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Autore: AndyWin24    11/12/2022    5 recensioni
Una mattina Merlino trova per puro caso un vecchio libro di fiabe e, incuriosito, si mette a sfogliarlo. Così facendo, però, scatena involontariamente un potente sortilegio che colpisce Camelot e i suoi abitanti, trasformandoli nei personaggi delle storie narrate. Scoprirà ben presto che per far tornare tutto com’era prima esiste solo un modo: dare ad ognuno di loro il proprio lieto fine.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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… Gwaine Hood
 
   Merlino aprì gli occhi e si accorse di stare correndo a perdifiato.
   “Forza! Più veloce!”
   Si trovava in una via boschiva e davanti a lui Elyan lo incoraggiava a sbrigarsi. Il giovane mago non riuscì subito a capire cosa stesse succedendo, ma pensò che si sarebbe fatto tutte le domande del caso quando sarebbe stato al sicuro. Perché, in quel momento, si sentiva in molti modi, ma non in salvo. Infatti, voltandosi per un attimo all’indietro notò diverse guardie armate, cinque per l’esattezza, che lo inseguivano. Guardandole per poco più di un istante, riconobbe sulle loro vesti lo stemma di Camelot.
   “Di qua!” esclamò Elyan, indicando una stradina alla loro sinistra. Mentre stavano per imboccarla, però, Merlino inciampò in un ramo secco e cadde a faccia in giù sul terreno. Quando alzò la testa, i soldati erano già lì, di fronte a lui. Fu in quel momento che una freccia si conficcò nella schiena di uno di loro, costringendolo a stramazzare al suolo.
   “Che succede?!”
   “Chi è la?!”
   A quel punto, anche una seconda ed una terza freccia apparvero dal nulla e ne stesero altri due. L’azione si svolse con una tale rapidità che Merlino non riuscì a capire da dove potessero essere state scagliate. Poi, un uomo col cappuccio verde sbucò all’improvviso saltando dal ramo di un albero a pochi metri da lui. Con arco alla mano, si avventò sulle guardie rimaste in piedi senza che potessero fare altro se non puntargli contro le proprie spade, che questo fece cadere a terra con una facilità incredibile.
   “Sogni d’oro!” disse l’uomo col cappuccio, colpendo con un pugno in faccia prima l’uno e poi l’altro avversario.
   “Arrivi sempre alla fine!” commentò Elyan con un mezzo sorriso mentre gli andava incontro.
   “Sai che mi piace solo quando il gioco si fa difficile!” ribatté l’altro portando giù il copricapo e rivelando il volto al di sotto di esso.
   Merlino lo guardò sorpreso solo in parte, dato che aveva già riconosciuto la sua voce un attimo prima. Era Galvano, anche se il suo aspetto era un po’ più trasandato del consueto. Il viso era più magro e gli occhi, anche se sempre arzilli, sembravano più spenti e tristi del solito.
   “Tu sei Merlino, giusto?” gli chiese, porgendogli la mano per alzarsi.
   “Sì. E tu, invece?” domandò, facendo finta di non conoscerlo. Quella era una delle storie del libro e, da come parlava l’altro, non sembrava che si fossero mai visti prima.
   “Gwaine Hood!” rispose il guerriero, facendo un plateale inchino “Il protettore dei più deboli.”
   “Oppure, solo Galvano.” aggiunse Elyan sbrigativo “Ora che vi siete presentati, è meglio se ci sbrighiamo. Ho visto altre guardie rincorrerci. Non dovrebbero essere molto lontane.”
 
***
 
   Merlino seguì i due lungo un tragitto piuttosto malmesso, seminando a prima vista senza intoppi gli inseguitori. Dopo aver battuto per un po’ quella via, si accorse d’un tratto che gli era alquanto familiare. In un primo momento avrebbe voluto saziare la sua curiosità, facendo qualche domanda ai suoi accompagnatori, poi però preferì tacere e cercare di capire da solo il quadro generale della vicenda, senza destare le perplessità di nessuno. Non sapeva in che fiaba fosse finito e non era a conoscenza dei fatti che si stavano svolgendo, primo fra tutti il perché stesse scappando dalle guardie di Camelot, ma sentiva che non era saggio esprimere tutti i suoi dubbi in quel preciso istante. Tuttavia, la sensazione di déjà-vu si andò man a mano rafforzando lungo il sentiero, finché non intravide una costruzione piuttosto rustica all’orizzonte.
   “Vado avanti io.” disse Galvano agli altri due “Poi vi faccio segno se il campo è libero.”
   Avvicinandosi, il giovane guerriero balzò con molta agilità sopra delle casse di legno e sbirciò con discrezione da una finestra aperta. Dopo una breve occhiata, si voltò verso Elyan ed annuì deciso. Così, tutti e tre si avviarono verso l’entrata. Fu in quel momento che Merlino notò il cartello rosso appeso di lato che recitava “Hogs Herd Tavern” e ricordò tutto. Come aveva sospettato, era già stato in quel posto. Diversi anni prima, vi si era recato con Artù subito dopo una battuta di caccia. Lì, aveva incontrato per la prima volta Galvano, nel bel mezzo di una rissa con dei balordi del luogo.
   “Ehi, siete tornati?!” disse una donna da dietro il bancone della taverna, intenta a pulire un piatto.
   “Ciao, Mary.” ribatté Galvano, ricambiando il saluto “Servimi tre boccali di birra. Sto morendo di sete!”. Poi si voltò verso Elyan e Merlino “Voi volete qualcosa?”
   Entrambi risero scuotendo la testa. Nonostante fosse una fiaba, Galvano restava sempre lo stesso.
   “Com’è andata?”
   Un ragazzo grande e grosso con abiti piuttosto umili si avvicinò ai tre.
   “Bene. Come puoi vedere, la missione di soccorso è andata a buon fine.” rispose Galvano, indicando Merlino. Quest’ultimo, sentendosi tutti gli occhi puntati addosso, si presentò all’altro, anche se già lo conosceva.
   “Sono Merlino.” disse, allungando la mano.
   “Lui, invece, è little Parsifal.” intervenne Galvano “Il mio braccio destro.”
   “Solo Parsifal.” lo corresse il diretto interessato, guardando storto l’amico “La prossima volta che mi chiami di nuovo così, ti servirà letteralmente un altro braccio destro.”
   “Per carità!” esclamò Galvano sorridendo. Dopo quel momento di rilassatezza, però, si ricompose ed andò dritto verso un tavolo, dove sedeva un uomo anziano con indosso una lunga tonaca marrone, intento a mangiare una zuppa di cipolle.
   “Salve, Fra Gaius.” esordì, poggiandogli davanti un piccolo sacchetto che teneva in tasca “Come vi sentite oggi?”
   L’uomo posò il cucchiaio e prese il sacchetto tra le mani, aprendolo per controllarne il contenuto.
   “Come ogni giorno. Comunque, noto con piacere che non hai perso il tocco. Non deve essere stato facile “trovare” tutte queste monete.”
   Il ragazzo col cappuccio verde si sedette di fronte a lui e sorrise sfacciatamente.
   “Invece, sì! I nobili della corte di Camelot diventano ogni giorno più sciocchi e sprovveduti! Rubare a loro non è più divertente come una volta! A tal proposito, confido in voi nel dividerli tra i più bisognosi.”
   “Certamente. Non temere, ci penso io.”
   “Oh, quasi dimenticavo! Vi presento Merlino.”
   Fra Gaius si voltò verso il ragazzo.
   “Tu devi essere il servitore di Artù. Piacere di conoscerti.”
   Merlino lo fissò un po’ stranito. Si sentiva a disagio a fingere di non averlo mai incontrato. L’uomo che aveva davanti era stato probabilmente la persona più importante della sua vita negli ultimi anni in cui aveva vissuto a Camelot.
   “Il piacere è tutto mio, signore.”
   “Ehi!” urlò Elyan all’improvviso “Via! Arrivano!”
   Parsifal gli andò incontro con agitazione.
   “Chi?”
   “Lo sceriffo di Nottingham!”
   “Accidenti! Adesso, cosa facciamo?”
   “Tranquilli.” intervenne Mary, la taverniera “Andate in cucina. A lui ci penso io.”
   Così, Elyan, Parsifal, Merlino e Galvano corsero verso la porta dietro il bancone e varcarono la soglia. Quest’ultimo, però, si attardò un attimo.
   “Grazie, Mary. Ti devo un favore.”
   “Siamo a quindici, allora. Più le consumazioni senza pagare.” ribatté la donna con un mezzo sorriso “Però, sono tempi bui, quindi diciamo che siamo pari.”
   Dopo pochi secondi, un uomo piuttosto attempato entrò nella taverna, con al suo seguito due tirapiedi dall’aria alquanto malfamata.
   “Si può?” chiese con spavalderia.
   “Siete già dentro, quindi fate voi.” ribatté Mary con noncuranza.
   “Stiamo cercando dei fuorilegge molto pericolosi. Per caso, li avete visti?” chiese l’uomo, camminando su e giù per il locale.
   Merlino, nel frattempo, osservava ciò che accadeva da dietro la porta della cucina. Come volevasi dimostrare, conosceva, suo malgrado, anche il tizio che era appena entrato.
   “Non che io sappia, sceriffo Aredian. Ne passano tanti da queste parti.”
   “Ma i miei ricercati non sono così comuni. Uno, in particolar modo, è il peggiore di tutti. È il nemico più pericoloso di tutto il regno.”
   “E ha un nome questo tipo?” chiese la donna mentre asciugava un bicchiere.
   “Gwaine Hood. O, almeno, così si fa chiamare.”
   “Non lo conosco.”
   Aredian annuì poco convinto, poi si avvicinò al tavolo dove Fra Gaius sorseggiava la sua zuppa.
   “Voi, invece, ne sapete qualcosa?”
   “No.” rispose l’anziano frate senza neanche guardarlo.
   “Bene. Spero di non essere indiscreto se vi chiedo di svuotare le tasche.”
   “Beh, in verità, lo siete eccome.”
   “Allora mi scuserete, ma è per un bene superiore. Quello del re, in effetti…”
   “E suppongo anche il vostro.” ribatté Fra Gaius senza mezzi termini, mentre si voltò a fissarlo con disprezzo “Dico bene?”
   Aredian sogghignò a mezza bocca, quasi come a farsi beffe del suo interlocutore. Si vedeva, però, che le parole dell’altro lo avevano infastidito.
   “Voi, Gaius, siete un aperto sostenitore di Gwaine Hood. Se non fosse per la vostra carica nella comunità, sareste già al rogo, per quel che mi riguarda.”
   “Può anche darsi, ma voi non siete il re. Non spetta a voi questo tipo di decisioni.”
   “Ed è qui che vi sbagliate. Re Uther mi ha dato pieni poteri per quel che riguarda Gwaine Hood; quindi, svuotate le tasche.”
   Fra Gaius sospirò sconfortato. Poi, si girò verso il suo piatto e ricominciò a mangiare la zuppa. Una volta terminato, fece come gli era stato ordinato.
   “Mmmh… Che bel sacchetto.” disse Aredian, prendendolo tra le mani “Si guadagna bene a fare il frate, a quanto vedo.”
   “È un’offerta di alcuni fedeli. Non è per me, ma per il popolo.”
   “Beh, alquanto generosi questi fedeli! Ma vi sbagliate, non è del popolo, bensì del re.” disse lo sceriffo, mettendosi in tasca il gruzzoletto. Fra Gaius fece per alzarsi, poi però ci ripensò all’ultimo.
   “Codardo fino alla fine. Eh, Gaius?”
   “Io la chiamerei saggezza.” lo corresse il frate “Sporcarsi le mani col fango non porta mai a nulla di buono. Non è vero, Aredian?”
   L’uomo si accigliò per la battuta, ma non rispose. Il suo sguardo era, d’improvviso, rivolto ai tre boccali che Galvano aveva ordinato poco prima e che erano rimasti ancora sul bancone.
   “Questi di chi sono?”
   “… sono… per voi.” spiegò Mary con titubanza.
   “Ma c’erano già prima che noi arrivassimo, dico bene?” domandò Aredian rivoltò ai suoi due uomini. Questi, che ad occhio non sembravano molto svegli, scrollarono le spalle dubbiosi.
   “Parlate, donna!” esclamò lo sceriffo, battendo un pugno sul bancone “Non costringeteci a perquisire tutto quanto!”
   “Fate pure, se avete tempo da perdere.” ribatté Mary con più autocontrollo possibile “Troverete solo delle conserve e dei barili di birra. Se siete fortunati, anche qualche topo. Però, decidetevi, perché se non consumate, quella è la porta! Ho una taverna da mandare avanti.”
   Aredian la fissò infuriato. Sicuramente aveva molta voglia di controbattere, tuttavia, non lo fece. Il suo sguardo si placò e fece un cenno ai suoi tirapiedi.
   “Andiamocene.” disse, prendendo l’uscita “Ma non finisce qui!”
   Mary emise un lungo sospiro di sollievo vedendoli andare via. Fra Gaius, invece, andò al bancone e scolò d’un fiato uno dei tre boccali di birra.
   “È andata bene.”
 
***
 
   Merlino sedeva su uno sgabello, quasi completamente al buio e di fianco a delle casse di legno vuote. Ciondolando le gambe avanti e indietro, osservava Galvano e Parsifal parlottare mentre disponevano delle mappe e dei fogli sopra un barile di birra. Elyan intanto illuminava il piccolo spazio con una candela.
   Erano passati pochi minuti da quando lo sceriffo era andato via e Mary, per precauzione, aveva dato loro libero accesso alla sua cantina per organizzare il da farsi e per restare lontano da sguardi indiscreti. Così, si erano radunati tutti lì, pronti a decidere come agire. Merlino, però, ne aveva approfittato anche per pensare un po’ agli ultimi sviluppi. Si era ritrovato di nuovo in una situazione di cui sapeva ben poco. Da quel che aveva capito, Uther era l’attuale re di Camelot in quella storia e la sua reputazione era molto brutta, peggiore anche di quella che aveva avuto nella realtà. La popolazione lo temeva a tal punto che, più che un sovrano, poteva definirsi benissimo un tiranno. Sotto il suo temibile giogo, gli abitanti vivevano un periodo di terrore e di carestia. Era con questi presupposti che alcuni di loro, compresi i presenti, si erano ribellati al suo regime, cercando di mettervi fine. Ciò che però non comprendeva era il suo ruolo nella vicenda. Ad esempio, anche in questa storia Merlino era il servo di Artù. Però, lui dov’era? E perché non partecipava alla rivolta? Non poteva credere che fosse dalla parte sbagliata, anche se era quella di suo padre. D’altro canto, Grimm l’aveva avvertito che questa “fiaba” sarebbe stata più difficile e pericolosa.
   Già, Grimm! Più ci pensava e più non capiva quali potessero essere le sue reali intenzioni. Lui diceva che gli piaceva giocare, ma secondo Merlino c’era ben altro sotto. Solo, che cosa?
   “Merlino?”
   Elyan gli si avvicinò.
   “Sì?”
   “Vuoi partecipare alla riunione? Dobbiamo ripassare il piano. È importante.”
   “Certo…” acconsentì Merlino, alzandosi in piedi e raggiungendo gli altri.
   “Bene…” esordì Galvano “…ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare. L’obiettivo, in realtà, è semplice: entrare nel castello e mettere fuori gioco Uther e i suoi scagnozzi.”
   “Detta così è facile.” commentò Parsifal “Ma come eludiamo le guardie?”
   “Buona domanda, little Parsifal.” ribatté Galvano, irritando l’amico con il nomignolo “A questo punto, lascio la parola a Fra Gaius.”
   L’anziano frate si avvicinò alla mappa di Camelot poggiata sul barile ed indicò un punto su di essa.
   “Il mio contatto tra le fila di Uther mi ha garantito che potrà darci un facile accesso proprio in questo posto di guardia.”
   Elyan sussultò, contrariato.
   “Ma… è la via principale per il castello! Sarà super sorvegliata!”
   “Vero.” asserì Fra Gaius “Ma non domani.”
   “E perché?”
   “Perché posso dirvi che le due guardie che prenderanno servizio domattina… diciamo che passeranno prima una “bella” serata…”
   “Beati loro…” commentò Galvano con una punta di sarcasmo.
   “In ogni caso, questo come ci aiuta?” chiese Parsifal.
   “Non scenderò nei dettagli, ma domani i due festaioli avranno un bel mal di testa non indifferente. A quel punto, non dovrebbe essere troppo difficile sbarazzarsi di loro…”
   “Mmmh, va bene.” commentò Galvano “Mettiamo, allora, che è come dite voi. Tenendo conto che il resto del piano vada liscio e senza intoppi, rimane comunque un ultimo problema. Uther sarà nel castello domani mattina?”
   Fra Gaius annuì.
   “Secondo il mio contatto, sì, non si muoverà da lì.”
   “Allora è tutto posto, no?”
   “Sì, Elyan, sembra proprio di sì.”
   “Scusate?”
   Merlino si fece avanti all’improvviso.
   “Sì, cosa c’è?”
   “In tutto questo, non capisco qual è il mio ruolo.”
   Galvano gli mise una mano sulla spalla.
   “Il tuo, Merlino, è il ruolo più importante. Senza di te, questo piano non potrebbe realizzarsi.”
   “Addirittura?”
   “Sì, perché, tra di noi, sei l’unico che conosce molto bene il castello. Col tuo aiuto, una volta dentro, potremo muoverci più rapidamente. Ed è fondamentale se vogliamo stanare Uther e liberare Artù al tempo stesso.”
   Merlino trasalì. Artù era prigioniero del padre. Il suo sussulto, però, venne interpretato da Galvano come un tentennamento di paura.
   “Se, però, hai dei dubbi, devi dircelo subito.”
   “No… nessun dubbio. Mi chiedevo soltanto se foste disposti a rischiare così tanto. Sembra che sarà molto pericoloso…”
   Galvano gli si mise davanti, faccia a faccia.
   “Devi capire una cosa, Merlino. Noi abbiamo visto di cosa è capace Uther. Alcuni di noi hanno perso tutto: il lavoro, la casa, la famiglia… altri anche la vita. E per cosa?! Per un re borioso che ha voglia di divertirsi a spese del popolo!”
   Il ragazzo diede un pugno improvviso sul barile.
   “Ho visto morire mio padre! Quello stesso giorno è nato Gwaine Hood! Da quel momento ho promesso che avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per aiutare i più bisognosi e che non avrei avuto pace finché non sarei riuscito a chiudere questa storia una volta per tutte! Noi sconfiggeremo quel giullare che siede sul trono e lo consegneremo al vero re di Camelot: Artù Pendragon! Quindi non dubitare neanche per un attimo della nostra volontà. Piuttosto, rispondi tu a questa domanda: sei disposto ad aiutarci?”
   Merlino osservò gli occhi del ragazzo che aveva di fronte. Erano sofferenti e carichi di voglia di rivalsa. Non aveva più alcun dubbio: era lui che aveva bisogno di trovare il lieto fine in quella storia.
   “Contate su di me.”
 
***
 
   Come concordato la sera prima, di buon mattino il piccolo gruppetto guidato da Galvano si appostò nel punto stabilito, in attesa del cambio di guardia.
   “Eccoli!” sussurrò Parsifal, mentre indicava a Merlino i due soldati che prendevano posto sulla via principale, mentre altri due si congedavano.
   In quel momento, Elyan si mostrò ai nuovi arrivati.
   “Viva Gwaine Hood!” urlò a squarciagola.
   I due soldati inizialmente sussultarono per quell’entrata in scena così inaspettata, ma poi si ricomposero e misero subito la mano sul fianco per estrarre l’arma. Tuttavia, ad uno dei due la spada scivolò per terra mentre all’altro rimase incastrata nel fodero. Sembrava che quanto era stato detto dal contatto di Fra Gaius fosse vero. Entrambi erano chiaramente stanchi e poco lucidi.
   “Sono cotti!” esclamò Parsifal, sorridendo.
   Due frecce, poi, piombarono dal cielo verso le due guardie, mettendole fuori combattimento.
   “Scusa, Elyan.” disse Galvano, scendendo da un albero “Credevo che servisse un’esca, ma sembrerebbe di no. Stavano peggio di quello che pensavo. L’odore di birra lo sentivo anche dal ramo dove mi ero appollaiato!”
   “Non importa.” ribatté l’amico mentre si avvicinava ai due uomini a terra “Sbrighiamoci, piuttosto. Fra Gaius ha detto che il prossimo cambio di guardia è fra quattro ore. Per quel tempo, dobbiamo aver fatto ciò che dobbiamo.”
   “Ehi!” esclamò fintamente indignato Galvano “Sono io Gwaine Hood! Quindi, decido io il da farsi, chiaro?”
   Elyan sospirò con un mezzo sorriso, un po’ stanco.
   “Va bene.” disse, stando al gioco, suo malgrado “Allora, cosa facciamo, Gwaine Hood?”
   “Sbrighiamoci a mettere in atto il piano! Non abbiamo tempo da perdere con le chiacchere!”
   “Appunto. Come ho detto io.”
 
***
 
   “Ehi, voi! Dichiarate chi siete!”
   All’entrata del castello, un soldato inveì contro altre due guardie che si avvicinavano.
   “Calma, fratello!” ribatté Parsifal, agghindato con la divisa militare, mentre trascinava con una corda due prigionieri “Siamo qui per consegnare questi due criminali al re.”
   L’uomo si avvicinò ai due ragazzi legati.
   “Chi sono?”
   “Il più magrolino è il servitore del figlio del re, scappato ieri. L’altro è…”
   “Gwaine Hood.” concluse il soldato, osservandolo più da vicino “Ho riconosciuto il cappuccio verde.”
   “Già.” intervenne Elyan “Allora, ci fai passare o dobbiamo dire al re che complotti alle sue spalle?”
   “No, no!” esclamò l’altro con paura “Anzi! Vado subito a chiamare lo sceriffo. Voi portateli dentro.”
   Mentre il tipo spariva oltre il portone principale, Parsifal ed Elyan fecero un cenno d’intesa a Galvano e Merlino. Il piano stava funzionando. Ora, però, arrivava la parte più difficile.
 
***
 
   “Spero per te che sia vero!”
   Aredian scese la scalinata e si precipitò all’ingresso del castello.
   “Eccoli, sceriffo! Proprio come vi dicevo!”
   Galvano, accucciato a terra e con i polsi legati, osservò l’uomo con un’espressione di ribrezzo.
   “Sceriffo di Nottingham! Vi trovo in forma. A quanto pare le terribili azioni che compite di giorno non vi tolgono il sonno la notte.”
   “Questo perché seguo la legge, a differenza tua, Gwaine Hood.”
   Galvano si alzò in piedi e gli si avvicinò. Poi, gli sputò sullo stivale.
   “Le leggi, come le chiamate voi, hanno affamato tanto brava gente!” disse con rabbia mentre veniva allontanato da Parsifal “La vostra avarizia e quella del vostro re sono il principale male di queste terre!”
   “Sceriffo!”
   Un uomo si avvicinò di corsa ad Aredian. Diversamente dagli altri, indossava un’armatura più elaborata ed un mantello rosso che gli svolazzava dietro. Non si trattava di un semplice soldato, bensì di un cavaliere.
   “Leon, sei arrivato. Giusto in tempo per veder vaneggiare questo stolto.”
   “Mi hanno riferito che si tratta di Gwaine Hood. È vero?”
   “Come l’aria che respiri.”
   Leon si avvicinò allo sceriffo con prudenza.
   “Non serve che vi ricordi cosa succederebbe se ci sbagliassimo…”
   “Per favore, Leon!” esclamò Aredian spazientito “Riconoscerei questo fuorilegge tra mille!”
   Intanto, altri cavalieri fecero la loro comparsa nell’ampio androne, posizionandosi intorno ai due prigionieri.
   “Che succede?” chiese lo sceriffo con stupore “Hai chiamato rinforzi? Non ne servono così tanti. Sono entrambi legati. Non hanno via di scampo.”
   Il cavaliere si girò di scatto e diede un manrovescio al volto dell’uomo.
   “Ma, che diamine ti prende?! Come osi?!” protestò Aredian, mentre si tamponava il sangue che usciva copiosamente dal naso.
   Leon fece un cenno ad Elyan, che si affrettò a liberare Galvano e Merlino dai lacci che avevano ai polsi.
   “Tradimento!” urlò Aredian sconvolto “Sei un traditore, Leon! Dov…”
   Il cavaliere fece partire un altro colpo contro di lui, stendendolo stavolta.
   “Non sono un traditore. L’unico re che riconosco e rispetto è Artù Pendragon! E poi, sono “Sir” Leon per voi. Non dimenticatelo.”
   “Ben detto!” concordò Galvano mentre si alzava da terra e gli dava una pacca sulla spalla “Mi è piaciuta la tua battuta! Aveva ragione Fra Gaius a fidarsi di te.”
   “Grazie. Io e gli altri cavalieri saremo sempre fedeli ad Artù, ma siamo in pochi a pensarla in questo modo. Perciò, ti consiglio di sbrigarti, se vuoi affrontare Uther.”
   Galvano si fece improvvisamente serio.
   “Dov’è?”
   “Nella sala del consiglio. Ma fai attenzione, è sorvegliata da diversi uomini.” gli spiegò sir Leon, porgendogli una spada.
   “Non ti preoccupare. So badare a me stesso.” ribatté Galvano sicuro di sé, accettando l’arma “Merlino, è arrivato il tuo momento!”
   Il giovane mago si fece avanti e si avviò verso un corridoio.
   “Bene. Seguimi!”
   Così, mentre i due svanivano dietro l’angolo, Leon, Elyan e Parsifal sfoderarono le spade, imitati dagli altri cavalieri. Una decina di guardie si stava precipitando a controllare cosa fosse successo. Altre ancora stavano per arrivare.
   “Si comincia.” commentò Elyan, guardandosi intorno. Solo qualche attimo e furono circondati.
   “Già.” concordò Parsifal.
   I due, insieme a Leon, si misero schiena contro schiena.
   “Per Camelot!” fu l’urlo che precedette la loro spinta contro i molteplici avversari.
 
***
 
   Galvano e Merlino, intanto, percorrevano a gran velocità il corridoio che li separava dalla sala del consiglio. Arrivati ad una svolta, però, s’imbatterono in alcune guardie, che andarono loro incontro con le spade sguainate.
   “Fatevi sotto!” gridò Galvano, estraendo anche lui dal fodero l’arma che gli aveva affidato sir Leon.
   Con abile maestria, si fiondò contro i soldati del re, parando due colpi uno dopo l’altro e rispondendo con degli attacchi veloci ed incredibilmente precisi. In pochi secondi, riuscì a neutralizzare quasi tutti senza il minimo sforzo. Tuttavia, altri due stavano per avventarsi alle sue spalle.
   “Ahatian!
   Merlino usò i suoi poteri, facendo diventare incandescenti le spade dei due ed obbligandoli a mollare la presa su di esse. Un istante dopo, Galvano si accorse di loro e li attaccò con un unico fendente che li falciò entrambi.
   “Questi erano gli ultimi. Andiamo!” disse a Merlino, correndo in avanti fino ad un grande entrata a due ante “È questa la sala del consiglio?”
   “Sì. Se sir Leon ha ragione, oltre questa porta c’è Uther.”
   “Bene.” commentò Galvano, prendendo un lungo respiro “Al mio tre, andiamo.”
   Merlino annuì.
   “Uno, due… tre!”
   A quel punto, il giovane guerriero spalancò il portone e lo oltrepassò. Merlino stava per seguirlo, ma esso si richiuse di scatto con un forte tonfo.
   “Quella non è la tua battaglia.”
   Il mago si voltò verso una voce che proveniva dalle sue spalle e la vide: una giovane donna con un lungo vestito rosso scuro.
   “Nimueh!” esclamò Merlino, sorpreso.
   “Ero convinta che non ti saresti fatto più vedere. Non so se definirti sciocco o coraggioso. Tu cosa dici?”
   “Perché sei qui? Cosa c’entri tu con questa storia?”
   La donna sorrise maliziosamente.
   “La Camelot che vedi è quella che io ho voluto realizzare.” disse, iniziando a camminare verso di lui “Uther da solo non avrebbe potuto fare tutto ciò che era necessario. Io l’ho aiutato a trovare la grandezza, ma non avevo fatto i conti con te, Merlino.”
   “Che vuoi dire?”
   “Beh, non mi aspettavo che il servitore del principe fosse un mago. Un potente mago, a dire il vero. Così, ho fatto tutto quello che era in mio potere per distruggerti. Ma, purtroppo, sei riuscito a sfuggirmi.”
   “Quindi sei tu che hai tirato le fila fino a questo momento, dico bene? Uther è solo un tuo fantoccio?”
   “Non proprio.” rispose Nimueh fermandosi davanti al ragazzo “Non ho mai plagiato Uther, se è quello che intendi. Io gli ho solo… dato una spinta quando serviva. Tutto qui.”
   “E Artù?” chiese Merlino adirato “Perché è stato imprigionato?”
   “Per colpa tua. A differenza del padre, lui non accettava ciò che andava fatto per governare questo regno, così l’ho incantato. Però, tu sei riuscito a capirlo ed hai cercato in tutti i modi di spezzare la mia “influenza”. Quando ce l’hai fatta, non ho potuto far altro che rinchiuderlo nelle segrete, in modo che non intralciasse i miei piani. È bastato poco per farmi appoggiare da Uther. Del resto, si fida più di me che di chiunque altro.”
   “Sei un essere spregevole! La pagherai per il male che hai fatto!” disse Merlino, portando il braccio davanti al corpo “Astrice!
   Un raggio di luce esplose dalle mani del giovane e si diresse verso Nimueh. La strega, però, lo bloccò con un semplice gesto delle dita.
   “Sei forte, Merlino. Ma io lo sono di più!” ribatté la donna “Don Spere!
   All’improvviso, si materializzò una lancia, sospesa al suo fianco a mezz’aria.
   “Flayo fago!
   La lancia si mosse contro Merlino a gran velocità. Lui, illuminando gli occhi senza esitare, deviò la traiettoria dell’arma verso il muro.
   “Non costringermi a fare sul serio.” la avvertì il mago.
   Nimueh, però, scoppiò a ridere.
   “Che sciocco! Non illuderti di riuscire ad eguagliare la mia magia! Io…”
   Prima di terminare la frase, la strega venne scaraventata all’indietro di diversi metri, fino a scontrarsi contro una colonna.
   “Non sottovalutarmi. L’hai già fatto in passato e non ti è andata bene.” disse Merlino, abbassando la mano con cui aveva lanciato l’incantesimo.
   “Adesso sì che mi hai fatto arrabbiare!” esclamò Nimueh furibonda, rialzandosi da terra “Non avrò pietà per te!” “Forbearne! Akwele!
   Una gigantesca palla di fuoco si formò sulla mano della strega ed andò a scagliarsi contro Merlino. Quest’ultimo, però, reagì con prontezza.
   “Mægenshieldan!
   Una barriera di energia si manifestò intorno al giovane mago, proteggendolo dall’attacco.
   “Non credere che io abbia finito!” urlò Nimueh, preparandosi a colpire di nuovo “ Forbearne! Akwele!” “Forbearne! Akwele!” “Forbearne! Akwele!
   Altre tre sfere di fuoco si crearono dal nulla ed andarono a abbattersi in rapida successione contro lo scudo magico di Merlino. Mentre le prime due si infransero contro la barriera, la terza venne spinta all’indietro dall’esplosione creatasi all’impatto. Così, si formò una specie di getto fiammeggiante che investì Nimueh senza che quest’ultima potesse avere il tempo di reagire.
   “Nooooooo!” urlò lei, sparendo dalla vista di Merlino mentre veniva travolta dal suo stesso incantesimo.
   Nel frattempo, una cortina di fumo si addensò su tutto il corridoio, rendendo impossibile anche solo respirare. Quando finalmente si diradò, della strega non vi era più traccia.
   “Merlino!”
   Elyan, Leon e Parsifal sbucarono da dietro alle sue spalle e corsero verso di lui.
   “Cos’è successo? E dov’è Galvano?”
   “È dentro alla sala del consiglio.” spiegò Merlino, evitando di proposito di rispondere alla prima domanda “Ma la porta è bloccata.”
   Parsifal si fece avanti.
   “Allora, lascia fare a noi.”
 
***
 
   Galvano oltrepassò la soglia del portone e si ritrovò in un grande salone decorato. Le due ante d’entrata, però, si richiusero bruscamente subito dopo il suo passaggio, lasciando indietro Merlino. Lui stava per voltarsi e provare a riaprirle, ma poi la sua attenzione fu rapita dall’uomo al centro della stanza: Uther. Quest’ultimo, prima di rivolgergli lo sguardo, stava discutendo arditamente con due cavalieri mentre indicava dei fogli poggiati su un tavolo.
   “E tu chi sei?”
   Galvano si fece avanti con il petto in fuori e tentò di parlare con voce più spavalda possibile. Non voleva apparire debole agli occhi del suo carnefice.
   “Sono Gwaine Hood!” si presentò il guerriero, facendo un inchino “Sono qui per portare giustizia alla brava gente di Camelot, una volta per tutte!”
   Uther sbuffò spazientito e fece un cenno ai due uomini al suo fianco.
   “Sir Oswald! Sir Ethan! Occupatevi di lui! Non so come abbia fatto ad arrivare fin qui, ma non ho tempo da perdere con gente di questo tipo.”
   I due cavalieri sguainarono le spade e prontamente si fiondarono contro Galvano. Quest’ultimo, però, schivò entrambi gli affondi, aggirandoli con due soli saltelli.
   “Che codardo!” esclamò il giovane con una smorfia “Ti nascondi dietro di loro invece di combattere da uomo a uomo. Anche se non so di che mi sorprendo! Quelli come te non sanno fare altro, dico bene?”
   “Mettetelo a tacere in fretta!” ordinò Uther ai suoi soldati “Non ho voglia di sentire altre sciocchezze!”
   Oswald e Ethan si prepararono a partire di nuovo alla carica, ma Galvano li anticipò sul tempo, estraendo la sua spada e menando contro di loro due rapidi fendenti.
   “Non ci puoi battere!” gridò Oswald, parando l’attacco solo all’ultimo istante.
   “Già! Noi siamo in due e tu sei da solo!” aggiunse Ethan con voce beffarda.
   Galvano annuì mentre si riportava in posizione difensiva.
   “In effetti, lo scontro è sbilanciato.”
   A quelle parole, i due cavalieri gli si gettarono addosso. Però, lui deviò senza problemi prima l’attacco di sir Oswald, facendogli cadere l’arma a terra; dopodiché, anticipò l’affondo verticale di sir Ethan, colpendo a mezz’aria la sua spada con un movimento vorticante che la fece sbalzare in alto. A quel punto, l’afferrò con prontezza con la mano libera per poi puntare alla gola dei suoi avversari entrambe le lame che brandiva.
   “Ovviamente, intendevo dire che il combattimento è sbilanciato a vostro sfavore.” disse con un sorriso soddisfatto “Non importa quanti siete. In un duello ciò che conta sono la bravura e la determinazione. E, in questo, mi dispiace ma non potete battermi.”
   Sir Ethan e sir Oswald s’irrigidirono, spaventati ed increduli al tempo stesso.
   “Cosa vuoi fare?”
   “Semplice.” rispose Galvano “Vi do una possibilità.”
   “Quale?”
   “Potete scegliere: o scappate e sparite per sempre dalla mia vista… oppure riprendete le vostre armi e ricominciamo da dove ci siamo interrotti. Stavolta, però, combatterò fino all’ultimo sangue, senza tergiversare. Allora, cosa volete fare?”
   Oswald e Ethan si guardarono per un breve attimo, con un’occhiata molto eloquente. Poi, corsero verso il portone, intenti a fuggire a gambe levate. L’uscita, però, era ancora bloccata.
   “Forza! Apriti!” urlò Ethan mentre tentava di forzare la maniglia.
   Galvano, intanto, si avvicinò ai due. Con un colpo d’elsa, menò su entrambe le teste dei cavalieri, facendoli svenire.
   “Non mi piace colpire alle spalle, ma cominciavo a stancarmi dei loro piagnistei.” commentò in direzione di Uther, rimasto fino a quel momento a guardare i tre guerreggiare senza muovere neanche un muscolo.
   “Che inettitudine!” esclamò il re con un tono sprezzante “Vorrà dire che ci penserò io a darti una bella lezione.”
   Galvano si rimise in posizione da battaglia mentre Uther estraeva la sua spada e gli andava incontro. Con un gesto secco, il giovane guerriero parò il primo affondo dell’avversario, rispondendo con un fendente orizzontale che venne fermato a sua volta. Poi, schivò una stoccata da posizione molto ravvicinata e contrattaccò con un colpo centrale. Questo si andò ad infrangere contro l’altra lama, facendo riecheggiare nella stanza un clangore metallico e stridulo. Uther, d’un tratto, però, non riuscì a tenere la presa e si sbilanciò all’indietro. A quel punto, Galvano stava per approfittarne ed affondargli la sua spada nel petto, quando sentì una specie di esplosione provenire al di fuori del portone. Il suo pensiero non poté che andare a Merlino, domandandosi se gli fosse successo qualcosa.
   Quell’esitazione, tuttavia, gli fece perdere il vantaggio che aveva guadagnato e permise a Uther di riprendere il controllo della situazione e di assestargli un attacco, che ferì Galvano di striscio al braccio sinistro. La spada che brandiva con quella mano cadde a terra.
   “Non puoi battermi!” urlò Uther con rabbia “Io sono il re! E tu, invece, non sei niente!”
   Galvano serrò la presa sulla spada che ancora impugnava, tanto da sbiancare le nocche, e menò un colpo con quanta più forza poteva.
   “Tu non sei un re!” gridò di rimando con gli occhi adirati “Tu sei un tiranno che gioca con la vita delle persone!”
   Gli attacchi si abbattevano uno dopo l’altro su Uther, facendolo indietreggiare.
   “Come osi?! Una nullità come te non può permettersi di parlarmi in questo modo!”
   “Io non sono una nullità!” esclamò con convinzione Galvano mentre assestava l’ennesimo colpo contro di lui “Io sono Gwaine Hood!”
   L’ultimo suo fendente fece cadere a terra l’arma di Uther e lo lasciò inerme.
   “È finita.” disse Galvano con orgoglio “Hai perso.”
   L’uomo alzò le braccia.
   “Aspetta. Non essere precipitoso. Possiamo trovare… un accordo.”
   Galvano menò un manrovescio che lo fece inginocchiare.
   “No.” rispose, prendendolo per il bavero “Non mi sembra che tu abbia avuto pietà per chi ti è capitato a tiro. Perché dovrei averla io per te?”
   “Si può sapere cosa ti ho fatto per meritare tutto questo odio?!”
   Il giovane guerriero gli diede un colpo d’elsa sul mento.
   “Hai ucciso e torturato non so quante persone solo per accrescere il tuo potere e le tue ricchezze! Hai tolto la libertà a tutti gli abitanti di Camelot! Hai rovinato intere famiglie solo per il tuo tornaconto! Hai anche ucciso mio padre a sangue freddo! Non provarci neanche, perché non avrai mai il mio perdono.”
   “Chi… era tuo… padre?” chiese Uther, tamponandosi la bocca grondante di sangue.
   Galvano toccò istintivamente il ciondolo che aveva appeso al collo.
   “Lui era un tuo cavaliere. E tu l’hai ucciso solo perché non era d’accordo con le tue malefatte! Il nome “sir Lothan” ti dice niente?!”
   Uther sussultò al sentire quelle parole. Poi abbassò lo sguardo.
   “…Sì.”
   “Molto bene.” disse Galvano, annuendo e al tempo stesso portando in alto la spada “Perché voglio che pensi a lui quando porrò fine alla tua inutile vita.”
   Stava per far calare l’arma, quando il portone si spalancò all’improvviso.
   “No!” urlò Merlino, entrando e correndo verso di lui “Non farlo!”
   “Stai lontano da qui, Merlino. Questi non sono fatti che ti riguardano.”
   “Invece, sì!” replicò il mago “Tu sei mio amico e non voglio che condanni la tua vita solo per vendicarti.”
   “Io devo ucciderlo!” esclamò Galvano con gli occhi bagnati dalle lacrime “Lui se lo merita!”
   “Ma tu no!” ribatté Merlino “Tu non meriti di sporcarti la coscienza per un uomo come lui. Sei migliore di così!”
   “Ha ragione.” intervenne Parsifal rimasto sulla soglia al fianco di Elyan e Leon “Dopo aver sconfitto la prima linea di difesa, gli altri alleati del re si sono subito arresi. Ormai, lui è rimasto da solo e non può più nuocere a nessuno.”
   Merlino si avvicinò all’amico.
   “Abbiamo vinto. Abbassa la spada.”
   Galvano lo guardò negli occhi, poi fece come gli aveva detto.
   “Elyan.” disse, rinfoderando l’arma “Rinchiudi quest’uomo nelle segrete e ordina che Artù venga liberato dalla sua prigionia. Ora che la battaglia è vinta, ha un regno da governare. Finalmente Camelot avrà un re degno del nome che porta.”
   Il ragazzo annuì e, insieme a Leon, scortò Uther fuori dalla stanza.
   “Grazie, Merlino. Senza di te non ce l’avremmo fatta.”
   “È stato un piacere… Gwaine Hood.” ribatté il ragazzo con un sorriso.
   Galvano ricambiò il sorriso e gli diede una pacca sulla spalla.
   “Grazie anche per non avermi fatto commettere uno sbaglio che mi avrebbe tormentato per sempre. Ora che la giustizia ha trionfato, posso continuare a vivere la mia vita in pace.”
   “Bene, mi fa piacere. Te lo meriti.” disse Merlino, d’un tratto serio “Sono certo che tuo padre sarebbe stato fiero di te.”
   Galvano annuì pensieroso, poi si avvicinò a Parsifal. Merlino osservò come entrambi si salutavano a vicenda con un pugno affettuoso sul braccio e prendevano l’uscita.
   “Ben fatto di nuovo, Emrys.”
   Il giovane mago si guardò intorno, cercando di capire da dove provenisse la voce. Dopo alcuni istanti, Grimm comparve all’improvviso sdraiato sul tavolo dei consiglieri. Con un salto, si mise in piedi sul pavimento.
   “Sono colpito! Questa storia era tutt’altro che facile. Eppure, ce l’hai fatta.”
   “Non prenderti gioco di me!” inveì Merlino contro di lui “Comincio a stufarmi di te e dei tuoi trucchetti! Non te lo ripeterò ancora: fa’ tornare tutto com’era prima.”
   Grimm si mise con una mano sotto il mento, facendo finta di pensare.
   “Mmmmh… no, direi che è ancora presto. Ho voglia di giocare un altro po’.”
   “Non osare…”
   “Fare cosa? Mandarti in un’altra fiaba?” chiese in tono ironico lo spirito “Mi dispiace, ma mi sto divertendo troppo.”
   “Non…”
   Merlino si mosse verso Grimm, ma lui schioccò le dita, facendolo sparire.
   “In realtà non mi dispiace per niente!” aggiunse tra sé e sé ridacchiando “Continua così, Emrys. Stai facendo esattamente quello che voglio!”
   
 
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