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Autore: genius_undercover    19/12/2022    1 recensioni
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Eccolo.
Quel suono insopportabile quanto meraviglioso, che rimbombava ripetutamente nel silenzio spettrale della nave.
Lui se lo aspettava, lo stava decisamente aspettando, ma sobbalzò comunque: fermo, immobile davanti alla porta della sua cabina, c'era nientemeno che il Kraken in tutto il suo oscuro splendore.'
_
Una specie di fix-it post canon partorita a caldo, dopo aver visto il finale di stagione di questa serie strepitosa.
Sperando che non sia troppo terribile, ti auguro una buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Edward Teach/Barbanera, Equipaggio della Revenge, Nuovo personaggio, Stede Bonnet
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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Epilogo

 

Trascorsero in cabina anche il resto del giorno successivo. 

A quanto pareva, nessuna nave aveva osato attaccarli e non sembrava esserci nessun problema all'orizzonte data la quiete che ancora regnava.

Stede si svegliò col sorriso. Per una volta in vita sua non faceva differenza, se dormiva o era sveglio e quella sensazione l’aveva provata solo due volte in vita sua: la prima, quando era nata Alma, la seconda, per Louis. 
Soprattutto per Alma, ogni volta che piangeva e la balia non c’era, si alzava sempre lui. 
Non gli era mai pesato andare dalla piccola infagottata e provare a farla ridere, permettendo a Mary, sempre esausta e di pessimo umore, di riposare. 
Quando era nato Louis non era stato diverso. 
Finchè non avevano cominciato a crescere, quei bambini erano stati la ragione per cui Stede apriva gli occhi ogni mattina: erano stati gli unici momenti in cui i suoi figli sembravano aver avuto davvero bisogno di lui. Le uniche volte in cui Stede si era sentito un padre. 

Si chiese se stavano bene. 

Se Louis fosse riuscito a ricordare qualcosa di più di colui che per un po’ era stato suo padre…si chiese cos’avrebbero detto, se avessero conosciuto Ed.  

Si girò su un fianco, per osservarlo. 
Aveva scoperto di amare moltissimo, perdersi nei suoi tratti addomentati. 
Non poté fare a meno di accarezzargli il viso con delicatezza, di baciargli la fronte e tutte e due le palpebre.

“Oh, Ed…” sussurrò poi, sovrappensiero, “quanto devi aver pianto, per colpa mia.” 

“Un bel po’.”   

“Ah!” Stede si allontanò. “Sei sveglio!” 

“Non lo ero.” Edward, beato come non mai, si raggomitolò contro di lui senza aprire gli occhi. “Che cosa c’è?” 

“Mi leggi, adesso? Perché io non ho detto niente a parte—“ 

“Pensi troppo forte, Stede.” Strascicò assonnato. 

“E va bene. Pensavo. A te.” Disse Stede, avvolgendolo con le braccia. “Edward Teach, nato su una spiaggia.

“In tutta onestà non avrei mai creduto di arrivare quasi a morirci, su una spiaggia.” 

“Come hai fatto a nascere in una—voglio dire, non è da tutti.”

Ed finalmente aprí gli occhi, rinunciando del tutto al sonno. “È capitato una mattina di autunno. Mia madre era molto…gravida, ma evidentemente così forte che aveva deciso di andare a pescare lo stesso, come tutti i giorni.”  

“A pescare?” 

“Quel bastardo di mio padre era in giro a fare chissà cosa. Quindi se mia madre voleva…rimanere integra, doveva far trovare qualcosa da mangiare a casa.” 

“Gesù...” 

“La spiaggia non distava molto dalla città, giusto qualche miglio, e non era molto conosciuta.
Era completamente sola, mia madre, quel giorno. 
Solo lei e l’Oceano. 
Ha detto che verso l’alba sono arrivato anch’io a farle compagnia.” 

“Dio, mi sto rendendo conto quanto poco ti conosco. Non ti ho neanche mai chiesto dove abitassi, prima di diventare Barbanera. Ma non voglio nemmeno toccare ricordi dolorosi, quindi se non vuoi parlarmene…” 

E come avrebbe potuto, Edward, smettere di parlare a quegli occhi così luminosi? “Ne stiamo già parlando. Chiedi e basta.”

Giusto. Allora, mio caro Ed, da dove vieni?” 

“Da Bristol.” 

“Deve essere un bel posto. Cosa ti ricordi?” 

“Poche cose. Il grigio del cielo, il verde pallido dell’erba e la puzza di piscio ovunque mi girassi. 
Solo su quella spiaggia isolata avevo un po’ di pace, ci andavo piuttosto spesso, anche se c’era sempre un vento maledetto. 
Quel vento mi accompagna da sempre, sin dal primo giorno della mia fottuta vita. Per poco non morivo di freddo. E io lo odio, il freddo.”  

“…hai detto che sei venuto al mondo in autunno.” 

“Già.” 

“Ti ricordi il giorno?” 

“No, non più…anche tu sei nato in autunno?” 

Stede scosse la testa. “Una notte d’estate.”

“Quando?”  

“In Giugno, il ventinovesimo giorno. Dopo averne fatti patire tre a mia madre.” 

“Testardo ancora prima di nascere.” 

“Povera donna. Quante me ne ha dette, quando sono cresciuto! Si chiamava Bernice.” 

Ed prese in bel respiro. “Leigh.” 

“Bellissima. Significa protetta dalla tempesta in gaelico irlandese.” 

“Davvero?”

“Davvero.”

“Avrei voluto salvarla, da quella che le si è abbattuta addosso…“ 

“Se ti riferisci a tuo padre, non potevi fare meglio di come hai fatto. Ne sono convinto.”

“Ho pensato a lui. Quando sono entrato in quella stanza con gli inglesi. Ho creduto che sarei andato all’inferno per stringergli la mano.”  

“Sei stato estremamente coraggioso, Ed. Io non ho mai saputo proteggermi, da mio padre…ogni tanto mi tormenta ancora.”  

“Stede…”

“Sì?”

“Ti vado bene comunque? Anche se sono un assassino?” 

“Sei tutta la mia vita e non sei affatto un assassino. In quanto all’inferno, l’hai fatto passare anche a me quando ho creduto di averti perso.”

“Come ti è saltato in mente di seguirmi? E come hai fatto a tirarmi fuori dall’acqua?” 

“Non l’ho fatto. Credo di essere svenuto appena dopo essere riuscito ad afferrarti. La verità è che non ho mai imparato a nuotare.” 

Ed sgranó gli occhi. “Tu sei completamente matto, Stede.” 

“Probabile.” Rispose il gentiluomo con un sorriso. “Credo di essere fortunato, però. Se ci pensi, sono riuscito ad evitare la morte tante volte. Deve essere la mia abilità.”  

“Sei fottutamente meraviglioso.” 

Stede arrossí. “Allora…allora ho fatto bene, stanotte? Sono andato…bene?” 

“Bene?! Bene, dici?! Sei stato incredibile, cazzo! A che razza di collegio ti hanno mandato, te le hanno insegnate i cattolici, tutte quelle cose?” 

“No, affatto. Vorrei poterti dire di averle imparate da tutti i romanzi romantici che ho letto più volte, ma non è stato così…mentre ero con te mi sono dimenticato tutto.” 

“Sei andato a senso!?” 

“Ho paura di sì.”  

“È stata la notte più bella della mia vita. Anche meglio di quando abbiamo dormito insieme. Ma non ti ho chiesto se tu, sei stato bene.” 

“Vuoi prendermi in giro? Non farei altro, adesso!” 

Ed gli prese il volto tra le mani. “Dici sul serio?”

“Non avevo mai provato niente del genere, prima di stanotte. Mi è piuttosto impossibile, ora, starti lontano…e poi l’idea di aver fatto qualcosa che farebbe rivoltare più volte mio padre nella tomba è un buon motivo per non smettere di farla.” 

Ed rise brevemente, figurandosi la faccia di sua madre se, in un’altra vita, invece di una ragazza le avesse portato a casa Stede. 

“Sono tanto felice di essere riuscito ad amarti come meriti…” continuò quell’ultimo. “Non smetterò finchè avrò fiato in corpo e anche oltre, se Dio vorrà.”  

“Dimentica quello che ti ho detto riguardo al fatto che che non sei mio, Bonnet. Hai appena fatto scattare la tua personalissima trappola mortale.”

“Nessuna trappola: sono sempre stato tuo. Da quando mi sei apparso davanti la prima volta.” 

“Sei l’unico, ad aver avuto il coraggio di guardare in faccia Barbanera e a sorridergli.” 

“Mi avevi appena salvato la vita, mi sembrava il minimo.” 

“Ti seguivo da mesi. Sono arrivato sul ponte appena in tempo per toglierti il cappio dal collo, anche se ad un tratto ho temuto che fosse troppo tardi.” 

“A proposito.” Stede si accigliò. “Che cosa ci facevi da solo sul ponte, l’altra notte? Non raccontare la storiella di Buttons perché ti ho già detto che non ci credo.”  

“Niente, non ci pensare.” 

“Edward—“

“Ero stanco e volevo prendere un po’ d’aria. Contento?”  

“Un accidente, non continuare a mentirmi.” Stede piantò gli occhi nei suoi e ripercorse con la mente i passi che doveva aver fatto Ed: la cambusa era l’unica stanza che in linea d’aria avrebbe potuto raggiungere facilmente con il ginocchio malandato. “Da quanto tempo non mangi?!” Chiese, guardandolo preoccupato. 

Egli rispose con una alzata di spalle. 

“Dio santissimo, tu avevi fame! Perché diamine non mi hai detto niente?”

“Ti saresti fermato?”

“Certo che sì!” 

“Allora non ho potuto io.”

Stede era sconvolto. “Ogni quanto mangiavi, in mia assenza?” 

“Per lo più bevevo—Ehi, ma che cosa!”  

Stede l’aveva letteralmente spinto giù dal letto, poi si era alzato, e infine gli aveva lanciato addosso dei vestiti puliti.  

“E questo che significa?!” 

“Hai la mente tattica migliore che conosca, mi rifiuto di credere che tu non stia vedendo l’ovvio.” Decretò il biondo, cominciando a vestirsi in fretta.  

Edward lo osservò a lungo, riluttante all’idea di lasciare giaciglio caldo sul letto e di non avere più Stede tutto per sè. “Immagino di non avere scelta, vero?” 

“Neanche per sogno!” Esclamò infatti Bonnet. 

“Ma ti ho appena ritrovato!” 

“Non mi perderai mai. Ho promesso che mi sarei preso cura di te e intendo farlo in ogni singolo momento, ergo, non accada mai più che salti i pasti!” 

Ed lasciò cadere a terra la coperta che gli aveva tenuto caldo fino a quel momento. “E se provassi a fermarti?” 

Stede era già praticamente vestito. Gli ci volle una gran forza di volontà per non abbassare lo sguardo in nessun altro posto oltre il suo viso e soprattutto per non spogliarsi di nuovo a sua volta. “Tentami…e io vado a chiamare Frenchie: la canzone dell’altra notte sarebbe davvero perfetta per allietarci la serata, ora che ci penso.”

“Cazzo no, scordatelo!” Esclamò Ed, infilandosi la camicia dalla testa, senza aprirla. “Sei un uomo diabolico, Stede Bonnet. Se non mi piacessi così tanto, saresti in guai seri.”

“Sì, certo! Ti voglio puntualissimo a pranzo, a cena e anche a colazione!”

“Poi? Devo cominciare a chiamarti Capitano?”

Stede accennò una risata e lo aiutò con il resto dei vestiti. “No, no. Sarebbe troppo.” 

“Non ci lasceranno più in pace, lo sai?” Chiese Ed, avvalendosi del suo aiuto per incamminarsi fuori dalla cabina. “Se ci vedono vicini in questo modo, ci scopriranno.” 

“Non c’è niente da scoprire, sapevano di noi anche prima di noi. Non ho dubbi che saranno contenti.” 

“Aspetta, come sarebbe a dire contenti? Io ne avevo parlato solo con Lucius!”

“Be’ ci hanno sentiti litigare tante volte, in questi mesi…”

“Non è una spiegazione.”  

“Potrebbe essermi sfuggita una cosa o due in presenza degli altri.”

“Stede!”  

“Ero un po’ disperato perché non sapevo più cosa inventarmi avvicinarmi a te.” Ammise il Gentiluomo. “E…ci hanno già visti baciarci. È tanto grave?” 

“No.” Disse Ed, sorridendo con dolcezza. “No, affatto. Anche se, onestamente, sarei stato felice di sbandierarlo io stesso ai quattro venti.”

“Oh, grazie a Dio!” Esclamò Stede, sorridendo a sua volta con sollievo. “Perché mi sento nello stesso modo.” 

— 

Ed non poteva fare a meno di sentirsi nervoso. Stede lo avvertí irrigidirsi man mano che si avvicinavano alla porta della cambusa e sentivano le voci allegre della ciurma che parlava animatamente. 

“Va tutto bene? Preferisci mangiare altrove?”

“No, sto benissimo. Ho la gamba un po’ intorpidita perché non ho più camminato.”

“Vieni, allora, appoggiati di più.”

“Non voglio stancarti.” 

“Non potresti, non mi pesi affatto.” 

“Ma—“

“Lasciati aiutare, Ed. Non succede niente se per una volta ne hai bisogno.” 

Edward fece quanto richiesto, lasciando che Stede gli cingesse la vita con un braccio e potesse sorreggere completamente il suo peso.

“Vuoi bussare tu, per favore?” 

Ed bussò un paio di volte contro il legno. La porta si aprì immediatamente.

Stede non aveva sbagliato, dovette riconoscere: la loro accoglienza fu grandiosa. 

Non appena li videro, gli uomini li salutarono alzando i rispettivi bicchieri e bevvero alla loro salute. 

“Qual buon vento, Capitano Bonnet?” Salutò cordialmente il cuoco, aiutando nel frattempo Ed a mettersi seduto. 

Signor Roach, ho un certo Capitano Teach da sfamare.” Annunciò Stede, sedendosi proprio accanto a lui. “È rimasto qualcosa di commestibile?”

“Tutto quanto! Dovevamo ancora cominciare!” 

Roach andò a prendere il set di piatti migliori che trovò, distribuendovi sopra la cena. 
Per quella sera aveva preparato della carne. In realtà ne aveva trovati più tipi, e immaginandosi che non avrebbero cenato soli, l’aveva cotta tutta. 
La distribuì, soddisfatto delle espressioni affamate dei suoi compagni, poi si mise a sedere per ultimo. 

Ed, nonostante fosse stato servito per primo, non toccò nemmeno la forchetta finché non vide tutti i piatti pieni. 

Quell'aspetto, era l’unico che inconsapevolmente aveva in comune con Hornigold. Con la differenza che il bastardo aspettava di veder mangiare gli altri di proposito, per sincerarsi meglio che il cibo che gli serviva la sua stessa ciurma non fosse avvelenato. 

Barbanera si era preso raramente la briga di mangiare con il suo equipaggio, quando comandava la Queen Anne’s. Non era abitudine, per lui, poiché veniva servito e riverito direttamente nelle sue stanze. 

Tuttavia, le poche sere in cui il famigerato terrore dei mari onorava gli uomini della sua presenza, aspettava sempre che quelli attaccassero a mangiare per primi, per la pura e semplice contentezza di vederli condividere un pasto a fine giornata, anche se non poteva assolutamente dirlo ad alta voce. 

Quella volta, invece, sulla Revenge, era decisamente una serata speciale per Ed: l’atmosfera era quanto di più caloroso avesse mai vissuto, gli argomenti di conversazione non mancavano e l’amore della sua vita era al suo fianco. 

Forse cominciava a capire cosa intendesse Stede, quando diceva di aver trovato una famiglia

Edward attese quindi che dessero il primo morso, poi si concesse di guardare il proprio piatto: aveva così fame che dimenticò tutte le buone maniere che aveva memorizzato, infilzando il primo pezzo di carne che trovò, mangiandolo direttamente dal coltello. 

Stede lo notò e rise, contento di vederlo finalmente mettere qualcosa nello stomaco. 

“Capitano.” Chiamò Frenchie, attirando l’attenzione di entrambi. Sembrava sinceramente pentito. “E…Capitano…mi spiace molto, per l’altra sera…per la canzone. Volevo aiutare a schiarirvi le idee, invece temo di averle peggiorate. Anche Lo Svedese e Lucius volevano aiutare.

Stede non poté fare a meno di arrossire di nuovo. “Non fa niente.” 

“Non è stata colpa tua.” Dichiarò sorprendetemente Edward, mentre masticava. Si era completamente dimenticato anche che non era molto educato, parlare con la bocca piena. “Non c’è stata una volta in cui non ti abbia sentito cantare male. Anche l’angelo nordico è notevole, uno dei migliori, al talent show.”  

“Grazie, Signore—Eh, volevo dire Ed.”

“Il tuo problema, ragazzo, è quell’affare ti ostini a strimpellare.”

“Mi dispiace.” 

“Non dispiacerti. La colpa è mia e del tuo Capitano, che non abbiamo pensato a procurartene un altro, una grave mancanza da parte nostra. Vero, Stede?”

“Assolutamente. Ti promettiamo che risolveremo non appena faremo porto.”

E Frenchie finalmente sorrise. “Sono contento, che abbiate trovato una soluzione tra voi due.” 

“Già sapevamo, che l’avreste trovata!” Si intromise Lucius, guardando i suoi capitani con un sorrisetto malizioso. Ovviamente aveva ascoltato tutto il discorso. “Era solo questione di tempo! Quel che non sapevamo è se sareste mai usciti da quella stanza.” 

Stede, che stava ancora mangiando, quasi si strozzò con un boccone. 
Edward gli allungò prontamente il proprio bicchiere per farlo smettere di tossire. 

“E andiamo, amico!” Scherzò Oluwande. “Dai loro tregua almeno all’inizio, ce l’hanno appena fatta!” 

“Comportati bene, hombrecito.” Ammoní bonariamente Jim, mentre tutta la stanza rideva. 

Anche Stede rise e continuó a parlare e scherzare per il resto della cena. 

Edward, invece, stava troppo bene per intervenire. Si limitò ad ascoltare tutto il tempo, affascinato dalle nuove sensazioni che stava continuando a provare. 

Fu riportato alla realtà da Roach che serviva il dolce: una torta morbida all’arancia e cacao. 

Gli piacque così tanto che Stede insistette a cedergli la propria fetta e non ci fu modo di fermarlo. 

Si sarebbe mai abituato a tutto quello

Ed non ne aveva la più pallida idea. In realtà non gli sarebbe dispiaciuto affatto, se quella fosse diventata la sua normalità, un giorno. 

“Capitano, ora che è tutto a posto, riavremo le nostre storie della buonanotte?” Chiese a un certo punto Lo Svedese. 

“Ma certo!” Rispose Stede. “Cosa vorreste ascoltare? Leggende, favole, tragedie…”

Ne discussero a lungo. 

Edward?” Chiamò Wee John, zittendo tutti. “Hai detto che i Vichinghi sono stati tra i nemici più forti che hai affrontato.”

“È vero. Sono stati gli unici a riuscire a superare la mia nave in velocità.” 

“Quale è stata la nave più spaventosa che tu abbia mai visto?” Chiese Buttons. “A parte la tua, ovviamente.” 

Ed pensò alla domanda per diversi attimi. Nella mente passò in rassegna tutte le navi su cui era salito…la nave di Hornigold era abbastanza agghiacciante. Quella di Anne Bonny e Mary Read, decisamente impressionante. Ma ce n’era una sola, che era riuscita seriamente a spaventare Barbanera. 

L’Olandese Volante.” 

Un mormorio concitato si alzò subito. 

“È vero che all'inizio non riesci a vederlo, all’orizzonte?” Domandò Roach, più curioso che mai.

“E che quando invece lo vedi è già troppo tardi?” Fece eco Frenchie. “Il galeone è stregato, ci scommetto!”

“Non è proprio così…” rispose Ed, colto alla sprovvista da tutto quell’interesse, “ma quasi.” 

“Possiamo ascoltare questa storia?” Chiese Lo Svedese. 

Per la loro gioia, Edward annuì.  

“Davvero?! Anche se sei impegnato con lui?” Wee John indicò Stede, che diede a sua volta l'assenso. 

“Non sono molto bravo a raccontare storie.” Ammise Ed. “Ma farò del mio meglio.” 

 “Allora andiamo sul ponte o ci riuniamo nella stiva?” Domandò pragmaticamente Olu.  

“Sul ponte!” Decisero gli uomini, e si alzarono per aspettare i due capitani. 

Stede tese il braccio a Ed, per aiutarlo a rimettersi in piedi. 

“Capo, aspetta!” Esclamò Black Pete, avvicinandosi. “Io…ho fatto questo!”

Ed fissò l’oggetto che il pirata gli stava timidamente mostrando. 

Non poteva crederci.  

Spostò lo sguardo prima su Stede, poi su Pete stesso.

“Dovresti prenderlo." Suggerì Stede, allontanandosi felicemente. Era il momento di Ed. Doveva viverlo lui e basta.  

Edward era ancora completamente disabituato a qualsiasi tipo di dono da parte di Stede…non si sarebbe mai aspettato di ricevere un tutore nuovo, costruito apposta da Black Pete. 

“È per te!” Specificò quello, porgendoglielo di nuovo. Come se non fosse abbastanza chiaro.

Ed lo studiò con calma, cercando di controllare il tremore nervoso delle proprie mani. 

La lavorazione era assolutamente impeccabile. I lacci di pelle erano lucidi, nuovi di zecca. Le fibbie in metallo sembravano così sicure che, era certo, non si sarebbero rovinate col tempo.

“Quando…” Cominciò a chiedere, del tutto incapace di terminare la frase. Pete capì lo stesso. 

“Ho cominciato a lavorarci la sera in cui ti sei ripreso la prima volta.” Rivelò. “Facevo l’apprendista in una bottega di artigiani. Mio zio faceva il pellaio, mio nonno il falegname. Non avrei mai creduto che certe cose mi sarebbero tornate utili su una nave pirata…”  

"Perché tu, tra tutte le persone…”  

“Hai salvato la vita di Lucius. Due volte.” 

“Ma credevo mi odiassi.” 

“Sì, mi stavi antipatico. Dopo, ho capito che cosa ti è successo ed è stato sufficiente. Non c’entra niente che mi hai nominato quartiermastro…tu sei Barbanera! Non è giusto che proprio tu non possa muoverti come più ti pare e piace!"

“Grazie–”

“Provalo e basta. Sono in tempo a modificarlo, se non va bene.”

Ancora strabiliato dalla finezza di quel lavoro, il Capitano indossò finalmente il tutore. Nel legare le tre cinghie, si accorse di quanto l’oggetto fosse meno ingombrante, rispetto a quello che aveva posseduto prima. Nonostante tutto, la costruzione sembrava solida.

La gamba, per la prima volta dopo mesi interi, cessò di fargli male. 

Provò anche a piegare il ginocchio per due, tre volte, riuscendovi sempre senza alcun impedimento. 

“È perfetto...” Dichiarò con voce ferma. Era fatto davvero su misura. “Sei un fenomeno, ragazzo."

Black Pete sorrise e diventò più rosso di un papavero.

A quel punto, Edward si alzò. Senza l’aiuto di nessuno. Guardò la ciurma, che anche in quel caso non si era persa neanche uno sguardo. “Non volevate sentire la storia, voi?” 

Stede per poco non pianse: era bastato un semplice tutore, per far recuperare a Ed un po’ di fiducia in sè stesso. 
Vederlo in piedi, finalmente stabile e palesemente felice, era tutto ciò che poteva dire di desiderare. 

Fu sopraffatto, quando Ed lo prese comunque per mano, seguendo l’equipaggio sopracoperta. 

“Non per vantarmi,” ricominciò lo scrivano durante la strada, “anch’io avrei qualcosa da raccontare: la bella storia di un coraggioso amanuense che prese a schiaffi un cattivissimo capitano pirata!”

“Lucius ti ha picchiato, Edward?” Volle sapere subito Stede, sorpreso all’inverosimile.

“Credo di sì.” Rispose Barbanera. “Non ero molto cosciente da potermi ricordare bene, anzi, non lo ero affatto. In compenso mi ha fatto male la mascella per giorni.” 

“Se è servito a svegliarti, ne è valsa la pena!” Asserí il gentiluomo. 

“Non prenderci gusto, tu!” Ammoní Lucius, rivolto a Ed. “L’unico che d’ora in avanti può metterti le mani addosso è lui!” Concluse indicando Stede, il quale arrossí di nuovo all’implicazione di quelle parole.

Ed aveva assunto un sorriso sornione alla sola idea. 

L’aria esterna era calma e tranquilla. Minacciava pioggia, eppure non tirava un alito di vento. 

La ciurma si radunò intorno ai due capitani. 

Edward, seppur con un minimo di incertezza iniziale e con Stede appoggiato comodamente alla spalla buona, finí per raccontare l’avventura più assurda che gli fosse mai capitata più di trent’anni prima, quando  l’Olandese Volante era una realtà spaventosa, lui stesso era ancora un ragazzo giovane, già temuto, molto dissennato e con la barba realmente nera. 



I giorni seguenti furono i più strani, per Edward, ma decisamente i più belli dopo tanto, troppo tempo.  Aveva allacciato completamente i rapporti con la ciurma, stavolta in maniera definitiva, tanto che, per sua soddisfazione, tutti gli uomini avevano ripreso a chiamarlo per nome. 

Izzy era più tranquillo che mai, anche se si vedeva sempre troppo poco in giro, per i gusti di tutti.  

Olu e Jim, invece, avevano deciso di sposarsi.  

Stede, per festeggiare, aveva concesso a tutti un mese di vacanza.  

Avevano quindi attraccato su un'isoletta sperduta che Buttons e Fang avevano avvistato e lì avevano celebrato. Avevano addirittura trovato il modo di fare ai due novelli sposi un dono di nozze.  

Per Jim, coltelli, pugnali e arance in abbondanza. 

Per Oluwande, una discreta quantità di preziosi, provenienti da uno dei forzieri di Barbanera che Edward aveva recuperato apposta per l’occasione. Il gruzzolo glielo aveva consegnato personalmente, dicendo tuttavia che era da parte della Revenge al completo, visto l’immenso valore. 

Persino Izzy aveva dato la propria quota personale.

Stede, invece, aveva donato loro dei completi elegantissimi cuciti su misura tempo addietro: erano stati essenziali, per il grande giorno. 

Ad officiare, ovviamente, Nathaniel Buttons, con Olivia come testimone. 

Lo Svedese e Frenchie con il suo liuto nuovo fiammante avevano animato la cerimonia.

Da lì, si erano stabiliti su una metà dell’isola e lasciato il resto alla coppia, in modo che potesse stare in privato per tutto il tempo necessario.

Ed non era mai stato in vacanza in vita sua. Quando Stede gliel’aveva proposto la prima volta, si era immaginato una cosa totalmente diversa…invece aveva scoperto che gli piaceva tanto.

Si svegliava tutti i giorni accanto a lui, e i suoi occhi erano l'ultima cosa che vedeva prima di dormire. 

Poi c’era tutta l’altra parte, quella che entrambi vivevano nel cuore della notte. 

Alcune sere andava bene.  

Altre davvero bene. 

Ma le volte in cui Stede si svegliava in preda agli incubi, stavano diventando sempre più comuni. Sognava di andarsene, o peggio ancora, che qualcosa lo trascinava via da Ed all’improvviso, separandolo da lui per sempre. 

Edward se ne accorgeva ogni volta. C’era sempre, quando Stede aveva bisogno. Abituato a dormire poco e niente, si svegliava in tempo per guidare Stede alla coscienza, lo ascoltava, lo calmava, annullava i suoi sensi di colpa immensi, che erano una costante nei momenti fragili. 

Ed però era forte. Gli ricordava quanto si era impegnato per recuperare ai suoi errori, quanto avesse combattuto, quanto avesse sofferto e nonostante tutto era rimasto la versione migliore di sè stesso…e lentamente, tutto tornava al suo posto. 

Altrettanto numerose, erano le notti in cui Edward andava in crisi. 

Quelli erano i momenti più difficili, perché Ed tendeva a chiudersi in sé stesso, credendo di potersi controllare prima e crollando poi in deliri confusi, riguardanti il Kraken e tutto il male che aveva compiuto. 

La sua paura più grande, in ogni caso, rimaneva l’abbandono, malgrado non l’avesse mai ammesso ad alta voce. 

Stede l’aveva capito subito. Aveva imparato a leggere ogni comportamento, a stare attento ad ogni gesto, ad ogni sguardo.  

Allora anche lui si teneva pronto, svegliandosi per primo o non addomentatandosi affatto. Qualunque fosse la reazione di Ed al risveglio -lacrime, rabbia, o tristezza- non mancava mai di abbracciarlo, curarlo e rassicurarlo con pazienza infinita e tutto l’amore che poteva, facendogli capire che lui era lì e soprattutto che sarebbe morto, piuttosto che lasciarlo di nuovo. 

Solo allora, Ed si calmava, sorrideva e poi tornava a dormire. 

"Mi insegni a scrivere?" Chiese una notte, di punto in bianco. 

Il cuore di Stede si fermò, mentre quello di Edward sprofondava per la vergogna. 

Non sapeva nemmeno perchè gli avesse chiesto quella cosa così ridicola ad alta voce, se doveva essere sincero...gli era sfuggito e basta. Non aveva potuto farne a meno.

Fece finta di niente, sperando con tutto sé stesso che Stede fosse ancora stordito dalla stanchezza, per poter sentire qualsiasi cosa.  

In effetti, ogni volta che si amavano era sempre meglio. Edward era sempre più felice di stancarsi a letto e proprio quell'ultima volta era stata più che soddisfacente per entrambi: lui poteva avere l’esperienza, dalla sua, ma Stede era un talento clamorosamente naturale. 

Ogni volta, cercavano di contare quanto tempo impiegassero a riprendersi, per poter ricominciare e la stragrande maggioranza delle volte, finivano entrambi per addormentarsi quasi subito, appagati e soddisfatti.  

Stranamente, quella notte non era accaduto.  

Quella volta, le coperte si erano mosse all'improvviso e il corpo caldo di Stede era andato a sovrastare quello di Ed.  

"Stai...dicendo davvero?" Chiese il gentiluomo tenendogli il viso tra le mani, del tutto inconsapevole di averlo nuovamente inchiodato al materasso. 

Gli occhi di Edward divennero lucidi: Stede gli stava rivolgendo il sorriso più dolce che avesse mai visto, non un’ombra di scherno nei suoi tratti radiosi...sembrava così felice per quella richiesta, che tutto il suo essere avrebbe potuto risplendere di luce propria.  

Bello... 

Fu tutto ciò che fu in grado di processare. Un solo sguardo era stato capace di mozzargli il fiato. Il fatto che poi fosse nudo e disteso a filo su di lui, gli stava anche impedendo di pensare dritto.

"Fai sul serio, tesoro?" Domandò nuovamente il biondo, leggermente preoccupato per quella lunga stasi. 

Ed si arrese al fatto che quell'uomo sarebbe davvero stato la sua morte. C'erano volte in cui la sua ingenuità era così palese da rasentare l'indecenza e questo glielo faceva adorare almeno il doppio. 

"Sì..." Farfugliò, arrossendo fino alla punte delle orecchie. "Sì, certo."

A quella risposta, il sorriso di Stede divenne ancora più grande. 

Edward lo prese tra le braccia per attirarlo completamente a sè e baciargli la tempia, lì dove c'era la sottile cicatrice della pallottola. Non fece in tempo a sentirsi colpevole: Stede aveva emesso un sospiro felice e gli era crollato addosso, assecondandolo. 

A Ed venne da ridere. 

"Amico, te l'avrei chiesto prima, se avessi saputo che l'avresti presa in questo modo."

Stede gli baciò a sua volta il collo e la clavicola, incapace di smettere di sorridere come un adolescente innamorato. "Mi piace che ti affidi a me per queste cose. È sempre un onore, quando mi concedi di aiutarti. Sempre."

"Aiutarmi? Finisce sempre che mi salvi in qualche modo, ultimamente, anche se io non te lo chiedo mai!"

"Cosa vivrei a fare, altrimenti?"

"Gesù, Stede...questa è la cosa più romantica che mi abbiano mai detto in tutta la mia dannata vita!" 

"Edward. Mi sono dichiarato in una stanza piena di gente che di lì a poco ci avrebbe brutalmente ammazzato e con una polveriera sotto i piedi!” 

"Fottutamente assurdo." 

"Che tu non abbia fatto una piega, è fottutamente assurdo!" 

"Non sai come mi sono sentito...ma da un lato hai ragione: non avrei mai potuto risponderti propriamente o confessarti a mia volta quello che provavo." 

"E io non ti biasimo." Stede puntò sui gomiti per baciarlo a fior di labbra un'ultima volta, poi si alzò dal letto per recuperare la propria vestaglia. Ne aveva scelta una azzurra, cucita con la stoffa del commerciante gentile. 

Ed, avvertì la sua mancanza immediatamente e rimase ad osservarlo aggirarsi per la stanza tutto contento. 
Lo vide recuperare dei fogli grandi, poi una boccetta d'inchiostro nero, una lunga piuma di gabbiano e infine una nuvola di stoffa che gli arrivò dritta in pieno viso. 

Quella storia che Stede gli lanciava i panni, invece che strapparglieli di dosso, doveva essere chiarita. 

Edward spiegò quindi l’involto di seta, rimanendo incantato. 

“E questa?” Chiese, sempre più sull’orlo del pianto. 

“E tua.” Rispose semplicemente Stede. “Mi ero scioccamente dimenticato di regalartela. È una vestaglia nuova.”

“Perchè è…viola?”  

"Perché è il colore dei nobili. E perchè sono sicuro che ti sta d’incanto.” 

Ed se la accostò alla pelle per avere subito la conferma e Stede annuì raggiante: aveva indovinato su tutti i fronti. 

“Stede—“

"Allora?" Incalzò il gentiluomo, spostando una sedia accanto al tavolo, per invitarlo a sedersi. "Vuoi imparare o no?"

Ed rimase fermo, anche se quel richiamo era più dolce del canto di una sirena: prima che potesse alzarsi e vestirsi, c'era ancora una cosa che doveva dire.  

Afferrò forte la stoffa preziosa che ancora aveva tra le mani, inspirò profondamente e alzò gli occhi.

"Stede.." 

"Ed?" 

"Io ti amo."



Beeeene belle gioie, 
questo era l'epilogo. 
Dirò solo due cose, perché voglio essere breve: 
la prima, è grazie. Grazie, a chi ha letto e basta e chi ha speso una parola per questa storia un po' sgangherata. Non sapete che bello, dopo tutto l'Angst, poter scrivere "Ed e Stede" nella stessa frase! 
Spero di essere riuscita a rendere anche il resto della ciurma, perché li adoro tutti. 

La seconda...questa fanfiction doveva essere una Shot. 😂 Io e la sintesi due mondi a parte, priorio!
ovviamente spero di non aver fatto troppi errori/ripetizioni (in caso chiedo scusa🫣) e di avervi tenuto compagnia almeno un po'!

A presto e buona fortuna per tutto! 
-gen



 

   
 
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