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Autore: CervodiFuoco    02/02/2023    1 recensioni
[Willow]
[Willow]La storia racconta del ritorno a Tir Asleen dei membri della compagnia di avventurieri protagonisti della prima stagione della serie TV "Willow". La regina Sorsha decide di indire una settimana di festeggiamenti con giochi, musica e cibarie, i cui protagonisti saranno proprio quelli della serie stessa. Esploro sia il lato spassoso dell'avvenimento, sia quello psicologico che per ogni personaggio può significare il "tornare a casa" dopo l'avventura vissuta, il tutto ricreando la stessa atmosfera leggera, ironica ma avventurosa della serie, con la speranza di divertire ma anche trasmettere qualcosa di speciale. Buona lettura!
Genere: Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Uno spettacolo memorabile


 

Dopo il discorso mattutino ci si era spostati al di fuori dell’arena, in una piazza dove era stato allestito un sontuoso e immenso banchetto di una dozzina di lunghi tavoli, con cibarie e bevande di ogni tipo. Già solo quello rispecchiava quanto detto da Jade poco prima: gli allucinanti preparativi per l’evento. Un altro tavolo ad un capo del banchetto era stato disposto in modo diverso e là sedeva la compagnia di avventurieri, assieme alla regina e ad alcuni membri della corte e della guardia reale. Tutti mangiarono a sazietà e godettero di buona musica.

Poi, alla seconda ora dopo il mezzogiorno, si fece ritorno nell’arena. Era stata preparata nel frattempo la postazione dove si sarebbe svolta la prima prova: il Taglio del Ceppo.

Già di per sé il nome era curioso e praticamente tutti (ad eccezione di Boorman) avevano chiesto delucidazioni. Si trattava di una prova di forza, ma non solo: anche di abilità, precisione e concentrazione. Il gioco consisteva nello spaccare a metà un grosso ceppo d’albero nel minor tempo possibile e con meno colpi; vinceva chi ci sarebbe riuscito più in fretta, o avesse dimostrato particolari capacità. Tuttavia il pubblico giocava un ruolo chiave nei giochi: era stato deciso che disponesse di un ampio margine di coinvolgimento nella valutazione del vincitore, dunque non contava soltanto la riuscita di per sé del gioco, bensì anche il come. Doveva entusiasmare, dare spettacolo e coinvolgere chi guardava.

Quello che si era lamentato di più del Taglio del Ceppo era Graydon, che non ci vedeva niente di divertente, ma quasi tutti lo zittirono accusandolo di dire così solo perché era chiaro che non avesse nessuna voglia di mettersi a spaccare legna. Ben presto però avrebbe cambiato idea anche lui.

Fra gli altri invece era già scattata la competizione.

Fu Willow a raffreddare i bollenti spiriti. Apparve loro quando si trovavano seduti dentro la tenda montata a separare lo spazio del gioco da quello dei partecipanti, intenti a concentrarsi, affilare le asce – o le spade – e assumere un atteggiamento di sfida e velato scherno giocoso gli uni con gli altri.

Il Nelwyn apparve con un’aria tutt’altro che rassicurante in volto. Quel sopracciglio là non prometteva niente di buono.

«Oh-ho» fece Jade, intuendolo.

«Non fare quella faccia» lo avvisò Boorman.

«Perché? Perché?» disse Graydon, picchiettandosi una coscia col flauto.

«State tranquilli, amici miei» tentò di rassicurarli Willow, camminando fino a porsi davanti a loro in modo che potessero vederlo bene. «Innanzitutto voglio augurarvi buona fortuna. So che farete grandi cose in questi giorni di giochi, e mi sono impegnato affinché ognuno di voi possa dare il meglio e divertirsi.»

Graydon esalò un altro sospiro e fece ciondolare la testa fra le spalle.

«Come sapete io non posso fisicamente competere con voi. Per ovvi motivi, mi auguro.» Willow passò in rassegna le loro facce una ad una, serio. «Ma voglio divertirmi anch’io, e con Sorsha abbiamo ideato qualche piccolo… stratagemma, affinché possa collaborare ai giochi e allo stesso tempo offrire a voi e al pubblico di Tir Asleen uno spettacolo… memorabile.»

«Aggettivo interessante» bisbigliò Elora, che teneva incrociate strette le dita delle mani sopra alle ginocchia saltellanti.

Willow strinse lo scettro con entrambe le mani. «Non dovete fare altro che andare là fuori e spassarvela, ragazzi.»

«Aspetta, aspetta» intervenne tempestivo Boorman. Si era sciolto e unto capelli e barba, ed era intento a farlo anche con spalle e braccia, visibili fuori dalla casacca smanicata di tela che aveva indossato; ora però si era interrotto. «Tutto qui? Non ci dici nient’altro? Tipo, che ne so… quando appare quella luce sfolgorante che sembrerà volerti uccidere, tu salta a destra! O… se vuoi vincere, non fare questo e quello.» Tirò su col naso.

Kit si limitava ad affilare la sua ascia in silenzio, sebbene il suo sguardo saltasse qua e là in cerca di chi stesse parlando.

Willow strinse le labbra e corrugò la fronte in un modo che non piacque a nessuno.

«Ho aggiunto ad ogni prova trucchetti e trabocchetti magici, specificatamente ideati per ognuno di voi. Non si tratta di nulla di offensivo o pericoloso» aggiunse, una mano aperta verso Boorman che stavolta stava alzandosi per davvero dalla panca. «Innocue illusioni… manifestazioni elementali… roba simile.»

Quando disse roba simile, Willow si soffermò, forse inconsciamente o forse no, su Elora. La quale colse immediatamente: rilassò le spalle e mise su un ghignetto inquietante, guardando in tralice Graydon che le sedeva vicino.

«Avanti, Willow!» esclamò gioviale Airk, all’estremità della panca, di lato a Boorman. «Amico, stai scherzando? Abbiamo viaggiato per mesi insieme, attraversato il Mare Infranto e le boscaglie, montagne e valichi, pianure sconfinate… abbiamo dormito assieme sotto le stelle!» (Boorman gli rifilò un’occhiata storta.) «Dacci un aiutino. Piccolo piccolo!»

Kit stava scuotendo la testa, intimamente divertita. Jade lo notò e ne venne contagiata.

Graydon era ancora ingobbito e depresso, forse ancor più di prima. Boorman, invece, stringeva i pugni sulle gambe come se già tenesse fra le mani il suo spadone, al momento adagiato a terra.

Willow mollò un lungo sospiro e si spostò per raggiungere Airk. Tok, tok, tok, lo scettro picchiettò il terreno asciutto e sabbioso dell’arena.

«No» disse, allargando fra le gote un sorriso da mettere i brividi. Tutti raggelarono (e Airk sembrò colpito da un pugnale alle spalle, a giudicare da come i suoi muscoli facciali si contrassero). «Date il meglio di voi, mi raccomando! Io vi guarderò dalla tribuna assieme a Sorsha.» Il Nelwin diede le spalle alla compagnia, pronto a scostare il tendaggio. «Ah! Chi di voi ne è capace, può usare la magia, ovviamente.» E scomparve.

«Odio quando fa così» grugnì Boorman.

 

 

Era stato deciso (non si sa bene da chi) che i concorrenti si sarebbero esibiti seguendo un ordine alfabetico. Quindi toccò a Airk affrontare la prova per primo.

«Vi preoccupate troppo, ragazzi» affermò il principe, sicuro di sé, sulla soglia della tenda chiusa. Reggeva una grossa ascia nel palmo della mano, che aveva fatto roteare abilmente così tante volte che tutti avevano capito quanto fosse capace di maneggiarla. «Dimenticate che è il pubblico che dovete far scatenare, non Willow. E poi, guardate il lato buono della medaglia. Il peggio che può succedere è che non vinciate! Ma tanto abbiamo già vinto, ricordate? Queste prove non hanno importanza. Godiamocele!» Fece l’occhiolino, poi diede una spallata di lato e oltrepassò la soglia con grinta.

Un boato spaventoso lo accolse fuori, assieme a tamburi roboanti e squilli di trombe.

«La fa facile, lui.» Elora si umettò le labbra e strinse le braccia al petto. «Ha l’intera Tir Asleen che fa il tifo per lui.»

«Non è giusto» protestò Graydon. «Lui è il principe, non dovrebbe partecipare.»

«Lo stesso dovrebbe valere anche per Kit, allora» disse Jade, penetrante.

«Beh...»

La principessa si alzò in piedi, l’ascia in pugno. «Sentite, perché non ci diamo un taglio e pensiamo solo a divertirci, come ci stanno dicendo tutti?»

Nella tenda calò il silenzio. Tamburi e trombe si erano azzittiti e nell’arena regnava il brusio palpitante della folla, che andava e veniva a seguire di chissà quale evento scatenato da Airk.

«Tanto non ci costa niente! E poi, come ha detto Willow, non è nulla di pericoloso. Dovremmo approfittare di questa cosa per rilassarci davvero… » Kit misurò l’interno della tenda ad ampi passi, sbattendo le palpebre. Non sembrava per nulla rilassata. «E’ la prima volta che ci siamo riuniti da quando siamo tornati a casa. Forse può avere un effetto terapeutico.» Si fermò. «Che ne dite?»

«Io dico che hai ragione» le fece eco Jade.

Tutti gli altri la guardarono come a dire ma dai?

«Non hai tutti i torti» ammise Boorman, che aveva piantato le mani sui ginocchi per alzarsi in piedi a sua volta. Aveva finito di ungersi le braccia. Probabilmente avrebbe fatto cadere ai suoi piedi un buon numero di donne una volta fuori, come da piani. «Massì. Facciamolo e basta. Chissene frega!»

«Graydon… hai sentito Willow.» Elora premette una mano sul braccio del ragazzo. «Possiamo usare la magia. Possiamo fare quel che ci pare.» E, sottovoce: «La vittoria è già nostra, capisci? Questi tontoloni con la forza bruta non ci raggiungeranno mai.» Gli sorrise.

E Graydon ricambiò, illuminatosi. Annuì.

OOOOOOOHHH!

Un’esplosione, e gli spettatori dell’arena a loro volta esplosi in un’ovazione. Le trombe suonarono. Applausi.

«Cosa sarà successo?» disse Graydon.

«Io di certo non verrò a dirvelo, dopo» fece Boorman. Toccava a lui. Estrasse dal fodero sulla schiena il suo spadone e uscì a passo di marcia.

 

 

Fu un’attesa snervante. Nella tenda si parlava sempre meno e al contrario si cercava di capire cosa stesse effettivamente accadendo durante la prova. Ma da lì dentro non era facile.

Boorman finì abbastanza in fretta, acclamato da sostanziose urla. Dopo di lui venne il turno di Elora, che uscì cercando di apparire spavalda, ma dal modo in cui le tremavano le mani fu chiaro che non lo era.

«E’ la prima volta che vive una cosa del genere… l’arena, e tutta Tir Asleen davanti a lei. Dalle stalle alle stelle, capite» commentò a mezza voce Graydon, braccia al petto e gambe stiracchiate.

«Quel che hai detto è estremamente sgarbato, Graydon» lo rimbeccò Kit.

Quello deglutì. «Lo so. Scusate. Me ne sono accorto dopo.» Ficcò la testa tra le spalle e ponderò. «E’ che sono preoccupato per lei. Il popolo adesso sa che lei è Elora Danan. Si aspetterà che faccia chissà che… ma Elora è come noi. Ok, è la prescelta e tutto. Però…»

Jade e Kit lo ascoltavano. «Non lo so. Mi sembra un po’ troppo sotto pressione.»

«Tocca a te» disse Jade con un sorriso felino, indicando a Graydon con un cenno del capo l’uscita della tenda. L’ennesimo scroscio di applausi, tambureggiamenti e strombazzate stava annunciando il termine della prova di Elora.

«Oh! Di già?» Graydon lasciò la tenda dritto come un palo, il flauto stretto nel pugno.

«Quest’attesa è snervante» si lamentò Kit, che si era abbandonata sulla panca. Rimanevano soltanto lei e Jade.

La rossa andò a sederlesi vicino e prese la sua mano fra le sue. «Sei preoccupata?»

«No» rispose Kit con semplicità.

Jade cercò di guardarla negli occhi. «Non ti credo.»

«Perché no?»

«Perché tutte le volte che pensi di essere a posto o di essere pronta per qualcosa, in realtà non lo sei mai.»

«Ehi!» Kit aggrottò le sopracciglia. «Non è vero.»

«Forse.» Jade sorrise. Alla fine anche l’altra lo fece, un po’ in ritardo. E alla fine si ritrovarono a ridere assieme.

«Non so che farei, se non avessi te al mio fianco» sussurrò Kit. «Se non ti avessi avuta al mio fianco… da sempre.»

«Adesso non abbiamo tempo per queste cose, Kit» scherzò Jade. «Fra poco devo andare.»

«Fra poco» ripeté la principessa. «Non adesso...»

E invece toccava a Jade proprio adesso. Il miscuglio ormai divenuto famigliare di strumenti musicali miscelati a urla del pubblico s’intromise nella loro conversazione.

Con un mugugno e un sospiro, la rossa si alzò e lasciò la tenda.

 

 

Così come i turni dei precedenti quattro membri della compagnia, anche quello di Jade durò poco.

Durante la breve attesa Kit si era tolta la casacca e il bustino, restando solo in fasciatura al petto ben stretta, pantaloni scuri e stivali. Aveva i capelli un po’ sudati (nella tenda faceva troppo caldo) e quindi continuava a tirarseli indietro con le mani di modo che non dessero fastidio durante l’esibizione. Era intenta a compiere qualche serie di respirazioni per tranquillizzarsi, seduta e con le mani posate sull’ascia tenuta in grembo.

Pepperepéeeee! Pummm, Pummm, Pupuummmm!

Il pubblico strillò come un’unica creatura.

Era il suo momento. Si alzò e andò dritta all’uscita, scostò i lembi di stoffa e fu nella luce.

Accecata, Kit strizzò gli occhi per guardarsi attorno, mentre i suoi piedi andavano avanti da soli pestando il suolo sabbioso dell’arena. Gli abitanti di Tir Asleen sembravano tutti lì, seduti a riempire ogni singolo spazio disponibile sugli spalti. Facevano un chiasso tremendo. Dal cielo cadevano dei coriandoli colorati; confusa, Kit ne cercò la fonte, ma non riuscì a trovarla.

Là in alto risiedeva la postazione dove qualche ora prima era stata anche lei; adesso vi facevano capolino sua mamma e Willow, accomodati su due scranni. Sembravano rilassati e felici.

Lei invece stava impazzendo. Aveva atteso fino a quel momento e aveva dovuto sorbirsi i piagnistei e le chiacchiere degli altri nella tenda. Avrebbe preferito farlo subito e basta.

Al centro preciso dell’arena c’era un piccolo palco in legno con quattro bandierine immacolate agli angoli. Al di sopra era stata sistemata la sezione del tronco di un albero che aveva dovuto essere bello grosso; di sicuro non sarebbe stato come spaccare allegramente la legna per il fuoco, perché quel coso era gigantesco e appariva duro come pietra.

E davanti al ceppo c’era Jade.

«Perché sei ancora qui?» le mormorò Kit una volta vicina. L’altra aveva seguito i suoi movimenti immobile, senza aprir bocca.

Niente. Jade non rispose. La guardava con… gli occhi lucidi?

«Jade… che c’è?» chiede allarmata Kit.

«Non devi farlo, se non vuoi, Kit» sospirò l’altra. «Torna nella tenda e lascia stare. Non ne vale la pena. Davvero.»

Sconcertata, Kit si lasciò scivolare l’ascia di mano senza pensarci due volte e cercò il viso della compagna. Lo toccò.

«Che cosa stai dicendo? Perché dici questo? Cosa ti è successo?»

Una lacrima scese lungo la guancia di Jade. Scosse debolmente il capo. Appariva devastata ed esterrefatta. «Ho fatto una figura orribile. Adesso tutta Tir Asleen non crederà mai più in me. Non potrò più essere cavaliere.»

Non esisteva più niente. L’arena gremita di occhi puntati su di loro e le bocche urlanti; Sorsha e Willow là in alto. Niente. Solo lei e Jade.

Kit non sapeva cosa dire. Possibile che l’esibizione di Jade fosse andata così male? Che avesse potuto distruggerla a tal punto?

E poi, come un batterio, un’intuizione le si insinuò nella mente.

Non è vero.

Kit tolse le mani dalle guance della rossa. Immediatamente si mise alla ricerca della vera Jade nei dintorni: di lato, avanti, indietro. Ma lo spiazzo dell’arena era vuoto, ad eccezione di loro due, il palco e la tenda.

«Tu sei un’illusione di Willow» dichiarò freddamente, piantando gli occhi in quelli dell’apparente Jade che aveva davanti. «Vero?»

Vi fu un momento interminabile durante il quale la ragazza lentigginosa coi capelli rossi ricambiò il suo sguardo, continuando a piangere e trattenendo i singhiozzi. Poi il pianto cessò. S’irrigidì e divenne glaciale. Infine, un minuscolo angolo delle sue labbra s’arricciò.

«Ottimo, Kit» disse. Con la voce di Willow.

E scomparve.

Furibonda, Kit riacciuffò l’ascia e raggiunse il ceppo come una nuvola tempestosa.

«Te la do io l’illusione adesso, piccolo… perfido… » Digrignò i denti e s’impose di non guardare in alto, laddove sedeva Willow in tribuna. Se lo avesse fatto, si sarebbe di certo fatta sfuggire di bocca qualche parola di cui in futuro si sarebbe pentita.

«AAAAAAAAGH!» Ruggendo di rabbia, sollevò l’ascia sopra la testa e poi la fece calare sul ceppo, gli occhi quasi fuori dalle orbite, i muscoli dell’intero torso gonfi per lo sforzo e già madidi di sudore a causa dell’interminabile attesa nella tenda.

La lama affilata e robusta dell’ascia che aveva preso in armeria, una delle sue preferite, s’infilò nel legno compatto del ceppo come fosse burro. Lo aprì a metà di netto con un crrrriack.

Non appena ciò accadde, dal punto dell’impatto proruppero lingue di fiamma. Prima esplosero come un fuoco d’artificio, poi s’innalzarono verso il cielo di almeno una decina di metri. Assunsero l’aspetto di teste di drago a fauci spalancate e crepitarono rumorosissime.

Spaventata, Kit barcollò e cadde indietro. Si controllò i vestiti: non bruciavano.

La folla era fuori di testa. I trombettisti schierati chissà dove soffiavano e gli addetti ai tamburi pestavano i martelli. Kit avvertì le vibrazioni musicali nella cassa toracica, dove il cuore batteva all’impazzata.

Mentre si tirava su, Sorsha e Willow si erano alzati dagli scranni ed affacciati, pieni di gioia. Entrambi le stavano indicando un punto dell’arena: Kit guardò da quella parte e vide una porta in legno aprirsi su una rampa di scale. D’istinto i suoi occhi salirono verso l’alto… Eccoli là, Airk, Boorman, Elora, Graydon e Jade. Seduti fra gli spettatori ad una postazione riservata ricca di festoni variopinti. Avevano tutta l’aria di starsela spassando alla grande.

   
 
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