Shurtugal…….……
L’eco
del suo vero nome rimbombò ancora
e ancora nella sua testa lasciandolo in un dolce stordimento. Poi il
buio
avvolse nuovamente tutto ed Eragon si svegliò con
l’odore di terra umida nelle narici
e la sensazione di freddo là dove il muschio bagnato dalla
rugiada mattutina aveva
inumidito i vestiti.
Ancora immobile
allargò la sua mente e
chiamò Saphira. La risposta della dragonessa non
tardò ad arrivare.
Sono sopra di
te piccolo mio
Al suono della
sua voce Eragon aprì gli
occhi e sorrise, in quel momento la sua grande ombra passò
sopra la radura
oscurando per un secondo la luce filtrata dalle alte chiome degli
alberi.
Il ragazzo fece
per alzarsi, era ancora
un poco stordito, quando l’improvvisa fitta al petto gli
ricordò il taglio
provocato dalla spada di Oliviana. Come un torrente in piena, gli
tornarono in
mente tutti gli avvenimenti della notte passata. L’irruzione
del sicario, la
morte terribile di Miriam e Lidia per mano dei Ra-zac,
l’arrivo di
Saphira e alla fine, proprio quando tutto sembrava perduto, lo scoppio
di quella
luce bianca e il candore che li aveva avvolti e portati via.
Saphira
atterrò leggera sul terreno
umido e guardò Eragon. Un cavaliere come te non
dovrebbe lamentarsi per un
graffio così piccolo Lo rimproverò
bonariamente facendo ondeggiare la coda a
destra e a sinistra.
Eragon
aggrottò appena la fronte. Un
piccolo graffio dici?... sbuffò lui fingendosi
per un attimo offeso. Saphira
schioccò le labbra divertita.
Hai per caso
idea
di dove ci troviamo? Le chiese lui
cambiando
argomento e andando incontro alla sua compagna di “di cuore e
di mente”.
Gli occhi di
Saphira scintillarono. Data
l’estensione della foresta non possiamo che trovarci nella
Stonewood. Ma non è
tanto il dove a sorprendermi, ma come ci siamo
arrivati.
Eleonor mi
stava guardando quasi in lacrime. Iniziò
a ricordare
Eragon.
Poi ha
sprigionato quella luce. È stato come… ritornare
alla Volta delle Anime! Si rese conto in
un attimo. Eragon alzò
lo sguardo su Saphira che lo stava ancora guardando con i suoi grandi
occhi
zaffiro.
E’
stato il potere dei nostri veri nomi a
portaci qui, anche se non credo che Eleonor ne fosse pienamente
cosciente. Concluse lui
alla fine.
Lo penso anche
io. gorgogliò
Saphira. Ma lei non è qui…
A quelle parole
Eragon si guardò
intorno. Non ci mise molto a capire che non erano soli nella radura.
Nascosto dai
lunghi fili d’erba, riconobbe per primo Par e più
in la, scoprì con stupore che
con loro c’era anche Oliviana.
È
ancora
addormentata. L’ho tenuta d’occhio fino ad ora. Si
affrettò ad informarlo Saphira. Eragon aveva
già lanciato una breve sonda mentale verso il sicario. La
donna era completamente
incosciente. Il giovane le si accostò e con cautela le tolse
le armi che aveva
con sé e le scrutò con attenzione il viso. Era
pallido e teso. – Qualcosa non
va in lei… - iniziò a dire ma la sua attenzione
venne ancora una volta richiamata
dalla voce Saphira.
Eragon anche Par
si sta svegliando. Presto vieni!
Eragon corse
subito accanto all’elfo e
prima che potesse muoversi gli posò una mano sulla spalla e
gliela strinse con
decisione:
- Non ti alzare
subito, aspetta un
attimo. Non capita tutti i giorni di udire il proprio nome
nell’antica lingua –
gli disse sentendolo tremare come una foglia.
- Eleonor?!
– chiese l’elfo con un filo
di voce.
– Lei
non c’è Par – Par scansò
subito
la mano del cavaliere e ignorando le sue raccomandazioni si mise in
piedi
continuando a tremare.
- Cosa vuoi dire
non c’è? – chiese
barcollando sulle gambe. Eragon non poteva aiutarlo e scosse la testa,
desolato,
mentre veniva investito da tutto il dolore e la sofferenza di Par.
- Era nostro
dovere proteggerle. Lidia
e Miriam…non…non si meritavano una fine
così - disse senza riuscire a finire la
frase e crollando miseramente sulle ginocchia. Eragon
scambiò un breve sguardo
con Saphira, entrambi erano consapevoli del grande debito nei confronti
delle
due donne e di Eleonor.
- Tutto quello
che so è che dobbiamo
ringraziare lei se ora non siamo tutti nelle mani di Isobel –
a quelle parole
il volto di Par si fece ancora più scuro, poi
l’elfo incespicò verso Saphira, sganciò
il suo zaino appeso alla sella e tirate fuori le carte
iniziò ad osservarle con
sguardo febbrile. Le sue piccole dita iniziarono a muoversi sulla carta
ripercorrendo
il percorso che lui stesso aveva tracciato. – Dove siamo
adesso? – bofonchiò più
che altre a sé stesso.
Eragon gli si
avvicinò guardandolo con apprensione.
Abbassò con una mano il bordo della cartina e
cercò il suo sguardo.
- Par ti avevo
messo in guardia sul
fatto che i sogni premonitori non si rivelano mai per quello che
sembrano –
Par
annuì, continuando a guardare la
carta. – Lo so, me lo avevi detto, ed ora dovrò
convivere con il peso della loro
morte per il resto della mia vita –
- Anche io sento
un enorme peso nel
cuore, ma so che devo andare avanti e che non posso addossarmi tutta la
colpa di
quello che è successo -
- Infatti
è stata tutta colpa mia
Eragon –
- Non
è stata neanche tutta tua Par.-
- Non
è quello che continua a gridare
la mia coscienza –
Eragon
sospirò - Le nostre azioni hanno
delle conseguenze Par. La sola cosa che possiamo fare è
convivere con le scelte
facendo del nostro meglio con i mezzi che ci vengono dati. Oggi il fato
ci sta
mettendo di fronte a percorso difficile, ma questa volta possiamo fare
la
scelta giusta –
Par lo
guardò interrogativo – Cosa vuoi
dire con questo? – chiese.
Eragon allora
rivolse il suo sguardo
verso Oliviana. Alla vista del sicario Par sgranò gli occhi
pieno di orrore - È
la donna ha fatto uccidere Miriam e Lidia! – l’elfo
tremò dalla rabbia.
–
Perché è qui? –
- A quanto pare
anche lei è stata
risucchiata dalla magia di Eleonor – Disse.
Senza alcun
preavviso Eragon vide Par
tirare fuori dalla sua cintura uno stiletto – Questa donna
merita di morire -
disse facendo un passo in avanti con l’arma bianca stretta a
pugno tra le mani.
- No Par! Non
possiamo farlo – Eragon
fermò la sua mano con fermezza ma senza usare la forza. Par
lasciò la presa
sulla lama e voltandosi verso Eragon lo guardò furente.
-
Perché mi hai fermato? Hai detto tu
che dobbiamo agire con i mezzi che ci vengono dati. Sai meglio di me
che
meriterebbe di essere lasciata qui alla mercé delle belve
feroci – gli urlò Par
esprimendo tutto il suo disprezzo.
Eragon sostenne
lo sguardo dell’elfo – È
completamente indifesa Par non ha la possibilità di
difendersi –
Par scosse la
testa. - Come puoi mostrarti
tanto comprensivo dopo aver visto quello che ha fatto? -
- Tu mi stai
chiedendo di porre fine a
una vita. Nessuno dovrebbe arrogarsi pe sè un tale diritto -
- Allora cosa
vuoi fare con lei? – rispose
arrendendosi alle sue parole.
- Per adesso la
porteremo con noi.
Decideremo cosa fare strada facendo – Par sgranò
gli occhi ma non replicò.
Eragon sei
certo di quello che fai? Gli
domandò
Saphira poco dopo.
Sì
Saphira rispose Eragon
avvicinandosi a lei per smontare la
sella dal suo dorso.
- Ci accamperemo
qui in attesa del suo
risveglio –
**
A
metà pomeriggio l’assassina cominciò
a muoversi e ad agitarsi. Eragon le posò preoccupato la mano
sulla fronte.
Scottava.
- Per favore Par
portami una scodella
d’acqua e degli stracci. Par eseguì quello che gli
era stato detto e si
accoccolò ai piedi di un albero ad osservare i gesti del
cavaliere.
Eragon si
ricordò di quado in fuga fa Gil’ead
aveva sondato la mente di Arya per scoprire il motivo del suo lungo
sonno e
come lei stessa lo avesse informato del veleno che la stava uccidendo e
di come
creare il suo antidoto. Ora aveva intenzione di fare con stesso con la
mente
del sicario.
Informò
Saphira della sua idea.
Che cosa ne
pensi? Le chiese una
volta esposto il piano
nei dettagli.
Va bene
provaci, ma stai attento! Questa donna conosce le arti magiche. Anche
se è
debole e disperata potrebbe decidere di fare gesti estremi pur di
ritornare
libera.
Starò
attento. Le fece Eragon
con un lieve sorrise.
Eragon
guardò Oliviana intensamente
prima di inginocchiarsi al suo fianco. Chiuse gli occhi e rompendo le
barriere
della mente entrò in quella del sicario.
Come doveva
aspettarsi era ben protetta.
Eragon ne saggiò prima la forza. Era molto resistete. Ogni
barriera, però,
aveva un suo punto debole e questa non faceva eccezioni.
Così si mise ad esplorare
ogni centimetro della sua superficie fino a quando non
incontrò una
piccolissima falla. Era quasi invisibile ma c’era.
Dopo una serie
di tentativi andati a vuoto
la barriera incominciò a cedere. Lentamente
iniziò a sgretolarsi e quando alla
fine si sgretolò del tutto Eragon esultò per il
successo. La sua felicità durò
poco. Non appena varcata la soglia, infatti, la barriera si
rialzò con una
rapidità sorprendete. Era una trappola!
Eragon non fece
in tempo a rendersi
conte di cosa stava accadendo che una forza lo afferrò per
la gola e cominciò a
stritolarlo.
No…non
ti vo… voglio
fa... fare male, sono venuta per aiutarti. Riuscì
a dire nell’antica lingua.
Oliviana
fermò l’attacco ma le barriere
erano ancora alte.
Perché
lo fai? Gli chiese
mentalmente.
Eragon sapeva
che la sincerità era
l’unica arma capace di far breccia nella mente del sicario.
So cosa
significa la sofferenza che provi. Anche io mi sono trovato di fronte a
me
stesso. È difficile sopportare il peso della
verità.
A quelle parole
Oliviana si ritrasse
d’istinto. Tutto il suo essere fu di nuovo scosso da potenti
tremiti. Fu
costretta a lasciare la sua presa sul cavaliere che di nuovo libero,
però, non
accennò allontanarsi.
Scaccia via la
paura. Devi reagire! La
incitò lui
mettendoci tutto se stesso nelle sue parole.
Il tuo corpo
è
rimasto incosciente per tutto il pomeriggio e hai la febbre alta.
E tu hai
pensato di entrare nella mia mente per vedere cosa stava accadendo?
Sì,
più o meno
era quella l’intenzione.
Eragon
continuava a starle accanto. Una
nuova ondata di pensieri e ricordi prese a balenargli davanti agli
occhi. Aveva
sempre creduto di meritare di essere sola. Per tutta la sua vita aveva
ricevuto
solo disprezzo dagli altri, tranne da Isobel.
Così,
almeno, aveva creduta fino a quel
momento. Perché ora quegli stessi ricordi le apparvero sotto
la luce adamantina
della verità dell’antica lingua. Senza trucchi o
sotterfugi vide come era stata
lei stessa a crearsi quel guscio protettivo fatto di odio rancore che
non aveva
permesso a niente e a nessuno di avvicinarla rendendola insensibile al
mondo
esterno. Un mondo che, se solo lo avesse voluto, le avrebbe aperto le
sue
porte.
Grazie al
sostegno di Eragon Oliviano non
si lasciò travolgere di nuovo da quei ricordi e la seconda
volta che guardò la
verità negli occhi si aggrappò a lui con tutte le
sue forze. Nell’oscurità della
sua disperazione le era stata tesa una mano e Oliviana aveva scelto di
afferrarla.
Lentamente, ad
una ad una, le barriere
intorno alla mente del sicario iniziarono a dissolversi. Eragon
l'aiutò ad
emergere dall’angolo buio della sua coscienza in cui si era
rifugiata.
Era passata
un’ora da quando finalmente
Eragon aprì gli occhi.
Il suo voto era
contratto come tutti i
muscoli del suo corpo. Accanto a lui anche Oliviana stava riprendendo
lentamente
i sensi. Par da lontano li stava osservando a debita distanza, era
profondamente
colpito.
Ci
sei riuscito piccolo mio! Gli fece
subito Saphira.
Eragon
ricambiò il commento con un sorriso, era
ancora parecchio scosso.
Oliviana,
intanto, aveva aperto gli occhi, e si
stava tirando su. La testa gli faceva male. Eragon fece per aiutarla,
ma la
donna lo scansò via con violenza. Con una
velocità sorprendente il sicario
prese un piccolo coltello da dentro il suo stivale sinistro, unico
oggetto
sfuggito alla perquisizione e lo puntò fulminea contro il
collo del cavaliere
Saphira le
ringhiò minacciosa. Ma la
sua lama era troppo vicina al collo di Eragon perché la
dragonessa potesse fare
qualcosa.
- Che
cosa stai facendo! Oliviana? - gli chiese
Eragon, guardandola con stupore.
-
Illuso! Ti ho permesso di aiutarmi, solo per
riuscire a svegliarmi! - Gli disse con disprezzo. Gli occhi di Oliviana
si
chiusero a fessura, ed Eragon ebbe l’impressione che stesse
per affondare la
sua lama. Chiuse gli occhi pronto a ricevere il colpo fatale, ma
proprio in
quel momento, la donna ebbe uno svenimento.
Indebolita dalla
febbre, gli cadde il
coltello dalle mani, e si accasciò su un ginocchio.
-
Maledetto! - sibilò a denti stretti
Eragon
colpì il coltello con un calcio e lo lanciò
lontano. Poi prese la donna per i polsi, e la fece alzare.
- Che ti
avevo detto, sarebbe stato meglio
lasciarla li, dove era, e andarcene via – fu il solo commento
di Par alle sue spalle.
Ma
Eragon non voleva arrendersi, anche se i
fatti gli diceva il contrario.
Eragon,
sono fiera di te, ma spero tu sappia
cosa stai facendo. Non mi fido di lei. Per ora non può
nuocerci, ma quando avrà
ripreso le forze non sarà così.
Forse dovresti
tenere in considerazione l’idea di Par…non
è del tutto sbagliata.
Lo
so. le
rispose deciso Eragon, lo sguardo teso, che si rilassò non
appena si girò dalla
sua parte:
Per
questo dovremo tenere gli occhi
vigili, Tu ed io.
Eragon… Ma
il
ragazzo le aveva già voltato le spalle per concentrarsi su
Oliviana che continuava
a guardarlo con odio.
- Beh,
che tu lo voglia o no, ora verrai con noi
– gli disse con tono di voce duro.
- E chi
vi dice che io sia d’accordo! -
Oliviana,
non gli avrebbe mai dato la soddisfazione
di mostrarsi indifesa di fronte a lui. Ma in quel momento lo era. Il
cavaliere
gli aveva salvato la vita, quando avrebbe potuto lasciarla
morire…Perché
lo aveva fatto?
- So che
sai usare la magia, ma non credo ti
convenga scappare, questi luoghi sono pericolosi anche per una come te.
Inoltre, con Saphira, non sarebbe difficile riprenderti. –
Gli
occhi dell’assassina si spalancarono nel
vedere Saphira avvicinarsi con uno dei suoi occhi azzurri, e scocciarle
con la
lingua un sonoro ammonimento.
- Molto
bene, ci rimetteremo in viaggio domani
mattina –
-
Perché non ora? - gli fece eco Par da dietro.
- Molto
presto farà buio e sotto la boscaglia
l’oscurità ci raggiungerà anche prima.
Io e Saphira potremmo orientarci anche
senza luce, ma tu e Oliviana no -
- Cosa
facciamo con lei? – gli chiese Par
guardando la donna.
- Le
legheremo le mani, per ora, e organizzeremo
dei turni di guardia -
Oliviana
guardò prima Par poi Eragon, con occhi
di fuoco. Si lasciò legare le mani, ma prima che Eragon
potesse scostarsi da
lei, gli si avvicinò ad un orecchio, e gli
sussurrò con un ghigno
- Stai attento
Cavaliere, perché
tornerò presto libera e quando lo farò
colpirò te o la tua dragonessa con tale
forza che ti pentirai di avermi aiutata. Nulla è
più importante della mia vita -
Poi si
accasciò su un fianco, sfinita. Eragon
non le rispose neanche, ma sentì un brivido dietro la
schiena mentre si allontanava
da lei.
Cosa
ti ha detto? Non potevo sentirvi. Gli chiese
Saphira, una volta che si fu allontanato
da lei. Probabilmente era stata la stessa Oliviana a schermare la loro
conversazione, Eragon si girò un attimo a guardarla
Niente
d’importante Saphira…
- Ora dobbiamo
mangiare qualcosa e andare a riposare
– finì di dire rivolgendosi a Par.
Saphira
conosceva troppo bene Eragon per capire
quando qualcosa lo turbava. La dragonessa emise un sonoro sbuffo di
protesta,
non gli piaceva che ci fossero segreti tra loro.
Senza staccargli
gli occhi da dosso
Saphira si accoccolò accanto a uno degli alberi che
circondavano la raduna,
mentre Eragon si adoperava a preparare la cena.
Finito di
sistemare una pentola sul
fuoco il ragazzo la raggiunse e, appoggiandosi con la schiena al ventre
della
dragonessa, si abbandonò al suo calore.
Saphira era
abbastanza dentro i
pensieri del suo cavaliere da sentire il suo animo in subbuglio. Con la
punta
della lingua gli sfiorò delicatamente una mano, Eragon la
ricambiò con un
flebile sorriso.
Eragon se non
conosco chi abbiamo di fronte, non posso proteggerti.
Eragon rimase un
attimo in silenzio,
sapeva perfettamente a cosa si stesse riferendo Saphira.
Sentì il respiro caldo
della dragonessa soffiargli sul collo mentre aspettava una risposta. E
così
Eragon le raccontò tutto: cosa aveva visto entrando nella
mente del sicario, di
come la magia di Eleonor l’avesse costretta a mettersi di
fronte alla verità
sulla sua vita, e di come lui aveva cercato di restarle vicino. Gli
descrisse
le sue sensazioni, di come le era sembrata una creatura indifesa in
quel
momento; e infine di come era cambiata al suo risveglio, quando
l’aveva
aggredito, e poi gli aveva parlato.
Deve
aver schermato la conversazione…nonostante
fosse molto debole
È
molto forte. Non
credo sia prudente da parte nostra ignorare
quella
minaccia.
Intanto
dall’altra parte del fuoco Par
era intento a osservare la carta del territorio. l’Elfo si
era ormai abituato
alle silenziose chiacchierate tra Eragon e Saphira e lo scambio di
sguardi durante
i quali sembrava trascorrere un’eternità non lo
stupivano più come prima. Ma
quel giorno i due compagni, avevano un nuovo spettatore.
Par, vide
chiaramente Oliviana,
dall’altra parte del fuoco, che gli osservava con troppo
interesse; sguardo che
distolse subito, quando si accorse che l’elfo la stava
osservando.
Quella
sera consumarono un pasto leggero,
attingendo alle loro ultime provviste.
Finita
la cena, discussero sul tragitto da
percorrere il giorno seguente:
Nella
sua perlustrazione, Saphira aveva
stabilito che si trovavano nel margine occidentale della foresta.
Avrebbero
avanzato verso nord-est, attraversato il fiume Adamante che passava nel
mezzo
della foresta tagliandola in due, e poi dritti a nord fin nel cuore
della Stonewood.
Più
volte lo sguardo di Par si rivolse a
Oliviana, la donna non smetteva di osservarli rendendo l’Elfo
sempre più
nervoso.
Prima di
coricarsi stabilirono i turni di
Guardia. Eragon insistette per fare il primo turno, poi sarebbe stata
la volta
di Par.
Giunse
la notte, e con lei il silenzio calò
nella piccola raduna, interrotto solo dallo scalpitio del fuoco che
ardeva vivace
ad un lato e dal respiro sonoro di Saphira.
Eragon
era appoggiato al tronco di un albero,
osservava vigile la raduna intorno.
Ogni
tanto, il suo sguardo andava nella
direzione di Oliviana.
L’assassina
era di spalle, e il
cavaliere non poteva vederle il viso, ma, dall’altra parte
del fuoco, Oliviana
non dormiva e sotto il caldo della coperta sentiva lo sguardo del
cavaliere.
Un
sentimento di odio cominciò a crescere in
lei. Ma non era solo quello. Qualcosa di più forte, si stava
facendo spazio nel
suo cuore, qualcosa, che la giovane donna non sapeva se sarebbe stata
in grado
di gestire. Era quella stessa sensazione che aveva provato guardandolo
negli occhi.
Oliviana
cercò in tutti i modi di distogliere la
mente da quel pensiero.
Da che
parte la si guardava, la sua situazione era
disperata. Isobel doveva essere furiosa con lei per aver
così miseramente
fallito: la bambina era fuggita, i Ra-zac dispersi, e il cavaliere e il
suo
drago ancora in libertà.
Messo da parte
il suo orgoglio, dovette
ammettere che solo i quei mostri, ora, potevano tirarla fuori di quella
situazione,
ma, da quando si era svegliata, non era riuscita a percepire la loro
presenza
da nessuna parte.
Esausta,
si lasciò cullare ancora un poco dal
calore del fuoco. La coperta, notò con un brivido, le era
scivolata via
lasciandole le spalle scoperte. Fece un vano tentativo di rimetterla a
posto,
ma le corde che gli legavano i polsi glielo impoedrono. Venne scossa da
un
altro brivido poi li sonno prese il sopravvento e la giovane donna
scivolò nell’oblio.
Un
momento prima di addormentarsi, però, ebbe la
netta sensazione di una mano che le sistemava delicatamente la coperta
sulle
spalle. Si girò appena in tempo per intravedere una sagoma
scura che andava a
sedersi dall’altra parte del fuoco, poi solo il buio.
***
Arold
convocò l’ambasciatore quello
stesso pomeriggio per comunicargli la decisione del consiglio e
rifiutare il
compromesso della regina.
Asha non
batté ciglio mentre il re gli
esponeva il verdetto.
- Siete
consapevoli delle conseguenze
del vostro gesto? - si limitò a dire con voce melliflua. Ad
assistere alla
convocazione erano che pochi rappresentanti del consiglio e
nessun’altro.
- Più
che consapevole – rispose il re.
- La vostra ambasciata ha tempo fino a questa sera per lasciare
l’isola. –
Il volto di Asha
si contrasse in un lieve
spasmo agli angoli della bocca mentre faceva dietro front dalla sala
del trono
ed usciva. Una volta al suo esterno si guardò intorno con
sguardo furtivo ed
aprì con cautela la sua mente
Abbiamo poco
tempo
per agire. Ci stanno mandando via, dovrai agire subito.
È
tutto sotto
controllo ambasciatore Asha. L’ho già con me. Gli rispose una
voce femminile piena di
entusiasmo.
Molto mene. Noi
vi attenderemo al largo come da piano.
***
Arrivata la sera
Reafly stava
rientrando nella sua stanza completamente esausto e dolorante dopo il
suo secondo
giorno di allenamento con le spade. Stava percorrendo un lungo
colonnato quando
sentì una mano afferrarlo alle spalle e trascinarlo dietro
uno di pilastri e mettergli
una mano sopra la bocca.
Reafly
lottò inutilmente contro la
presa ferrai del suo aggressore poi due labbra si avvicinarono al suo
orecchio
per sussurrargli qualcosa.
- Reafly sono io
non urlare ti prego – Reafly
si immobilizzò, avrebbe riconosciuto quella voce ovunque.
- Rebekha?!-
chiese incredulo. La sorella
allentò la sua presa e lo fece girare per abbracciarlo con
forza. Ma dall’altra
parte Reafly non ricambiò il gesto.
-
T…Tu cosa ci fai qui? - chiese invece.
- Sono qui per
te, ovvio sciocchino!
Ed anche per questo – disse mostrandogli una escrescenza
tondeggiante da sotto
una sacca che teneva in spalla.
Quella forma
saltò subito all’occhio
del ragazzo che non ci mise molto a capire. - Hai rubato un uovo di
drago? – chiese
Reafly che ancora non riusciva a capacitarsi di avere di fronte a lei
la
sorella in carne ed ossa.
- Ho solo preso
ciò che è nostro
per diritto di sangue – gli rispose lei. Reafly non
riuscì a riconoscere la
sorella in quelle parole così altisonanti, molto
più adatte a qualcuno come l’ambasciatore
che a lei.
Improvvisamente
guardò allamato Rebekha,
si era appena reso conto della rete tessuta tutto intorno a loro che
gli
impediva di avvertire la presenza di Gleadr e di chiunque altro. Non
poteva
credere che fosse opera della sorella ma a parte lei Reafly non vedeva
nessun
altro e l’ambasciata aveva lasciato il porto da tempo. Stava
per chiederle come
avesse fatto quando la sua attenzione venne attirata da una serie di
scricchioli.
I due fratelli
abbassarono insieme lo
sguardo. L’uovo dentro al sacco si stava schiudendo.
Reafly
guardò la sorella con crescente
stupore. Rebekha, invece, non era per nulla turbata da ciò
che le stava
accadendo. Era come se lo stese aspettando pensò il ragazzo.
A quel punto
Rebekha abbassò la sacca
per svelare l’uovo dalle sfumature violacee. La sua
superficie aveva appena
iniziato a creparsi e a muoversi sotto i colpi insistenti del cucciolo,
desideroso di uscire alla luce.
Con
caparbietà un piccolo drago emerse
dall’involucro coriaceo con le sue squame di un viola
perlato. Insieme i due
fratelli attesero pazienti che il cucciolo si disfacesse anche
dell’ultimo
frammento di guscio incollato alla pelle, poi, con estrema delicatezza,
come se
lo avesse fatto da sempre, Rebekha lo prese tra le braccia. Un lampo le
pervase
il braccio e il gedwey-ignasia si formò
lentamente sotto i loro occhi.
Reafly si stupì nel constatare che la comparsa del marchio
non avesse provocato
nessun effetto sulla sorella. Quando la luce si dissolse la ragazza
strinse a sé
il drago viola e si voltò risoluta verso il fratello.
- Questo
attirerà parecchia attenzione.
Presto fratellino chiama il tuo drago e seguimi. Ritorniamo insieme a
Zàkhara! –
- Seguirti? Io
non vengo con te. Il mio
posto è qui – A quelle parole il volto di Rebekha
si fece scuro.
- Andiamo Reafly
non è l’ora di fare il
bambino – gli rispose la sorella con tono autoritario.
– Nostra madre ci sta
aspettando. Sai che è molto in pensiero per te? –
Al nominare la madre Reafly ebbe
un tuffo al cuore.
- Mamma?!
Co…come sta? – Reafly sentì i
suoi occhi gonfiarsi di lacrime ma le ricacciò
coraggiosamente indietro.
Rebekha sospirò e gli posò una mano sulla spalla
- Sta bene
adesso, grazie all’aiuto
della regina. E sai cosa la farebbe sentire ancora meglio? Vederci
entrambi
accanto a lei, sani e salvi – concluse sperando di averlo
convinto. Reafly
provò un breve attimo di sollievo a quella notizia ma quando
il suo sguardo
tornò a guardare la sorella un nodo gli attagliò
la bocca dello stomaco.
Scostò
lentamente la sua mano dalla sua
spalla e la guardò con determinazione - Ti ho già
detto che non posso venire - disse
iniziando a sentirsi a disagio in quella situazione. Rebekha rimase un
attimo interdetta
prima di capire che diceva sul serio.
- Che menzogne
ti sono state raccontate?
Ti sei dimenticato così in fretta chi è stato ad
assassinare nostro padre? – gli
domandò con durezza.
- Non
l’ho dimenticato! –
rispose di botto Reafly - Ma la verità non è
quella che ci hanno sempre
raccontato –
Rebekha scosse
la testa. - Lo so
fratello. La regina mi ha detto molte cose sulle nostre origini,
svelandomi
particolari che nostra madre ha confermato e che spiegano
perché entrambi siamo
stati scelti come cavalieri –
Reafly scosse la
testa senza capire. –
Il capitano Xavier e i tuoi nuovi amici non ti hanno detto nulla
– continuò Rebekha
vendendo la confusione sul viso del fratello – la regina
aveva previsto anche
questo -
- Di quali
origini stai parlando? E
cosa c’entra Xavier in tutto questo? -
- Reafly, nostra
madre non è nata come
noi e nostro padre a Zàkhara, ma in Alagaësia la
terra da cui provengono le
uova dei nostri draghi. Ecco perché tu ed io siamo gli unici
in grado di farle
schiudere a parte nostra madre –
Reafly
sentì come se stesse sull’orlo
di un precipizio pronto a cadere nel vuoto. Tutte le sue domande e i
dubbi che
aveva nutrito da quando Gleadr lo aveva scelto come suo compagno
trovarono
finalmente una risposta.
- I nostri
genitori si sono conosciuti
durante una missione di nostro padre per conto della regina. Xavier lo
sapeva
bene perché era con lui in quel viaggio –
continuò la ragazza vendendo che il
fratello non rispondeva.
- Che cosa ci
faceva nostro padre e
Xavier in una terra così lontana. Perché la
regina avrebbe mandato lì le sue
navi? -.
- Isobel aveva
stretto un’alleanza con
il cavaliere dei draghi che allora la governava. Galbatorix –
- Un cavaliere
re? – chiese Reafly
incredulo. Rebekha annuì.
- Che fine ha
fatto Galbatorix? –
- Assassinato
dagli stessi cavalieri
che hai deciso di seguire ciecamente -
–
Quello che mi stai dicendo cambia
molte cose, ma non cancella tutte le bugie di Isobel -
Reafly scosse la
testa e indietreggiò
di fronte alla sorella. Rebekha chiuse gli occhi per un attimo e
strinse
qualcosa di luminescente che pendeva alla cintura e che Reafly
notò solo adesso
– Così questa è la tua decisione?
– gli chiese con voce priva di qualsiasi colore.
Il volto di
Reafly era più risoluto che
mai - Sì lo è –
- Mi dispiace
fratello, ma non mi lasci
altra scelta. Se non vuoi venire di tua spontanea volontà
allora dovrò portati
con me con la forza. –
Detto questo
alzò la mana destra e il
suo marchio iniziò a emanare una pallida luce violacea. Dal
suo braccio il
cucciolo lo guardò ed emise una serie di pigolii.
Reafley
indietreggiò ancora di qualche
passo e fissò quella luce espandersi per diventare sempre
più intensa. Rebekha
stava per lanciare un incantesimo che avrebbe immobilizzato il fratello
quando venne
colpita a sua volta da una forza invisibile.
- Rebekha
noooo! - gridò Reafly
sorpreso quanto lei. La sorella cadde a terra con un tonfo sordo,
stordita. Traballando
sulle gambe si rimise faticosamente in piedi con il cucciolo ancora tra
le
braccia e scrollò con un colpo di spalla il mantello che si
era attorcigliato
sul braccio. Guardò solo un attimo il fratello poi il suo
sguardo si posò
allarmato alle sue spalle. Murtagh stava correndo verso di loro.
Rebekha emise
solo un basso sibilo di rabbia. Poi le sue labbra pronunciarono alcune
parole.
- Addio fratello – riuscì a dire prima di essere
avvolta da un lampo di luce viola
e sparire.
Quando Murtagh
raggiunse Reafly trovò
il ragazzo che fissava il vuoto davanti a sé l’a
dove prima c’era Rebekha.
- Reafly stai
bene? – gli chiese
scuotendolo dalle spalle.
L’aggressore
era stato abbastanza
accorto da schermare la loro conversazione, ma non lo era stato
abbastanza da nascondersi
del tutto. Sprazzi di magia avevano messo in allarme i sensi di Murtagh
che era
subito corso in suo aiuto.
Gli occhi di
Reafly erano pieni di
lacrime – Murtagh, mia sorella Rebekha. Lei…
– non riuscì a finire la frase
mentre i suoi occhi fissavano i resti sparsi a terra del guscio ancora
caldi. Murtagh
non poté fare altro che avvicinare il ragazzo a
sé e abbracciarlo con forza
accarezzandogli la testa. – Lo so Reafly, lo so. -