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Autore: Monkey D Anjelika    02/01/2023    0 recensioni
Dal testo:
"Quando ti svegliasti la mattina dopo, lui era ancora lì.
Ti osservava con quegli occhi scuri, la lunga barba nascondeva parte del suo volto.
Per la prima volta nei suoi occhi riuscisti a scorgere un'emozione.
Vedevi qualcosa di strano, di indefinito.
L'apatia era sparita dal suo sguardo.
"Sei incinta!" Ti aveva detto con voce bassa.
Tu aveva annuito mentre lui si rivestiva sotto il tuo sguardo."
1998-1999 Guerra del Kosovo
Genere: Guerra, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Il vento soffiava forte e, violentemente, accarezzava il tuo corpo nudo.
Incurante chiudesti gli occhi.
Ormai eri abituata a quel clima, a quella violenza che vestiva il tuo corpo da settimane.
Giacevi immobile su della paglia umida, il freddo entrava da quella porta di legno segnata dal tempo.
Da un po' di giorni quella vecchia stalla era diventato il tuo rifugio, la tua prigione.
Passavi giornate intere inerme, ferma in quella posizione mentre gli occhi chiari si perdevano nel buio.
Il sole non filtrava dalle crepe.
Ormai il calore e la luce del giorno erano soltanto dei ricordi lontani, a volte, eri arrivata a dubitare della loro esistenza.
Speravi che quella situazione fosse solo un incubo e che presto ti saresti svegliata.
Ma quando il sole tramontava e veniva sostituito da quei due occhi gelidi e privi di emozione, capivi di essere sveglia e di star vivendo la realtà.
Non sentivi il freddo sulla pelle, ma le ruvide carezze di quel soldato erano impresse come un marchio fatto con il fuoco.
Il dolore riempiva il tuo corpo, le tue grida e i suoi ansiti si mescolavano e cacciavano il silenzio della notte.
Quando spingeva con violenza dentro di te, persino la natura taceva.
In silenzio assisteva alle tue sofferenze, raccoglieva il tuo sangue e lo separava dal suo sporco piacere.
Poi quando tutto finiva, gli uccelli cinguettavano, il vento soffiava.
La natura tornava a farsi sentire e copriva i tuoi singhiozzi, le grida nella tua testa.
Mentre le lacrime rigavano il tuo volto in silenzio, lui si appoggiò al tuo fianco senza proferire parola.
L'aria si riempiva del suo respiro pesante, e, solo allora tu tornavi a respirare.
Piano, in silenzio, per evitare di far rumore, per evitare di svegliarlo.
Lui dormiva tranquillo e senza sensi di colpe mentre tu ne eri piena.
Tu giacevi lì immobile mentre la tua famiglia era lontana, forse sotto le macerie della vostra casa.
Quella stessa casa dalla quale lui ti aveva portato via.
Ti aveva strappato ai tuoi affetti con cattiveria.
In un freddo giorno di inverno ti aveva fatta sua prigioniera.
Gettata come spazzatura sul gelido pavimento di una stalla.
Ti aveva trattata come un oggetto, come un animale.
Sfogava su di te la sua rabbia, la sua cattiveria.
Con brutalità ti possedeva tutte le notti.
Era violento, ti faceva male eppure lui godeva.
E tu ti chiedevi come fosse possibile.
Avevi sempre visto il sesso come un atto d'amore, ma lì di amore non ce ne era neppure l'ombra.
Solo l'odio.
Ma allora com'era possibile che quell'atrocità aveva generato l'amore più grande?!
Ti addormentasti con quella domanda mentre la tua mano accarezzava il ventre gonfio.
Quando ti svegliasti la mattina dopo, lui era ancora lì.
Ti osservava con quegli occhi scuri, la lunga barba  nascondeva parte del suo volto.
Per la prima volta nei suoi occhi riuscisti a scorgere un'emozione.
Vedevi qualcosa di strano, di indefinito.
L'apatia era sparita dal suo sguardo.
"Sei incinta!" Ti aveva detto con voce bassa.
Tu aveva annuito mentre lui si rivestiva sotto il tuo sguardo.
A tutte le tue coetanee piacevano molto gli uomini con la divisa, a tutte tranne che a te.
Odiavi quelle sfumature di verde, odiavi quei lunghi capelli che i cetnici non tagliavano in tempo di guerra, odiavi la sua lingua dai suoni aspri, odiavi tutto di lui.
Odiavi la tua codardia, avevi avute tante occasioni eppure non eri mai riuscita a scappare.
Odiavi lui e quella maledetta guerra che aveva spezzato molte vite.
Ormai odiavi anche te stessa perché eri sporca, macchiata dalla crudeltà di quel soldato.
C'era solo una cosa che non riuscivi ad odiare, ci avevi provato, lo avevi sperato ma era stato tutto vano.
Dentro te battevano due cuori, stava sbocciando una nuova vita.
Una vita generata dall'odio, indesiderata eppure tanto amata.
Prima di andar via, l'uomo ti diede la sua casacca.
"Fa freddo" disse prima di uscire da quel nascondiglio.
Fu la prima volta che sentisti preoccupazione nella sua voce, fu la prima volta che vedesti umanità nei suoi occhi.
Fu l'ultima volta che sentisti la sua voce e vedesti la tua immagine riflessa nel suo sguardo.
Uscì quella mattina e non fece più ritorno.
Nel tuo ventre fiorì la speranza dopo mesi di sofferenza.
Sentivi la terra umida sotto ai tuoi piedi mentre correvi tra la fitta vegetazione.
Speravi che il verde che ti avvolgeva ti avrebbe protetta tra le foglie rigogliose degli alberi.
Il verde era il colore della speranza.
Mentre tu avanzavi, i carri armati facevano lo stesso.
Andavate in due direzioni opposte, due destini diversi.
Chi verso la vita, chi verso la morte.
Sentivi le grida dei soldati, e per un istante, ti sembrò di sentire anche la sua di voce.
Tante volte aveva ascoltato i suoi gemiti, i suoi insulti, le sue risate mentre ora sentiva solo grida di dolore.
Chiudesti gli occhi mentre continuavi a correre.
Una mano poggiata sul grembo.
Una vita per un'altra vita.
E speravi che quella fosse migliore.
Magari un giorno racconterai a quella creatura di come era venuta al mondo, di come l'avevi amata sin dal primo istanti.
Forse le avresti raccontato anche di suo padre.
Di quel mostro che aveva ucciso persone innocenti, di quel soldato che ti aveva violentato, di quell'uomo che non c'era più.
Quella creatura avrebbe dovuto sapere, avrebbe dovuto giudicare e trovare il coraggio per essere diversa, essere migliore.
Un po' speravi che quell'uomo crudele si sarebbe salvato.
Volevi vederlo davanti ad un giudice in un'aula di tribunale, e poi dietro le sbarre a pagare per i suoi crimini.
A quel pensiero stringesti il piccolo corpo di una bambina appena nata.
I suoi occhi chiari erano chiusi, il viso roseo rilassato.
Lei dormiva tranquilla, ignara di chi era suo padre e di quello che aveva fatto.
Sorridesti davanti a quel viso paffuto e le guance rosee.
Un giorno lei avrebbe saputo e sarebbe stata chiamata a giudicare chi le aveva dato la vita.
Non in un aula di tribunale, non davanti ad un Dio ma nel profondo del suo cuore.
Sapevi bene che lei avrebbe pagato per colpe che non aveva.
Le persone le avrebbero puntato il dito, l'avrebbero fatta sentire sbagliata e non desiderata.
Forse lei avrebbe dato retta a quelle parole, forse avrebbe sofferto.
Ma come la tua sofferenza aveva portato alla vita, la sua avrebbe portato il cambiamento.
Un giorno lei avrebbe capito che la sua nascita era stata una vittoria, la fine della guerra e l'inizio di una nuova vita.


 
   
 
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