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Autore: bimbarossa    01/03/2023    2 recensioni
C'è un fenomeno che imperversa in città, una campagna pubblicitaria di intimo che sta spopolando, le cui protagoniste assolute sono ragazze bellissime, modelle irraggiungibili e dall'identità misteriosa.
Difficile non cadere vittima del loro fascino, e ancora più difficile scoprire che sono molto più vicine a noi di quanto potremmo mai credere.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ayame, Jakotsu, Kagome, Rin, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: tutti i personaggi compreso il più figo e sexy di tutti, il Generale, appartengono alla signora Takahashi a cui va tutta la mia gratitudine per averlo creato

 

 

 

 

 

 

La sincerità nella pubblicità, inganna.

 

 

 

“Ayame, tu sei una pazza!” La voce melliflua di Yura per una volta aveva perso tutta la sua sensualità. “Perché nascondere un così bel colore di capelli sotto quella ridicola parrucca?!”

Mentre finiva di pettinarla le tirò una ciocca quasi per punirla.

“Devo assolutamente evitare che i più mondani esponenti del concilio dei demoni mi riconoscano come una delle ragazze Osuwari e poi lo riferiscano a mio nonno.” Chiuse gli occhi quando la demone dal caschetto nero le spruzzò la lacca su un codino luminoso. “Lo conosco, e per quanto mi voglia bene la sua mentalità prenderebbe la cosa con vergogna e biasimo, e probabilmente rischierebbe anche un colpo apoplettico.”

“Guarda cocca, mica ti ho costretto io a lavorare per me.” Jakotsu era entrato di soppiatto come al suo solito nel camerino dove si stavano preparando per il nuovo servizio promozionale del brand più in voga del momento, che lui e i suoi fratelli avevano fondato.

“Fin da piccola mi è stato insegnato che per il clan si deve fare di tutto, quindi di certo non mi tiro indietro per qualche fotografia al mio sedere, se mi fa guadagnare tanto nel più breve tempo possibile. E poi è un sedere invidiabile, dovresti ringraziarmi, caro il mio Jakotsu.”

Con sussiego e foga assieme appoggiò piccata il rossetto rosa anguria sul ripiano pieno di flaconi, boccette, smalti e belletti, tanto che le lampadine attorno allo specchio davanti a lei si mossero pericolosamente e l'ombretto verde bosco cadde per terra, rotolando tristemente ai piedi del suo datore di lavoro.

“Questa storia l'ho sentita già cento volte, da tutte voi quattro, ma mica è colpa mia se quel bel tenebroso, quel Naraku intendo, ha dato l'assalto alla città con le sue speculazioni aggressive.” Esibendo una moina istrionica si affacciò alla stessa specchiera della demone lupo per aggiustarsi una ciocca che gli danzava un po' troppo sulla fronte. “Me ne frego del perché siete venute alla mia porta, ora che ci siete si fa come dico io. Perciò sbrigatevi a prepararvi, fratello Ginkotsu ha già preparato il set e montato l'attrezzatura. Sarà un servizio divino, che ci porterà moltissimi yen.”

Uscì baldanzoso sfregandosi le mani.

“Quando fa così non lo sopporto proprio.” Sango impettita e visibilmente a disagio sul suo sgabello, gambe e braccia incrociate, osservò scettica il nuovo modello di intimo che avrebbero dovuto indossare. “Non sembra anche a voi ancora più striminzito di quello di prima?”

“Jakotsu e i suoi dannati fratelli ci sfruttano impunemente!”

“Eppure a te non sembra dispiacere così tanto.”

“Più di quanto sembri, non sono così esibizionista, Sango. Quando non si sono alternative, lamentarsi è inutile.” Ayame riprese a truccarsi, cercando di nascondere il volto preoccupato sotto la frangetta ramata.

Aveva un dovere sopra ogni cosa, proteggere e guidare gli Yōrō, e se solo Kōga fosse stato lì ad aiutarla, magari accettando la proposta del nonno di sposarla e unire le tribù, non sarebbe stata costretta a raccattare tutti quegli yen in gran segreto.

Saremmo stati molto più forti insieme, e quell'orribile Naraku ci avrebbe pensato due volte prima di cercare di prendere le nostre terre.

Il volto del giovane capo degli Yōrō dell'est poté quasi riflettersi nello specchio davanti a cui era assorta.

Si era invaghita di lui fin da quando era una mocciosa, tentando in vari e rocamboleschi modi di conquistarlo e farlo suo, eppure Kōga l'aveva sempre respinta, a volte anche con mezzi bruschi e dolorosi che l'avevano fatta soffrire parecchio in tutti quegli anni.

Come poteva non piacergli? Come poteva non essersi innamorato follemente di lei? Cosa ti ho fatto di male per essere stata preferita ad un'umana?

Alla stregua di un attore inopportuno che improvvisamente irrompa sulla scena monopolizzando il palco, un'altra persona dalle fattezze simili al suo Kōga, stessa coda alta e fluente, stesso carisma e stesso orgoglio, minacciò il flusso patetico dei suoi pensieri.

Doveva smetterla di soffermarsi su di lui così tanto, sul suo fascino da grande demone impossibile.

Sprimacciò un codino per renderlo più liscio, rimirandosi per scacciare inopportuni arrovellamenti mentali.

Sì, il Generale dei Cani era davvero un uomo impossibile.

Impossibile da ignorare e impossibile da accontentare, se mai lei lo avesse voluto, e di sicuro non lo voleva, tutt'altro. Anzi, non sapeva cosa le prendeva in quel periodo, a pensare di botto e nelle ore più insensate della giornata al padre di InuYasha e Sesshōmaru. Forse stava solo miseramente impazzendo.

“Ayame ha ragione, Sango, lascia perdere.” Kagome, che temeva nuovamente per il suo ombretto verde bosco, si affrettò a calmarla. “Ormai i nostri guai li sappiamo, e sfortunatamente l'unica soluzione, quella più facile e remunerativa intendo, al momento è questa. Parliamo di altro, piuttosto, tipo della festa d'inverno di domani. Rin, mi presti il tuo vestito giallo? Ehi, Rin? Rin, che ti succede?”

 

“Rin, tutto bene?”

Kagome la stava squadrando preoccupata.

“Tutto a posto, sì.” Dovette costringerlo quasi, il viso, ad emettere un pallido cenno di assenso.

Non va bene per niente, avrebbe voluto urlare.

O meglio, fino a due giorni prima Rin si era sentita nel nirvana per quanto fosse felice, durante quel piccolo e stravagante spuntino con Sesshōmaru.

Non si era aspettata che lui tornasse in ufficio – aveva avuto la vaga quanto spiacevole impressione che avesse un appuntamento galante per quella sera- e di sicuro non si era aspettata che accettasse senza fare un piega di condividere una misera scatola di bento con lei.

In quel momento a Rin era parso che fossero nati fiori nel proprio stomaco, gli angoli della bocca le si erano incurvati in un sorriso senza controllo, e la voglia di essere felice e spensierata si era fatta strada dentro il suo piccolo cuore introverso, tanto che si era lasciata andare a minuscole confidenze, briciole di frasi sulla sua vita che magari per Sesshōmaru non avevano significato nulla, ma che per lei avevano significato tutto, o meglio avevano significato quanto si sentisse bene ogni volta che gli era vicino, quanto inaspettatamente la mettesse a suo agio la sua presenza.

Poi però...poi però lui aveva rovinato ogni cosa che la fantasia galoppante di Rin avesse mai potuto costruire.

Le ragazze Osuwari non lavoreranno a lungo.

Rin non riusciva a capire, ancora dopo due giorni di depresso cogitare, il perché di tanto livore; in fondo Sesshōmaru era un uomo di mondo, cosmopolita, dalle idee ampie anche se pur rigide. Di sicuro non si sarebbe mai scandalizzato per una pubblicità di ragazze che anche se poco vestite non rappresentavano di certo il peggio del marketing giapponese. Sì insomma, in giro si vedeva ben di peggio!

Improvvisamente a Rin venne un brivido freddo, come se tutto il gelo di quella fine di inverno fosse appena entrato dalla finestra insieme all'azzurro del cielo sopra la capitale.

“Non credo di venire alla festa. Non pare anche a voi strano che il padre di InuYasha ne dia una?Non ne è il tipo, anzi; sembra sempre così...sempre così...”

“Infelice.” Kagome sospirò pesantemente, dando una specie di triste pacca sulla spalla della demone lupo.

Ayame si stava rimirando allo specchio a figura intera dietro un camerino e in quel momento una nuvola solitaria passò davanti al sole cosicché tutta quella luce turchese le piovve addosso, mettendone in risalto la candida figura contro lo sfondo scuro del camerino.

Sì, i demoni erano davvero esseri bellissimi!

Con una pelle che sembrava fatta di delicati fiocchi di neve rosata, le labbra naturalmente lucide e tumide, gli occhi verdi come mari d'erba e quei capelli di un insolito marrone autunnale che spiccavano sempre e ovunque, Ayame era l'esempio perfetto di ciò che era la sua razza, una macchina perfetta nei suoi ingranaggi di longevità, resistenza e perché no? bellezza fisica ultraumana.

Tutte cose in comune con un altro demone di sua conoscenza.

Un demone a cui il suo piccolo cuore, quel cuore che Rin custodiva gelosamente e pieno di segreti, doveva tutto, tranne una cosa.

La sua sincerità.

 

Kagome adorava il rosso, lo considerava un colore passionale, primitivo, sincero.

Per questo era contenta che quel maniaco di Mukotsu, il fratello del suo capo addetto ai costumi lo avesse scelto per lei.

“E' stato lontano molto tempo dal Giappone e dalla sua famiglia, non trovo insolito che dia un party per il suo ritorno.” InuYasha le aveva parlato pochissimo di suo padre in tutti quei mesi da che stavano insieme, e sempre con una sottile aria di malcelata malinconia. “E poi mi hanno detto che lo frequenti spesso, al concilio intendo.”

Le guance di Ayame si imporporarono.

“Sto solo cercando di imparare dal migliore, uno come lui potrebbe insegnarmi tantissimo sulla politica giapponese di voi del sud se solo lo volesse. E tanto per essere scrupolosi, si è sempre comportato correttamente con me, neanche un gesto fuori posto o dalla dubbia interpretazione. Un vero gentiluomo.”

Kagome fece finta di demordere, ma parecchi campanelli le risuonavano in testa, facendole temere per la sua amica. Qui qualcosa le puzzava di guai e tragedie amorose in arrivo.

“Sango, se vuoi posso sistemarti io quella forcina.”

Con uno stratagemma era riuscita finalmente a restare sola con la ragazza più grande, la confidente di una vita, la sua migliore amica praticamente da sempre e persino sempai al liceo.

Se non avesse detto a lei quel segreto che le stava scoppiando dentro non sapeva a chi altri rivolgersi.

“Allora, tu e InuYasha come avete passato San Valentino?”

“Ecco, direi benissimo. Al di là delle mie più rosee aspettative. Sai...” Anche lei si sentì arrossire come Ayame poco prima. “Sai, finalmente lo abbiamo fatto.”

“Fatto? Fatto in che senso?” Sango parve sperduta, ma solo per due nanosecondi. “Ohhh, avete fatto quello.”

Le rifilò una spintarella tra il divertito e l'incoraggiante che la fece quasi traballare. “Sono molto felice per voi. Sembro indiscreta se ti chiedo come è andata?”

“E' stato...è stato meraviglioso.”

“Oh dei, perché stai usando quel tono?”

“Che tono?”

“Sai quale, il tono che precede un bel MA grosso come una casa.”

“Non è quello che puoi pensare. E' stato davvero meraviglioso, forse anche troppo. E' stato come se per un momento InuYasha per me non avesse segreti, e che io non ne avessi per lui.”

“Ma sappiamo che non è così, vero, amica mia? Lui non sa niente di te e di tutto questo,” Sango si guardò attorno, “e tu non sai che cosa lo sta preoccupando da qualche tempo.”

“Già, non mi vuol proprio rivelare ciò che lo tormenta. Ho cercato di indagare, ma forse non dovrei, almeno così pensa mia mamma.” Lo sbuffo di Kagome le spostò la frangetta scura alla stregua di una folata di vento di tempesta. “ Dice che non sempre la sincerità è utile con i sentimenti.”

“Tua madre è una donna saggia, come quasi tutte le mamme. La mia mi manca ogni giorno.” Sango trasalì quasi. “Scusa Kagome-chan, e che in questo periodo mi sento un po' triste.”

Quasi Kagome si pentì di lamentarsi sempre per i suoi problemi che parevano improvvisamente così banali ricordandosi della recente perdita dell'amica.

“Sicuramente il malumore di InuYasha sarà qualcosa di stupido come aver speso troppo dalla carta di credito di famiglia. Basta, sono stufa di andargli dietro...”

“Ragazze, vi devo dire una cosa...”

“E poi chi si crede di essere? L'unico con dei segreti segretissimi da tenere nasco...”

“So che non dovrei, Sesshōmaru-sama potrebbe uccidermi ma...”

“Quando vuole parlerà. Aspetta Rin, che stavi dicendo? Non credo di aver capito bene.”

“Sì invece, il fratello di InuYasha vuole farci chiudere.”

 

Per Sango quella giornata sembrava essere iniziata sotto i migliori auspici.

Il cielo sereno dopo settimane di bufere di neve sulla capitale, il profumo degli spiedini di mochi del suo venditore preferito all'angolo che finalmente si era potuta permettere, e la soddisfazione non ultima di aver pagato tutte le bollette di quel mese rendevano di nuovo il mondo un posto bello e il futuro di nuovo promettente.

Con i soldi della nuova campagna Osuwari, inoltre, e grazie al lavoro che le aveva procurato Miroku che aveva tamponato i debiti più importanti, sarebbe andato tutto bene, avrebbe solo dovuto non mollare, per lei e per suo fratello.

Già...mollare non era contemplato, però...

Però Rin aveva gettato su tutti loro quella bomba, e il mondo di Sango in poche ore si era capovolto di nuovo.

“Perché Sesshōmaru ce l'ha con noi? Non gli abbiamo fatto nulla di male.”

“Non lo so proprio, Ayame.” Cosa avrebbe mai potuto risponderle?

Jakotsu appena saputa la cosa si era messo a strillare come una gallina invocando addirittura il sostegno di tutta la banda dei suoi fratelli.

“Adesso il Principe dei Demoni vuole farci chiudere, per caso? Che ci provi pure! Fratello Renkotsu è un avvocato, gliela farà vedere lui. Ehi, Rin, si può sapere cosa cazzo passa per la testa del tuo capo?”

Sango, tornando sulla via di casa e ripensando al panico che aveva pervaso l'azienda intera, rabbrividì.

Si era di nuovo messo a nevicare in serata, e seppure riparata dall'ombrello guardò per un attimo il cielo nero da cui cadeva una pioggia bianca, una pioggia quasi da fumetto, solida come le lacrime di un dio di pietra.

Il pensiero volò a Miroku, ed era come se nel petto avesse racchiuso ed intrappolato un fiocco di neve bianchissimo, candido, bello, eppure gelido come poche cose lo possono essere su questa terra, una sensazione simile a quella provata davanti alla piccola incolpevole Rin, quasi piangente mentre veniva bersagliata da un fuoco di fila di domande a cui non poteva rispondere e che aveva stretto il cuore di Sango senza che ci potesse fare poi molto.

Al contrario di Kagome che conosceva da sempre poiché dello stesso quartiere, le altre due ragazze erano entrate nella sua orbita da poco, da quel famoso giorno di sei mesi prima quando si erano incontrati tutti nel refettorio di un orfanotrofio cattolico per unirsi in una class-action contro uno sconosciuto speculatore edilizio piombato in capitale, eppure non ci era voluto molto perché prendesse anche loro sotto la sua ala da mamma chioccia.

Sango d'altronde era così, protettiva e complice, gentile e tosta. E fu la prima per questo forse a ribellarsi, il giorno dopo in agenzia, quando un fin troppo pimpante Jakotsu espose loro la contromossa per tentare di arginare le azioni di Sesshōmaru.

“Faremo una lotteria, su tutti i social e sul nostro sito, Ginkotsu ha già fatto partire l'operazione e stanno già vendendo una marea di biglietti. Esattamente tra una settimana estrarremo quattro vincitori che potranno conoscere le famose ragazze Osuwari.”

“Non se ne parla!” Il loro fu quasi un coro.

“Non dal vivo, sciocche.” A Jakotsu brillavano gli occhi. “I quattro fortunati vinceranno una chat privata con voi per un intero mese.”

 

 

 

Cari lettori, spero che vi faccia piacere il mio ritorno con questa storia di lustrini e glamour, se volete ogni commento o pensiero è più che benvenuto. Grazie, e godetevi il capitolo!

 

  
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