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Autore: Mnemosine__    11/02/2023    1 recensioni
"Al papà non piacciono molto le medicine." Mugugnò Morgan. "Starà bene anche senza?"
Peter sospirò. "Temo di no ma... sai – potremmo mascherarle – possiamo infilare le pastiglie e gli sciroppi dove... dove non se li aspetterebbe mai, che dici?" cercò di sorridere.
"Mettiamoli nei ghiacciol... – ouch!" Morgan strinse entrambi i cordoncini della felpa con le mani, tirandoli davanti al viso e stringendo il cappuccio intorno alla testa, scompigliandosi i capelli.
Peter sorrise, stringendo le labbra per non ridacchiare e si affrettò ad aprire il cappuccio e riposizionarlo sulla schiena della bambina, cercando poi di appiattire e sistemarle i capelli sulla testa. "Direi che è un'ottima idea, così lo inganneremo di sicuro."
Missing moments di "Di ritorni ed attacchi di panico"
[What if post endgame]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Famiglia'
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Uova e formaggio bruciato 


Peter non l’avrebbe mai detto. Ma entrare nella grande cucina al piano di sopra per fare colazione insieme a tutti i più grandi super-eroi dell’universo fu quasi confortante.
Aveva passato l’ultima ora nell’ambulatorio per fare le analisi del sangue, misurare la pressione e tante altre cose che l’infermiere, che si chiamava Jhon, tra parentesi, gli aveva anche spiegato, ma a cui lui non aveva prestato molta attenzione in quanto era concentrato ad ascoltare di quando il signor Steve e il signor Barnes avevano marinato la scuola per andare al circo.
Avere il grande Captain America al proprio fianco, a tenergli compagnia, lo faceva sentire al sicuro. Innanzitutto, perché era il grande Captain America. Ma anche perché era una persona calma, rassicurante e tranquilla. Peter non aveva ben chiaro il motivo per cui Steve Rogers si fosse offerto di tenergli compagnia in quel momento, ma era felice che il capitano fosse lì con lui.
Si era stupito di sé stesso, addirittura, per il solo fatto di aver smesso di balbettare dopo solamente mezz’ora di conversazione con il capitano.

Finiti i controlli e dopo che l’infermiere Jhon gli aveva assicurato che fisicamente stava bene, Peter e il signor Rogers si erano diretti verso le scale che portavano al piano superiore.
Ancora prima di mettere piede in cucina, Peter aveva sentito odore di casa, il che voleva dire odore di uova e formaggio bruciato, ma per lui quello era il profumo più buono del mondo.
Passata la porta, Peter si guardò intorno, stringendo i pantaloni del pigiama tra le dita.
La sala da pranzo era abbastanza grande da ospitare un lungo tavolo, una decina di sedie per lato, su cui molti degli eroi che aveva visto la sera precedente erano ora seduti a fare colazione. Solamente Wanda Maximoff dava le spalle all’insolito gruppo, era in piedi, intenta a sorseggiare da una tazza e stava  appoggiata alla grande finestra.
Sulla sinistra, erano seduti i Guardiani insieme a Carol Danvers, mentre il signor Barnes e Sam Wilson si erano sistemati al centro insieme a T’challa, Pepper e Morgan. In fondo alla stanza, Peter vide zia May, il signor Rhodes ed Happy vicini ai fornelli, mentre giravano le i pancake sulla padella.

“Petey!” Gridò Morgan appena lo vide, sorridente. Peter vide la bambina rovesciare il bicchiere di latte mentre spingeva la sedia all’indietro per poi correre verso di lui.
Il grido della bambina fece voltare molte delle persone a tavola verso di lui e Peter si sentì sommerso dai “Buongiorno” e “Stai bene?”. Cercò di non arrossire a causa di tutti quegli sguardi rivolti verso di sé, non gli piaceva stare al centro dell’attenzione senza maschera. Peter Parker era un ragazzo del Queens. Spieder-man era quello che ci sapeva fare con le persone. Più o meno. Beh, almeno quando era Spider-man aveva la maschera.
“Ehi, Morgan.” La salutò, mentre la piccola gli abbracciava le gambe. “Sto bene.” Assicurò rivolto agli adulti che avevano assistito al suo attacco di panico di quella mattina.
Captain America li sorpassò, non prima di aver appoggiato una mano sulla spalla di Spider-man ed avergli sorriso incoraggiante, e si diresse verso la sedia libera vicino al signor Barnes. “Sarebbe meglio evitare altri fonti di stress per un po’, però.” Ribadì agli altri quello che Jhon gli aveva ripetuto almeno sei o sette volte nell’ultima ora.
“Zia May ha fatto le uova! Dice che sono le tue preferite!” raccontò la bambina, stringendo la mano di Peter e tirandolo verso gli altri. “Sono buonissime.” Decretò.
“Lo so, le uova di May sono le migliori.” Peter si fece guidare fino al posto che la piccola Stark aveva tenuto per lui, rigorosamente di fianco alla sua sedia.

Mentre prendeva posto vicino alla bambina, spostò lo sguardo verso Pepper. Un livido violaceo era comparso sul polso della donna e Peter riusciva quasi a distinguere il segno delle dita sulla pelle. Probabilmente la stava guardando un po’ troppo esplicitamente, perché la signora Stark cercò di nascondere il segno con l’altra mano. “Peter, non è successo nulla. Davvero.” Disse.
“Non è vero. È colpa mia. Mi dispiace tanto, signora Stark.” Peter scosse la testa.
“Pepper.” Lo corresse lei. “Andrà via in un paio di giorni. Non è niente di grave, Pete.” ripeté la donna, mentre gli sorrideva incoraggiante.
“È viola.” Ribatté lui. “E gonfio.” 
“Niente che un po’ di ghiaccio e crema non possano sistemare”. Disse zia May alle spalle di Pepper, mentre posava davanti a Peter un piatto pieno di uova e formaggio.

“Mamma dice che hai preso paura perché hai fatto un incubo.” Disse Morgan. “Cosa hai sognato?” chiese.
Peter sobbalzò sul posto e smise di masticare le uova che si era appena portato alla bocca.
Rivivere quel momento, riprovare la sensazione di gelo e di terrore che aveva vissuto su Titano non era stato piacevole, anzi. Aveva sentito tutto, per la seconda volta, come se lo stesse vivendo di nuovo sulla propria pelle. I pezzi di sé che si volatilizzavano nell’aria, che si staccavano dal suo corpo e sparivano nel nulla, quell’orribile e spaventosa sensazione di morte imminente.
Era rimasto passivo, lassù, mentre spariva.
E il signor Stark, impotente, lo aveva visto morire. Lo aveva visto dissolversi nell’aria.
Non si era potuto opporre alla immensa forza delle gemme.
Spider-man deglutì. Non poteva raccontarlo a Morgan.
Con la coda dell’occhio vide che Steve e i due soldati con cui stava chiacchierando smisero improvvisamente di parlare, attenti al discorso della bambina. 

Darth Vader mi trafiggeva con la sua spada laser.” Mentì, mimando il gesto con il pugno chiuso verso il petto della più piccola. “Facevo parte della Resistenza e mi ero infiltrato nella Morte Nera. Ma lui mi ha scoperto e poi ha sguainato la spada!” raccontò. Zia May si morse un labbro, stringendo a sé il vassoio che aveva in mano, mentre Pepper intrecciò le dita delle mani appoggiate sul tavolo.
Peter vide anche Sam annuire, dall’altro lato del tavolo, verso il signor Rogers, dopo che il Capitano lo aveva indicato a Falcon con un cenno della testa.
Morgan guardò la mano di Peter, chiusa vicino al suo cuoricino. “Cos’è una spada laser?” chiese.
La bocca del più grande si aprì, mentre lui alzava le sopracciglia. “Come, cos’è una spada laser?” Le fece eco Spider-man, dimenticandosi per un momento della precedente domanda. “Non hai mai visto Star Wars?”
“Cos’è Star Wars?” chiese ancora Morgan, con occhi curiosi.
Peter non credeva alle sue orecchie. Morgan Stark non aveva mai visto uno delle migliori serie cinematografiche di tutti i tempi? Come aveva potuto il Signor Stark non averglielo mai mostrato? Dopo tutte le volte che avevano visto insieme L’impero colpisce ancora sugli schermi del laboratorio del vecchio Complesso.
Peter si girò verso Pepper, incredulo. “Mai visto? Come fa a non averlo mai visto?”
La donna balbettò, in evidente difficoltà “Non – Morgan ha cinque anni. E – quello non è proprio un cartone animato, non – non lo abbiamo mai guardato.”
“Oddio. Oddio. Questo sì, che è un problema. Cavolo.” Disse Peter, alternando lo sguardo tra le due Stark. “Dobbiamo assolutamente rimediare a questo problema, Morgan. Non è possibile che tu non sappia cosa sia Star Wars. È – è tipo il – è una cosa pazzesca.”

“Cosa è una cosa pazzesca, ragazzo-ragno?”
Peter si voltò di scatto, per assistere all’entrata del dio del tuono in tutta la sua possenza. Non indossava più l’armatura, al suo posto aveva un cappellino da baseball, gli occhiali da sole, una felpa rossa scolorita e che probabilmente avrebbe avuto bisogno di una bella lavata, un paio di pantaloni della tuta e… erano crocs verdi, quelle che Thor indossava?
“Un – ahem – un film. Cioè, una serie di film. Sullo spazio. Fantascienza.” Balbettò, mentre Thor lo raggiungeva e si allungava sul tavolo per prendere un pancake. “Ottimo. Ci vorrebbe un bel film. Per rallegrare gli animi dopo la battaglia.”
Peter aprì e chiuse la bocca un paio di volte, mentre dall’altra parte del tavolo qualcuno, forse Rocket aggiungeva “E una doccia.” mescolato ad un colpo di tosse.
“Naah, sto benissimo. Allora? Questo film?” chiese il dio addentando un secondo pancake.
Seguì qualche secondo si silenzio, mentre gli adulti alternavano lo sguardo tra i più piccoli e il dio norreno.

“Star Wars. È sulla mia lista.” Prese la parola Steve, mentre Falcon  rifilava un calcio al signor Barnes da sotto il tavolo. “Nemmeno io l’ho mai – visto. Piantala!”
“È come Footloose?”
“Ma perché ti sei fissato con quel Footloose?” 
“Perché è il miglior film di tutti i tempi, imbecille.” Star Lord voltò la propria sedia verso la televisione appesa alla parete.
“Accendo la tv.” Disse Happy poggiando un altro piatto pieno di pancake il mezzo al tavolo.
“Noi giriamo le sedie.” Lo seguì Rhody.
“Portate i pancake!” aggiunse qualcuno, nel mormorio che si era creato tra gli eroi che, indaffarati, stavano muovendo le sedie e i tavoli per riuscire a fare in modo che tutti avessero una buona visuale della televisione.

Peter non credeva ai suoi occhi e, probabilmente, se qualcuno gli avesse detto la settimana prima che la cosa più assurda che gli sarebbe mai capitata sarebbe stata fare colazione con uova e pancake con gli Avengers, in pigiama, davanti ad Una nuova speranza – e nella lista di cose assurde degli ultimi due giorni c’erano: il viaggio nello spazio, l’essersi dissolto e ricomposto nel giro di pochi minuti, un’assurda battaglia contro degli alieni che avevano viaggiato nel tempo – mentre cercava di spiegare chi fossero i vari personaggi, non ci avrebbe creduto.
Eppure era lì, seduto su un cuscino, tra Morgan e il signor Barnes, mentre sullo schermo C-3PO veniva riparato da Chewbecca.
Si allungò quando il signor Barnes gli fece segno di passargli il piatto di bacon che Morgan aveva appoggiato davanti a lei e diede al soldato la pancetta rimasta. L’uomo lo accetto e prese il pancake con la mano di vibranio, per poi portarselo alla bocca, soddisfatto.  
Peter tornò a guardare il film, ma poi si bloccò e batté gli occhi un paio di volte, concentrato sui pezzi del droide dorato, mentre il Wookiee sistemava i cavi per poter riattaccare tutti i pezzi di metallo al corpo del suo amico.

Guardò alla propria destra, mentre l’ex Soldato d’inverno seguiva con concentrazione i personaggi in televisione. Si girò verso la seconda fila, dove il re del Wakanda guardava il film a braccia conserte.
Peter deglutì, guardando la collana della Pantera nera, i cui ciondoli contenevano i piccoli nano bot di vibranio della tuta.
“Signor Barnes, posso…” si decise a sussurrare verso il soldato al suo fianco.

Si bloccò, quando il senso di ragno si accese improvvisamente e gli indicò la porta del corridoio che dava sulle scale. Tre secondi dopo, Hulk spalancò la porta e si precipitò nella stanza, seguito da una stanca dottoressa Cho, la principessa Shuri e il signor dottor Strange.
“Ce l’abbiamo fatta!” annunciò, per poi bloccarsi dopo aver superato l’ingresso, mentre fissava il gruppo ammucchiato davanti alla televisione. “Mi sono perso qualcosa?”
Il dottor Banner non ottenne risposta, perché venne immediatamente attaccato da un coro di domande, con le voci che si facevano via via più forti e insistenti per riuscire a prevalere sulle altre.
“Papà è vivo?”
 Peter, così come tutti, si zittì all’improvviso, aspettando una risposta alla domanda della più piccola.
“L’operazione è stata un successo, ma ci vorrà del tempo per la ripresa.” Rispose Stange.
Peter notò l’espressione della principessa, che intanto si era avvicinata insieme alla dottoressa Cho al tavolo su cui erano rimaste le ultime uova e la spremuta. Vide la signorina Danvers allungarsi verso il telecomando lasciato vicino alla caraffa di caffè per poter spegnere la televisione e ascoltare i medici senza alcuna distrazione.
“Sta dormendo, ora. I tessuti della spalla si devono cicatrizzare ed è comunque stato un grande stress per il corpo di Tony.” Aggiunse la dottoressa mentre prendeva posto su una sedia.

Peter deglutì, sentendo improvvisamente gli occhi pizzicare. Il signor Stark era vivo. Ce l’avevano fatta. Lo avevano salvato.
Dietro di lui, si alzarono un gran numero di sospiri, frasi di felicitazioni, pacche sulle spalle e una serie di abbracci felici. In un momento la grande cappa di ansia e paura per la vita di Tony Stark, fino a quel momento appesa ad un filo, si volatilizzò. Peter sentì solo in quel momento di riuscire a tornare a respirare serenamente, senza fatica e in modo automatico.
“Possiamo vederlo?” chiese Pepper, mentre si stringeva le mani al petto.
“Solo la famiglia. Dieci minuti.” Acconsentì Strange, annuendo verso la donna.
“Mezz’ora.” Lo corresse la dottoressa Cho “Tre alla volta.”

Peter si sorprese quando quel groppo in gola che non lo aveva lasciato dal primo attacco di panico che aveva avuto era rimasto lì, latente, a ricordargli che qualcosa poteva ancora accadere. Sentì la mano di Morgan stringere la sua, mentre la bambina saltava verso di lui stringendogli le braccia attorno al collo, dicendogli quanto era felice che il loro papà fosse vivo.
Peter si schiarì la voce, cercando di sovrastare le parole degli altri. Guardò il dottor Banner, che si era accomodato su una sedia più resistente delle altre, mentre si serviva le ultime uova in una grande insalatiera. Girò la testa verso il mago, che si era avvicinato alla strega scarlatta.
“Morgan, aspetta un momento che – che ne dici se mi alzo… alziamoci un secondo.” Balbettò, stringendo a sé la piccola per riuscire ad alzarsi in piedi. “Ok, fratellone. Poi andiamo a vedere papà?”
“Certo. Sì. Un – un momento.” Tony stava bene, era vivo. Tutti stavano festeggiando. E allora perché il senso di ragno non gli dava tregua?
“Dottor Banner.” Chiamò Peter, mentre sistemava la bambina tra le braccia.
Hulk alzò la testa verso di loro, cercando di sorridergli. “Sta bene? Voglio dire…” si bloccò, guardando Shuri ed Ellen Cho, visibilmente esauste, sbocconcellare quello che era rimasto della colazione. “È tutto ok?”
“È stato un lavoro lungo, siamo solo stanchi. Ma il tuo papà” rispose Hulk rivolgendosi a Morgan “È ancora vivo.”

La piccola ridacchiò felice, tra le braccia di Spider-man. “Posso portargli il mio nuovo disegno?” chiese, mentre indicava il foglio lasciato sul tavolo quella mattina. Shuri si allungò per prenderlo e porgerlo alla bambina. “Wow, qui abbiamo una futura artista.”
“È Iron-Man?” chiese il re pantera.
“È papà.” Lo corresse Morgan. “E voliamo con la mamma e Petey nel cielo perché quando avrò una tuta tutta mia potremo volare tutti quanti insieme.” Sentenziò.
“Che ne dici di volare di sopra e appendere il disegno nella camera di papà?”. Chiese Pepper, porgendo la felpa alla bambina.
Morgan si dimenò e Peter la fece scivolare a terra. “Lo mettiamo davanti. Così è la prima cosa che vede quando si sveglia.”
“D’accordo.” Le sorrise Pepper, tendendole la mano. “Peter, vieni con noi?”

Sussultò, quando sentì chiamare il proprio nome. Si voltò, lentamente, non certo che Pepper stesse parlando proprio con lui.
Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi della signora Stark, che lo guardava, in attesa. Indicò la porta verso l’ascensore con il capo. “Non vuoi venire?”
Peter sentì un’ondata di nausea minacciare di fargli rimettere la colazione che si era concesso quella mattina. All’improvviso si sentì la lingua di cemento, impossibilitato dal poterla muovere. Lui, poteva andare? Strange aveva decretato che solo la famiglia poteva far visita al signor Stark. E lui non faceva parte di quella famiglia. Era uno stagista.  
“Petey?” lo chiamò Morgan. “Non vieni a vedere papà?”
Peter deglutì, certo che se avesse provato a dire qualcosa non sarebbe uscito nulla dalle sue labbra.
“Non…” Guardò Rhody ed Happy. “Non volete andare prima voi?” chiese, con la lingua impastata.
Vide i due scambiarsi uno sguardo deciso, per poi scuotere il capo. “Vai con loro, ragazzino.”

Non riusciva a capire, Peter, cosa fosse successo in quei cinque anni di nulla che, per lui, non erano stati altro che pochi attimi, per far sì che la famiglia Stark al completo – Rhody ed Happy compresi – lo considerassero parte integrante del gruppo.
L’ultima volta che aveva visto Pepper, a cena insieme al signor Stark e zia May, lei era stata gentile; Peter, però, era sicuro che negli occhi della donna, prima, non ci fosse l’affetto che aveva visto rivolgergli nelle ultime ore. Pepper, come anche il colonnello Rhodes ed Happy, lo avevano guardato in modo diverso per tutto il tempo che aveva passato lì. Si erano rivolti a lui con una tale premura che, davvero, Peter non riusciva a comprendere. Lui era solo un amichevole Spider-man di quartiere.
E poi c’era Morgan. La bambina, i pochi momenti in cui Peter se n’era accorto, lo guardava con entusiasmo, oltre che con timore. Ma, Peter lo aveva visto, non era un timore pauroso, il suo, sembrava quasi che Morgan lo guardasse come lui era certo di guardare Tony. L’espressione carica di aspettative della bambina sembrava riflettere lo stesso sguardo che Peter rivolgeva al Signor Stark ogni volta che aveva paura di deluderlo.
“Ma tu sei il mio fratellone. Andiamo!” decretò Morgan, prendendolo per mano e tirandolo verso la porta. Peter si lasciò guidare, non sapendo bene cosa dire o fare, mentre incassava il mento sul petto per cercare di nascondere il rossore che era comparso sulle sue orecchie.
 
  

Ehilà.
Sarò breve e concisa. Al prossimoo weekend :) 

 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
   
 
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