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Autore: lightoftheday    25/05/2005    2 recensioni
Cosa succede ad un giovane attore affermato quando entrano all'improvviso a far parte della sua vita una vecchia amica e suo figlio di quattro anni? Se poi lei non è una qualsiasi, i lontani ricordi si riaffacciano alla memoria e fanno pensare.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!

Ho detto che questa settimana scrivo la parola fine e sono super intenzionata a mantenere la parola, anche perché non mi è mai capitato di pubblicare un fan fic nell’arco di cinque mesi… dico cinque mesi porca paletta! The Simple Things, che come numero di capitoli era uguale, in un mese era tutta fuori! Sto perdendo colpi, la colpa è dell’università! O perché invecchio male? Può darsi…!!!

Quindi non vi faccio penare molto per sapere di quale natura sia il famigerato gesto!

Credo che quello che metto su oggi sia il capitolo che emotivamente è il più coinvolgente di tutta la storia, anche più del super epilogo (otto pagine abbondanti, per la cronaca) che metterò dopodomani. Mi saprete ridire voi, comunque.

Grazie mille Claudietta, certo con altri venti capitoli sarebbe diventata la novella dello stento, ma fa piacere sapere che me l’avresti seguita comunque. Un grazie mille anche a Crazy, la zecca è un furbacchione, ti conquista al primo sorriso e mancherà anche a me! Anch’io sono indietro, per la cronaca… per le altre storie e in molti altri sensi! Me tapina!

Grazie anche a Bloody, spero che i momenti lenti non siano risultati troppo pesanti, anche se credo che non dovrebbero esserlo stato almeno troppo da quello che dici. Grazie per avermelo fatto notare e pe avermi detto del rapporto dom/mamma/bimbo. Alla fine credo di ripetermi, ma è sempre la stessa storia, finché non c’è l’impatto con chi ti legge è un po’ difficile giudicare il proprio operato.

Buona lettura, Mandy

 

 

v       Capitolo Trentatreesimo - A presto

 

Non era più successo che Owen notte tempo andasse a far visita a Dominic, da una parte lui ne era stato anche sollevato: non avrebbe più saputo come comportarsi in una situazione simile considerando il fatto che Irene una volta gli aveva detto di non permetterglielo.

Lui aveva mille pensieri in testa quella notte e non riusciva a dormire, come faceva spesso in quelle situazioni aveva acceso la luce sul comodino e si era messo sdraiato sulla schiena a fissare il soffitto, quasi come se quell’attività gli avrebbe potuto far ritrovare il sonno. Quando l’aveva visto fare capolino dalla sua porta era stato contento, nonostante il fatto che sapeva che Irene non avrebbe gradito a lui erano mancate quelle dimostrazioni d’affetto spontanee e dirette che Owen aveva per lui.

- Ciao.- gli aveva detto il bambino. Dominic gli aveva risposto con un cenno della mano.

- Posso stare un po’ con te?- gli aveva chiesto in quel modo che aveva di chiedere le cose quando non voleva sentirsi dare un no come risposta, metodo estremamente efficace dato che in genere era davvero difficile se non impossibile deludere le sue aspettative.

Dominic aveva pensato che, come ogni volta che era successo, anche il bambino forse aveva qualcosa da dirgli e qualche pensiero che non lo faceva dormire, così gli aveva detto di sì e aveva aspettato che trotterellando arrivasse e che salisse. Non appena Owen si era arrampicato sul letto infatti gli aveva chiesto cosa non andasse. - Hai un grilletto per la testa?- gli aveva domandato.

Owen aveva scosso la testa. - Io no ma tu sì perché non dormi.- aveva osservato giustamente il bambino.

- Se è per questo non dormi nemmeno tu delinquente che non sei altro!- gli aveva risposto Dominic incominciando a fargli un po’ di solletico. Il bambino si era sdraiato ridacchiando, cercando di difendersi, poi, quando aveva smesso era tornato a mettersi seduto con le gambe incrociate davanti a lui, al fianco di Dominic che gli aveva fatto una carezza sulla testa quasi come per farsi perdonare del dispetto.

- Veramente non dormo perché ho gli animalini che mi corrono nella pancia.- aveva ammesso Owen.

Dominic lo aveva guardato un po’ perplesso, così il bambino si era messo la mano sul ventre.

- Mi fa male qui, perché ci sono degli animalini cattivi che corrono su e giù e non mi fanno dormire.- aveva spiegato.

Era carina come definizione del mal di pancia, anche se Dominic dubitava che fosse vero, però l’aveva assecondato. - Mi dispiace…- gli aveva detto.

- Non ti preoccupare, - aveva detto Owen con un tono molto adulto, - fra un po’ mi passa.-

Dominic gli aveva sorriso e gli aveva fatto un’altra carezza.

- Sei contento di tornare a casa tua?- gli aveva chiesto dopo qualche secondo.

Owen ci aveva pensato un po’ su, aveva detto sì ma non sembrava convintissimo, solo quando aveva detto così vado da papà e da nonna gli si era illuminato lo sguardo.

- Lo sai, mamma mi ha detto una cosa stamattina. Mi ha detto che papà comunque non ci torna a stare a casa con noi anche se torniamo. Però mi ha detto che ogni tanto ci vado io a casa sua, e poi mi ha detto che non devo mai pensare che lei e papà non mi vogliono bene. Io però non l’ho capito perché me l’ha detto, io lo so che mi vogliono bene, perché devo pensare che non me ne vogliono?-

Dominic l’aveva guardato e gli aveva sorriso. Aveva immaginato che Irene avesse provato a spiegargli come sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi a Birmingham, Owen come tutti i bambini aveva interpretato tutto a modo suo, e in modo più che giusto, pensava.

- Ma infatti è così, ma lo sai, ogni tanto può succedere che una persona sia arrabbiata per qualcosa con un’altra e che per un momento si dimentichi di quanto bene gli vuole.-

- Io non smetto mai di volere bene a mamma, anche se sono arrabbiato con lei.- aveva ribattuto energicamente Owen. Dominic non aveva potuto fare a meno di ridere leggermente, poi il bambino aveva ripreso a parlare.

- Ma tu, quando io e mamma ce ne andiamo, che fai? Rimani qui da solo?-

Dominic aveva smesso subito di ridere, colpito tanto da ciò che il bambino gli aveva detto, tanto dal fatto che, sicuramente in modo inconsapevole, aveva toccato un punto debole.

- Da solo no, con Lilly.- gli aveva risposto cercando di sorridergli e di essere rassicurante. - Mi farà compagnia lei, come prima che tu e la tua mamma arrivaste.-

Owen era sembrato abbastanza soddisfatto di quella risposta, si era guardato per un momento intorno, poi era ritornato con lo sguardo su di lui, l’aveva guardato bene prima e poi gli aveva chiesto con un tono grave:- Ma io e te non ci rivediamo più?-

Dapprima era rimasto un momento interdetto da quella domanda, ma dopo pochissimi secondi si era seduto sul letto e aveva teso le braccia verso Owen dicendogli in modo protettivo vieni qui, cosa che il bambino aveva fatto. Si era accoccolato subito tra le sue braccia sedendogli sulle ginocchia, Dominic l’aveva abbracciato forte, tenendogli una mano sulla testa mentre lo teneva stretto contro la sua spalla.

- Ma certo che ci rivediamo…- gli aveva detto semplicemente.

Aveva già pensato in quei giorni in cui era stato sicuro che Irene fosse decisa a tornare in Inghilterra che lei e Owen gli sarebbero mancati, ma in quel momento aveva avvertito veramente a cosa stava andando incontro. Quel distacco lo avrebbe fatto stare davvero malissimo.

Si chiedeva come fosse potuto accadere in sole sette settimane che lui si attaccasse tanto a quel bambino, nella stessa misura in cui si era legato a sua madre, nonostante tutte le incomprensioni che c’erano state, che sembravano niente rispetto al dispiacere che stava provando al pensiero che il giorno dopo sarebbero andati via. Dall’altra parte aveva finalmente compreso di quale portata dovesse essere quell’angoscia che Christopher aveva provato a stare lontano da loro, da Owen soprattutto. Era strano in quel preciso momento pensarlo, ma si era sentito tanto felice per lui quanto non lo era per se stesso.

Owen si era per un momento liberato della sua stretta, aveva alzato la testa verso di lui, per incontrare il suo sguardo. - E quando ci vediamo?-

- Eh, questo non lo so… quando vengo in Inghilterra ci possiamo vedere, vedrai che verrò prima o poi.-

- E vieni a trovarmi a casa mia con Lilly?-

- Con Lilly non penso, ma forse tu verrai a casa mia in Inghilterra.-

- Perché tu stai anche lì? E’ grossa come questa la tua casa in Inghilterra?-

- Sì, prima stavo anch’io là. Tu ci sei stato a casa mi Inghilterra, lo sai quant’è grande.- gli aveva risposto, dato che sapeva che con sua madre e sua nonna ci doveva essere stato spesso.

- Ma io non ti ho mai trovato perché non mi ricordo che eri da nessuna parte.-

- Perché io stavo sempre qui in America. A me hanno raccontato che tu ci sei stato spesso a casa dei miei genitori invece.-

Ovviamente, dopo quest’osservazione, il bambino aveva chiesto:- E chi sono i tuoi genitori?-

- Maureen e Austin.-

Owen l’aveva guardato incredulo. - Maureen è davvero la tua mamma?-

Dominic aveva sorriso e annuito.

- Allora è vero che ci sono stato a casa tua. La tua mamma e il tuo papà mi piacciono, sono simpatici.-

Avevano continuato per poco a chiacchierare, Owen si era prodotto in un paio di sbadigli che avevano fatto intendere a Dominic che forse finalmente si era un po’ tranquillizzato ed era pronto per dormire. Quando si era appoggiato contro il suo petto chiudendo gli occhi come se volesse addormentarsi direttamente in braccio a lui, senza dare alcun preavviso di volerlo fare, sebbene sapeva che sarebbe stato meglio dirgli di tornare a dormire nella sua stanza, Dominic non aveva avuto cuore di farlo. Aveva pensato che poteva aspettare che si addormentasse tranquillo e poi riportarlo mentre dormiva in camera di Irene, in modo da fare contento lui ed obbedire ad un preciso volere della madre. Così aveva fatto.

Quando gli era sembrato che dormisse profondamente, sempre tenendoselo in braccio, era scivolato sul bordo del letto per rimettersi in piedi, con lentezza era uscito fuori dalla sua stanza diretto alla loro, verso destra, dall’altra parte del corridoio.

Cercando di fare più piano che poteva con il piede aveva discostato leggermente la porta per vedere che dentro la stanza c’era un’abat-jour accesa sul comodino opposto a quello di Irene. Dominic per un momento aveva pensato che fosse sveglia e che forse stava in apprensione per Owen, o magari si stava chiedendo perché ci metteva tanto il bambino a tornare. Forse poteva essersi innervosita per via del fatto che Dominic non aveva riportato subito Owen a letto, per lo meno lui l’aveva temuto in quel momento. Sarebbe stato davvero brutto se, dopo quella ritrovata calma, per una cosa simile avessero trovato nuovamente un motivo per covare del rancore l’uno nei confronti dell’altro, proprio il giorno in cui Irene sarebbe ripartita per l’Inghilterra, definitivamente.

Immerso in questi pensieri era rimasto con il bambino in braccio sulla porta, guardando interrogativamente Irene e chiedendosi cosa stesse facendo. Non la poteva vedere in viso, nella posizione in cui era, sdraiata su un fianco, gli dava le spalle; l’unico movimento che Dominic riusciva a percepire era il leggero e regolare alzarsi ed abbassarsi delle lenzuola che lei causava respirando, un movimento molto discreto che lui era riuscito ad avvertire solo guardandola attentamente, nell’ardua impresa di capire se Irene stesse dormendo oppure no.

Dapprima per lo meno questo era stato il motivo per cui si era soffermato sulla sua figura, poi in verità era rimasto per qualche secondo ancora tenendosi Owen in braccio a contemplare lei, una cosa che in quei giorni non aveva potuto evitarsi di fare spesso in verità. Che gli piacesse non era un segreto, gli era sempre piaciuta fin da bambino, anche se non le aveva mai prestato una grande attenzione fino a che non era stato un adolescente. Di cosa era successo quando aveva quell’età in quelle sette settimane se n’era ricordato tanto spesso che a volte non era stato difficile sentirsi come quando aveva quindici anni.

Certo allora non avrebbe mai potuto immaginarsi quella situazione in cui era in quel preciso momento, fermo sentendo di non poter fare a meno di osservarle la curva che disegnava il suo fianco sotto le lenzuola, continuando a tenersi in braccio Owen che dormiva piuttosto profondamente.

Dato che non si era mossa minimamente, Dominic aveva immaginato che stesse dormendo, sempre cercando di non fare il minimo rumore si era avvicinato alla parte del letto libera. Le lenzuola erano tirate da un lato, probabilmente era stato Owen stesso a lasciarle così quando si era alzato, lui si era limitato ad appoggiarlo delicatamente sul letto, a coprirlo con il lenzuolo e a dargli un bacio, pensando di tornare nella sua stanza subito dopo averlo fatto.

Avvicinandosi ancora di più però, la sua prospettiva della figura di Irene era sensibilmente cambiata, era più vicino a lei e il suo sguardo era tornato sul suo profilo senza che lui avesse nessun controllo della cosa, come se fosse del tutto naturale approfittare di quella visuale. Pur sapendo che toccandola avrebbe rischiato di svegliarla non era riuscito a trattenersi dall’allungare la sua mano verso di lei, con leggerezza le aveva spostato una ciocca di capelli, liberandole il collo. Aveva ripetuto il gesto, involontariamente le aveva sfiorato l’orecchio.

- Il ricordo di un primo amore non si scorda mai per davvero…- aveva sussurrato, con il sorriso sulle labbra. Ed era vero, assolutamente vero.

L’aveva detto pianissimo, praticamente tra sé e sé, ma l’aveva detto. A quel punto non è che avesse una grande importanza, aveva già valicato in quei pochi secondi il limite di quello che solitamente si sarebbe permesso di fare, scusandosi semplicemente dicendo a se stesso che non avrebbe mai più avuto un’occasione simile. Solo che Irene si era mossa, si era girata verso di lui e l’aveva guardato.

Aveva ritratto la mano immediatamente quasi come se si fosse spaventato. Sulle prime aveva pensato di averla svegliata, ma nel giro di pochi secondi non era stato difficile intuire che Irene doveva essere stata sveglia anche prima, solo che per qualche ragione che lui non riusciva a capire non gliel’aveva detto subito. Si vergognava da morire, forse l’aveva sentito chiaramente dire quella cosa.

- Scusami, - le aveva detto bisbigliando, - non volevo…-

Irene gli aveva fatto cenno di non parlare, lentamente era tornata a dargli le spalle, giusto per un momento finchè non si era seduta sul letto e si era alzata.

Dominic era rimasto immobile in piedi davanti all’altra parte del letto, non riuscendo minimamente ad intuire cosa Irene stesse facendo, almeno fino a che non gli era andata vicino quel tanto che bastava perché allungando la mano riuscisse a prendere la sua.  L’aveva condotto fuori dalla stanza, quando anche lui era stato nel corridoio Irene si era assicurata di chiudere bene la porta di camera sua.

Non che fossero rimasti per molto fuori fronteggiandosi, era stato facile esattamente come erano state facili tante altre cose in quell’ultima settimana, anche se lui per un po’ era rimasto praticamente immobile ad aspettare che fosse Irene a fare il primo passo, dato che nonostante tutto si sentiva intimidito da quella situazione e non sapeva bene quanto lei fosse certa di quello che stava facendo.

Aderendo contro il suo petto l’aveva abbracciato mettendogli il suo braccio destro intorno al collo, prima appoggiando la mano sulla sua spalla e poi facendola scorrere con un gesto lento fino ad arrivare ad accarezzargli la nuca, dove si era fermata. Aveva appoggiato il viso contro il suo collo, esercitando appena un po’ di pressione.

Dominic aveva sentito chiaramente il suo respiro sulla sua pelle e di rimando aveva chiuso gli occhi, come a voler acutizzare gli altri sensi. Le aveva appoggiato la mano che aveva libera dapprima su un fianco, sulla stoffa leggera di quella sottoveste che portava, poi anche lui con lentezza le aveva circondato la vita con il braccio, fermando la mano sull’altro fianco.

La mano con cui Irene aveva tenuto stretta quella di Dominic aveva allentato la presa, permettendo a lui di muoverla. Con un tocco leggero delle dita le aveva percorso tutto il braccio, si era fermato solo per un secondo sulla sua spalla, quasi come se stesse aspettando un segno ulteriore, che Irene gli aveva dato passandogli le sue dita sulla sua clavicola sinistra. La mano di Dominic aveva ricominciato a muoversi, le aveva sfiorato i capelli, spostandoglieli indietro e andando anche lui ad accarezzarle il collo.

Non si era chiesto a cosa quella situazione li avrebbe portati, per il momento si godeva quelle sensazioni, rendendosi conto che durante quella settimana che aveva passato con lei avrebbe voluto trovarsi in quella situazione così tante volte, anche se non ci aveva prestato attenzione perché lo riteneva impossibile e assurdo quasi. Ma in fondo era una vita che Irene gli piaceva.

Anche per lei era tutta strana quella situazione, quel gesto poco ragionato non lo sapeva neppure lei dove andasse a parare, già quello che stavano facendo però era per lei qualcosa di importante, o che per lo meno la faceva sentire tale. Si stavano risvegliando i suoi sensi in quel momento, quelli che era tanto tempo che Irene non sentiva più, inizialmente ignorati e poi riposti in un angolo della sua mente, cercando di non pensare al fatto che non volevano essere dimenticati, come il suo essere una donna.

Dominic, in quel momento come in tutto quel tempo, glielo stava facendo ricordare e lei si sentiva così bene che non le sembrava vero.

Le sarebbe tanto piaciuto che quelle semplici effusioni diventassero qualcosa di più. Era così tanto che non faceva l’amore con un uomo e che volutamente ignorava che le sarebbe andato che essersene resa conto all’improvviso non faceva che aumentare quel desiderio. Solo che non l’aveva mai fatto con un uomo di cui non fosse innamorata e non avrebbe certo cominciato quella notte con Dominic, ammesso che anche lui lo volesse. Anche se in verità poteva dire di amarlo, non era certo nel modo che avrebbe richiesto quella situazione che lo amava, e sapeva anche che, conoscendolo, fare l’amore con lui lo avrebbe mandato in confusione e fargli del male era l’ultima cosa che avrebbe voluto.

Mentre continuavano a scambiarsi effusioni, nella penombra di quel corridoio, Irene, sempre tenendo il viso premuto sull’incavo tra la spalla e il collo di Dominic, aveva ripensato a tutte le fasi della vita che avevano vissuto insieme e si era stupita per l’ennesima che ricordarselo da bambino e da adolescente non l’aveva più toccata in quel momento. Aveva sorriso e gli aveva dato una bacio sulla base del collo, alzando appena la testa subito dopo.

Dominic sentendola distanziarsi appena, aveva aperto gli occhi, aveva continuato a tenerla stretta tra le sue braccia, quasi come se avesse paura che lei scappasse per paura di averle dato l’idea che volesse qualcosa di più. Ma quando l’aveva guardata l’aveva vista sorridergli dolcemente, un’espressione che l’aveva tranquillizzato. Irene gli aveva appoggiato entrambe le mani sul collo e aveva continuato a sorridergli, cosa che anche lui aveva fatto di rimando. Aveva intuito che stava per dirgli qualcosa, almeno avrebbe voluto, ma sembrava quasi non riuscire ad emettere nessun suono. Il suo sorriso si era fatto più pronunciato.

- Oddio…- era riuscita appena a bisbigliare. - Non mi vengono le parole…-

Dominic era rimasto in silenzio a sorriderle, fino a che lei non era riuscita a dire qualcos’altro.

- Grazie per questo, non hai idea di quanto bello sia stato…- si era interrotta per un attimo, leggermente imbarazzata. - E per tutto il resto, ovviamente.-

- Mi mancherai tantissimo… anzi, mi mancherete tantissimo, tu e Owen.- le aveva risposto lui.

Irene era tornata a stringergli le braccia intorno al collo e aveva riappoggiato la fronte contro la sua spalla. Era piuttosto commossa, non avrebbe voluto piangere dato che aveva paura che Dominic, dopo tutte le volte che l’aveva vista piangere in quell’ultimo periodo, l’avrebbe potuta considerare una femminuccia dalla lacrima facile, cosa che non era mai stata. Ma lo sforzo era stato abbastanza inutile.

- No, ti prego non cominciare…- l’aveva pregata Dominic, più per il fatto che anche lui era sul punto di farlo e possibilmente si vergognava anche più di lei. Anche i suoi di sforzi erano andati persi.

Si erano ritrovati a piangere abbracciati, erano rimasti così per un po’ fino a che non si erano calmati, quando erano tornati a guardarsi avevano riso, entrambi per nascondere almeno un po’ del loro imbarazzo. Anche se, ripensandoci, non avevano niente di cui vergognarsi.

- Sarà meglio che andiamo a dormire.- aveva osservato Irene, mentre gli stava accarezzando una guancia con il pollice. Dominic aveva annuito semplicemente, liberandola dal suo abbraccio.

Si erano salutati così, senza aggiungere altro.

 

***

 

Sakumi era appena arrivata al cancello all’entrata, aveva suonato al citofono e Dominic le aveva aperto. Era entrata nel piazzale un minuto dopo con la sua auto, lui la stava aspettando sulla porta.

Appena era arrivata le aveva fatto strada dopo che si erano salutati con un bacio sulle guance.

- Vuoi un caffé?- le aveva chiesto.

- No, grazie, l’ho già preso. Gli altri in partenza?- aveva chiesto la donna.

- Ora scendono, Irene doveva finire di mettere alcune cose in valigia.-

Sakumi era rimasta in silenzio per un po’, aspettando, fino a che non si era girata verso di lui, che le aveva sorriso vedendola guardarlo.- Ti volevo chiedere una cosa.- gli aveva detto.

Lui aveva semplicemente annuito, aspettando che parlasse.

- Pensi che ci potremmo vedere ancora ogni tanto? Sei un ragazzo simpatico Dominic, mi dispiacerebbe se partita Irene dovessimo perdere del tutto i contatti. Mi piacerebbe avere la tua amicizia, ecco, anche se dai rapporti che abbiamo avuto forse potrebbe sembrarti il contrario.-

L’aveva detto apparentemente tranquilla e decisa, ma con un leggero tremolio nella voce, come se fosse leggermente preoccupata di fare quella proposta. Non l’aveva mai sentita incerta, se n’era stupito.

Le aveva sorriso nuovamente, sollevato per il fatto che lei, chiaramente, avesse parlato solo di amicizia, del resto non avrebbe voluto altro in quel momento. Era lusingato che lei gliel’avesse chiesto e nemmeno lui avrebbe voluto perdere i contatti con una donna tanto interessante.

- Me lo chiedi? La prima sera che vuoi basta che mi fai uno squillo e ce ne andiamo a bere una cosa da qualche parte. Anzi, giovedì che fai?- le aveva chiesto già sapendo che era libero quel giorno, in modo da rendere immediatamente concreta quella cosa.

Sakumi gli aveva sorriso. - Andata!-

Irene era comparsa in cima alle scale con una valigia piuttosto grande e all’apparenza pesante tra le mani, Dominic le era andato incontro, ma la donna gli aveva chiesto, piuttosto che aiutarla con quella, di prenderle quella che ancora doveva portare giù e che era rimasta in camera. Lui aveva fatto come le aveva chiesto, trovando Owen che le faceva la guardia. Dominic aveva preso con una mano la valigia e con l’altra la mano del bambino prima di scendere al piano inferiore.

Sakumi ed Irene stavano chiacchierando, lui aveva lasciato il bambino con loro e si era informato se il bagagliaio dell’auto di Sakumi fosse aperto. Alla risposta affermativa della donna aveva aperto la porta e aveva cominciato a portare le valige fuori.

Non era rimasto molto tempo. Mentre ancora le due donne discutevano, Dominic aveva visto che Owen faceva finta di non vederlo. Si era attaccato alla mano della sua mamma e dondolava un po’, cercando di ignorare tutto e tutti in quella stanza, Lilly compresa, che forse recependo quell’aria da addio che c’era si era attaccata subito al suo padrone, chiedendo attenzioni.

Dominic le aveva fatto qualche carezza, quindi era andato verso il bambino e si era abbassato, rimanendo in bilico sui talloni. Gli aveva appoggiato una mano sul gomito per richiamare la sua attenzione.

- Hey rospetto…-

Inizialmente non l’aveva guardato, poi si era voltato verso di lui e gli aveva fatto una linguaccia, Dominic aveva riso.

- Vieni qui, delinquente!- gli aveva detto ridacchiando per la sua faccia tosta, allargando le braccia e stringendolo forte non appena aveva lasciato la mano della mamma e si era attaccato con le braccia al suo collo.

- Allora quando vieni a trovarmi?- aveva chiesto il bambino.

- Presto.-

Owen l’aveva guardato un po’ male, avrebbe preferito qualcosa di più certo.- Me lo prometti?-

Dominic l’aveva guardato serio e si era messo una mano sul cuore. - Giuro!-

Dominic l’aveva abbracciato un’altra volta, mentre lo teneva stretto si era rimesso in piedi, tenendoselo in braccio. - Se te lo mando per posta fra qualche giorno…- aveva detto scherzosamente ad Irene che li stava guardando, come se non lo volesse lasciare.

- Sarà l’ora che ci salutiamo, meglio se non facciamo tardi, a quest’ora all’aeroporto c’è sempre caos.- aveva osservato Sakumi.

- Sì, hai ragione.- aveva detto Dominic, che subito dopo aveva spostato lo sguardo su Irene, che gli era andata incontro abbracciandolo. Lui l’aveva circondata con il suo braccio destro dato che con l’altro teneva sempre Owen in braccio.

Dato che i loro saluti della notte appena trascorsa erano stati effettivamente quelli definitivi, in quel momento non ci si erano persi troppo, Dominic aveva passato Owen nelle braccia della mamma.

- A presto, capito? - aveva detto rivolto al bambino che gli aveva restituito uno sguardo quasi minaccioso.

- Non ti scordare che me l’hai promesso.- aveva detto serio.

Alla sua uscita le due donne avevano riso, Dominic si era avvicinato e gli aveva dato qualche altro bacio, poi, come aveva fatto tanto spesso in quelle settimane, gli aveva fatto delle pernacchie sul collo che l’avevano fatto ridere.

Erano usciti quindi, lui era rimasto sulla porta a guardarli andare via, fino a che non erano stati più nel suo campo visivo.

 

Aveva richiuso la porta, dietro a lui aveva trovato Lilly, che si era seduta sul tappeto all’ingresso e l’aveva guardato incuriosita. Dominic, non sapendo cos’altro fare si era seduto anche lui su quel tappeto, dove tristemente aveva subito pensato che non avrebbe più visto Owen giocare.

Aveva fatto una carezza a Lilly, che aveva guaito e gli aveva teso la zampa, che lui aveva preso.

Le aveva sorriso, trovandosi il suo musetto peloso davanti alla faccia.

- Bella che sei! Ma quanto sarai bella? Troppo bella!- le aveva detto, scatenando la sua entusiastica reazione, un tentativo di leccata che Dominic aveva schivato per un pelo.

- No, non mi leccare!- le aveva detto ridacchiando. - Mettiti giù che ti faccio un grattino, dai!-

Lilly aveva eseguito, si era adagiata con la testa sul suo ginocchio a godersi le coccole. Dopo un po’ l’aveva guardato con aria vagamente perplessa, come se fosse preoccupata per lui.

Dominic, incrociando il suo sguardo, aveva intuito quanto dovesse essere evidente quanto era triste in quel momento. Si stava sentendo nuovamente solo.

Immediatamente aveva pensato che non doveva nemmeno provarci a crogiolarsi in quella sensazione.

Aveva sorriso a Lilly, sempre accarezzandole la testa, poi le aveva preso il muso tra le mani e l’aveva guardata bene.

- Tu non te ne vai vero? Stai qui, con me…-

Lilly si era alzata incominciando a dimenare la coda a destra e a sinistra.

-…no che non mi abbandoni perché mi vuoi tanto bene! La mia bella cagnolina!-

Per Lilly era stato praticamente un invito, senza badare a lui che le diceva di non leccarlo si era avvicinata ancora quanto bastava e aveva tirato fuori la lingua lunga e ruvida piazzandola sulla guancia di Dominic senza sentire ragioni.

- E basta!- le aveva detto lui al secondo bacino, ma la cagnolina aveva continuato.

In fondo era un bugiardo, non gli dispiaceva affatto, e lei che lo capiva al volo doveva aver inteso anche quanto avesse voglia di coccole in quel momento.

   
 
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