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Autore: CervodiFuoco    01/02/2023    0 recensioni
"Una palla di fuoco si espanse come un enorme palloncino. Detriti vennero scagliati ovunque. Il cielo grigio era lacerato da strisce di fumo. I suoi compagni correvano di qua e di là, smarriti. Ma dove andavano? Cos'avevano da fare? Tanto, ormai, era finita. Ci si poteva rilassare. Lasciarsi andare... a quel tepore, quel silenzio. I rumori assordanti non c'erano più, la pesantezza del corpo nemmeno. Il respiro sempre più flebile dava spazio alla mente di alleggerirsi e di andare su, su, sempre più su..." // Questa storia narra degli Ultimi Hunger Games di Capitol City, ma i ragazzi che vi partecipano appartengono alla serie TV "Motherland - Fort Salem" e possiedono poteri speciali simili a quelli degli X-Men. Inoltre gli avvenimenti sono completamente diversi, ho ripreso solo l'ambientazione e le dinamiche di Hunger Games. Buona lettura, spero vi piaccia e fatemi sapere che ve ne pare nei commenti, vi leggerò con piacere!
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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14 - TEMPI DI ORGANIZZAZIONE

 

Era passata una settimana da quando avevano lasciato l'Arena degli Hunger Games. I lavori di smantellamento erano cominciati subito, Sarah Alder era stata chiarissima in merito: il loro primo impegno in quanto responsabili temporanei del governo di Panem sarebbe andato dritto alla distruzione di ogni cosa riguardante i Giochi, a partire dagli edifici sino alle leggi.

In quel momento, probabilmente, i due Generali del Cigno d'Argento stavano discutendo in qualche grande salone assieme a tante altre persone, rappresentanti dei Distretti; Raelle se li immaginava infervorati dai valori che sostenevano nel tentativo di trasmetterli a chi li ascoltava. Non che avessero bisogno di convincere qualcuno, perché già i Distretti si erano unificati ormai. Quelli erano tempi di organizzazione, non di conquista.

La ragazza staccò la fronte dalla finestra fredda e ci alitò sopra. Una nuvoletta apparve. Ci disegnò sopra un cuore con il dito. Fuori pioveva da qualche giorno. La luce diurna era scarsa, e questo le metteva addosso un'inquietudine vischiosa e impalpabile che le impediva di pensare con tranquillità alle faccende quotidiane.

Due braccia sfilarono ai lati della sua faccia e si abbassarono lentamente per cingerle i fianchi: sentì l'odore della pelle di Scylla, che intanto si sedeva dietro di lei per abbracciarla.

«Che cos'hai?» si sentì chiedere.

«Niente» rispose Raelle, gli occhi fissi sul cuore appannato che iniziava a gocciolare sul vetro. Stava mentendo, e sapeva che non era giusto farlo per due motivi: perché riguardava gli Hunger Games, e perché lo stava facendo con Scylla... avevano fatto un patto. Sospirò.

«La pioggia» esordì piano. «Mi ricorda la foresta.»

«Già» disse Scylla in un bisbiglio al suo orecchio, il mento poggiato sulla spalla. «Anche a me ricorda la foresta.»

«Fa schifo.» Nel dirlo, una punta di nausea colpì la bocca dello stomaco di Raelle. Ma quella fase l'aveva passata da qualche giorno ed era in grado di oltrepassarla senza dover correre in bagno.

«Lo so.» Scylla la strinse forte. «Lo so.»

Le gocce picchiettavano contro il vetro a intermittenza, seguendo ondate ora più deboli ora più violente. Un acquazzone incostante. Al di là della finestra c'era un giardinetto quadrato di semplice erba, recintato da muri bianchi sui quali si aprivano altre finestre uguali a quella: là ci vivevano Tally di fronte, Abigail e Adil in quella a destra e Libba a sinistra.

«Vuoi bere qualcosa di caldo?» chiese Scylla.

Raelle annuì. Mentre l'altra si alzava per andare a prepararglielo, lei ritornò in salotto: dovette solo girarsi e salire un gradino per farlo; quella casa non era molto grande, ma in compenso era dotata di una quantità spropositata di comfort a cui né Raelle né Scylla erano abituate. Gli interni erano in legno pregiato e lavorato a lucido, c'erano lampade e lucette dappertutto che si attivavano e spegnevano quando gli si passava davanti, la maggior parte degli elettrodomestici funzionava su comando vocale ed era ultra-intelligente - fatto che le metteva particolarmente a disagio, oltre che offrire loro momenti parecchio divertenti - e ogni altro pezzo della mobilia, dagli scaffali, al divano, ai tavoli, possedeva delle qualità moderne, comodissime ed efficienti di cui le menti delle ragazze faticavano ad accettare l'esistenza. Lo trovavano esagerato e inutile. Ma dato che potevano disporne senza limiti, non si lamentavano e sperimentavano.

Raelle si abbandonò sul divano, svogliata, e posò la nuca sullo schienale. Alzò una mano per coprirsi la faccia: la faceva stare meglio. I flash della sua casa nel Distretto Cinque continuavano ad assalirla, inframmezzati in maniera fastidiosa dalle memorie raccolte nell'ultimo Hunger Game; chiudere gli occhi e lasciare che quelle immagini le scorressero davanti era sia piacevole sia disturbante. Agli Ultimi Dodici era stato assicurato che i loro familiari li avrebbero raggiunti il prima possibile, ma i genitori di Raelle non erano ancora arrivati per problemi coi trasporti a causa della marea di gente che adesso voleva venire a Nuova Capitol City per visitarla e constatare di persona le novità in corso.

Scylla si sedette sul divano e le porse una tazza fumante, che Raelle prese ringraziandola. Sapeva di melissa. La tenne sotto al naso per godere del tepore e il profumo.

«Ci hai messo il miele?»

«Certo.» confermò Scylla.

Le faceva ancora strano parlare di argomenti banali come quello. Ad altre cose invece si era riabituata in fretta, come i comfort del bagno.

Raelle diede un sorsetto alla tisana. Scottava.

Scylla si stirò e allungò un braccio dietro le spalle della bionda. Lei aveva accusato molto meglio il colpo di quegli ultimi Hunger Games, per via del fatto che erano state le sue copie fisiche a prendervi parte: riceveva i loro impulsi motori, emotivi e mentali ma non li registrava come propri, nemmeno dopo la reintegrazione delle copie. Lo aveva spiegato in dettaglio a Raelle. Per lei, ciò che era accaduto dentro all'Arena era stato come un lungo e brutto sogno.

«Bevila piano. E' bollente.»

Raelle percepì che l'altra sorrideva. Le venne spontaneo sorridere a sua volta e guardarla. Ritornò alla tazza e diede un altro piccolo sorso.

Seguì un lungo - insolito, trovò Raelle - silenzio.

Scylla diede un colpetto di tosse con le labbra chiuse.

«Credo che sia arrivato il momento di dirtelo» disse finalmente. Era palese che qualcosa le passasse per la testa. Raelle trattenne il fiato.

«E' da quando ti ho rivista nella radura l'ultimo giorno, che ci penso. Avrei voluto chiedertelo allora, ma non mi sembrava il caso. Eri stremata e sconvolta. Volevo che stessi bene, insomma. E se adesso è troppo presto, qualunque momento diventerà troppo tardi, e io impazzirò di sicuro nel frattempo.»

Ci girava intorno. Raelle cercò di bere un altro sorso e ci riuscì solo in maniera piuttosto goffa, evitando si scottarsi per un pelo.

Dalla tasca Scylla estrasse un sacchetto bianco. Ne tirò fuori un anello d'oro con un minuscolo diamante trasparente.

«Raelle. Vuoi sposarmi?»

   
 
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