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Autore: Ranko96    25/02/2023    0 recensioni
Bevve ancora. Ancora di più.
Chiuse gli occhi e davanti a sé immaginò il sorriso di sta mattina, le labbra rosse come ciliegie e le guance rosate come fiori di pesco, oggi era riuscito a vivere un po' di più. Succedeva il venerdì, non si sentiva più lui, forse perché illuminato dalla sua luce, forse perché il ricordo di lei ricuciva brandelli della sua anima.
Ma per ogni ricordo felice ce ne era uno pronto a buttarlo giù. Come le sere ad aspettare davanti a quei piatti di zuppa che diventavano sempre più freddi. Poi finalmente aveva smesso di aspettare. Gli sarebbe bastato un solo perché da poter chiedere. La spiegazione dei genitori sul loro abbandono. Perché di punto in bianco non si erano più fatti vivi?
Nemmeno un addio.
Finì la bottiglia.
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Questa storia è ambientata nella Parigi del'800. Adrien è un popolano romantico e dall'animo dannato, ma ha un segreto sulla sua identità.
Marinette è la principessa di Francia, figlia di un re che per proteggerla l'ha tenuta chiusa nel castello, per via della sua tanto decantata bellezza.
Come avranno fatto ad incontrarsi?
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Threesome
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Era sera, la giornata era passata in un lampo, anche se aveva rischiato grosso questa volta. Per fortuna a salvargli il culo c'era il suo amico Nino. Si era distratto troppo pensando a lei, tanto che si stava per far ammazzare.
Non poteva commettere questi errori.
Si scoló un altro bicchiere di vino a basso costo. Sapeva di tappo, ma era utile alla causa. Infondo non aveva mai bevuto per il sapore.
Pensò al fiato mancato quella mattina, al cuore accellerato nel vederla sorridergli.
Afferrò di nuovo il collo della bottiglia e pensò che, anche a lui, la vita lo aveva stretto in una morsa soffocante, rendendogli sporca e bluastra la pelle un tempo pulita.
Steso a terra aveva chiesto a Dio chi sarebbe rimasto al suo fianco.
Lo aspettava la solita nottata, un déjà vu continuo nella sua vita, un dolore che conosceva ma che ormai non lo faceva più piangere.
Un giorno, un solo giorno era durato un anno. Era nuvolo il cielo e le strade piene di fango, il prete pregava quasi intimorito un sermone a cui lui non aveva voluto assistere. Era corso via.
Non poteva reggere quella messa in scena, allora aveva preferito la solitudine. Si ricordava il freddo pungente che pizzicava le guance e gelava il cuore. Dentro di sé aveva iniziato a costruire il suo rifugio personale.
Non aveva più parole, ne per se stesso e ne per gli altri.

La sua piccola Rose era morta tra le sue braccia impotenti. Non era più li con lui. Di lei gli restavano solo ricordi banali di un fratello troppo impegnato per passare del tempo insieme.
Quindi perché dovrebbe ora pregare un Dio? Che vita gli aveva dato? Una vita se l'era presa e aveva lasciato ferite che non potevano richiudersi.
Si era preso la sua famiglia, tutta.

Forse era la mancanza di un qualcuno a cui rivolgersi che lo avevano portato ad avere tutto quell'ego. Era cresciuto da solo.
Si chiedeva se la piccola Rose lo vedeva, sapeva di non essere come lei lo voleva, ma la vita lo aveva preso a calci e a quel punto puoi solo decidere se rafforzarti o lasciarti indebolire. E ora lui piangeva come un ragazzino ma lottava come un guerriero.

Bevve ancora. Ancora di più.
Chiuse gli occhi e davanti a sé immaginò il sorriso di sta mattina, le labbra rosse come ciliegie e le guance rosate come fiori di pesco, oggi era riuscito a vivere un po' di più. Succedeva il venerdì, non si sentiva più lui, forse perché illuminato dalla sua luce, forse perché il ricordo di lei ricuciva brandelli della sua anima.
Ma per ogni ricordo felice ce ne era uno pronto a buttarlo giù. Come le sere ad aspettare davanti a quei piatti di zuppa che diventavano sempre più freddi. Poi finalmente aveva smesso di aspettare. Gli sarebbe bastato un solo perché da poter chiedere. La spiegazione dei genitori sul loro abbandono. Perché di punto in bianco non si erano più fatti vivi?
Nemmeno un addio.
Finì la bottiglia.
« Tesoro, dovresti lasciare quel bicchiere e posare le tue labbra su di me.»
Riconobbe la voce di Lila, alzò la testa e la vide maliziosa come sempre.
Era bella Lila, bella e sensuale, la musa perfetta di un poeta maledetto, la donna che tutti vorrebbero aver provato almeno una volta.
Gli occhi le tradirono i sogni, tanto che lui capì cosa lei si aspettasse da lui. Non l'avrebbe delusa.
Si alzò reggendosi al bancone in legno rovinato e le si avvicinò talmente tanto da farle curvare la schiena. La guardò in viso e non vide altro che desiderio. Le cinse i fianchi e la baciò con trasporto, con indecenza, per essere un luogo pubblico.
« Andiamo di sopra, Adrien.»
Si lasciò trascinare da lei su per le scale che scricchiolavano ad ogni loro passo, fino ad entrare nella solita stanza.
Lei lo spintonò sul letto per metterlo seduto e lui si godette la scena di lei che, lentamente, si spogliava.
Per Lila era eccitante da morire avere quegli occhi verdi addosso che la guardavano con desiderio ed impazienza, si spogliava in modo così sensuale solo per avere sempre di più quello sguardo voglioso su di sé.
Quando, totalmente nuda, si mise sopra di lui, iniziò a spogliarlo e a baciarlo. Accarezzò il suo petto duro, la sua schiena ben delineata, le sue spalle, le braccia forti e poi si soffermò su ogni centimetro di addome scolpito.
Nel momento esatto in cui infilò una mano nei suoi pantaloni e lo afferrò con decisione ed esperienza, lui tirò indietro la testa in un gemito strozzato e liberò il viso dalle bionde ciocche che si erano andate ad appiccicare per via del sudore che gli imperlava la fronte.
Era brava Lila. Sapeva sempre cosa fare.
Muoveva la mano in modo deciso su di lui ed ancora di più spostava le labbra sul suo corpo lasciandolo umido.
Dio, era questo quello che gli serviva.
Non sentì più il suo peso addosso e riaprì gli occhi, quando la vide in ginocchio, ai piedi del letto, sorrise poggiando la schiena al materasso deciso a godersi a pieno quel momento.
I bocchini di Lila erano i migliori di tutta Parigi, poteva giurarlo.
Gli si mozzó il respiro non appena sentì la sua lingua accarezzarlo con decisione.
Cazzo se era brava.
Continuò per diversi minuti, lo fece impazzire quando si staccò per tornare a baciarlo.
Adrien strinse forte il suo seno baciandolo e leccandolo mentre lei con la mano lo aiutava ad entrare. Era sempre così impaziente.
Lo cavalcò con bramosia, veloce e brava da morire. Non perdeva mai il ritmo. Venì su di lui tre volte, senza mai staccarsi.
Quando il biondo capì che era sfinita se la mise sotto di lui, si alzò con il busto e reggendole le cosce iniziò a sbatterla con forza. Lei gemeva il suo nome. Era gratificante e soddisfacente e Lila lo sapeva l'effetto che faceva su di lui. Appena sentì di stare per venire si levò da dentro di lei che lo afferrò finendo il lavoro sul suo addome.
Il biondo si lasciò andare al suo fianco, la ragazza sorrideva contenta. Entrambi erano soddisfatti.
Lila si alzò per andarsi a levare lo sporco di dosso e Adrien la guardò camminare nuda per la stanza.
« Sai che non abbiamo finito, vero dolcezza?»  La guardò con uno sguardo che lasciava davvero poco all'immaginazione ed un sorriso furbo che venne ricambiato.
« Lo speravo.»  Tornò al suo fianco sul letto e poggiò la testa al suo petto.
« Come sta Juleka?»  Chiese portando il braccio intorno alle spalle della ragazza.
« Sai com'è sempre pronta a minimizzare, ma credo che grazie alle medicine che ci hai portato sia migliorata.»  Sorrise sincera.
« Ne sono contento. Dille che passerò a trovarla, magari le porterò un regalo.»
« Credo si sia presa una cotta per te.»  Disse teneramente divertita.
« Allora meglio non farle sapere che mi scopo la sorella.» Nel dirlo sorrise divertito e le si posizionò sopra, pronto per ricominciare.

   
 
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