La
mattina successiva Eragon fu svegliato dalla mano
leggera di Par. L’Elfo aveva finito il turno di guardia, e
aveva preparato già
tutto per la partenza.
Buon giorno piccolo mio!
Gli fece Saphira da sopra una
spalla.
Buon giorno Saphira. Che cosa
succede? Il ragazzo annusa l’aria
e le sue narici vennero inondate del profumo di focaccia calda.
È stato Par. Mi ha pregato di non svegliarti prima.
Su
avanti alzati
Eragon si tirò su, stirandosi le membra intorpidite.
Poco più in
là c’è una piccola
fonte d’acqua. la
informò
la dragonessa. Eragon la raggiunse e si spruzzò un
po’ d’acqua sul viso e sulle
braccia. Rinvigorito si diresse di nuovo alla raduna
- Dormito bene Cavaliere? - gli fece subito Par vedendolo arrivare, e
porgendogli una scodella piena di frutti selvatici.
- Spero ti piacciano, li ho raccolti qui intorno-
Eragon esaminò un attimo il contenuto, e con un breve
incantesimo controllo che
tutti fossero commestibili.
- Grazie - gli disse, sedendosi vicino a Saphira.
- Di nulla - gli fece Par sedendogli a sua vota accanto. Poi
l’Elfo prese a
giocare con una foglia sul terreno. Eragon aveva appena iniziato a
mangiare,
quando l’elfo si sporse avanti e gli domandò:
- Oliviana sta ancora dormendo, ma prima di svegliarla volevo parlarti-
Eragon posò la scodella per terra, n’aveva
mangiato appena qualche chicco
- Dimmi pure Par -
L’Elfo rimase un attimo in silenzio, cercando le parole
adatte da usare:
- Ecco…si tratta di lei Eragon, Ci ho
pensato tutta la notte: sembra che
tu nutra un particolare interesse per lei, di cui ignoro il motivo.-
L’Elfo
aspettò un attimo prima di continuare, mentre Eragon aveva
assunto
un’espressione impassibile
- Chi ci assicura che non userà la magia per ucciderci
tutti. Lei… -
- Non lo farà Par - lo interruppe Eragon con dolcezza. Par
lo guardò incredulo,
il cavaliere continuò a parlare.
- Ti svelo qualcosa sull’uso della magia. Ci sono delle
regole ferree per il
suo utilizzo, e Oliviana le deve conosce abbastanza bene per sapere che
tentare
un qualsiasi attacco senza conquistare la mente del tuo avversario, ti
rende
altrettanto vulnerabile. Questo mi rende quasi certo che non
azzarderà nulla di
così folle, per ora.
Naturalmente,
potrebbe essere abbastanza disperata da provare
lo stesso. E la disperazione rende sempre pericolosi…-
Eragon fece una breve
pausa, riluttante a continuare.
-
Ma ci sarebbe un modo, per far si che non possa nuocere
– aggiunse risvegliando l’attenzione di Par
- E quale sarebbe? –
- Con delle particolari sostanze, delle droghe, potremmo assopire i
suoi
poteri. Non è il modo più onorevole per
neutralizzare un avversario, ma temo
sia l’unico modo che abbiamo. -
Eragon
ricordava come si era sentito quando si era trovato
a subite lui stesso quel trattamento. Non gli piaceva l’idea
di trattare così un’altra
persona; ma Par aveva ragione su una cosa. Essere venuto a conoscere i
ricordi
di Oliviana lo aveva avvicinato stranamente alla donna. Come aveva
detto un
giorno Oromis, la comprensione genera simpatia.
- So a cosa ti riferisci, c’è una pianta qui nella
Stonewood che potrebbe fare
al caso nostro - gli disse concitato l’Elfo - e peso di
averla incontrata
stamattina. Aspettami qu. -
Quando Par fu lontano la dragonessa gli parlò:
Eragon, stai facendo la cosa giusta.
Lo so Saphira, ma questo
non mi da alcun sollievo…
Eragon
e Saphira aspettarono alcuni minuti, poi Par
riemerse dalla boscaglia, con in mano un’intera pianta,
foglie, busto e uno
strano bulbo.
- Questa la utilizziamo per addormentare i cavalli. Bisogna sradicarla
dalle
radici, perché è il bulbo che fornisce il siero -
disse loro con calma.
- Se adoperate in piccole dosi, può esser e adoperata anche
per gli esseri
umani. Credo che sia questo cui ti riferivi - Eragon non disse nulla ma
esaminò
la pianta con la mente e annuì, poteva andare bene.
Par impiegò un poco a preparare l’infuso. Poi
misero la droga nei frutti che
erano rimasti.
- Ne basteranno poche gocce. E l’effetto durerà
per tutta una giornata. -
Oliviana doveva essere ancora indebolita per la crisi, ed Eragon
ritenne di
mettere solo una goccia.
Le andò accanto, Oliviana era sdraiata da un lato. La scosse
piano, e lei
socchiuse gli occhi sotto il suo sguardo. Eragon le posò
allora una mano sulla
fronte per vedere se aveva ancora la febbre. Oliviana
sussultò
- Che fai? - rispose brusca.
- La febbre è passata. Tieni mangia, avrai fame - le disse
porgendole la
scodella coni frutti.
Oliviana li guardò con disgusto, ma aveva fame, e li
divorò in un attimo.
-Ora alzati, stiamo partendo- gli disse soltanto.
Oliviana ubbidì, senza controbattere. Sentiva lo sguardo di
Saphira vigile su
di lei.
Eragon ci mise poco tempo per caricare gli ultimi bagagli. Poi la
dragonessa
spiccò il volo per innalzarsi sopra la Stonewood.
Ci rincontriamo questa sera gli fece Eragon
mentalmente.
Non mi piace che viaggiate soli per troppo tempo!
Gli rispose
allora Saphira.
Non abbiamo alternative Saphira, ma tu ci potrai sempre
controllare
dall’alto
Lo farò piccolo mio, ma tu stai attento.
Avanzarono
tra la boscaglia per tutta la giornata.
Oliviana aveva dei problemi a camminare con le mani legate,
così Eragon gliele
liberò, e la fecero mettere in mezzo. Avanzarono per il
resto della giornata
così: Par in testa guidava la fila, poi veniva Oliviana,
mentre dietro di lei,
Eragon chiudeva il gruppo.
Ci misero cinque giorni per raggiungere il fiume Adamante.
Arrivato vicino alle sue rive, Par si fermò guardingo:
- Raggiunto il fiume, più ad est c’è il
lago di Fargor, e lì vi un piccolo
villaggio, si chiama Gratignac, è l’ultimo
avamposto civile sulla terra di Zàkhara
che incontreremo, prima di inoltrarci nel cuore della Stonewood.
E’ una città
di confine, isolata dal resto del paese, e un covo di briganti e
fuorilegge.
Non sarà difficile passare inosservati. Di solito la gente
si fa i fatti suoi,
e le poche guardie della regina possono essere comprate con un
po’ di soldi.
Ma la cosa che a noi interessa di più è che
è una cittadella fiorente e ricca
di commerci, perché è dal suo porto fluviale che
partono le navi per le isole
Stige e Crithia, che sono ricche del prezioso ferro…-
Oliviana eruppe in un sorriso amaro.
- Sei un folle Elfo. Entrare a Gratignac e sperare di uscirne da uomo
libero -
Par
si voltò di scatto verso Oliviana, e fissò
l’assassina con uno sguardo che non ammetteva altre repliche,
poi disse:
- A noi interesserà solo per rifornirci di viveri - Poi si
voltò a guardare di
nuovo Eragon e Saphira: - In ogni caso siamo obbligati a rifornirci li,
nella
sua parte più interna la Stonewood non ci
permetterà né di cacciare né di
cogliere erbe o frutti. Lì la foresta è sovrana -
Un brivido attraversò la
schiena dell’elfo, al ricordo del suo primo viaggio in quella
terra.
- Da come ne parli, sembra un essere pensante - gli disse Eragon
incuriosito da
tanta apprensione.
- Perché lo è, Cavaliere. - tagliò
corto Par. L’Elfo era diventato all’improvviso
irascibile, ed Eragon preferì non stuzzicarlo oltre.
Smontarono i bagagli, e accesero un piccolo falò da campo.
Dopo che ebbero consumato un pasto leggero con ciò che gli
rimaneva delle
provviste Eragon si avvicinò a Par e gli disse
- Domani andrò in città da solo - Par socchiuse
gli occhi contrariato, ma lo
lasciò continuare:
- Lo so avevamo detto che saremmo entrati insieme, ma ho ragionato.
Oliviana non
può venire con noi e per te è troppo pericoloso,
sei sempre un Elfo e dopo la
nostra fuga da Blow il livello di guardia sarà
più alto. Io invece con un po’
di fortuna passerò inosservato -
Par era rosso in viso e ci mise un attimo prima di accennare ad un
sì.
- Va bene, in questo caso è meglio che queste le tenga tu
– disse l’elfo
porgendogli frettolosamente un sacchetto. – Si tratta delle
nostre ultime monete,
non sono molte- aggiunse poi con un tono triste - ma la borsa con il
resto dei denari
è rimasta a Blow. Quindi dovrai cercare di fartele bastare
– Eragon soppesò il
sacchetto e lo ringraziò con un sorriso.
Par scosse la testa, quindi iniziò a riferirli una serie
d’indicazioni pratiche
su come comportarsi e a chi avrebbe potuto rivolgersi. poi entrambi
stanchi si
misero a dormire, alternandosi per i turni di guardia.
**
Il mattino dopo, di buon’ora, Eragon si mise in cammino per
la cittadella di
Gratignac. Ci mise poco a raggiungere il fiume. Lo costeggiò
fino raggiungere
la città.
Gratignac
era un’ampia distesa di case e complessi di
edifici priva di una propria cinta muraria. Lungo la strada, Eragon
poté notare
che il via vai di gente che come un fiume s’intensificava man
mano che si
avvicinava al centro abitato.
Par gli aveva dato una serie d’indicazioni per trovare il
quartiere dei
commercianti, ma in quel marasma fu molto difficile orientarsi. La
gente andava
e veniva con un ritmo impressionante. Eragon più di una
volta si trovò ad
essere strattonato e trascinato via dalla folla. Un’ondata
più forte lo aveva
quasi fatto cadere ma stringendosi ancora di più al
cappuccio si buttò nuovamente
nella calca di quelle strade e riprese a camminare.
Era ormai da qualche tempo che non poteva più sentire
Saphira e la cosa lo
rendeva nervoso, perché se fosse successo qualcosa non
avrebbe potuto
comunicare con lei. Finalmente riuscì a trovare il quartiere
dei commercianti.
Le
botteghe si susseguivano come un nastro colorato con
tante merci esposte con ogni genere di articoli. Eragon
accelerò il passo fino
a quando non riconobbe una delle insegne che gli aveva raccomandato Par
ed
entrò dentro.
All’interno
della sala la luce era molto bassa. Eragon esitò
solo un attimo, in quell’ambiente non avrebbe potuto tenere
il cappuccio a
lungo senza destare sospetti.
Così si affrettò a formulare un incantesimo che
potesse nascondere i lineamenti
elfici. L’energia per mantenerlo non era molta, ma avrebbe
fatto bene a
sbrigarsi.
Prese tutto ciò che gli occorreva, quindi pagò
spendendo più della metà dei
soldi che aveva e tornò a mischiato tra la folla.
Ripeté la compravendita con
altre due botteghe. Aveva terminato i suoi acquisti ma già
da tempo sentiva che
qualcuno lo stava seguendo.
Anche
nell’aria qualcosa era cambiato. All’uscita
dall’ultima bottega la gente che fino a poco tempo fa aveva
reso le strade
impraticabili era stranamente diminuita e la sensazione che qualcuno lo
stesse
seguendo iniziò a farsi strada dentro di lui. Prese a
camminare a zig zag tra
la folla cambiando rapidamente direzione con l’intento di
depistare il suo possibile
inseguitore che però continuava a stargli dietro. Non si
voltò un solo attimo
dall’altra parte, anche quando sentì una serie di
urla di qualche donna che
protestava e dei rumori di armi. Costringendosi a mantenere
un’andatura
costante, aspettò di girare al primo angolo e fermarsi a
formula nella mente un
incantesimo che gli avrebbe fatto guadagnare del tempo.
Il cuore gli batteva a mille mentre cercava il modo di uscire dalla
città in
più fretta possibile. Stava valutando che strada prendere
quando una mano le si
posò sulla spalla.
- Non così in fretta ragazzo – gli disse una voce
squillante. Eragon non fece
un tempo a voltarsi che ricevette un colpo lancinante a una tempia, poi
li buio
Quando
finalmente riprese coscienza, Eragon si rese conto
di stare all’interno di un casa. Aveva le mani legate dietro
la schiena, ed era
stato imbavagliato. Cercò di muoversi ma le corde erano
talmente strette da
impedirgli qualsiasi movimento.
- Ti sei svegliato finalmente. Lo avevano detto quelle creature. Non so
cosa, o
chi siano, ma sono felice di non essere nei loro interessi. Sono
terrificanti e
non vorrei essere al posto tuo quando verranno a riprenderti.
–
Eragon si tirò a sedere con una smorfia guardandosi intorno
spaesato. Di quali
creature stava parlando l’uomo? Si chiese trattando le corde
nel tentativo di
liberarsi ma senza successo.
- È inutile che ti agiti. Sono partiti da ore oramai. Sono
andati in cerca dei
tuoi amici. Così almeno mi sembra di aver capito tra un
sibilo e l’altro. - gli
disse severo l’uomo mentre si alzava dirigendosi verso un
angolo buio della
stanza.
- Mentre eri incosciente mi sono permesso di frugare tra la tua roba.
Mi sembri
una persona importante. A cosa servivano tutti questi viveri? -
L’uomo era ritornato davanti a Eragon con in mano la sua
borsa.
- Sei i tuoi parenti pagano bene potrei decidere di aiutarti, sai?
Quanto mi
darebbero in cambio per la tua liberazione? -
L’uomo lo aveva scambiato per un nobile che era stato rapito
e stava cercando
di capire se poteva guadagnare qualcosa da quella situazione. In tutta
risposta
Eragon diede altri due strattoni di protesta alle corde mentre fissava
l'uomo
in tralice.
- Non è la risposta che mi sarei aspettato. Va bene, se
è questo che vuoi ti
lascerò al tuo destino - disse nella speranza di spaventare
il suo ospite.
- Questa potrebbe essere la tua ultima possibilità di
liberarti. Vuoi
collaborare o no? -
Eragon guardò fuori dal capannone, era ormai buio, il suo
pensiero andò subito
a Saphira. La dragonessa doveva essere in pensiero per lui,
dilatò la mente
alla sua ricerca, ma non ottenne alcuna risposta, deluso
abbassò la testa.
Ne aveva ormai abbastanza di quell’uomo e delle sue minacce.
Ma così legato non
aveva modo di avere la meglio su di lui. A meno che non usava la magia
senza
usare l’antica lingua come gli aveva insegnato Oromis.
Raccolse tutte le sue Energie, e attingendo alla fonte del duo potere
sprigionò
la magia. Si concentrò sulle funi che gli legavano i polsi,
e le recise in due.
Liberate le mani, con uno scatto fulmineo, prese la sua spada e la
puntò contro
l'uomo.
- No… non vorrai uccidermi spero…io ...io ..non
volevo farti alcun
male…M…Mettiti nei miei panni... Io…-
Eragon si tolse allora il bavaglio dalla bocca. Vacillò un
attimo, quando la
magia assorbì le sue energie.
- Non voglio farti del male. Voglio solo uscire dalla città
e raggiungere i
miei amici. -
Senza pensarci due volte, Eragon prese le corde con cui era stato
legato. L’uomo
vide il taglio netto e guardò Eragon con rinnovato stupore.
- Come hai fatto. Che razza di trucco hai usato!? -
- Ora voltati -
- Hai uno strano accento, non sei di qui. A pensarci bene non sembri
neppure
appartenere alla gente si Zàkhara –
continuò l’uomo sempre più spaventato.
L’uomo si voltò un poco e i suoi occhi cadde sulle
orecchie di Eragon. Alla
vista della punta, il suo terrore fu palese…
- Aspetta. Aiuto! Che cosa hai intenzione di fare. Aiuto!-
- Shhh…non urlare!- gli fece Eragon posandogli una mano
sulla bocca.
Pronunciò una serie di parole, l’uomo si
accasciò tra le sue braccia,
addormentato.
Eragon alzò di istinto lo sguardo, rumori di passi
provenivano da sopra il
soffitto, diretti verso il basso. Allargando la mente poté
percepire, distinte,
quattro persone avvicinarsi, Erano sodati della regina attirati dalle
urla. Doveva
fuggire e alla svelta!
Prese la sua borsa, e si guardò intorno con occhi frenetici.
La porta del
capannone era semichiusa, Eragon vi si fiondò. Fuori,
l’aria fresca della notte
gli riempì i polmoni.
Alcune persone passeggiavano tranquille. Per fortuna le urla
dell’uomo non
aveva raggiunto l’esterno, non avendo più la
protezione del mantello si affidò
alle tenebre per nascondersi.
**
La
notte era calata nel piccolo accampamento ai limiti
della Stonewood.
Saphira frustava la coda fendendo il terreno con i suoi cunei, nervosa.
Eragon sarebbe dovuto ritornare già da molto tempo,
Che cosa può essere successo? La voce
della dragonessa riecheggiò nella
mente dell’Elfo.
- Non lo so …- rispose passandosi le dita tra i capelli.
Anche lui era preoccupato.
- D’accordo, ora vado in città e vedo cosa
è successo. -
Ma Saphira gli sbarrò la strada con la sua possente coda:
Eragon non voleva che tu entrassi per un motivo.
Aspettiamo…
Oliviana osservava la scena da un angolo. Aveva ancora la mente
intorpidita, e
non riusciva a concentrarsi per più di qualche minuto. Ma
era da un po’ di
tempo che sentiva una presenza conosciuta che le circondava la mente.
Saphira e
Par erano troppo preoccupati per pensare a lei, e il sicario era
riuscita a
eludere il cibo che l’Elfo gli aveva portato.
Sentiva distinta la presenza dei Ra-zac, ma non erano più
loro. Qualcosa era
cambiato, erano più potenti.
**
Quelli
che un tempo erano stati Ra-zac, ora
volavano spediti, sorvolando sul tratto di mare che li
divideva dalle coste di Zàkhara, sotto di loro
l’acqua si increspava in mille
onde ad ogni soffio di vento.
Le due bestie avevano solo un vago sentore di ciò che un
tempo erano stati.
L’esoscheletro, in cui i loro corpi erano stati imprigionati
per venti lunghi
anni, era ormai un ricordo lontano. Ma non avevano scordato al loro
missione.
Risvegliati sull’isola di Crithia, dove che la magia di
Eleonor gli aveva trasportati,
avevano iniziato la lenta trasformazione; ma perché
ciò avvenisse, avevano
bisogno di carne, così, Non lontano da dove erano atterrati,
una piccola
famigliola di contadini, aveva sfamato le loro viscere. Ma quando altri
umani
erano venuti alla fattoria, e avevano scoperto lo scempio compiuto, si
erano
dovuti nascondere. In quella fase erano infatti vulnerabili a qualsiasi
attacco.
Dal loro nascondiglio, videro agitarsi le fiamme delle torce degli
uomini, alla
loro ricerca, e potevano sentire la paura sprigionarsi dalla loro pelle.
Si nascosero all’interno di una grotta naturale, al riparo da
occhi indiscreti,
l’alone malsano, sprigionato dai loro corpi, tenne alla larga
qualsiasi
intruso, ma chi si fosse avvicinato abbastanza, avrebbe potuto udito il
raccapricciante rumore delle ossa delle carcasse dei contadini, che
lentamente
venivano divorati, e un rumore di fondo, dato
dall’esoscheletro, che ormai
secco, veniva spaccato, per lasciare uscire i loro nuovi corpi.
Occorsero tre
giorni. Poi la femmina depose le uova, da cui dopo due giorni nacquero
due Ra
’zac.
Così era stato per loro, e così sarebbe stato per
i loro figli.
Arrivati
alla cittadina di Gratignac, avevano individuato
subito il quartier generale delle guardie reali. La paura si
impossessò di loro
quando le due bestie planarono nel cortile interno, dove i soldati
tenevano i
cavalli.
Subito i Ra ’zac scesero dalle bestie. Guardando i fedeli
servi della regina, i
soldati rimasero pietrificati dal terrore, e impedendogli di muovere un
solo muscolo.
- Siamo qui per ordine della regina, raduna i tuoi uomini e scegli tra
loro una
decina che ci segua nella Stonewood- aveva detto loro con voce
gutturale.
Il capitano si fece avanti. Aveva la stessa espressione di terrore di
tutti gli
altri, ma era un uomo fedele alla corona. Lottando contro
l’istinto di fuggire
fece ciò che gli era stato ordinato.
Anche se debole i Lethrblaka avevano sentito la presenza di Oliviana,
durante la
giornata il loro legame era aumentato. Avevano appreso dal sicario che
il giovane
cavaliere era entrato in città. Così avevano
fatto mettere delle guardie in
tutti gli empori. La piccola magia di Eragon al negozio, sarebbe
passato
inosservato se fosse stato un altro giorno. Il caos della gente per le
strade
aveva permesso al soldato di avvicinarsi abbastanza a Eragon senza
essere
visto.
Neutralizzato il cavaliere, i Lethrblaka ordinarono che la sua custodia
fosse
affidata al commerciante.
La trappola era scattata.
Solo quando l’ultimo raggio di sole scomparve dietro
l’orizzonte, e le tenebre calarono
indisturbate i Lethrblaka diedero il segnale di partenza.
Si alzarono in volo con due potenti battiti delle loro ali, insieme a
loro i Ra’zac.
A terra i soldati li seguivano a cavallo, lieti di non essere
più a contatto
con quelle orrende creature.
Cavalcarono per un’ora, e arrivati nella
prossimità della foresta, i soldati
lasciarono i cavalli, seguendo i Ra’zac e si inoltrarono
nella boscaglia, i
Lethrblaka invece, dopo poco tempo scomparvero nel buio.
**
La dragonessa girò il suo collo verso Oliviana, e
fissò il sicario con i suoi
grandi occhi blu. La donna continuava a ridere, ma Saphira era convinta
di aver
udito qualcos’altro strisciare. Allargando le sue narici
inarcò il collo, e
tendendo la coda come pronta a scattare, si mise in attesa:
Par le si affiancò – Che cosa succede-
Ho sentito qualcosa
la sentì parlare nella mente.
Improvvisamente dall’oscurità della foresta emerse
un enorme essere nero, che
si abbatté contro il fianco di Saphira, seguito subito dopo
da un secondo.
Par venne scaraventato da un lato del campo, batté a testa
contro un tronco e
perse i senesi.
Saphira non ebbe più dubbi, erano Lethrblaka. Non ebbe
nemmeno il tempo di
chiedersi come avessero fatto a trovarli, perché i due
mostri la strinsero
subito in un feroce duello. Lottò a lungo, cercando il
più possibile di mettere
spazio tra loro, ma ogni suo tentativo veniva vanificato dalla loro
azione
congiunta. La sua coda balzava da una parte e dall’altra, e
le sue fauci
colpivano con ferocia. Ma qualsiasi danno Saphira riusciva infliggere
sul corpo
di quelle bestie, lei ne subiva il doppio. Se uno colpiva,
l’altro gli impediva
qualsiasi contromossa. I loro lunghi becchi, erano veloci e precisi, e
Saphira
iniziava a perdere agilità e forza; fino a quando, uno di
loro riuscì a
superare le sue difese, e artigliandole il collo, la ferì
mortalmente. La
dragonesse urlò di dolore.
Saphira indietreggiò e sferrò un potente colpo di
coda al Lethrblaka che le era
più vicino, ma indebolita dalla ferita, cadde da un lato.
Gli occhi crudeli del Lethrblaka la guardavano trionfante, mentre la
dragonessa
cercava di alzarsi, ma senza successo. Da dietro la bestia, Saphira
poté vedere
con rabbia Oliviana alzarsi da terra, libera. Emise un lento ringhio
mentre la
donna avanzava verso di lei affiancata da due Ra ’zac. Questi
erano più piccoli
di quelli che avevano incontrato le altre volte.
Saphira socchiuse gli occhi. Eragon!
Un’espressione di orrore si dipinse sul suo volto di Oliviana
alla vista della
profonda ferita al collo.
- Gli ordini della regina erano…-
- Errrannno di prrrrrendere il cavalierrrre vivo …il drrrago
sarrrebbe stato
solo di fassssstidio - fu il commento di uno dei Ra ’ zac.
Era la prima volta
che parlavano, Oliviana li guardò con un misto di rabbia
disgusto. La regina
aveva affidato a lei quella missione.
- Dove si trova ora il cavaliere Eragon…- chiese con finta
calma.
- Sssta arrivando…! - se ci fosse stato in modo per capire
le emozioni di
quegli esseri, Oliviana avrebbe detto che stavano gioendo.
- Ora che abbiamo eliminato il ssssuo drago, non potrrrà
farrrre molto-
Oliviana non poté fare altro che constatare
l’efficacia del loro piano. Avevano
fatto un ottimo lavoro. Il malumore di poco prima era passato, mentre
un debole
sorriso gli affiorava sul viso: ora si sarebbe vendicata
dell’umiliazione
subita. I suoi pensieri furono interrotti dal capitano delle guardie
reali che
si avvicinò titubante :
- Che dobbiamo farne di lui…Signora - gli chiese, lieto di
poter parlare di
nuovo un essere umano. Dietro di lei due guardie stavano portando il
corpo
privo di sensi di Par.
- Lasciatelo qui…Ora ordina ai tuoi uomini di nascondersi
fino all’arrivo del
Cavaliere…-
A centinaia di iarde di distanza Eragon sfrecciava tra gli alberi come
un
dannato.
Aveva sentito l’urlo di dolore della sua dragonessa, seguito
da una fitta al
collo che lo aveva fatto barcollare lasciandolo intontito. Eragon aveva
cercato
subito un contatto, ma Saphira aveva chiuso qualsiasi comunicazione.
Ormai mancavano poche iarde all’accampamento, ed Eragon
sguainò la spada
guardingo, ignaro di ciò che lo attendeva. Il campo era
completamente al buio
ma più avanti poté scorgere Saphira, riversa a
terra sanguinante. A quella
vista tutte le sue cautele caddero, ed Eragon le andò di
corsa vicino. Non era
possibile, questo doveva essere un incubo:
- Saphira …che cosa…? - non riuscì a
finire la frase che da dietro udì la
risata soddisfatta di Oliviana.
- Mi sembri sorpreso, Cavaliere. -
Eragon si voltò appena, e con la coda dell’occhio
poté scorgere il sicario attorniato
da una decina di soldati reali.
Eragon respirò a fondo. Sarebbe stato facile per lui
disarmare i soldati, ma
qualcosa nascosto dietro la vegetazione lo trattenne dal farlo. Delle
ombre si
aggiravano tra il buio della boscaglia. Poi uscirono per rivelarsi alla
luce di
una mezza luna. Eragon non credette ai suoi occhi, erano due Lethrblaka!
Con una breve sondaggio mentale scoprì che i mostri erano
protetti da Oliviana,
qualunque mossa avesse fatto, non avrebbe avuto possibilità
di vincere.
La sua attenzione ritornò su Saphira. Con una fitta al
cuore, notò che il suo
respiro si era ridotto a un alito leggero. Non poteva vederla in quello
stato.
Si chinò su di lei posando tremante una mano sul fianco.
Dietro di lui poteva
sentire i soldati che inarcavano i loro archi contro di lui, nervosi, e
Oliviana che alzava la su amano segnando loro di aspettare.
Ignorandoli accarezzò con delicatezze le squame azzurre ora
macchiate di
sangue. Saphira si mosse appena, mentre i suoi occhi incrociarono
quelli del
suo cavaliere.
Mi dispiace, non sono riuscita…
riuscì a dire, mentre a stento
trattenne un gemito.
Eragon sentì impotente la vita abbandonare il corpo di
Saphira. Se lei moriva,
per lui non avrebbe avuto più senso vivere.
Ti vendicherò,
anche se sarà l’ultima cosa che faccio
Eragon…. Ti prego, n…non farlo
…ora…d devi pensa a Arya e
il tuo bambino…tu devi vivere per
loro…Promettimelo!
Saphira non parlare, conserva
le forze.
Sei un grande cavaliere, s..so
che puoi farcela
No! Ho ancora
bisogno di
te!…Saphira!…non puoi lasciarmi…-
Ma qualunque supplica lui avesse pronunciato, Eragon sapeva
che la sua fine
era vicina.
Ti voglio bene Piccolo mio…e te ne
vorrò
sempre…
Anche io Saphira…-
Addio Eragon…-
Con le ultime forze che gli rimanevano Saphira recise il legame mentale
con il
suo cavaliere. Poi abbandonandosi sul terreno la Dragonessa chiuse gli
occhi.
Un’improvvisa vertigine, colse il giovane cavaliere, mentre
la sensazione che
una voragine si fosse appena aperta nel suo animo, lo lasciò
senza fiato,
minacciando di inghiottirlo nella sua oscurità
-Saphira….SAPHIRA!!!- Eragon gridò il suo nome
con tutta le sue forze.
La vista gli si appannò, a causa dalle lacrime che gli
riempivano gli occhi, e
copiose scendevano sul suo volto. Poi ricadde in avanti sopraffatto.
Sentì la mente di Oliviana andargli vicino, le sue difese
erano completamente
abbassate, avrebbe potuto fare di lui ciò che voleva, e
ormai non gliene
importava nulla.
Appena le loro menti si toccarono, un brivido percorse la schiena del
sicario,
che barcollò, come colpita. Per un solo e interminabile
istante, sentì il
dolore straziante del cavaliere come fosse il suo.
Ci mise alcuni minuti per riprendersi, gli occhi di tutti puntati in
attesa di
suo ordine. Oliviana respirò adagio, rimproverandosi per
quella debolezza.
Puntò il suo sguardo freddo su Eragon,
l’esitazione di un attimo prima era scomparsa.
Davanti a Saphira il giovane cavaliere poté udire il rumore
degli stivali dei
soldato che lo accerchiavano.