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Autore: stefy_81    08/01/2023    1 recensioni
"Era l’alba di un nuovo giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata sotto il promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena tredici anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da penetranti occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di rivalsa."
Eragon e Saphira hanno lasciato Alagaesia per sempre come aveva predetto Angela. Nuove ed emozionanti avventure attendono il giovane caliere !
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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La mattina successiva Eragon fu svegliato dalla mano leggera di Par. L’Elfo aveva finito il turno di guardia, e aveva preparato già tutto per la partenza.
Buon giorno piccolo mio! Gli fece Saphira da sopra una spalla.
Buon giorno Saphira. Che cosa succede? Il ragazzo annusa l’aria e le sue narici vennero inondate del profumo di focaccia calda.
È stato Par. Mi ha pregato di non svegliarti prima.

Su avanti alzati
Eragon si tirò su, stirandosi le membra intorpidite.
Poco più in là c’è una piccola fonte d’acqua. la informò la dragonessa. Eragon la raggiunse e si spruzzò un po’ d’acqua sul viso e sulle braccia. Rinvigorito si diresse di nuovo alla raduna
- Dormito bene Cavaliere? - gli fece subito Par vedendolo arrivare, e porgendogli una scodella piena di frutti selvatici.
- Spero ti piacciano, li ho raccolti qui intorno-
Eragon esaminò un attimo il contenuto, e con un breve incantesimo controllo che tutti fossero commestibili.
- Grazie - gli disse, sedendosi vicino a Saphira.
- Di nulla - gli fece Par sedendogli a sua vota accanto. Poi l’Elfo prese a giocare con una foglia sul terreno. Eragon aveva appena iniziato a mangiare, quando l’elfo si sporse avanti e gli domandò:
- Oliviana sta ancora dormendo, ma prima di svegliarla volevo parlarti-
Eragon posò la scodella per terra, n’aveva mangiato appena qualche chicco
- Dimmi pure Par -
L’Elfo rimase un attimo in silenzio, cercando le parole adatte da usare:
- Ecco…si tratta di lei Eragon, Ci ho pensato tutta la notte: sembra che tu nutra un particolare interesse per lei, di cui ignoro il motivo.- L’Elfo aspettò un attimo prima di continuare, mentre Eragon aveva assunto un’espressione impassibile
- Chi ci assicura che non userà la magia per ucciderci tutti. Lei… -
- Non lo farà Par - lo interruppe Eragon con dolcezza. Par lo guardò incredulo, il cavaliere continuò a parlare.
- Ti svelo qualcosa sull’uso della magia. Ci sono delle regole ferree per il suo utilizzo, e Oliviana le deve conosce abbastanza bene per sapere che tentare un qualsiasi attacco senza conquistare la mente del tuo avversario, ti rende altrettanto vulnerabile. Questo mi rende quasi certo che non azzarderà nulla di così folle, per ora.

Naturalmente, potrebbe essere abbastanza disperata da provare lo stesso. E la disperazione rende sempre pericolosi…- Eragon fece una breve pausa, riluttante a continuare.

- Ma ci sarebbe un modo, per far si che non possa nuocere – aggiunse risvegliando l’attenzione di Par
- E quale sarebbe? –
- Con delle particolari sostanze, delle droghe, potremmo assopire i suoi poteri. Non è il modo più onorevole per neutralizzare un avversario, ma temo sia l’unico modo che abbiamo. -

Eragon ricordava come si era sentito quando si era trovato a subite lui stesso quel trattamento. Non gli piaceva l’idea di trattare così un’altra persona; ma Par aveva ragione su una cosa. Essere venuto a conoscere i ricordi di Oliviana lo aveva avvicinato stranamente alla donna. Come aveva detto un giorno Oromis, la comprensione genera simpatia.
- So a cosa ti riferisci, c’è una pianta qui nella Stonewood che potrebbe fare al caso nostro - gli disse concitato l’Elfo - e peso di averla incontrata stamattina. Aspettami qu. -
Quando Par fu lontano la dragonessa gli parlò:
Eragon, stai facendo la cosa giusta.
Lo so Saphira, ma questo non mi da alcun sollievo

Eragon e Saphira aspettarono alcuni minuti, poi Par riemerse dalla boscaglia, con in mano un’intera pianta, foglie, busto e uno strano bulbo.
- Questa la utilizziamo per addormentare i cavalli. Bisogna sradicarla dalle radici, perché è il bulbo che fornisce il siero - disse loro con calma.
- Se adoperate in piccole dosi, può esser e adoperata anche per gli esseri umani. Credo che sia questo cui ti riferivi - Eragon non disse nulla ma esaminò la pianta con la mente e annuì, poteva andare bene.
Par impiegò un poco a preparare l’infuso. Poi misero la droga nei frutti che erano rimasti.
- Ne basteranno poche gocce. E l’effetto durerà per tutta una giornata. -
Oliviana doveva essere ancora indebolita per la crisi, ed Eragon ritenne di mettere solo una goccia.
Le andò accanto, Oliviana era sdraiata da un lato. La scosse piano, e lei socchiuse gli occhi sotto il suo sguardo. Eragon le posò allora una mano sulla fronte per vedere se aveva ancora la febbre. Oliviana sussultò
- Che fai? - rispose brusca.
- La febbre è passata. Tieni mangia, avrai fame - le disse porgendole la scodella coni frutti.
Oliviana li guardò con disgusto, ma aveva fame, e li divorò in un attimo.
-Ora alzati, stiamo partendo- gli disse soltanto.
Oliviana ubbidì, senza controbattere. Sentiva lo sguardo di Saphira vigile su di lei.
Eragon ci mise poco tempo per caricare gli ultimi bagagli. Poi la dragonessa spiccò il volo per innalzarsi sopra la Stonewood.
Ci rincontriamo questa sera gli fece Eragon mentalmente.
Non mi piace che viaggiate soli per troppo tempo!  Gli rispose allora Saphira.
Non abbiamo alternative Saphira, ma tu ci potrai sempre controllare dall’alto
Lo farò piccolo mio, ma tu stai attento
.

 
Avanzarono tra la boscaglia per tutta la giornata.
Oliviana aveva dei problemi a camminare con le mani legate, così Eragon gliele liberò, e la fecero mettere in mezzo. Avanzarono per il resto della giornata così: Par in testa guidava la fila, poi veniva Oliviana, mentre dietro di lei, Eragon chiudeva il gruppo.
Ci misero cinque giorni per raggiungere il fiume Adamante.
Arrivato vicino alle sue rive, Par si fermò guardingo:
- Raggiunto il fiume, più ad est c’è il lago di Fargor, e lì vi un piccolo villaggio, si chiama Gratignac, è l’ultimo avamposto civile sulla terra di Zàkhara che incontreremo, prima di inoltrarci nel cuore della Stonewood. E’ una città di confine, isolata dal resto del paese, e un covo di briganti e fuorilegge. Non sarà difficile passare inosservati. Di solito la gente si fa i fatti suoi, e le poche guardie della regina possono essere comprate con un po’ di soldi.
Ma la cosa che a noi interessa di più è che è una cittadella fiorente e ricca di commerci, perché è dal suo porto fluviale che partono le navi per le isole Stige e Crithia, che sono ricche del prezioso ferro…-
Oliviana eruppe in un sorriso amaro.
- Sei un folle Elfo. Entrare a Gratignac e sperare di uscirne da uomo libero -

Par si voltò di scatto verso Oliviana, e fissò l’assassina con uno sguardo che non ammetteva altre repliche, poi disse:
- A noi interesserà solo per rifornirci di viveri - Poi si voltò a guardare di nuovo Eragon e Saphira: - In ogni caso siamo obbligati a rifornirci li, nella sua parte più interna la Stonewood non ci permetterà né di cacciare né di cogliere erbe o frutti. Lì la foresta è sovrana - Un brivido attraversò la schiena dell’elfo, al ricordo del suo primo viaggio in quella terra.
- Da come ne parli, sembra un essere pensante - gli disse Eragon incuriosito da tanta apprensione.
- Perché lo è, Cavaliere. - tagliò corto Par. L’Elfo era diventato all’improvviso irascibile, ed Eragon preferì non stuzzicarlo oltre.
Smontarono i bagagli, e accesero un piccolo falò da campo.
Dopo che ebbero consumato un pasto leggero con ciò che gli rimaneva delle provviste Eragon si avvicinò a Par e gli disse
- Domani andrò in città da solo - Par socchiuse gli occhi contrariato, ma lo lasciò continuare:
- Lo so avevamo detto che saremmo entrati insieme, ma ho ragionato. Oliviana non può venire con noi e per te è troppo pericoloso, sei sempre un Elfo e dopo la nostra fuga da Blow il livello di guardia sarà più alto. Io invece con un po’ di fortuna passerò inosservato -
Par era rosso in viso e ci mise un attimo prima di accennare ad un sì.
- Va bene, in questo caso è meglio che queste le tenga tu – disse l’elfo porgendogli frettolosamente un sacchetto. – Si tratta delle nostre ultime monete, non sono molte- aggiunse poi con un tono triste - ma la borsa con il resto dei denari è rimasta a Blow. Quindi dovrai cercare di fartele bastare – Eragon soppesò il sacchetto e lo ringraziò con un sorriso.
Par scosse la testa, quindi iniziò a riferirli una serie d’indicazioni pratiche su come comportarsi e a chi avrebbe potuto rivolgersi. poi entrambi stanchi si misero a dormire, alternandosi per i turni di guardia.

                                   **
Il mattino dopo, di buon’ora, Eragon si mise in cammino per la cittadella di Gratignac. Ci mise poco a raggiungere il fiume. Lo costeggiò fino raggiungere la città.

Gratignac era un’ampia distesa di case e complessi di edifici priva di una propria cinta muraria. Lungo la strada, Eragon poté notare che il via vai di gente che come un fiume s’intensificava man mano che si avvicinava al centro abitato.
Par gli aveva dato una serie d’indicazioni per trovare il quartiere dei commercianti, ma in quel marasma fu molto difficile orientarsi. La gente andava e veniva con un ritmo impressionante. Eragon più di una volta si trovò ad essere strattonato e trascinato via dalla folla. Un’ondata più forte lo aveva quasi fatto cadere ma stringendosi ancora di più al cappuccio si buttò nuovamente nella calca di quelle strade e riprese a camminare.
Era ormai da qualche tempo che non poteva più sentire Saphira e la cosa lo rendeva nervoso, perché se fosse successo qualcosa non avrebbe potuto comunicare con lei. Finalmente riuscì a trovare il quartiere dei commercianti.  

Le botteghe si susseguivano come un nastro colorato con tante merci esposte con ogni genere di articoli. Eragon accelerò il passo fino a quando non riconobbe una delle insegne che gli aveva raccomandato Par ed entrò dentro.

All’interno della sala la luce era molto bassa. Eragon esitò solo un attimo, in quell’ambiente non avrebbe potuto tenere il cappuccio a lungo senza destare sospetti.
Così si affrettò a formulare un incantesimo che potesse nascondere i lineamenti elfici. L’energia per mantenerlo non era molta, ma avrebbe fatto bene a sbrigarsi.
Prese tutto ciò che gli occorreva, quindi pagò spendendo più della metà dei soldi che aveva e tornò a mischiato tra la folla. Ripeté la compravendita con altre due botteghe. Aveva terminato i suoi acquisti ma già da tempo sentiva che qualcuno lo stava seguendo.

Anche nell’aria qualcosa era cambiato. All’uscita dall’ultima bottega la gente che fino a poco tempo fa aveva reso le strade impraticabili era stranamente diminuita e la sensazione che qualcuno lo stesse seguendo iniziò a farsi strada dentro di lui. Prese a camminare a zig zag tra la folla cambiando rapidamente direzione con l’intento di depistare il suo possibile inseguitore che però continuava a stargli dietro. Non si voltò un solo attimo dall’altra parte, anche quando sentì una serie di urla di qualche donna che protestava e dei rumori di armi. Costringendosi a mantenere un’andatura costante, aspettò di girare al primo angolo e fermarsi a formula nella mente un incantesimo che gli avrebbe fatto guadagnare del tempo.
Il cuore gli batteva a mille mentre cercava il modo di uscire dalla città in più fretta possibile. Stava valutando che strada prendere quando una mano le si posò sulla spalla.
- Non così in fretta ragazzo – gli disse una voce squillante. Eragon non fece un tempo a voltarsi che ricevette un colpo lancinante a una tempia, poi li buio

 

Quando finalmente riprese coscienza, Eragon si rese conto di stare all’interno di un casa. Aveva le mani legate dietro la schiena, ed era stato imbavagliato. Cercò di muoversi ma le corde erano talmente strette da impedirgli qualsiasi movimento.
- Ti sei svegliato finalmente. Lo avevano detto quelle creature. Non so cosa, o chi siano, ma sono felice di non essere nei loro interessi. Sono terrificanti e non vorrei essere al posto tuo quando verranno a riprenderti. –
Eragon si tirò a sedere con una smorfia guardandosi intorno spaesato. Di quali creature stava parlando l’uomo? Si chiese trattando le corde nel tentativo di liberarsi ma senza successo.
- È inutile che ti agiti. Sono partiti da ore oramai. Sono andati in cerca dei tuoi amici. Così almeno mi sembra di aver capito tra un sibilo e l’altro. - gli disse severo l’uomo mentre si alzava dirigendosi verso un angolo buio della stanza.
- Mentre eri incosciente mi sono permesso di frugare tra la tua roba. Mi sembri una persona importante. A cosa servivano tutti questi viveri? -
L’uomo era ritornato davanti a Eragon con in mano la sua borsa.
- Sei i tuoi parenti pagano bene potrei decidere di aiutarti, sai? Quanto mi darebbero in cambio per la tua liberazione? -
L’uomo lo aveva scambiato per un nobile che era stato rapito e stava cercando di capire se poteva guadagnare qualcosa da quella situazione. In tutta risposta Eragon diede altri due strattoni di protesta alle corde mentre fissava l'uomo in tralice.
- Non è la risposta che mi sarei aspettato. Va bene, se è questo che vuoi ti lascerò al tuo destino - disse nella speranza di spaventare il suo ospite.
- Questa potrebbe essere la tua ultima possibilità di liberarti. Vuoi collaborare o no? -
Eragon guardò fuori dal capannone, era ormai buio, il suo pensiero andò subito a Saphira. La dragonessa doveva essere in pensiero per lui, dilatò la mente alla sua ricerca, ma non ottenne alcuna risposta, deluso abbassò la testa.
Ne aveva ormai abbastanza di quell’uomo e delle sue minacce. Ma così legato non aveva modo di avere la meglio su di lui. A meno che non usava la magia senza usare l’antica lingua come gli aveva insegnato Oromis.
Raccolse tutte le sue Energie, e attingendo alla fonte del duo potere sprigionò la magia. Si concentrò sulle funi che gli legavano i polsi, e le recise in due.
Liberate le mani, con uno scatto fulmineo, prese la sua spada e la puntò contro l'uomo.
- No… non vorrai uccidermi spero…io ...io ..non volevo farti alcun male…M…Mettiti nei miei panni... Io…-
Eragon si tolse allora il bavaglio dalla bocca. Vacillò un attimo, quando la magia assorbì le sue energie.
- Non voglio farti del male. Voglio solo uscire dalla città e raggiungere i miei amici. -
Senza pensarci due volte, Eragon prese le corde con cui era stato legato. L’uomo vide il taglio netto e guardò Eragon con rinnovato stupore.
- Come hai fatto. Che razza di trucco hai usato!? -
- Ora voltati -
- Hai uno strano accento, non sei di qui. A pensarci bene non sembri neppure appartenere alla gente si Zàkhara – continuò l’uomo sempre più spaventato.
L’uomo si voltò un poco e i suoi occhi cadde sulle orecchie di Eragon. Alla vista della punta, il suo terrore fu palese…
- Aspetta. Aiuto! Che cosa hai intenzione di fare. Aiuto!-
- Shhh…non urlare!- gli fece Eragon posandogli una mano sulla bocca.
Pronunciò una serie di parole, l’uomo si accasciò tra le sue braccia, addormentato.
Eragon alzò di istinto lo sguardo, rumori di passi provenivano da sopra il soffitto, diretti verso il basso. Allargando la mente poté percepire, distinte, quattro persone avvicinarsi, Erano sodati della regina attirati dalle urla. Doveva fuggire e alla svelta!
Prese la sua borsa, e si guardò intorno con occhi frenetici. La porta del capannone era semichiusa, Eragon vi si fiondò. Fuori, l’aria fresca della notte gli riempì i polmoni.
Alcune persone passeggiavano tranquille. Per fortuna le urla dell’uomo non aveva raggiunto l’esterno, non avendo più la protezione del mantello si affidò alle tenebre per nascondersi.

                                         **

La notte era calata nel piccolo accampamento ai limiti della Stonewood.
Saphira frustava la coda fendendo il terreno con i suoi cunei, nervosa.
Eragon sarebbe dovuto ritornare già da molto tempo,
Che cosa può essere successo? La voce della dragonessa riecheggiò nella mente dell’Elfo.
- Non lo so …- rispose passandosi le dita tra i capelli. Anche lui era preoccupato.
- D’accordo, ora vado in città e vedo cosa è successo. -
Ma Saphira gli sbarrò la strada con la sua possente coda:
Eragon non voleva che tu entrassi per un motivo. Aspettiamo…
Oliviana osservava la scena da un angolo. Aveva ancora la mente intorpidita, e non riusciva a concentrarsi per più di qualche minuto. Ma era da un po’ di tempo che sentiva una presenza conosciuta che le circondava la mente. Saphira e Par erano troppo preoccupati per pensare a lei, e il sicario era riuscita a eludere il cibo che l’Elfo gli aveva portato.
Sentiva distinta la presenza dei Ra-zac, ma non erano più loro. Qualcosa era cambiato, erano più potenti.

                                         **

Quelli che un tempo erano stati Ra-zac, ora volavano spediti, sorvolando sul tratto di mare che li divideva dalle coste di Zàkhara, sotto di loro l’acqua si increspava in mille onde ad ogni soffio di vento.
Le due bestie avevano solo un vago sentore di ciò che un tempo erano stati. L’esoscheletro, in cui i loro corpi erano stati imprigionati per venti lunghi anni, era ormai un ricordo lontano. Ma non avevano scordato al loro missione.
Risvegliati sull’isola di Crithia, dove che la magia di Eleonor gli aveva trasportati, avevano iniziato la lenta trasformazione; ma perché ciò avvenisse, avevano bisogno di carne, così, Non lontano da dove erano atterrati, una piccola famigliola di contadini, aveva sfamato le loro viscere. Ma quando altri umani erano venuti alla fattoria, e avevano scoperto lo scempio compiuto, si erano dovuti nascondere. In quella fase erano infatti vulnerabili a qualsiasi attacco.
Dal loro nascondiglio, videro agitarsi le fiamme delle torce degli uomini, alla loro ricerca, e potevano sentire la paura sprigionarsi dalla loro pelle.
Si nascosero all’interno di una grotta naturale, al riparo da occhi indiscreti, l’alone malsano, sprigionato dai loro corpi, tenne alla larga qualsiasi intruso, ma chi si fosse avvicinato abbastanza, avrebbe potuto udito il raccapricciante rumore delle ossa delle carcasse dei contadini, che lentamente venivano divorati, e un rumore di fondo, dato dall’esoscheletro, che ormai secco, veniva spaccato, per lasciare uscire i loro nuovi corpi. Occorsero tre giorni. Poi la femmina depose le uova, da cui dopo due giorni nacquero due Ra ’zac.
Così era stato per loro, e così sarebbe stato per i loro figli.

Arrivati alla cittadina di Gratignac, avevano individuato subito il quartier generale delle guardie reali. La paura si impossessò di loro quando le due bestie planarono nel cortile interno, dove i soldati tenevano i cavalli.
Subito i Ra ’zac scesero dalle bestie. Guardando i fedeli servi della regina, i soldati rimasero pietrificati dal terrore, e impedendogli di muovere un solo muscolo.
- Siamo qui per ordine della regina, raduna i tuoi uomini e scegli tra loro una decina che ci segua nella Stonewood- aveva detto loro con voce gutturale.
Il capitano si fece avanti. Aveva la stessa espressione di terrore di tutti gli altri, ma era un uomo fedele alla corona. Lottando contro l’istinto di fuggire fece ciò che gli era stato ordinato.
Anche se debole i Lethrblaka avevano sentito la presenza di Oliviana, durante la giornata il loro legame era aumentato. Avevano appreso dal sicario che il giovane cavaliere era entrato in città. Così avevano fatto mettere delle guardie in tutti gli empori. La piccola magia di Eragon al negozio, sarebbe passato inosservato se fosse stato un altro giorno. Il caos della gente per le strade aveva permesso al soldato di avvicinarsi abbastanza a Eragon senza essere visto.
Neutralizzato il cavaliere, i Lethrblaka ordinarono che la sua custodia fosse affidata al commerciante.
La trappola era scattata.
Solo quando l’ultimo raggio di sole scomparve dietro l’orizzonte, e le tenebre calarono indisturbate i Lethrblaka diedero il segnale di partenza.
Si alzarono in volo con due potenti battiti delle loro ali, insieme a loro i Ra’zac. A terra i soldati li seguivano a cavallo, lieti di non essere più a contatto con quelle orrende creature.
Cavalcarono per un’ora, e arrivati nella prossimità della foresta, i soldati lasciarono i cavalli, seguendo i Ra’zac e si inoltrarono nella boscaglia, i Lethrblaka invece, dopo poco tempo scomparvero nel buio.

                                   **


La dragonessa girò il suo collo verso Oliviana, e fissò il sicario con i suoi grandi occhi blu. La donna continuava a ridere, ma Saphira era convinta di aver udito qualcos’altro strisciare. Allargando le sue narici inarcò il collo, e tendendo la coda come pronta a scattare, si mise in attesa:
Par le si affiancò – Che cosa succede-
Ho sentito qualcosa la sentì parlare nella mente.
Improvvisamente dall’oscurità della foresta emerse un enorme essere nero, che si abbatté contro il fianco di Saphira, seguito subito dopo da un secondo.
Par venne scaraventato da un lato del campo, batté a testa contro un tronco e perse i senesi.
Saphira non ebbe più dubbi, erano Lethrblaka. Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi come avessero fatto a trovarli, perché i due mostri la strinsero subito in un feroce duello. Lottò a lungo, cercando il più possibile di mettere spazio tra loro, ma ogni suo tentativo veniva vanificato dalla loro azione congiunta. La sua coda balzava da una parte e dall’altra, e le sue fauci colpivano con ferocia. Ma qualsiasi danno Saphira riusciva infliggere sul corpo di quelle bestie, lei ne subiva il doppio. Se uno colpiva, l’altro gli impediva qualsiasi contromossa. I loro lunghi becchi, erano veloci e precisi, e Saphira iniziava a perdere agilità e forza; fino a quando, uno di loro riuscì a superare le sue difese, e artigliandole il collo, la ferì mortalmente. La dragonesse urlò di dolore.
Saphira indietreggiò e sferrò un potente colpo di coda al Lethrblaka che le era più vicino, ma indebolita dalla ferita, cadde da un lato.
Gli occhi crudeli del Lethrblaka la guardavano trionfante, mentre la dragonessa cercava di alzarsi, ma senza successo. Da dietro la bestia, Saphira poté vedere con rabbia Oliviana alzarsi da terra, libera. Emise un lento ringhio mentre la donna avanzava verso di lei affiancata da due Ra ’zac. Questi erano più piccoli di quelli che avevano incontrato le altre volte.
Saphira socchiuse gli occhi. Eragon!
Un’espressione di orrore si dipinse sul suo volto di Oliviana alla vista della profonda ferita al collo.
- Gli ordini della regina erano…-
- Errrannno di prrrrrendere il cavalierrrre vivo …il drrrago sarrrebbe stato solo di fassssstidio - fu il commento di uno dei Ra ’ zac. Era la prima volta che parlavano, Oliviana li guardò con un misto di rabbia disgusto. La regina aveva affidato a lei quella missione.
- Dove si trova ora il cavaliere Eragon…- chiese con finta calma.
- Sssta arrivando…! - se ci fosse stato in modo per capire le emozioni di quegli esseri, Oliviana avrebbe detto che stavano gioendo.
- Ora che abbiamo eliminato il ssssuo drago, non potrrrà farrrre molto-
Oliviana non poté fare altro che constatare l’efficacia del loro piano. Avevano fatto un ottimo lavoro. Il malumore di poco prima era passato, mentre un debole sorriso gli affiorava sul viso: ora si sarebbe vendicata dell’umiliazione subita. I suoi pensieri furono interrotti dal capitano delle guardie reali che si avvicinò titubante :
- Che dobbiamo farne di lui…Signora - gli chiese, lieto di poter parlare di nuovo un essere umano. Dietro di lei due guardie stavano portando il corpo privo di sensi di Par.
- Lasciatelo qui…Ora ordina ai tuoi uomini di nascondersi fino all’arrivo del Cavaliere…-

A centinaia di iarde di distanza Eragon sfrecciava tra gli alberi come un dannato.
Aveva sentito l’urlo di dolore della sua dragonessa, seguito da una fitta al collo che lo aveva fatto barcollare lasciandolo intontito. Eragon aveva cercato subito un contatto, ma Saphira aveva chiuso qualsiasi comunicazione.
Ormai mancavano poche iarde all’accampamento, ed Eragon sguainò la spada guardingo, ignaro di ciò che lo attendeva. Il campo era completamente al buio ma più avanti poté scorgere Saphira, riversa a terra sanguinante. A quella vista tutte le sue cautele caddero, ed Eragon le andò di corsa vicino. Non era possibile, questo doveva essere un incubo:
- Saphira …che cosa…? - non riuscì a finire la frase che da dietro udì la risata soddisfatta di Oliviana.
- Mi sembri sorpreso, Cavaliere. -
Eragon si voltò appena, e con la coda dell’occhio poté scorgere il sicario attorniato da una decina di soldati reali.
Eragon respirò a fondo. Sarebbe stato facile per lui disarmare i soldati, ma qualcosa nascosto dietro la vegetazione lo trattenne dal farlo. Delle ombre si aggiravano tra il buio della boscaglia. Poi uscirono per rivelarsi alla luce di una mezza luna. Eragon non credette ai suoi occhi, erano due Lethrblaka!
Con una breve sondaggio mentale scoprì che i mostri erano protetti da Oliviana, qualunque mossa avesse fatto, non avrebbe avuto possibilità di vincere.
La sua attenzione ritornò su Saphira. Con una fitta al cuore, notò che il suo respiro si era ridotto a un alito leggero. Non poteva vederla in quello stato. Si chinò su di lei posando tremante una mano sul fianco. Dietro di lui poteva sentire i soldati che inarcavano i loro archi contro di lui, nervosi, e Oliviana che alzava la su amano segnando loro di aspettare.
Ignorandoli accarezzò con delicatezze le squame azzurre ora macchiate di sangue. Saphira si mosse appena, mentre i suoi occhi incrociarono quelli del suo cavaliere.
Mi dispiace, non sono riuscita riuscì a dire, mentre a stento trattenne un gemito.
Eragon sentì impotente la vita abbandonare il corpo di Saphira. Se lei moriva, per lui non avrebbe avuto più senso vivere.
Ti vendicherò, anche se sarà l’ultima cosa che faccio
Eragon…. Ti prego, n…non farlo …ora…d devi pensa a Arya e il tuo bambino…tu devi vivere per loro…Promettimelo!
Saphira non parlare, conserva le forze.
Sei
un grande cavaliere, s..so che puoi farcela
No! Ho ancora bisogno di te!…Saphira!…non puoi lasciarmi…-
Ma qualunque supplica lui avesse pronunciato, Eragon sapeva che la sua fine era vicina.
Ti voglio bene Piccolo mio…e te ne vorrò sempre
Anche io Saphira…-
Addio Eragon…-

Con le ultime forze che gli rimanevano Saphira recise il legame mentale con il suo cavaliere. Poi abbandonandosi sul terreno la Dragonessa chiuse gli occhi.
Un’improvvisa vertigine, colse il giovane cavaliere, mentre la sensazione che una voragine si fosse appena aperta nel suo animo, lo lasciò senza fiato, minacciando di inghiottirlo nella sua oscurità
-Saphira….SAPHIRA!!!- Eragon gridò il suo nome con tutta le sue forze.
La vista gli si appannò, a causa dalle lacrime che gli riempivano gli occhi, e copiose scendevano sul suo volto. Poi ricadde in avanti sopraffatto.
Sentì la mente di Oliviana andargli vicino, le sue difese erano completamente abbassate, avrebbe potuto fare di lui ciò che voleva, e ormai non gliene importava nulla.
Appena le loro menti si toccarono, un brivido percorse la schiena del sicario, che barcollò, come colpita. Per un solo e interminabile istante, sentì il dolore straziante del cavaliere come fosse il suo.
Ci mise alcuni minuti per riprendersi, gli occhi di tutti puntati in attesa di suo ordine. Oliviana respirò adagio, rimproverandosi per quella debolezza.
Puntò il suo sguardo freddo su Eragon, l’esitazione di un attimo prima era scomparsa.
Davanti a Saphira il giovane cavaliere poté udire il rumore degli stivali dei soldato che lo accerchiavano.

  
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