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Autore: Jeremymarsh    01/03/2023    1 recensioni
"La sera in cui Berenilde trovò quel bambino alto e magro di fronte casa sua, i suoi vestiti erano già da tempo logori, i capelli biondi bagnati e il viso troppo pallido anche per lui il cui incarnato non era mai stato scuro. Ai suoi piedi una piccola borsa il cui contenuto era rovesciato a terra e non ammontava nemmeno a un cambio; dalle impronte su di essa capì che probabilmente era stato proprio Thorn l’artefice del gesto, anche se ora sembrava il ritratto della tranquillità."
[Piccola raccolta di Missing Moments che esplorano il rapporto tra Berenilde e Thorn]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Berenilde, Thorn
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’esame

 

Era già buio – più del solito – quando Berenilde sentì la porta di casa aprirsi e chiudersi e dei passi risuonare nell'entrata. Si precipitò immediatamente verso di essi e ciò che vide la lasciò a bocca aperta: quelli che una volta erano vestiti puliti e caldi erano zuppi e sporchi, appiccicati al corpo del nipote come una seconda pelle; i capelli chiari sembravano ora scuri così grondanti d'acqua, ma non nascondevano il suo sguardo tagliente; le mani leggermente tremanti stringevano così forte quello che doveva essere stato il manico di un ombrello da essere bianche.

Nell'insieme era un'immagine agghiacciante che spaventò non poco le domestiche che erano accorse con lei, le quali sembravano indecise tra il soccorrerlo ed evitare di incorrere nella sua furia.

Eppure, Berenilde non faticò a guardare al di là di quella prima impressione, di quella maschera già collaudata. Vide l'adolescente che Thorn ancora era, la vulnerabilità che aveva imparato troppo presto a nascondere, la rabbia mista a dolore nella palpebra che tremava o nelle dita strette attorno all'orologio che gli aveva regalato.

Sospirò chiedendosi cosa mai fosse accaduto e perché si fosse mischiato a quell'alta società che aveva sempre detto di odiare e di cui lei stessa faceva parte anche solo per qualche ora.

“Cos'è accaduto?“ gli chiese infine.

Per un attimo Thorn considerò l'idea di non risponderle, ma sapeva che avrebbe solo peggiorato la situazione e il suo umore. Berenilde non avrebbe tollerato un simile atteggiamento.

“Vi spiegherò a cena,” rispose allora e pensò che fosse accettabile, comunque il massimo delle spiegazioni che era intenzionato a fornire per il momento.

La vide annuire, le labbra tese in una linea dritta, prima di scostarsi e lasciarlo passare mentre si portava dietro una scia bagnata che le avrebbe fatto storcere il naso.

O almeno così credeva lui.

In realtà, per quanto tenesse alle apparenze, la moquette sporca era l'ultimo dei pensieri di Berenilde quella sera. Era infatti sicura che qualsiasi cosa Thorn avesse intenzione di raccontarle avrebbe stravolto la loro vita come la conoscevano – di nuovo.

 

*

 

Qualche tempo dopo, a tavola, la tensione si sarebbe potuta tagliare con il coltello che Thorn stava usando per la carne, il silenzio rotto solo dall'inusuale stridio della forchetta sul piatto di ceramica e la distanza tra zia e nipote anche più grande di quel che il lungo tavolo sembrava suggerire.

Dopo aver servito la cena, le domestiche erano scappate in cucina, riconoscendo l'atmosfera pesante – anche più del solito – e dopo un po' Berenilde si scocciò di stare a quel gioco.

“Thorn, sai bene quanto non mi piaccia attendere se non è necessario né tu sei il tipo da tergiversare.“ Anzi, il fatto che non fosse ancora andato al punto era preoccupante.

Lui non alzò lo sguardo e continuò a tagliare metodico quel cibo che non aveva ancora mangiato e che restava a pezzi sul bordo del piatto, abbandonato. “Mi sono recato agli uffici dell'Intendenza per iscrivermi ai prossimi esami di ammissione,” proclamò come se fosse la cosa più normale del Polo – se mai ce ne fosse stata una.

Berenilde non riuscì a nascondere la sorpresa e la seguente agitazione quasi le costò la manica a palloncino del suo vestito elegante quando si avvicinò un po' troppo alla candela posizionata tra di loro. Tuttavia non rispose, era sinceramente senza parole, e il silenzio divenne più opprimente e tagliente.

Non ricevendo alcuna risposta, Thorn alzò lo sguardo, arcuando un sopracciglio. Quella reazione era l'ultima cosa che si era aspettato.

Aveva immaginato che avrebbe avuto da ridire, che non avrebbe apprezzato la mancanza di preavviso o consultazione, ma non il silenzio. Di conseguenza l'espressione che le mandò fu più intimidatoria del previsto e Berenilde, nel vederla, si sconvolse della persona che il nipote era diventata, prima del tempo, e che la serietà del bambino che aveva accolto nemmeno dieci anni prima si era trasformata nella durezza di un uomo fatto.

Quando fosse accaduto non avrebbe saputo dirlo. Eppure solo un'ora prima aveva intravisto un adolescente vulnerabile; dov'era finito?

“Avete da ridire?” la sfidò abbandonando del tutto le posate e accentuando l'espressione dura.

Poteva immaginare cosa passasse per la testa di Berenilde al momento, magari una versione solo un po' edulcorata di ciò che aveva sentito non appena aveva messo piede negli uffici dell'Intendenza quel mattino – di ciò che aveva sentito per tutta la vita.

Sapeva, da quando aveva deciso di intraprendere quel percorso, che non sarebbe stato semplice e aveva anche contemplato un piano di riserva nel caso in cui avrebbero rifiutato la sua iscrizione, ma le voci maligne e derisorie ancora gli rimbombavano nella mente e si aggiungevano ai mille ricordi sgradevoli che la sua mente non gli avrebbe mai permesso di scordare. La loro incisione era tanto profonda e dolorosa quanto i decori che il fratellastro e la sorellastra avevano intagliato sulla sua pelle, ma sapeva anche che quella parole scivolavano poi via lungo sulle sue spalle ricurve con facilità, cosa che invece non sarebbe accaduta con quelle della zia.

Non era abituato a essere disprezzato da lei perché era stata l'unica ad accoglierlo, l'unica persona di cui poteva fidarsi e perché sperava che in fondo avesse cominciato a considerarlo anche solo un po' alla stregua dei figli che aveva perso.

Per questo, se le sue labbra si fossero lasciate scappare parole come “bastardo“ o “traditore“ avrebbero avuto un effetto molto più deleterio delle tante ingiurie che aveva sopportato da che era a malapena un neonato quasi soffocato dalla nonna paterna.

Per questo e perché aveva puntato così in alto solo per lei, per renderla fiera di lui – per lei e per il suo amore per la logica e i numeri.

Infine, quando ormai i suoi nervi cominciavano a essere logorati dall'attesa, vide i contorni del suo viso ammorbidirsi com'era accaduto solo poche altre volte, solo in sua presenza, con nessun altro – né con le dame di corte né con gli altri Draghi. Aveva sempre pensato che dovesse significare qualcosa per il loro rapporto, ma sapeva anche che non ne sarebbe uscito nulla di buono se vi avesse letto qualcosa che non c'era e, quindi, ora non sapeva se fosse giusto trarne anche solo un minimo conforto.

Inspirò profondamente, stringendo i denti, mentre diventava sordo ai rumori della cucina e cieco alla luce della candela, i suoi occhi di ghiaccio fissi solo su Berenilde.

La dama allungò la mano e coprì infine quella chiusa a pugno di Thorn, il quale sembrava aver dimenticato che per poter respirare correttamente avrebbe dovuto lasciare andare il fiato, espirare. Poi, con una voce gentile che Thorn ricordava aver sentito solo in un'altra occasione, disse: “Sono sicura che ce la farai. Hai una mente invidiabile e una determinazione ferrea.“

Bastò quel tanto affinché la tensione che gli aveva irrigidito in modo anormale le spalle lo lasciasse, le voci nella sua testa sparissero e lui rilasciasse quel respiro trattenuto.

Berenilde lo osservò afflosciarsi, anche se di poco, e il dubbio sparire anche se non le disse nulla né le fornì alcun cenno.

Non c'era nulla da aggiungere, dopo tutto.

Nonostante fosse ancora sconvolta dalla notizia, non dubitava delle capacità del nipote e le sue parole erano intrise di sincerità.

Così, soddisfatta e rincuorata, lo lasciò desinare e si permise anche di ridacchiare vedendo la smorfia che fece nel provare infine la carne ormai fredda e secca.

Non si era sbagliata prima quando aveva pensato che qualunque cosa fosse successa avrebbe cambiato la loro vita, ma avrebbero superato anche quell'ostacolo. E chissà, magari stavolta avrebbe potuto dichiarare con orgoglio chi fosse l'uomo che aveva cresciuto come un figlio, senza minacce di scherno, e gioire delle smorfie gelose e oltraggiate degli altri clan.

 

 

 

 

 

 

   
 
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