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Autore: EcateC    06/01/2023    3 recensioni
Bellatrix, evasa da Azkaban, ha un dubbio atroce che la tormenta ma Voldemort si rifiuta di darle una risposta...
Genere: Dark, Noir | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Afferrare il fumo di Londra sarebbe stata un’impresa più semplice dello sfiorare Lord Voldemort.

Vedere un’araba fenice solcare i cieli, o magari Zeus con le sue folgori, sembrava più probabile di vedere Lord Voldemort.

Bellatrix guardava fuori, guardava sempre fuori. Era conscia di sembrare una fiera, un essere pericoloso, strano e imprevedibile, a cui nessuno osava avvicinarsi. Era conscia ormai di assomigliargli.

“Ogni volta che guardano me, vedono te.” pensava, orgogliosa e fiera.

Dormiva di giorno, viveva di notte. La luce le dava enormemente fastidio, le scarpe anche.

Camminava a piedi nudi sul pavimento di villa Malfoy come uno spettro senza pace. Lo cercava, si diceva. Sapeva che non era lì, ma lo cercava lo stesso, perché quando sarebbe tornato, doveva trovarla intenta a cercarlo.

E poi, doveva fargli una domanda.

 

*** 

 

Gli ampi corridoi di villa Malfoy avevano un tetto altissimo, il silenzio era assoluto e sinistro. La paura iniziò a eccitarla. Più il buio si faceva cupo e minaccioso, più lei si sentiva attratta, voleva entrare dentro di esso fino perdersi. I suoi piedi camminarono più veloce, e poi d’un tratto si fermarono. Bellatrix aguzzò la vista e guardò verso il punto di massima oscurità. Il suo cuore batté forte quando il buio in persona si mosse e voltò il capo.

Bellatrix abbassò la testa e sorrise.

“È un onore riavervi qui, mio Signore.”

Voldemort la guardò dall’alto e lei si rimise in posizione eretta.

“Come mai, Bellatrix, non mi temi più come un tempo?” le domandò con calma discorsiva.

Lei si sentì a disagio.

“Perché” disse, osando un passo verso di lui. Ma Voldemort la maledì con uno sguardo disumano. Ella si fermò subito.

“Perché” continuò più timidamente “Ho già vissuto sia la morte che l’inferno, senza di voi. Niente di peggio può succedermi.”

Voldemort le fece un sorriso malefico. “Non sfidare il tuo padrone, Bella. Non è saggio.”

E detto questo, sollevò la mano destra, grande e inumanamente magra, verso di lei. Bella sentì come un capogiro, accompagnato da lievi brividi. Le sue membra si fecero rigide, la sua visita si annebbiò, ed ella capì che quella era l’anticamera del deliquio. Perse parzialmente i sensi e il suo corpo si rovesciò supino nell’aria, tenuto sollevato dalla magia.

Voldemort le si avvicinò e le afferrò forte il polso sinistro, le sue dita lunghe lo circondarono con un ampio giro. 

Il Marchio Nero, impresso a fuoco nel suo avambraccio, si stagliò prepotentemente alla vista del mago oscuro. Quest’ultimo lo esaminò con sguardo indecifrabile e poi guardò lei e i suoi occhi aperti e vispi, seppur bloccati in modo innaturale.

“Ti distruggerei questo braccio” esclamò minaccioso, sollevandoglielo “Mi sembra già di sentire le tue ossa sbriciolarsi, posso vedere i tuoi occhi lacrimare per il dolore. Eppure, la tua depravata devozione resterebbe immutata e le tue cosce sempre aperte. Cosa devo fare, quindi” continuò, stringendole con rabbia la carne marchiata, conficcandole le unghie sul teschio “Per liberarmi dalle tue ossessioni?”

E detto ciò, Voldemort avvicinò il suo viso al Marchio Nero e glielo morse. Un morso arrabbiato, pieno di furia. Bellatrix, bloccata dalla potente magia, aveva solo dischiuso le labbra.

Poi improvvisamente lui si fermò e lei cadde pesantemente a terra, proprio ai suoi piedi. Bellatrix si protese verso di lui e glieli baciò sul dorso, con la lingua proseguì e gli lambì la caviglia sinistra, glabra e sottile. Sollevò lo sguardo e incontrò i suoi occhi rossi, che per l’occasione erano rivolti verso di lei. Bellatrix distolse subito lo sguardo ma sorrise dentro di sé, sorrise di gioia, perchè finalmente era arrivato il momento. Si sarebbe sfregata l’avambraccio tra le cosce, pensò, mentre si innalzava in ginocchio senza smettere di lambirlo. Quando fu prossima all’altezza del suo bacino gli baciò entrambi i testicoli, Voldemort le afferrò forte la testa e la schiacciò senza cura contro di sé.

“Muoviti!” le ordinò, impaziente “Continua.”

Bellatrix sorrise, sorrise come non aveva fatto da molto tempo. E continuò.

Se qualcuno in quel momento avesse avuto l’indicibile sventura di passare per di lì, non avrebbe visto lei, avrebbe visto solo lui.

Guardano me, vedono te.

 

 

“Non mi avete spiegato” gli disse timidamente, prima che se ne andasse “Come avete fatto a tornare.”

“Non sei più una ragazzina.” le rispose spiccio “Scoprilo da sola.”

Bellatrix ci rimase male e lo guardò con impazienza.

“Ti sento, Bella."

 

L’ebrezza che Voldemort potesse sentirla era l’unica linfa di vita che le era rimasta. Ma Bellatrix era certa, era oltremodo certa che i suoi pensieri non si estinguessero nel nulla. Era la stessa certezza che l’aveva accompagnata durante tutti gli anni di Azkaban, estenuanti e allo stesso tempo trascurabili, come un forte dolore che sfinisce e che si dimentica per sempre.

La sua mente inquieta pensava già ad altro.

“Come hai fatto?”

“Perché non me lo spieghi?”

Bellatrix era ben lontana dall’avere la pretesa, o meglio la sfacciataggine, di volerlo eguagliare. Sarebbe come voler eguagliare la brillantezza di una stella o voler afferrare con mano il fumo di Londra. Guardare il cielo aspettando di scorgere l’Olimpo.

No, Bellatrix non aveva questa folle pretesa. Ma sapeva dentro di sé, delirante di onnipotenza come lui, che non esisteva strega o donna capace di competere o sconfiggerla. Quale strega poteva vantare di conoscere le arti oscure meglio di lei, discente del maestro più potente e mai esistito? Chi mai avrebbe potuto sconfiggerla a duello? Quale mago, se non Lui?

Era conscia che sarebbe potuta arrivare anche da sola a una risposta. Era potente e era ormai si sentiva una profonda conoscitrice delle arti oscure e dei segreti che esse celavano. 

Ma la domanda era diventata un dilemma, un tormento.

Voldemort la guardava e sorrideva sadicamente per la sua frustrazione e per la sua curiosità non appagata.

“Non esiste una risposta che sia alla tua portata, Bellatrix” amava mortificarla “ Più un mistero è grande, più è inspiegabile.”

Bellatrix lo guardò con le labbra all’ingiù e poi si sedette per terra come una bambina. Voldemort non le staccò gli occhi di dosso. Le rare volte in cui la guardava, lo faceva in un modo insistente e minaccioso. Bella si rese conto di avere tutte le sue attenzioni e si sforzò di non sorridere. Si stese con la schiena sul duro pavimento e poi dischiuse le cosce in modo osceno, sorridendogli.

“Oh, tu. Meretrice dell’inferno” le disse Voldemort, alzandosi in piedi “Immonda sgualdrina.”

Bellatrix iniziò a toccarsi.

“Sporca, turpe, profana” continuò Voldemort spietato, avvicinandosi rapidamente. Si abbassò sopra di lei e vederlo avvicinarsi le strappò un gemito strozzato, un gemito di gioia e anticipazione. Bella sentì le sue mani gelide stringerle forte l’interno coscia e trascinarlo verso di sé, aveva il bacino ormai sollevato sopra le sue ginocchia.

“Vi prego, sì, vi scongiuro” esalò, senza riuscire a trattenersi. Non c’era bisogno di pregarlo, perché lo sentì subito dentro di sé. Bellatrix ribaltò la testa e allacciò le sue gambe intorno suoi fianchi, e per tutto l’amplesso non si preoccupò di nascondergli alcun gemito.

 

*** 

Indossare le scarpe le dava fastidio. 

Perfino mangiare con le posate era per lei un inutile impiccio. La bestialità in Bellatrix stava sopraffando ogni residuo di umanità. Non era più abituata a parlare, tanto meno a leggere. Quattordici anni aveva trascorso parlando poco, senza leggere o scrivere nemmeno un rigo. Il suo cervello si era atrofizzato, dimentico dell'istruzione e di ogni tipo di buona maniera, tuttavia era diventato astuto e pronto come quello di un lupo. Nessuno poteva coglierla di sorpresa, nemmeno il Signore Oscuro in persona: lei e il suo istinto in qualche modo lo precedevano.

Avere un dubbio o qualcosa che non capiva, la rendeva ancor più impaziente e pericolosa di quanto non fosse.

Era diventato un dubbio antico, in realtà.

Era lo stesso dubbio che l’aveva tormentata senza sosta durante gli anni Azkaban, tanto che si era ripromessa che avrebbe preteso una risposta da lui. Si era immaginata di assistere alle sue spiegazioni esaustive e di godere della perfezione con cui sapeva esprimersi, nonché del carisma che sapeva infondere in ogni singola parola. Ascoltarlo sarebbe stato illuminante, un’esperienza rara, preziosa. Ogni ritrosia, ogni perplessità e ogni insicurezza sarebbero svanite in un istante.

Ma subito dopo l’evasione, la contentezza di averlo ritrovato e la certezza che lui fosse realmente sopravvissuto, avevano sopito la sua curiosità. Dopotutto lui era tornato, poco importava come avesse fatto…

Però, la curiosità tornò prepotentemente a galla quando Voldemort si rifiutò di darle una spiegazione.

Una parte di lei si era sentita offesa, terribilmente offesa e arrabbiata. Se fosse stato chiunque altro, probabilmente lo avrebbe ucciso. In un’altra parte di lei, crebbe invece la devozione, il parossismo illusorio di avere a che fare con un essere divino, che compie imprese divine.

Decise di non indagare, e non lo fece per diverso tempo.

Ma i mesi passavano, i giorni erano uguali ma largamente più felici. Bellatrix aveva iniziato a tollerare le scarpe, a dormire sopra un letto, a mangiare con più educazione. Ogni tanto la noia la spiazzava e la portava a distruggere ogni cosa. Si sentiva chiusa in gabbia dentro a Malfoy Manor. Il Signore Oscuro era sempre fuori, Narcissa a stento la degnava di una visita. Anche lei la temeva e Bellatrix si rese conto più che mai di sentire la paura dei suoi simili, proprio come fanno le bestie feroci fra di loro.

In un giorno di particolare tedio, andò nella grande biblioteca dei Malfoy. Questa non era sprovvista di libri antichi di generazioni e proibitissimi, anche se Bellatrix dubitava che qualcheduno dei Malfoy avesse mai avuto il coraggio di leggerli o la capacità di comprenderli. Le arti oscure erano la stadio più avanzato di ogni tipo di magia, solo un mago estremamente potente poteva essere capace di comprenderle. Ma solo un mago divino poteva essere capace di padroneggiarle, domarle, come i vampiri domano i lupi rabbiosi. 
Dovette scendere molte rampe di scale per trovare il reparto della biblioteca di suo interesse, tenuto isolato da un ridicolo incantesimo. Bellatrix trovò il grimorio che cercava, era il più grosso e famigerato, e al tatto bruciava come un tizzone ardente.

 

Bellatrix tremava. L’enorme libro pesava come un macigno sul suo stomaco.  Le pagine nere erano dei veli sottilissimi, le scritte indecifrabili brillavano di rosso. E poi, era come se le linee prendessero vita. Bellatrix ringhiò, mentre quell’inchiostro demoniaco fumava e penetrava dentro la sua carne. Il suo cervello parve decifrarlo, perché sentì dentro di sé delle frasi sensate e vide delle immagini altrettanto terribili.

Era penoso, ma lei era forte, e soprattutto degna di quelle conoscenze.

Ma quando lo stato di trance si fece più violento, qualcosa all’improvviso lo spezzò. Bellatrix si ritrovò riversa sul pavimento, senza fiato, con la bocca piena di saliva.

Vide con la coda dell’occhio la figura alta e nera che tanto conosceva e questo bastò per destarla immediatamente. Si alzò a sedere, confusa, e mise a fuoco Voldemort proprio nell’attimo in cui lui lanciò con disprezzo il grimorio per terra.

“Ho il diritto di sapere. Ho la forza per sapere!” gli disse convinta, alzandosi in piedi. Ma poi si pentì subito. La magia oscura l’aveva resa ebbra e irragionevole.

“Mio Signore” aggiunse più timidamente. 

“Lord Voldemort non salverà la tua misera vita una seconda volta.” disse invece lui, riferendosi a se stesso. Bellatrix lo guardò interdetta.

“Ma io avevo tutto sotto controllo!” pensò istintivamente.

Voldemort, sentendo il pensiero, la scaraventò contro un altissimo scaffale ricolmo di libri. L’urto fu doloroso, ma Bellatrix balzò in piedi come un gatto, altra mossa che le venne istintiva. Ma poi buttò la sua bacchetta per terra, in segno resa e di sottomissione.

Voldemort la guardò severamente “In quel grimorio sono imprigionate le anime dell’inferno che l’hanno scritto” le disse, riferendosi al libro che stava bruciando “E puoi stare certa che non contiene niente che io non sappia già o che non ti abbia già detto.”

“Non è lì la risposta che cerco.” convenne allora lei.

“No.”

“Dove si trova, quindi?” lo supplicò.

“In realtà, te l’ho già data.” le disse misterioso.

“Padrone” lo chiamò Bellatrix, dispiaciuta “Sapete che ricordo ogni singola parola che vi ho sentito dire, ogni vostro sguardo, ogni movimento della vostra bacchetta.”

Voldemort piegò il capo di lato e sorrise maligno. “Oh, Bellatrix.” disse “Ci sono tanti movimenti che non vedi.”

Lei, sorpresa, arrossì.

 

***
 

Sdraiata sul gelido pavimento, Bellatrix contemplava il soffitto.

I capelli lunghi e ribelli sembravano un cappuccio nero intorno alla sua testa.

Un elfo, o forse uno sguattero, le aveva portato la cena. Bella ne sentì l’odore: carne di cervo non troppo cotta. Se fosse stata cruda, sarebbe stato meglio.

Si alzò e guardò fuori il giardino verde e rigoglioso del Manor, e poi guardò in lontananza, verso l’enorme cancello d’ottone con lo stemma dei Malfoy sull’apice. Se solo avesse potuto andarsene, o se solo lui fosse tornato!

Bellatrix iniziò a rendersi conto che, in realtà, forse era meglio non sapere. C’erano troppe cose indicibili che conosceva di lui, come le sue origini o il nome con cui suo padre lo apostrofava quando erano ragazzi, non voleva aggiungerne altre. Era certa che non ce ne fossero delle altre.

Bellatrix chiuse gli occhi e lentamente si assopì. Ormai erano le prime luci dell’alba, il sole di aprile era coperto da una fitta coltre di nubi.

Bellatrix dischiuse le labbra. Qualcosa di viscido, come le mani della morte, le sfiorò i piedi nudi. La forma allungata e pesante si estese sul suo busto e Bellatrix riconobbe che era il serpente Nagini. Aprì leggermente gli occhi, trovandosi il muso puntuto della bestia proprio di fronte al naso. Nagini aprì le enormi fauci e soffiò minacciosamente contro di lei, il suo alito di cadaveri era pestilenziale.

“Non ho nulla da mangiare” le rispose, calma.

Nagini le mostrò di nuovo le fauci con un sibilo irritato, e per la prima volta Bellatrix la guardò dritto negli occhi, che erano rossi e appuntiti, esattamente identici a quelli di Voldemort.

Bellatrix si alzò di scatto a sedere, il movimento repentino innervosì il serpente, che fece l’atto di morderla. Come se si fosse destata da un brutto incubo, la strega si alzò e lanciò subito la fetta di carne rimasta sul piatto al serpente affamato, che l’afferrò al volo e la inghiottì come se nulla fosse. Nagini sibilò di nuovo e Bellatrix trattenne rumorosamente il fiato per quella scoperta.

 

***

 

Gli ampi corridoi di villa Malfoy avevano un tetto altissimo, il silenzio era assoluto e sinistro.

“Horcrux.” pensò, senza osare dirlo ad alta voce. 

Nessuno, nemmeno un vecchio quadro o uno spiritello, avrebbe dovuto sentire quella parola.

Voldemort, in piedi di fronte a lei, non si voltò. 

“Dovessi morire mille volte e nel peggiore dei modi, piuttosto che rivelarlo a qualcuno” continuò Bellatrix a bassa voce “Mio Signore,voi sapete che nemmeno il diavolo e le sue millenarie torture potrebbero indurmi a tradirvi. Lo sapete.”

Voldemort questa volta si voltò verso di lei, la sua espressione era tinta di una rabbia disumana.

“Ho fame. Procurami qualcosa da mangiare.” le disse solo.

Bellatrix gli sorrise e chinò il capo in segno di assenso. 

 

Finalmente, l’antico quesito si era risolto.

 

 

 


 

Note

Cari lettori, vecchi di anni e nuovi di oggi, sono tornata!

Spero che la storia vi sia piaciuta e che la caratterizzazione dei personaggi, sicuramente arrugginita, non vi abbia deluso. 
A presto,
Ecate

   
 
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