Murtagh
stava ancora tenendo il ragazzo
stretto a sé quando Arya li raggiunse seguendo i residui di
magia che ancora
aleggiavano nell’aria frizzante. I suoi grandi occhi a
mandorla caddero immediatamente
sui resti del guscio tutti sparsi a terra per poi passare preoccupati
su Reafly
ancora singhiozzante.
-
Avanti ragazzo adesso tirati su. – lo incitò
Murtagh. Reafly annuì mettendosi ritto e asciugandosi il
viso con la manica
della camicia. Nella sua mente ancora gli risuonavano le parole
così sicure e
decise della sorella. La sua fede nella regina sembrava davvero forte e
incrollabile quanto la sua nei suoi nuovi amici e in Gleadr. Era
confuso e
stordito da quella dimostrazione delle sue nuove capacità.
Rebekha era sempre
stata piu in gamba e forte di lui, gli era bastato poco
perché tutte le sue vecchie
insicurezze venissero a galla.
–
Rebekha, mia sorella è arrivata qui con
l’ambasciata. Era questo il loro scopo, fin
dall’inizio – disse prendendo
coraggio e facendo cenno ai resti del guscio sul terreno.
-
Vi siete parlati, te lo ha detto lei? – chiese
Arya. Reafly annuì senza riuscire a decifrare i sentimenti
dell’elfa. Era
preoccupata? Si fidava ancora di lui? Si chiese il ragazzo.
–
L’uovo si è schiuso davanti ai nostri occhi.
Rebekha si aspettava esattamente quello che è successo, di
diventare cavaliere,
intendo. Isobel se lo aspettava, ed era molto, molto forte,
praticamente in
tutto. Ha schermato la nostra conversazione, non potevo sentire Gleadr
– continuò
Reafly iniziando a parlare più velocemente - Rebekha voleva
che scappassi
insieme a lei con la nave dell’ambasciata e tornare a
Zàkhara. Non si sarebbe arresa.
Se non fossi arrivato tu…io… – non
riuscì a finire la frase e si limitò a guardare
Murtagh. In quello stesso momento sentì il suo drago
raggiungerlo nella mente.
Reafly!
…
Gleadr! Gridarono insieme il ragazzo e il piccolo
drago.
Sto
bene Reafly! Sto
tornando indietro. Continuò
il cucciolo mentre
condivideva con lui ciò che vedeva con i suoi occhi.
Tornando
indietro? Chiese
sorpreso. Il ragazzo udì prima il sottofondo ritmico del
battito d’ali poi la sua mente venne risucchiata da quella di
Gleadr. Per
alcuni istanti Reafly si trovò a volare con lui, si sorprese
nel notare come fosse
facile distinguere ogni cosa anche con la pallida luce della luna.
L’ombra di Castigo
al suo fianco era una presenza rassicurante.
Non
sei il solo ad
essere stato contattato dal suo compagno di cova. Riprese
a parlare il cucciolo di drago. Ero molto spaventato,
pensavo che lei ti avesse portato via. Castigo mi ha raggiunto in
tempo, prima
che raggiungessi la nave. Quando mi ha detto che eri sano e salvo a
palazzo … non
volevo quasi crederci. Continuò il cucciolo. A
quelle parole la vista di
Reafly si focalizzò sulla nave dell’ambasciata in
lontananza. Il cuore del
ragazzo iniziò a battere forte.
Che
cosa volevi fare Gleadr?
Proteggerti.
***
Sul
ponte della nave l’ambasciatore aspettava
paziente. Il suo sguardo scrutava con attenzione la riva, ad una decina
di
miglia da loro, in cerca del più piccolo segnale della
giovane Rebekha, poi un
lampo viola squarciò l’aria. Asha si
buttò a terra e con le mani sopra la testa,
nel timore di un attacco nemico, segnalò ai soldati presenti
di mettersi in
posizione di difesa. Quando il bagliore scomparve con grande stupore di
tutti c’era
Rebekha. La ragazza era in ginocchio sul ponte e rivolse
all’ambasciatore solo un
labile sguardo prima di voltarsi verso le rive da cui era partita la
nave. Il
cuore della ragazza prese a battere forte. Due macchie in lontananza,
una rossa
più grande e una più piccola, dorata, si stavano
dirigendo verso di loro a
grande velocità. Anche Asha strabuzzò gli occhi
nel notarle, poi Rebekha si
rese conto che viravano di nuovo verso la terra ferma per poi
scomparire tra le
nuvole scure. La speranza che almeno il drago del fratello potesse
seguirli a
casa svanì e, di fronte a quella ennesima sconfitta, Rebekha
si accasciò al
suolo sfinita. La magia stava rapidamente consumando le sue forze. La
distanza
tra la terra e la nave si era dimostrata troppo grande per il suo
fisico, anche
se per farlo aveva chiesto aiuto al cuore dei cuori che ancora pulsava
nella
sacca appesa al suo fianco.
Asha
le passò una mano intorno alla spalla in
un gesto che non aveva nulla di gentile
–
Alzati ti prego. Non davanti agli uomini –
la rimproverò con estrema freddezza. Anche Isobel le aveva
detto spesso di non mostrare
la propria debolezza di fronte ai propri sottoposti, ma in quel momento
non le importava
molto come apparisse a quegli uomini. Guardò il cucciolo
ancora tra le sue braccia
poi il mondo prese a vorticale intorno e svenne.
Il
cucciolo si aggrappò alla veste del suo
cavaliere ed emise una serie di pigolii preoccupati mentre entrambi
venivano
portati sottocoperta. Il marinaio che aveva preso in custodia Rebekha
adagiò il
corpo della ragazza sul letto. Con estremo disagio e senza quasi badare
alle
sue condizioni uscì fuori desideroso di allontanarsi da lei
il prima possibile.
Rimasti soli il cucciolo iniziò ad emettere una serie di
pigolii preoccupati.
Girò più volte intorno al corpo immobile della
sua compagna in cerca di un
segno di vita; le leccò con dolcezza la mano poi
timidamente. aiutandosi con le
zampe. si arrampicò fin sul suo petto della ragazza. Il
cucciolo emise un
brontolio acuto prima di accoccolarsi in maniera protettiva su di lei e
chiudere gli occhi.
***
Quando
riprese coscienza Rebekha sentì un peso
caldo suo petto. Il cucciolo si mosse appena pigolando. I suoi grandi
occhi
screziati di viola e giallo la stavano fissando con gioia. O almeno era
quello
che la ragazza immaginò stesse provando il cucciolo in quel
momento.
Sollevandolo dal suo petto Rebekha si mise a sedere. Un lume era stato
lasciato
acceso a rischiarare il piccolo ambiente che la ospitava. Con un rapido
sguardo
intorno alla stanza vide che le era stato portato un vassoio con del
cibo. Rebekha
lo prese e cominciò a mangiarne il contenuto con appetito.
Aveva una fame
terribile come se non mangiasse da settimane. Il piccolo drago nel
frattempo
era andato a sedersi sul bordo del letto e Rebekha si fermò
ad osservarlo con
attenzione per la prima volta. Le squame che coprivano il suo corpo
erano di un
viola iridescente, due corna spuntavano tra le tenere squame della
testa mentre
le zampe erano munite di artigli piccoli, ma robusti. Nonostante fosse
così piccolo
il suo aspetto infondeva comunque forza e potenza.
Si
era preparata alla sua venuta da settimana,
ma quello che doveva essere un momento di gioia era stato oscurato
dalle parole
dure del fratello. La regina l’aveva avvertita che Reafly era
ormai completamente
plagiato dagli elfi, ma Rebekha non le aveva creduto, ed ora
rimpiangeva di non
averlo fatto.
Finì
di mangiare, ma non si sentì meglio, la
sensazione di vuota non accennava a diminuire nonostante le forze
stessero
ritornando. Era un vuoto che non poteva essere colmato con il cibo,
pensò con
amarezza. Dentro di lei continuava a sentire la mancanza del fratello,
era qualcosa
di profondo che continuava a dirle che non avrebbe dovuto abbandonarlo.
Rebekha
si stese sul letto, con un tonfo, e i suoi pensieri andarono
istintivamente alla
madre. Come le avrebbe spiegato tutto questo? Lei non sapeva nulla
della
missione, la regia le aveva ordinato il più riservato
silenzio.
Tutto
sarebbe stato più
facile se solo Reafly mi avesse seguita!
Pensò. Perché non lo hai fatto? Il
rimpianto per non essere riuscita a
portarlo con sé iniziò a trasformarsi in rabbia.
Ma non era solo sua la colpa del
quel fallimento. L’arrivo di quel cavaliere, Murtagh, gli
aveva impedito di completare
l’incantesimo.
La
regina li aveva categoricamente vietato di
affrontarlo: non sei ancora abbastanza forte per poterti
battere con avversario
del suo calibro l’aveva ammonita e la ragazza
dovette ammettere che era riuscita
a deviare il suo colpo per pura fortuna. Aveva percepito immediatamente
la
potenza del cavaliere e d’istinto si era trasportata il
più lontano possibile
da lui anche se questo aveva significato lasciare il fratello.
Che
tipo di persona sono
diventata?
Si chiese pensando a come le era risultato
così facile pesare a sé stessa.
Quella
domanda continuò a girarle in testa per
il resto del viaggio verso Zàkhara durante il quale
riuscì a riprendere del
tutto le forze. Non lasciò mai la sua cabina neppure per una
breve boccata
d’aria. Il cucciolo le rimase sempre accanto senza mai
lasciarla un attimo. Quella
della creatura non era solo una presenza fisica, ma anche mentale.
Poteva continuamente
sentire la sua presenza, in un angolo della sua coscienza, che le
diceva che
non era sola. L’unica ragione che impedì alla sua
mente di andare alla deriva.
**
Arrivati
al porto l’ambasciatore e tutto il
suo seguito vennero direttamente chiamati ad apparire di fronte alla
regina.
Rebekha li seguì continuando a rimanere in silenzio. Senza
dire una parola
affiancò Asha, tutta concentrata al momento di rivedere la
regina.
Ed
ecco la donna che le aveva reso possibile
tutto questo. Isobel era seduta sul suo trono. Vestita di un abito nero
molto
accollato decorato da lunghe piume nere e circondata dai suoi
dignitari.
-
Raccontami ambasciatore, quale è la risposta
di re Arold? – chiese rivolgendosi ad Asha inginocchiato di
fronte a lei.
L’uomo alzò il volto e con la mano destra stretta
a pugno e poggiata sopra il
ginocchio sinistro alzò il volto verso al donna
-
La risposta del re degli elfi e del suo
consiglio è negativa maestà. – a quella
risposta Isobel non si scompose - Come era
previsto – disse in tono pacato. I suoi occhi puntarono su
Rebekha e con voce
suadente le disse:
-
Vedo almeno che siete riusciti a conquistare
una cosa. Vieni avanti ragazza – Asha si alzò
anche lui e Rebekha avanzò di un
passo seguita a ruota dal cucciolo dietro di lei. Il rumore dei piccoli
artigli
contro il duro marmo echeggiò nella sala. – Quindi
è nato –
-
Come avevate previsto maestà, compreso il
rifiuto di mio fratello – rispose Rebekha con voce ferma.
Aveva temuto quel momento
ma ora che aveva ammesso il suo errore di fronte alla donna si
sentì più
leggera, come un peso che le veniva tolto dalle spalle. Isobel la
guardò con compassione.
- Avrei voluto sbagliarmi in questo. So quanto ci tenevi Rebekha
–
La
regina era davvero dispiaciuta? Si chiese
la ragazza mentre la ringraziava chinando la testa - Grazie
Maestà – le rispose.
Isobel
sorrise soddisfatta - Molto bene mia
giovane apprendista è il momento di prendere il tuo posto
alla mia destra -
Isobel alzò il suo volto sugli astanti e con fare solenne
annunciò:
–
Miei sudditi ecco a voi il Primo Cavaliere
di Zàkhara.
Inginocchiatevi!
–
A
quell’ordine perentorio e inaspettato Rebekha
sentì le gambe tremare. Con la coda dell’occhio
vide tutti i presenti
inginocchiarsi e chinare il volto verso di lei, compreso Asha. Con un
altro gesto
Isobel chiese che le venisse passata una spada. Anche il drago dovette
sentire l’importanza
dell’evento, perché il cucciolo le si
arrampicò su una spalla e reggendosi con
le zampe anteriori si affiancò con il muso a quello del suo
cavaliere. La
regina li guardò entrambi con solennità, poi
impugnò la spada con entrambe le
mani. Posò con la superficie piatta della lama sulla spalla
libera di Rebekha e
le diede un colpo leggero. – Con questo, ti lego a me con un
patto di
sudditanza. D’ora in avanti tu mi servirai come mio vassallo
e io sarò
responsabile delle tue azioni. Ora alzati Primo Cavaliere di
Zàkhara – Rebekha
si alzò, poi la regina fece qualcosa di inaspettato.
L’attirò a sé
l’abbracciò
in un gesto di grande rispetto e stima.
Fu
allora che Rebekha vide la madre. Per un
attimo sul suo viso vi lesse la stessa espressione sconvolta del
fratello. La
ragazza avrebbe voluto correrle incontro ma fu trascinata indietro dal
turbine
dei dignitari che volevano congratularsi con lei. Dopo un po’
Isobel riuscì a sottrarla
alle loro attenzioni e a portarla in disparte non lontano dal trono
– Ora
verrai nel mio studio e mi racconterai per filo e per segno quello che
è
accaduto da quando l’uovo si è schiuso –
le disse in sorta di un ordine
sottointeso
–
Certamente maestà – rispose subito Rebekha.
-
Non prima però di salutare tua madre –
continuò
la regina con un tono più gentile. Il drago le si
accoccolò sulle spalle
curioso. Mentre la regina annunciava a tutti i dignitari che la
riunione era
finita, e chiedeva loro di lasciare la sala, la ragazza poté
infine rivedere la
madre affiancata da due guardie.
-
Vai da lei, coraggio. So che il tuo cuore lo
desidera – le sussurrò Isobel
all’orecchio per poi sospingerla. Rebekha fece
esattamente quello che le aveva chiesto la regina. Rebekha voleva solo
lasciare
tutta la tensione alle sue spalle e rifugiarsi nel conforto
dell’abbraccio
della madre. Era stanca e quasi si trascinò sulle gambe
certa di essere accolta
dalla madre, ma, nel momento in cui la raggiunse, la donna la
guardò con lo
stesso sguardo che riservava a Reafly quando era contrariata con lui.
-
Che cosa hai mamma? – chiese lei sentendo gli
artigli del cucciolo che le stringevano una spalla. La ragazza
concentrò tutta
la sua attenzione su quella sensazione per non crollare.
-
Rebekha che cosa hai fatto? – quella domanda
fu come un pugno allo stomaco. Rebekha si bloccò di colpo,
pietrificata.
-
Sono diventata ciò che dovevo essere –
riuscì infine a dire con voce tremante.
-
Sono un cavaliere, come lo è Reafly per
diritto di sangue. Del tuo sangue, madre. Perché non puoi solo essere felice per me? -
-
Ma io lo sono, figlia mia. - le disse la
donna avvicinandosi a lei e accarezzandole una guancia. Rebekha
sussultò. Quel
contatto che fino a pochi minuti fa aveva desiderati così
ardentemente,
all’improvviso aveva perso tutto il suo significato. Serena
sembrò accorgersi del
disagio della figlia perché scostò la sua mano.
Nel farlo i suoi occhi caddero per
la prima volta sul suo drago. La donna spostò la mano verso
cucciolo che l’annusò
con curiosità. – Non lo sei…Tu stai
pensando a Reafly vero? Te lo leggo negli
occhi –
Serena
alzò lo sguardo sulla figlia con
sconcerto
-
Certo che sto pensando anche a lui. Penso
sempre a voi. Sempre. È tuo fratello e voi siete i miei
figli - disse con una chiara
nota di dolore nel tono della voce.
Rebekha
voleva solo urlare. - Ora è un traditore,
ha deciso di passare dalla parte degli elfi. Io ho cercato di parlagli
ma non
c’è stato verso di farlo ragionare –
-
Tu gli hai parlato? – chiese la madre. Rebekha
annuì. Poi guardando il volto preoccupato della madre a
quelle parole aggiunse
– Sta bene. È cresciuto e sembra più
maturo. Ma mamma, ha deciso di allearsi
dalla parte sbagliata – aggiunse. - Ha tradito il nostro
popolo unendosi agli
assassini di nostro padre –
Al
nome del suo amato Phil, al padre dei suoi
figli, Serena stette per un attimo in silenzio. - Perché ora
difendi con tanta
forza quella donna? – riuscì solo a dire.
Quella
domanda a brucia pelo colse la ragazza del
tutto impreparata. Guardò la madre e in quel momento
capì che la donna
appoggiava la scelta del fratello, non la sua. La regina aveva previsto
anche
questo. Ed ora anche l’ultimo baluardo rimasto a frenarla ad
accettare l’aiuto
della regina cadde in frantumi di fronte a quell’ennesima
delusione. Abbassò
gli occhi e con un groppo alla gola li rialzò colmi di
lacrime.
–
Ora devo andare madre. Ci vediamo più tardi
–
-
Rebekha – la implorò la donna, ma la ragazza
non si voltò nemmeno. Il cucciolo tentò di
scuoterla ed emise una serie di
pigolii.
-
Non ora piccola - le disse sentendo la sua mente
confusa. Da quando si erano toccati la prima volta Rebekha percepiva le
emozioni dell’altra come se fossero le proprie. Bastava un
attimo perché le loro
menti si fondessero e potesse perdersi l’uno
nell’altra. Quella mattina Rebekha
aveva anche fatto un’altra importante scoperta. Il cucciolo
era una lei.
La
piccola dragonessa non era ancora capace di
parlare, ma poteva iniziare ad apprezzare alcune
particolarità del suo
carattere che trasparivano dai suoi pensieri, la sua grande pazienza e
la
profonda quiete nei confronti di tutto quello che le accadeva intorno.
Quando
capì che Rebekha non aveva intenzioni di tornare indietro,
le si acciambellò su
una spalla e leccandole uno zigomo si acquetò a un lato
della sua mente mantenendo
in labile contatto.
***
Era
l’alba quando Reafly aprì gli occhi. In silenzio
rimase ad osservare il soffitto per alcuni istanti prima di muoversi.
Sentì
Gleadr ai piedi del letto che si muoveva, a sua volta svegliato dai
suoi pensieri
confusi e agitati.
Il
suo compagno stava crescendo a vista
d’occhio ed era arrivato a muoversi con difficoltà
dentro la sua camera. A
trattenerlo dal raggiungere il padre negli
alloggi costruiti appositamente per i draghi era stata solo la
preoccupazione della
creatura per lo stato d’animo del compagno.
L’atteggiamento
di molti maghi, compresa
quella di re Arold, era cambiato dopo che
l’identità del nuovo cavaliere era
stata svelata e il loro costante giudizio iniziava a minare quel poco
di
fiducia che aveva acquisito da quando l’uovo di Gleadr si era
schiuso per lui.
Bongiorno
lo
raggiunse la voce di Gleadr.
È
un altro giorno? … rispose
Reafly
Avanti
cucciolo,
dobbiamo andare.
Reafly
emise un sordo grugnito di protesta. Come
ti senti?
Non
lo so rispose
il ragazzo. Ancora confuso, direi.
Reafly
si fece forza, si alzò, si vestì e
uscì
dalla sua stanza. L’allenamento con Murtagh e poi
l’ora di meditazione con Arya
permisero al ragazzo di cacciare via la tristezza e trovare un
po’ di serenità
nel turbine di emozioni che ogni giorno rischiava di sopraffarlo.
Arrivata metà
giornata si fermarono per mangiare qualcosa, poi Gleadr si
alzò nuovamente in
volo per seguire Castigo.
Il
ragazzo vide padre e figlio allontanarsi
nel cielo per continuare le loro lezioni e si girò verso
Murtagh. Il cavaliere non
accennava né a muoversi né a palare e rimase
seduto a guardare il giardino
davanti a loro per quelle che a Reafly parvero ore. Se si fosse
soffermato
meglio ad osservare si sarebbe accorto che il suo volto era teso e
combattuto. Ma
Reafly era troppo agitato adesso per riuscire a cogliere
l’umore del suo
maestro
-
Non andiamo anche noi Murtagh-elda? –
si azzardò a domandare, orami al limite della sopportazione.
-
Non ancora Reafly-von – rispose
Murtagh con un mezzo sorriso. Nonostante la trepidazione, Reafly si era
rivolto
a lui nell’appellativo elfico che gli aveva insegnato Arya.
-
Eragon ti avrebbe sicuramente detto di attendere
ancora e imparare il valore della pazienza –
continuò Murtagh non riuscendo a
mantenere a lungo il silenzio – ma io non ho avuto modo di
imparare dagli elfi come
ha fatto lui.
Il
solo motivo della mia attesa è che stiamo
aspettando qualcuno…- disse corrugando le sopracciglia e
incrociando le braccia
al petto.
Finalmente
la porta di aprì e gli occhi di
Reafly si illuminarono di gioia nel riconocere la persona che stava
entrando.
-
Xavier! – gridò andandogli in contro –
Non ti
vedo da una vita! –
-
Lo so ragazzo, lo so. Ma i preparativi per
la partenza stanno risucchiando tutto il mio tempo – la fonte
di Reafly si
corrugò - Quando arriverà il giorno, ti
ricorderai di venirmi a salutarmi,
vero? –
-
Ma certo ragazzo, come potrei non farlo? –
gli rispose Xavier arruffandogli la chioma fulva
con la mano. Reafly sorrise debolmente e abbassò la testa
lasciandolo fare. Solo
allora si accorse anche della presenza di Arya. Passò lo
sguardo sui ognuno dei
presenti, uno ad uno. – Non siete tutti qui per caso, non
è così? – chiese esitante.
-
No, Reafly – rispose Murtagh con una leggera
smorfia. Reafly chiuse gli occhi e distolse lo sguardo.
-
È stata Gleadr a chiedervi di farlo? Mi
aveva promesso che avrebbe aspettato - iniziò a protestare
il giovane.
-
Gleadr non centra Reafly. Non ci abbiamo
messo molto a capire che qualcosa ti sta turbando – gli
rispose gentilmente
Arya.
-
Sembra che tu sia un libro aperto per chi ti
sta accanto e ti vuole bene – aggiunse con un sorriso appena
accennato Xavier.
-
La storia ha la brutta abitudine di
ripetersi. Per questo abbiamo pensato che fosse arrivato il momento di
raccontarti qualcosa della tua terra di origine. –
Reafly
prese un profondo respiro mentre sentiva
il sangue pulsare nelle vene. – Che cosa sai del cavaliere
dei draghi che
arrivò a governare Alagaësia…?
– gli domandò quindi il cavaliere.
-
Intendi dire Galbatorix? – chiese Reafly non
riuscendo a trattenersi dalla trepidazione. La sorella lo aveva
nominato nel perorare
la sua causa, accusando coloro che aveva imparato a chiamare amici di
avergli
nascosto più di una verità sul loro conto. Reafly
sospirò e si schiarì la voce
prima di parlare.
-
So da quelli che mi ha detto Rebekha che era
un cavaliere come te ed Eragon, e che voi lo avete ucciso. –
-
Perché era un tiranno, un pazzo e doveva
essere fermato – proseguì Murtagh senza mostrare
alcuna esitazione nella voce.
Arya si avvicinò al cavaliere cremisi e mettendogli una mano
sulla spalla prese
la parola
-
Nonostante fosse stato uno tra i più
promettenti cavaliere, la sua mente era debole e presto venne corrotta
dalle
parole velenose di uno spettro di nome Durza.
Perse
il suo drago in una missione che non avrebbe
mai dovuto intraprendere e incolpò della sua morte
l’intero ordine dei
cavalieri. Con l’aiuto di un altro ambizioso cavaliere di
nome Morzan, rubò un
cucciolo di drago, Skruikan, e lo piegò alla sua
volontà, grazie alla magia
oscura. Per molto tempo non si seppe più di loro. I due,
nascosti in un angolo
recondito di Alagaësia radunarono intorno a loro altri undici
cavalieri
disposti a tradire il loro ordine in cambio di potere e ricchezze, i
Rinnegati.
Corrotto dalla magia oscura, Galbatorix divenne che una pallida
immagine del
cavaliere che era stato e Skruikan privato della sua libertà
impazzì con lui. Grazie
al suo legame con i draghi la sua vita era pressoché
illimitata, avrebbe
governato Alagaësia per un tempo indefinito –
-.
Murtagh, prima hai parato della storia che
si sta ripetendo. Cosa intendevi dire con quelle parole? –
-
E poiché hanno seminato vento
raccoglieranno tempesta. – recitò
Murtagh citando un brano delle cronache di
Vrael, l’ultimo grande cavaliere del vecchio ordine, quindi
fece una piccola
pausa, come a cercare il coraggio per parlare.
-
Galbatorix credeva nel principio del
dividere e comandare e così sta facendo Isobel. Ma
è il momento di spezzare
questa catena. Ti abbiamo parlato di come Galbatorix sia stato aiutato
da un
altro cavaliere. –
-
Morzan – rispose Reafly
-
Si, il primo e il più spietato dei Rinnegati.
Quel cavaliere era mio padre – Reafly ebbe un sussulto
nell’udire quelle
parole.
-
Come suo figlio per tutta la vita portai le sue
colpe sulle mie spalle, fino a quando non conobbi Eragon e Saphira -
Reafly
scosse la testa e corrugò la fronte
senza capire. Qualcosa di quel racconto non tornava – Ma, tu
ed Eragon siete
fratelli, Morzan dovrebbe essere anche suo padre! –
Gli
occhi di Murtagh scintillarono per
qualcosa che Reafly non afferrò subito – Morzan
era mio padre, ma non era il
padre di Eragon. – disse con voce carica di vecchie emozioni,
ma ancora
abbastanza forti da far fremere l’animo del cavaliere.
-
Nostra madre. Selena ha conosciuto il padre
di Eragon dopo essere fuggita dal mio. Per proteggerlo dalle sue mire e
da
quelle del re lo affidò alle cure di suo fratello in un
villaggio anonimo ai
confini dei regni del nord.
Io
ed Eragon siamo cresciuto in due mondi completamente
diversi, ma il destino ci ha riuniti nel momento di maggior bisogno -
Murtagh
raccontò a Reafly le circostanze del loro incontro di come
tra loro fosse nata subito
una profonda amicizia, prima di conoscere il loro legame di sangue, e
come
questa avesse dovuto passare attraverso la diffidenza di tutti.
-
All’epoca non ero ancora cavaliere, ma come
tua sorella lo divenni sotto la cattiva stella del tiranno che
detestavo. -
Murtagh
passò allora a raccontare la dolorosa
storia della sua cattura al Farthen-Dur, alle circostanze che portarono
alla
nascita di Castigo e come Galbatorix lo avesse costretto a giurargli
fedeltà dopo
aver scoperto i loro veri nomi. Non nascose nulla dei delitti commessi
in nome
del tiranno e come lui lo avesse usato come una marionetta nelle sue
mani
pronto ad essere comandato a bacchetta.
Non
nascose neppure come fosse riuscito a
darsi sempre un margine di azione e, grazie all’aiuto di
Castigo, ad eludere
più di una volta il giuramento anche se con molte
sofferenze.
All’improvviso
un pensiero colse Reafly facendogli
ghiacciare il sudore sulla pelle.
–
Murtagh, tu ed Arya avete parlato
dell’immenso potere che si ottiene nel conoscere il proprio
nome nell’antica
lingua. Credete che Isobel conosca questo potere? Potrebbe averlo
già usato su
Rebekha? -
Murtagh
ci pensò un attimo – Mi dispiace
Reafly, questo non lo so. Ma il breve tempo trascorso ad Abalon mi ha
fatto
capire che Isobel aveva stretto con Galbatorix una profonda amicizia.
Non so
dirti fino a che punto abbia rivelato i suoi segreti. -
-
La ricerca del vero nome è qualcosa che ogni
cavaliere è tenuto a intraprendere prima o poi nel suo
cammino. – intervenne Arya.
- Nei tempi passati faceva parte integrante della sua formazione ed era
ritenuto
un segreto. Nessuno al di fuori dell’ordine e naturalmente
degli elfi era a
conoscenza dell’enorme potere del vero nome –
-
Dovrò trovarlo anche io? – Reafly non era
sicuro di volerlo fare ma non voleva nemmeno deludere i suoi due
maestri.
-
Come e quando dipende solo da te Reafly – gli
rispose Arya. –
Oggi non ti diremo altro.
Hai già molto su cui meditare – disse.
-
Il solo pensiero di Rebekha nelle mani di
quella folle mi fa bollire il sangue nelle vene. Se dovesse succederle
qualcosa…
io …non me lo perdonerei mai – imprecò
Xavier che fino a quel momento aveva
taciuto - Mi spiace tanto Reafly, avrei dovuto proteggervi entrambi, e
invece vi
ho deluso. –
-
Non dirlo neppure Xavier! Quando abbiamo
deciso di aiutare Murtagh, nessuno di noi due poteva immaginarsi quello
che
sarebbe successo – gli rispose subito il ragazzo cercando con
lo sguardo l’uomo
che li aveva visto crescere e che li conosceva nel profondo del suo
cuore come
un padre.
-
Se ti dicessi che io ero presente al primo
incontro dei tuoi genitori e che sapevo molto bene quando ti ho
permesso di
seguirmi che tua madre non era di queste terre ma veniva da
Alagaësia? –
-
Non cambierebbe nulla Xavier. Sei stato tu ad
insegnarmi tutto quello che su come tenere in mano una spada o come
usare la
posizione delle costellazioni nel cielo per orientarmi.
C’eri
tu al mio fianco quando mi cacciavo nei
guai e dovevo nascondermi da mia madre e sei sempre stato tu anche
accanto a ma
e a Rebekha, consolarci quando piangevamo perché ci mancava
papà. Per cui non
c’è nulla che possa dire Rebekha o Isobel che
metterebbe in dubbio la tua
lealtà. –