu, sei un’amica." –  Fece una pausa per riflettere un secondo, poi continuò – "In effetti c'è una cosa che mi fa stare male ma… è difficile, più che altro strano, perché non capisco bene neanche io in realtà. Cerco di spiegarti..."
Tsuyu annuì ranescamente, sperando di poter essere utile.
"Sicuramente è faticoso reprimere ciò che provo ma devo farlo, altrimenti mi distraggo e m'imbambolo come hai visto.”
 "Addirittura? È strano."
La ragazza castana si portò la mano sinistra dietro la testa ed accennò un sorriso  –  "Eh già… ma a quanto pare è così." –  "Mi preoccupo molto ogni volta che Izuku si fa male. Lui è sempre così convinto di voler salvare tutti che ogni volta si riduce in condizioni sempre peggiori e… vorrei che non accadesse più, ma so che è impossibile… Non so cosa fare sinceramente…” – seguì un silenzio di rassegnata riflessione per quanto riguardava Ochaco, nell'attesa che l'amica esponesse la sua opinione in merito.
"Ah capisco… Beh, il tuo in realtà è un sentimento positivo. Non c'è niente di male nel preoccuparsi per qualcuno, soprattutto se si tratta di qualcuno a cui si tiene." – Lo sguardo di Tsuyu trasmetteva una cristallina comprensione, che la ragazza castana colse. Annuì debolmente con una punta di sollievo, poiché era contenta di sentirsi confermare un qualcosa che già pensava. L'amica poi continuò: "E poi… è normale che accada: Izuku si butta sempre anche quando sarebbe più saggio evitare. Se qualcuno si trova in pericolo, niente e nessuno può contenere la sua forza di volontà. Che di per sé… è una cosa buona. L'unico problema è che quando si cerca di salvare tutti pensando solo a quell’obiettivo come fa lui, si finisce col dimenticarsi di sé stessi e di ogni rischio...”
Tale constatazione era tutto sommato semplice, eppure ad Ochaco, dopo aver sentito quanto aveva detto la ragazza-rana, tornò improvvisamente in mente un episodio per lei molto importante della sua infanzia, del quale per qualche motivo aveva rimosso il ricordo fino a quel momento…
Una folla di persone si era raccolta lungo il bordo di una strada, tutti osservavano un eroe che stava affrontando un villain. Lei si trovava in mezzo a quelle persone tanto più alte di lei, suo padre le teneva una mano sulla spalla per rassicurarla, e come lui anche sua madre le stava a fianco. La sua mente di bambina cercava di processare quello che stava accadendo, ma non ci riusciva, era tutto troppo veloce per lei: l’eroe vinse la sua battaglia, e decine di grida di esultanza si levarono verso il cielo azzurro. Nemmeno allora capì come dovesse comportarsi. Solo quando, voltandosi, vide la gioia che aveva pervaso anche i volti dei suoi genitori assunse quello che da quel momento in poi sarebbe diventato il più solare e tipico dei suoi sorrisi.
Quella fu la prima volta che vide un eroe in azione. Imparò ad amare la gioia che eventi del genere regalavano a lei ed a coloro che la circondavano. Tuttavia, già a seguito di quell’episodio nella sua neonata coscienza aveva preso vita anche un vasto dubbio che non sarebbe mai scomparso, ma che si sarebbe invece limitato a rimanere sopito fino a qualche tempo prima. Gli ultimi eventi della vita di Ochaco avevano fatto si che esso prendesse nuovamente forma nella mente della ragazza, che, finalmente, ne aveva carpito la presenza ma soprattutto la natura gravosa. Era quello l'interrogativo che la inquietava, non poteva che essere quello, ora che ci rifletteva meglio. E pensare che lo si poteva ridurre ad una sola domanda…
Chi protegge un eroe, quando è lui ad essere in difficoltà?”

Ochaco ebbe l’impressione che un intricato rompicapo si fosse risolto nella sua mente. Era come se la soluzione a quel problema fosse sempre stata lì ma lei non l’avesse mai notata, ed ora che Tsuyu con le parole l’aveva aiutata a raggiungerla la ragazza castana stava subendo uno shock pari a quello che scaturisce quando si viene colpiti da una porta in pieno volto all’improvviso. Finalmente aveva scovato le radici di quel suo dubbio, ed aveva compreso che lei non era solo infatuata. Lo era già stata in passato, alle medie, ma questa volta c’era qualcosa di diverso di cui finora non si era accorta minimamente, a cui non aveva pensato per nulla. Lei amava Izuku e gli era grata di tutto ciò che faceva, tutti gli aiuti che aveva dato a lei, a tutti e tutto il resto, tuttavia, era più che semplicemente innamorata di lui: lei voleva proteggerlo.
Era così semplice. Così semplice da lasciarla di stucco per tre secondi buoni, difatti la ragazza dai capelli verdi si era resa conto che, dopo la sua ultima frase e forse proprio a causa di essa, la sua amica sembrava avere la testa fra le nuvole: le pupille le si erano spalancate e le si era come illuminato il viso. La ragazza-rana se n’era accorta.
“Ochaco? Tutt’a un tratto la tua espressione è cambiata di colpo…”
Lei, invece, non se n’era nemmeno accorta. – “Ah davvero? Non ci avevo fatto caso” – Ed era vero. Eccome se lo era, ora che ci pensava. Si sentiva proprio meglio, finalmente aveva capito. Ma che cosa avrebbe fatto adesso? A causa di questo quesito il suo cervello era andato come su di giri, poiché stava pensando a troppe cose contemporaneamente e non riusciva più a concentrarsi su nulla di specifico. Non riusciva a capacitarsi di ciò che aveva capito ed al contempo era stupita di non esserci arrivata prima, sentendosi chiaramente molto stupida. Nella sua testa era tutto molto confuso, l’unica cosa di cui era certa era che ora si sentiva meglio, decisamente meglio. Cercò di riafferrare un qualche sprazzo di razionalità e lucidità, entrambe mancanti data l’ora tarda e la sua premente stanchezza, così da mettere in fila ciò che ora doveva o pensava di dover fare. Innanzitutto doveva un qualche tipo di spiegazione a Tsuyu.
“Tsuyu, so che quello che sto per dire potrà sembrarti assurdo, ma… le tue parole mi hanno aiutata. Come ti dicevo, da un po’ di tempo  provavo un senso di inquietudine verso i miei sentimenti per Deku che mi faceva star male senza nemmeno che io ne capissi la ragione. Ora però penso di aver capito, e mi sento davvero molto meglio.” – Tradurre simili pensieri in parole non era affatto facile, e per di più appunto lei era molto stanca: il risultato era quello che era. La ragazza-rana dal canto suo non sapeva bene come reagire a tutto ciò, era quasi stranita, anche se era stata contagiata dall’aura di radiosa contentezza che ora l’altra sprigionava: a quanto pareva andava tutto bene, dunque poteva smettere di preoccuparsi. – “Wow, non me l’aspettavo. È stato davvero molto veloce. Beh, meglio così allora, sono contenta di averti aiutata. Cra.” – Ochaco la ringraziò nuovamente di cuore. Non aveva capito bene che cosa l’amica avesse sbrogliato nella sua testa, ma vedeva che stava meglio, ed era sinceramente contenta per lei. Le due concordarono di rimandare una più precisa spiegazione ad un altro momento, e di andare a dormire. Sulla soglia che separava la stanza ed il lato sinistro del corridoio del quarto piano si strinsero vicendevolmente in un abbraccio affettuoso e si diedero la buonanotte.

Non potevano saperlo, ma l’aiuto che le due si erano scambiate in quel periodo aveva sancito per il loro rapporto il raggiungimento di un nuovo livello di profondità e supporto reciproco, che sarebbe poi cresciuto sempre più nel corso del tempo. Da quel momento avrebbero condiviso sempre più esperienze insieme, a partire dall’apprendistato dalla Dragon Hero Ryukyu, e la loro amicizia si sarebbe rafforzata notevolmente. Erano davvero diventate due amiche.

Richiusa la porta della camera, mentre finiva di sistemare vestiti, quaderni e libri ed iniziava a prepararne di altri per il giorno successivo, Ochaco incominciò a riflettere in maniera più profonda sul suo nuovo status psicologico riguardo i sentimenti che provava per Izuku: si rese conto di sentirsi pervasa di una strana trepidazione, un’eccitazione degna di un thé assai ricco di teina come quelli che prendeva di solito al mattino per arginare e rimandare gli effetti del suo sonno incombente. Che tempismo assurdo, proprio ora che doveva decisamente andare a dormire si sentiva così allegra, così pimpante. Avrebbe dovuto essere infastidita, ma non lo era poiché un quel suo senso di dolce soddisfazione copriva tutto il resto. E su queste note di contentezza, la ragazza finì di sistemare ciò che doveva e si mise a letto. Fortunatamente, si addormentò prima di quanto avesse immaginato, ed il suo fu un sonno completamente privo di disturbi, come non ne faceva da un po’.



 

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Spazio autore:
Ci è voluto più tempo di quanto avessi previsto ma eccomi tornato con il secondo capitolo. A posteriori devo dire che ho decisamente fatto bene ad attendere di pubblicarlo, poiché questo capitolo (ed in particolare il terzo) avevano ancora bisogno di una massiccia levigazione conclusiva, la quale ha portato degli ottimi frutti. Per quanto riguarda questo capitolo mi sono sbizzarrito nel tentare di rendere la vita alla U.A. concreta, dettagliata, reale com'è la vita che tutti viviamo: ho inserito molti dettagli di fatto supplementari che spero siano stati di vostro gradimento. 
Come sempre vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato leggendo questo mio scritto, e sono sempre curioso di conoscere il parere di chi legge quanto scrivo. 
A questo punto rimane solo il terzo ed ultimo capitolo, che ho ancora intenzione di rifinire (più che altro ricontrollare) un'ultima volta prima di pubblicare. 
Questa fanfiction mi avrà preso in totale (fra inizio scrittura e fine pubblicazione) circa cinque mesi. Mi fa strano pensare di essere vicino alla fine, ma tant'è.
Alla prossima.
-Anonimo_21 

 

   
 
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