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Autore: Part of the Masterplan    27/12/2022    0 recensioni
“Sally”
“Sì?” sputo nel microfono. Sento la sigaretta bruciare fino al filtro e iniziare a pizzicarmi le dita.
“Vieni a Londra. Adesso.”
“Il concerto? – ”
“Ho lasciato gli Oasis. Per sempre”
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Until Sally I was never happy.'
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“Buongiorno. Lei sarebbe…?”
Dietro ad un omone in completo blu e cravatta scura c’è Noel, in tuta, appollaiato sulla sedia che legge il giornale. Senza alzare lo sguardo, procede con le presentazioni “Sally, lui è Dominic, il mio avvocato. È un fottuto bulldozer. Dominic, she’s my lovely blondie.”
Dominic allunga la mano verso di me cordialmente “Buongiorno Sally, finalmente la conosco.”
“Piacere”, una stretta decisa “ha già sentito parlare di me?” domando aprendo il frigo “Qualcosa da bere?”
“No, grazie”, sventola la mano in aria “beh, sì, è impossibile non aver sentito parlare di lei.”
“Dominic si accertava che tu stessi bene negli Stati Uniti.”
“Io stavo benissimo”, mi verso un bicchiere di succo di frutta “di cosa si occupava riguardo alla mia vita, Dominic?”
Scrolla le spalle “Cose burocratiche… Mi assicuravo che non avesse problemi di natura legale.”
“Ne ha già uno a cui badare”, indico l’uomo alle sue spalle “non sono io ad aver bisogno di controllo.”
“Lo faceva perché glielo chiedevo io. Non volevo che avessi nessun tipo di problema” interviene Noel dopo aver bagnato le labbra nel the “Non prendertela con Dom, faceva solo quello che gli chiedevo.”
“Allora grazie Dominic. Le sarò molto riconoscente quando mi faranno causa per aver copiato le foto alla pubblicità della Coca Cola” ridacchio spostando lo sguardo su Noel.
“Non sei simpatica”, con una smorfia.
I’d like to teach the world to sing in perfect harmony… Ah, Dom, lei è così fortunato ad occuparsi di questo uomo.”
Dominic guarda Noel imbarazzato, senza muovere un muscolo, ma quello gli sorride “Stai tranquillo, Dom, è tipico di blondie. Se non fosse insopportabile, non la vorrei ancora qui a girare per casa.”
“A che ora ci aspettano in studio?”
“Tra circa un’ora”, interviene prontamente Dominic.
“Bene, allora devo andare a prepararmi”, osservo prima di ultimare il contenuto del mio bicchiere e lasciarlo cadere nel lavandino. “Sicuro che non posso offrirti niente, Dominic?”
“Luv, lo pago profumatamente, non è necessario che gli diamo per forza altro.”
Alzo gli occhi al cielo, teatralmente, assestando una pacca sulla spalla dell’avvocato prima di dirigermi verso le scale.
Oggi accompagnerò Noel alla Sour Mash Records, l’etichetta discografica che ha fondato durante gli affollati anni Duemila. Inizieremo a delineare tutto ciò che serve per il nuovo album. Non ho ancora sentito praticamente niente, Noel è estremamente felice e spensierato riguardo a questo disco. Io, dal canto mio, non sono mai stata più nervosa. Dormo male e il pensiero di tornare a breve negli Stati Uniti, con una nuova sede e un nuovo ufficio, mi terrorizza.
Mi sto stendendo la crema sul viso quando alle mie spalle compare lui, vedo la sua immagine riflessa nello specchio. Mi fissa, con un mezzo sorriso sulle labbra, in silenzio.
“Che c’è?”
Da dietro la porta fa spuntare una pagina di giornale, vedo che la foto ritrae due donne, ma non capisco di cosa si tratti.
“Cos’è?”
“Niente in particolare, stavo ammirando le tue cosce alla festa di Capodanno organizzata dal minore dei Gallagher…”
“Siamo io e Nic?”
“Precisamente.”
“Hai visto che bel vestito leopardato che aveva? Ne vorrei uno simile.”
“Sinceramente sono rimasto a fissare che cazzo di sventola sei.”
Mi metto a ridere, lui ride di rimando. “Ti diverti quando vedi i paparazzi, vero?”
“Li odio, li disprezzo… Ma mi fanno molto ridere.”
Ritorno a concentrarmi sui prodotti per il viso, ma Noel la pensa diversamente. Mi cinge la vita, baciandomi il collo. “Abbiamo ancora un po’ di tempo…”
“No, Noelie, siamo già in ritardo”, cerco le sue labbra. Il suono del mio iPhone ci interrompe, Audrey lampeggia sullo schermo.
Rispondo rapidamente, mentre passo il mascara sulle ciglia: “Posso richiamarti tra qualche minuto? Appena salgo in macchina.”
Noel fa nuovamente capolino alla porta del bagno, ora ha il suo parka preferito tra le mani.
“Ma non dovrebbe essere a dormire?”
“Sono giornate del cazzo per lei.”
“A quanto pare anche per te, non so quand’è stata l’ultima volta che ti ho vista dormire davvero.”
“Sai benissimo cosa ci aspetta, Noelie. Tra qualche giorno sarò là anche io.”
“Devi proprio?”
“Devo proprio.”
“Ma io ho bisogno di una fotografa.”
“Non ne hai bisogno adesso, luv. Quando ne avrai bisogno, saprai a chi chiedere.”
 
Riprendo per l’ennesima volta a leggere il foglio davanti a me. Non riesco a concentrarmi, la mia attenzione ritorna sempre alla finestra e alla nebbia di Londra, pesante come un cappotto sullo spoglio giardino interno.
“Ciao.”
Una voce giovane alle mie spalle mi fa girare, sorpresa. Farei fatica a indovinare il nome di questa bambina, se non fosse la copia in miniatura di suo papà. Mi si mozza il respiro e le mani, improvvisamente, sembrano anestetizzate.
Dieci anni. Dieci anni da quella mattina in cui la sua nascita è coincisa con la mia partenza. Le nostre nuove vite. Il gennaio del 2000 era esattamente come questo gennaio: grigio, spento. Avevo sempre addosso gli occhiali da sole, io e Noel non ci parlavamo neanche più e i primi mesi di disintossicazione erano ciò che di più difficile avessi mai vissuto.
Quella mattina Anais Gallagher usciva infagottata tra le braccia di una giovane dottoressa, io schiacciavo a terra l’ultima Benson della mia vita inglese.
“Ciao. Tu devi essere Anais”, le sorrido.
Lei annuisce, nel suo cappottino di Burberry e gli stivaletti di gomma di Gucci. “Tu sei Sally. Ti riconosco dalla foto.”
“Quale foto?”
“Mio papà ha una tua foto nella custodia della chitarra. Sei tu di spalle, girata solo un po’, hai i capelli biondi come i miei”, afferra una treccina di capelli color camomilla “Papà dice che eri molto giovane lì, che te l’ha fatta lui.”
Annuisco, “Ricordo quella foto. Piacere, sono Sally.”
“Anais Gallagher”, mi stringe la mano e avvicinandosi non posso che notare ancora di più la somiglianza con Noel. Gli stessi occhi, il profilo del naso, le labbra carnose. Solo i capelli non sono i suoi, così biondi e setosi.
“Posso sedermi?”, domanda con l’inglese impostato e preciso parlato dalla Regina. Mi fa sorridere.
“Certo,” le giro una sedia, avvicinandola a me. “Papà ti sta aspettando?”
Scuote la testa, “Non credo, ma mamma deve andare via per qualche giorno quindi forse posso stare con lui.”
“C’è anche tua mam-“
“Anais?”, un urlo dal corridoio mi gela il sangue. Non ho mai più visto Meg Mathews dalla notte che ha segnato per sempre le nostre vite. Non ricordo molto di quegli anni, sicuramente ricordo ancora meno di quella sera. Ma le sensazioni di pancia, l’istinto di autoconservazione, lottare o scappare, vivere o lasciarsi ammazzare, quello me lo ricordo bene. Improvvisamente ho voglia di vomitare, la nausea mi prende la gola.
“Anais?”
“Sono qui, mum!”
Un lungo cappotto bianco e una Birkin fanno ingresso nella stanza. Il tempo per Meg Mathews è passato, il primo pensiero che mi attraversa la mente.
“Ah, sei qui, buongiorno -“, si interrompe con il dito a mezz’aria, incredula. Probabilmente non si aspettava di vedermi o forse, dopo tutto questo tempo, è ancora un’ottima attrice drammatica.
“Ciao Meg.”
“Sally”, lo stesso disprezzo del primo giorno che mi incontrò, oggi è mitigato dalla maturità acquisita nel tempo. “Scusa, non mi aspettavo di vederti qui.”
“A chi lo dici.”
“Finalmente ho conosciuto Sally!”, interviene Anais, smorzando la tensione.
“Finalmente”, ripete Meg con sguardo assente. “Stai bene?”
Annuisco, “Non c’è male. E tu?”
Scrolla le spalle, “Meglio, dopo parecchio tempo. Ma credo tu capisca cosa intendo”, passa una mano sulla manica del cappotto, scoprendo un Cartier. Quello che le regalò Noel dopo Knebworth, o almeno così dice la leggenda. “Noel è da queste parti?”
“È andato a controllare della strumentazione con i ragazzi… Posso essere utile?”
Sospira. “Sono in ritardo, devo andare via un paio di giorni, è stata una cosa dell’ultimo minuto… Anais può stare con lui? Con voi, intendo”, si corregge rapidamente, come se si fosse appena scottata la lingua.
“Certo, non c’è problema”, sorrido guardando Anais.
“Ha le sue cose nello zainetto”, indica un piccolo zaino rosa di Prada ai suoi piedi, “il resto è già nella sua camera a casa.”
“Tutto chiaro”, alzo il pollice, giocando nell’altra mano con la penna.
“Allora, mio piccolo tesoro, mumma va via qualche giorno ma torna presto. Tu fai la brava.”
Anais annuisce, una ciocca di sottili fili biondi le ciondola davanti agli occhi. Meg gliela sistema dietro l’orecchio, accarezzandole il viso. “Ti chiamo questa sera, ok?”
Anais annuisce di nuovo, sorridendo. “Buon viaggio mumma.”
Meg le posa un bacio sulla fronte, rivolgendosi a me il suo sguardo torna ad essere assente. “Buona giornata, Sally.”
“Buon viaggio.”
Alza la mano e inforca gli occhiali da sole di Versace, lasciando dietro di sé un’intensa scia di profumo alla vaniglia e una bimba di quasi dieci anni che mi guarda affascinata.
“Papà parla sempre di te.”
“Davvero?”
Annuisce, “In continuazione. Dice che sei il suo angelo custode.”
Sorrido, ritornando con lo sguardo sul fottuto documento della Sour Mash. Sento lo sguardo di Anais su di me, grave come solo lo sguardo di un Gallagher sa essere.
“Cos’è quella?”, chiede indicando una cartellina che riporta la scritta a pennarello NG NEW ALBUM
“Una parte del mio lavoro”, afferro la cartellina aprendola. All’interno ci sono foto, ritagli, disegni e il mio studio sul concept grafico del nuovo album. “Sono alcune mie idee per il nuovo album di tuo papà.”
Osserva rapita le foto del deserto americano. “Dov’è qui?”
“Questa è la Death Valley, in California.”
“Dove vivi tu?”
“Io vivo sull’Oceano, ma sì, vivo in California.”
“Mi ci porterà papà un giorno?”
“Non vedo perché non dovrebbe.”
“Tu che lavoro fai?”
“Faccio la fotografa.”
“Come quelli che fanno le foto alle modelle? Io faccio la modella.”
Sorrido, “Come quelli che fanno le foto alle modelle come te. Ho fatto foto anche a Mossie.”
Gli occhi le si illuminano, “Figo!”
Un pensiero sembra attraversarle la mente, poi ritorna su di me: “Hai fatto anche tante foto agli Oasis vero?”
“Ero la loro fotografa ufficiale.”
“Ti piaceva?”
“Era la cosa più bella del mondo.”
Annuisce. Le mie risposte sembrano averla convinta.
“Sei bella. Mi piacciono i tuoi capelli.”
“A me piacciono molto i tuoi. E anche il tuo maglioncino.” La mia osservazione la inorgoglisce, perché me lo mostra ridendo, “Davvero?”
Dal fondo del corridoio sento che si avvicinano delle voci, Anais si aggrappa al tavolo per indirizzare la sedia girevole verso la porta. Tra gli stralci di conversazione, sento Noel dire a Dave “Voglio un parere di Sally prima di darti una conferma, voglio sapere cosa ne pensa lei.”
Fa il suo ingresso sorridendo, ma la vista di sua figlia tramuta il sorriso in un’espressione stupita. “Ciao piccola! Cosa ci fai qui?”, le posa un bacio sui capelli biondi, abbracciandola.
“Ciao papà. Mamma è dovuta andare via quindi ha chiesto se potevo stare con te e Sally ha detto sì.”
Lui sposta lo sguardo verso di me, accigliato: “Mamma ti ha portato qui?”
Io annuisco, Anais procede con la spiegazione: “Sì, poco fa. Mi sa che ha provato a chiamarti. Comunque è fino a domenica sera, perché lunedì c’è scuola.”
“Ma certo Nai. Io e Sally però dovremo lavorare…”
“Lo so, lo so”, alza gli occhi al cielo.
Dave è rimasto in silenzio ad osservare la scena, gli occhi puntati a captare le mie reazioni. Mi fa l’occhiolino ed entra in scena spezzando il nervosismo di Noel, ben nascosto agli occhi della figlia ma chiaramente visibile nella mascella serrata e l’unghia del dito medio che tormenta le cuticole del pollice.
“Sally ho bisogno di te. Ti prego di’ anche tu a Noel che possiamo fare tutto il mixaggio a LA… non ce la faccio a stare qui. Non con questo tempo.”
Mi metto a ridere, “Nessuno sarebbe più felice di me di avervi per mesi a LA. Tu ti ci troveresti bene?”
Noel mi sorride sornione: “Conosco posti ben peggiori in cui lavorare. E poi ci sei tu.”
“La pre-produzione la farete qui, hai bisogno di qualcuno dei miei, Noel?”
Scuote la testa, “Direi di no. Ormai sai come lavoro, no? Vorrei fare dell’editing a LA però. Mi piacciono gli archi che mi hai fatto sentire.”
“Ok, non c’è problema”, risponde Dave guardando verso il soffitto. “Ora bisogna iniziare a mettere insieme i pezzi, Noel.”
“Era ora”, mi lascio scappare in un sussurro.
Lui si sfrega le mani, ridendo: “Non vedo l’ora, cazzo.”
“Non ti ho mai visto così rilassato.”
“Me la sto godendo, Dave” si porta le mani incrociate dietro la nuca.
“Papà hai la pancia”, Anais scoppia a ridere indicando il lembo di pelle lasciato scoperto dalla polo azzurra e io rido con lei. Lui ci incenerisce, “Le biondine qui fanno le furbe, Dave.”
“Cosa vuoi dire a queste due…” ci sorride. “Sono la tua fortuna.”
Noel annuisce, guardandomi dritto negli occhi. Si avvicina alla mia sedia, prendendo una ciocca di capelli tra le dita. Li modella, come ha sempre fatto, un gesto spontaneo che lo calma, e calma anche me. “C’è tutto?”, indica il foglio davanti a me.
“Direi di sì, ma posso portarlo a casa per ricontrollare? Non sono riuscita a concentrarmi.”
“Sei stanca?”
Annuisco, passandomi la mano sugli occhi, “Abbastanza.”
“Gallagher, fai fare le ore piccole alla tua fotografa?”, ridacchia Sardy.
“Ci sarei anche io qui, eh…” Anais alza la mano, arrossendo.
Io scuoto la testa, “Sardy cosa pensi! Lavoro la notte per stare dietro al fuso orario di Los Angeles per RS.”
“Ah, lavora ancora per quelli?”, chiede Dave ridendo rivolto a Noel.
“Ancora per poco.”
 
“Sono piena”, Anais si porta le mani sulla pancia muovendole con movimenti circolari. Il labbro inferiore è leggermente unto dal cibo cinese che ha mangiato con gusto seduta alla penisola della cucina.
“Vuoi ancora un po’ di Coca Cola?”
Lei annuisce, allungando il bicchiere verso suo padre, mentre io mi verso l’ennesimo bicchiere d’acqua della serata.
“Niente vino?”
Scuoto la testa, “Non ne ho voglia.”
“Tu non hai voglia di un bicchiere di vino, chissà dove cazzo finiremo.”
“Devo mettermi a lavorare e sono stanca, con un bicchiere di vino mi troveresti a dormire qui sopra.”
“Magari ti farebbe bene.”
Scrollo le spalle come a dire Forse sì.
“Papà l’hai dedicata a lei Don’t look back in anger?”
La voce della verità e dell’innocenza sale sul palco e mette sotto i riflettori il suo pungente, sarcastico, sociopatico padre.
“Sì, direi di sì.”
“E tante altre canzoni?”
“Quasi tutte”, un lieve rossore gli colora le guance. Porta la bottiglia di birra alle labbra, prendendo tempo.
“Sei sempre stato innamorato di lei?”
“Quante domande Nai. Come mai?”
“E’ la prima volta che la vedo e vi conoscete da quando siete nati… Solo a me sembra strano?”
“Nai, è più complicato di quanto sembri.”
“Non hai ancora risposto alla mia domanda, comunque”, trangugia l’ultimo sorso di Coca Cola.
“E io ti ripeto che non è semplice come credi che sia. Fidati di me. Sai che ti dico che Sally è il mio angelo custode?”
Quella annuisce.
“Ecco. Non si tratta di essere o meno innamorati, si tratta di essere così fortunato da una persona così sulla faccia della terra.”
“E mamma?”
“Io e tua mamma ci siamo voluti molto bene, Nai.”
“E non ve ne volete più?”
“Certo che ci vogliamo bene, abbiamo te.”
Sospira. “Secondo me la fate più incasinata di quello che è.”
Sorrido, impilando i piatti sporchi. Scuoto impercettibilmente la testa. Dieci anni dopo quel giorno, Anais Gallagher risolve le nostre vite sentimentali con una riflessione tanto semplice da risultare disarmante.
“Cara filosofa dei miei stivali, vai a metterti il pigiama e lavati i denti, torna qua quando sei pronta per andare a dormire.”
“Posso guardare un po’ l’iPad?”
Noel sospira, “Vai a mettere il pigiama e poi lo guardiamo insieme.”
Scende precipitosamente dalla sedia, correndo verso le scale. Istintivamente alzo la voce per farmi sentire. “Fai attenzione a non cadere!”
Noel mi sorride, “Stasera puoi mandare affanculo il lavoro e stare con me?”
“Farò del mio meglio, Noelie.”
Prende i piatti e li posa nel lavello, poi si volta accigliato. “Tu sei felice, no?”
“Non capisco la domanda.”
“Intendo… il lavoro che hai. Sei felice?”
“Questo spostamento a Los Angeles mi fa paura, credo che tu ormai l’abbia capito. Ma ho vissuto cose più spaventose di questa. Per ora sono solo in ansia.”
“Mi dispiace luv.”
“Oggi ho affrontato la tua ex moglie e tua figlia, avrei bisogno di una medaglia d’onore solo per questo.”
Sorride, scuotendo la testa. “Mi dispiace anche che tu abbia dovuto vivere quella testa di cazzo.”
“It’s fine.”
“No, non lo è. Se deve correre dall’altra parte del Paese per andare a farsi scopare o a tirare su della coca, non è un problema né mio, né tuo, né tantomeno di Nai.”
“Credo si sia ripulita… O almeno, questo racconta sui giornali. Insieme al condividere una caterva di vostre foto nel magico mondo di Twitter.”
Si batte una mano sulla fronte, teatralmente, inanellando un improperio dopo l’altro. “Porca puttana.”
“Credo viva ancora molto nella favola del rock’n’roll che si è costruita e in cui tu sei l’elemento principale.”
“Renditi conto fin dove può spingersi la follia…”
Mi allungo sul ripiano raggiungendo le sue mani. Le stringo e ogni ansia, ogni paura si dissolve. Mi sento forte, mi sento amata. “In qualche modo la capisco, sai? L’hai portata in cima al mondo e ora abituarsi al mondo normale non è facile per una come lei.”
“Quello in cui vive lei non è un mondo normale, luv.”
“Meg ha ancora il Cartier di Knebworth al polso.”
Noel scuote la testa, “Ce l’ha la persona sbagliata.”
“Io non ho mai voluto un Cartier.”
“Lo so. Ma erano le parole incise sopra quello che contava davvero. Forever and a day. Non so come venne a sapere di quel Cartier e… E io come sempre non ho avuto le palle di dire come stessero davvero le cose. E lo diedi a lei.”
“Noel, ci hai fatto una figlia con quella donna… il Cartier è davvero l’ultima delle cose che vi può legare.”
Scrolla le spalle, “Avrei comunque dovuto regalarlo a te.”
“Hai messo il mio cazzo di nome in una canzone che è conosciuta anche nel più stronzo e remoto angolo della terra. Non credo ci sia competizione con quello.”
“A dimostrazione che sono un genio.”
“Un genio…”
“Un fottuto genio molto innamorato.”
Gli mostro la lingua, mi sorride. “Molto innamorato, blondie. Davvero molto.”
“Anais mi ha detto che mi ha riconosciuta dalla foto che hai nella custodia della chitarra.”
Per l’ennesima volta oggi, Noel Gallagher arrossisce. “Ho quella foto dei primi anni Novanta sempre con me. Ne ho qualcuna tua, nostra. Ma quella è sempre stata nella custodia della chitarra, aprirla e vedere i tuoi occhi, i tuoi capelli, sapere che eri nuda nel letto con me… E’ ciò che di più reale esiste per me.”
Le lacrime mi imperlano le ciglia, sento che potrei scoppiare a piangere come una bambina.
“Perché hai gli occhi lucidi blondie?”
“Piango in continuazione in questi giorni…”
“Una fottuta mammoletta, come Bonehead!”, ride di gusto, avvicinandosi e stringendomi tra le braccia, le labbra appoggiate sulla mia fronte e le mani che, con dolcezza, mi accarezzano i capelli.
“Sei l’unica persona di cui io abbia realmente mai avuto bisogno nella mia vita, per questo sei il mio angelo custode.”
Il mio iPhone suona, lo zittisco con un movimento brusco, lasciandomi cullare dal respiro di Noel.
“Abbracciate anche me?”, una voce impertinente e un pigiama di seta rosa si intrufolano tra me e il fottuto genio del Britpop. Anais sa di dentifricio e profumi costosi e i suoi capelli biondi mi fanno il solletico.
You’re the only God that I will ever need.
  
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