Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: berettha    03/03/2023    2 recensioni
Il preside di Hogwarts, Albus Silente, scopre una magia per far tornare indietro gli Inferi, e ai fratelli Black è data la possibilità di ricominciare.
Ambientata dopo il sesto libro, dove però Silente è ancora vivo, Sirius è ancora vivo e quasi certamente lo è pure Regulus.
||Scritta per la challenge #Springbingo del gruppo Non solo Sherlock ||
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Scritta per la challenge #Springbingo, del gruppo Non solo Sherlock (https://www.facebook.com/groups/366635016782488), enjoy <3 
 
•̩̩͙*˚⁺‧. •̩̩͙*˚⁺‧.˚ *•̩̩͙ ✩. •̩̩͙*˚⁺‧. •̩̩͙*˚⁺‧. ˚ *•̩̩͙ ✩. 
 
𝐑𝐞𝐠𝐮𝐥𝐮𝐬' 𝐛𝐨𝐝𝐲. 
 
𝐈 𝐡𝐚𝐯𝐞 𝐧𝐞𝐯𝐞𝐫 𝐤𝐧𝐨𝐰𝐧 𝐩𝐞𝐚𝐜𝐞, 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐝𝐚𝐦𝐩 𝐠𝐫𝐚𝐬𝐬 𝐭𝐡𝐚𝐭 𝐲𝐢𝐞𝐥𝐝𝐬 𝐭𝐨 𝐦𝐞 
𝐈 𝐡𝐚𝐯𝐞 𝐧𝐞𝐯𝐞𝐫 𝐤𝐧𝐨𝐰𝐧 𝐡𝐮𝐧𝐠𝐞𝐫, 𝐥𝐢𝐤𝐞 𝐭𝐡𝐞𝐬𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐜𝐭𝐬 𝐭𝐡𝐚𝐭 𝐟𝐞𝐚𝐬𝐭 𝐨𝐧 𝐦𝐞 
   
•̩̩͙*˚⁺‧. •̩̩͙*˚⁺‧.˚ *•̩̩͙ ✩. •̩̩͙*˚⁺‧. •̩̩͙*˚⁺‧. ˚ *•̩̩͙ ✩. 

 
“Professore? Perché lo sta facendo?”  
“Perché sono rimasti in quella caverna troppo a lungo, a proteggere il nulla.” Si voltò a guardare Harry, gli occhi che scintillavano benevoli dietro alla montatura a mezzaluna. “Non pensi che si meritino un’altra possibilità?”  
Il ragazzo annuì deciso, “Sì, assolutamente ma... Pensavo fossero suoi seguaci.”  
“No, non tutti.” Il professor Silente mosse la bacchetta sopra al corpo della donna sdraiata sulla barella. Sotto gli occhi di Harry, quella iniziò a prendere colore, i suoi capelli tornarono a risplendere, la pelle attorno alla bocca a rilassarsi. 
Sotto la coperta di seta viola, che lo copriva, un braccio sgusciò fuori, cercando di acchiappare il vuoto di fronte a sé. 
“Vedi?” Riprese il preside, indicando la pelle nuda e rosea dell’avambraccio. “Nessun Marchio.” 
“Nessun Marchio.” Ripeté Harry. 
Gli occhi dell’ex Infero, prima bianchi e gonfi, ripreso il loro colore originale: un caldo marrone, come quello delle castagne. Si posarono prima su Harry, poi sul professore che dovette sembrare abbastanza minaccioso, alto e con la bacchetta levata di fronte a lei. 
“Qual è il suo nome, signorina?” Le chiese gentile.  
“Margaretha.” Rispose quella, con un filo di voce. “Margaretha Bones.” Poi si portò la mano alla bocca, in preda al terrore. “Lui! Lui dov’è? Mi stava inseguendo io non-”  
“Shh.” La zittì dolcemente Silente, “Non deve preoccuparsene adesso. È al sicuro, all’interno dei confini di Hogwarts. Madama Chips e il professor Lupin, accorso apposta per aiutare, le daranno tutte le cure di cui ha bisogno, e sarà ben felice di rispondere alle sue domande. Adesso si riposi. È al sicuro.”  
Quella annuì, e sebbene non sembrasse totalmente convinta si strinse sotto la coperta viola, sprofondando nel cuscino. 
“Quanti ce ne sono, professore?” Chiese Harry, dopo che si furono allontanati per il corridoio. 
“Una ventina, più o meno. Sarò in grado di risvegliarli tutti nei prossimi giorni, sperando di non tenere occupata l’Infermeria troppo a lungo...”  
“Posso fare qualcosa? Per loro?” Lo guardò serio, senza però riuscire a tenere a freno l’agitazione.  
Si dondolava da un piede all’altro, torcendosi l’orlo della divisa della scuola tra le mani. 
“Harry, già l’essere sceso in quella grotta assieme a me è stato abbastanza. Si goda gli ultimi giorni di scuola assieme ai suoi compagni.”  
Un po’ deluso, ma annuì e fece per allontanarsi, quando però venne richiamato nuovamente dal preside. 
“Harry, un’ultima cosa.”  
“Mi dica, professore!”  
“Il giovane Draco Malfoy. Lo aiuti, gli stia vicino e non gli faccia pesare le azioni degli ultimi mesi. Penso che il Marchio sul suo braccio gravi già abbastanza sulle sue spalle, per la sua giovane età.” 
“Professore io non credo che-”  
“Non corre buon sangue tra voi, lo capisco. Ma potrebbe sorprendenti, Harry, come possano cambiare le persone quando sono offerti loro compassione, aiuto e soprattutto amore.”  
 
Sirius arrivò ad Hogwarts quel pomeriggio, sotto chiamata del professor Silente. 
L’aria era frizzante, il sole caldo e un rivolo di sudore gli scivolò dalla nuca sulla schiena, bagnandoli la maglia. C’era profumo di estate, fiori di campo e di erba che iniziava a seccare, gli stessi odori che aveva sentito ogni anno, per tutta la sua adolescenza.  
Ai tempi, lo riempivano di agitazione, perché significava che il tempo di tornare a Grimmauld Place si stava avvicinando, adesso invece gli stringevano lo stomaco per la nostalgia. 
Ecco lo spazio sull’erba, vicino ma non troppo al Platano Picchiatore dove Lily e Mary si andavano a sdraiare, dopo pranzo, in lontananza il campo da Quidditch: quante volte James lo aveva costretto ad alzarsi alle sei del mattino per andare ad allenarsi. 
Remus lo aspettava all’entrata della scuola, poggiato ad una colonna. Le cicatrici sulle sue braccia risplendevano argentee, in contrasto con la pelle arrossata dal sole. 
“Alla buon’ora, Felpato!”  
“Mi sono svegliato tardi, ho visto il gufo solo dopo pranzo.”  
“Lo immaginavamo tutti.”  
Remus si chinò su di lui, per rubargli un bacio sulle labbra. Un gruppetto di studentesse di Corvonero se ne andò in tutta fretta, ridacchiando tra loro. 
“Hai idea di cosa voglia il vecchio?”  
Remus si scurì in volto, allontanandosi da lui. Sembrava essere a disagio. “E’ meglio se ne parliamo dentro, Sirius.”  
Sirius? Sono nei guai, per caso?”  
Remus non rise alla sua battuta, buttandogli invece un braccio sulle spalle, “Ci aspetta in Infermeria.” 
Sirius sbuffò, lasciandosi però guidare da Lunastorta all’interno della scuola. 
Anche per i corridoi, non era cambiato granché. Addirittura, vicino alla Sala Grande, c’era lo stesso identico mattone che lui e i Malandrini aveva scheggiato liberando un bolide nel corridoio per festeggiare la fine degli esami del sesto anno.  
Con un ghignò ricordò con piacere il naso rotto di Avery quando la palla lo colpì dritto in faccia. 
“Felpato!” Anche Harry li aspettava davanti all’Infermeria, e gli si gettò tra le braccia appena lo vide.  
“Harry! Ha chiamato anche te?”  
“Oh sì, questa mattina, mi è arrivato un gufo durante la colazione. È atterrato nel piatto di Ron, ma il porridge lo ha mangiato lo stesso. Dovevi vedere la faccia di Hermione!”  
“Non mi sarei aspettato niente di meno da quel Weasley.”  
“Ragazzi.” Li richiamò Remus, un po’ pallido, quando il preside aprì le porte dell’Infermeria. 
“Ci siamo tutti? Bene, bene.” Li guardò tutti in volto, uno per uno. Sirius abbassò lo sguardo, sperando di non arrossare in volto. 
Un altro ricordo: lui che veniva spedito nell’ufficio dal Preside. Quasi, si ritrovò ad aspettarsi una punizione. 
“Penso abbiate una vaga idea, del perché ho voluto vedervi. O almeno, il professor Lupin.”  
Remus annuì grave, al suo fianco. 
“Si tratta degli Inferi, vero?” Chiese Harry.  
“Esattamente, Harry, si tratta degli Inferi. Uno, in particolare.”  
Tutti annuirono, quindi lo fece anche Sirius, chiedendosi dove sarebbe andato a parare.  
“Quando siamo andati alla ricerca dell’Horcrux, io ed Harry, abbiamo trovato al suo posto solo un... una copia, se così possiamo definirla. Analizzandola nel mio ufficio, io e il professor Piton abbiamo trovato al suo interno questo.” Si sfilò dalla manica un piccolo pezzo di pergamena, ingiallito dal tempo. 
Lo passò a Sirius, che lo prese con mano ferma. Non poté vedere la faccia che fece, nel leggere la firma su quel foglio, ma se la poté immaginare per il modo in cui Remus gli fu subito al fianco, posandogli una mano sul braccio. 
Se non ci fosse stato lui, probabilmente, sarebbe caduto a terra. 
R.A.B 
Da quanti anni che non vedeva quella firma. Probabilmente dalle feste del 1974, quando si scambiarono l’ultima cartolina di Natale. 
“R.A.B” Mormorò. Harry lo guardava confuso, volgendo la testa prima a lui e Remus, poi al preside. “Regulus. È lui, lo ha scritto lui.”  
“Proprio di suo pugno, Sirius. Per questo è stato chiamato qui. Lui... Si trovava in quella grotta.”  
“No.” Sirius scosse la testa, stringendo il biglietto tra le mani. 
“Professore?” Harry si fece avanti, “Quindi questo vuol dire... Che è... ?”  
“Vi sta aspettando. Siete pronti?”  
No. 

“Non so chi sia questa gente.” Regulus si stringeva in un maglione troppo grande per la sua persona, e alzò il naso, sdegnoso. “Ha detto che sarebbe venuto mio fratello, non James Potter.”  
La stessa voce arrogante, con quell’accento francese che Sirius aveva faticato anni per imparare a mascherarlo, fino a perderlo nell’età adulta. 
Regulus, all’età adulta, non c’era ancora arrivato. 
“Regulus,” Silente sembrò rivolgersi a lui con il tono più pacato che riuscisse a trovare, “Questo è tuo fratello. Assieme a Remus Lupin, te lo ricordi? Eravate compagni di scuola. Quello non è James, si chiama Harry, Harry Potter.”  
Harry sorrise, alzando la mano imbarazzato. Anche Remus salutò, mentre Sirius era già tanto se, da qualche parte dentro di lui, aveva trovato la forza per avvicinarsi al letto, dove Regulus era seduto a gambe incrociate. 
“Harry?”  
“Il figlio di James.”  
Regulus tirò su col naso, arrossando sulle guance.  
“Allora suppongo che Sirius sia quello con i capelli da hippie.”  
“Non sono da hippie, la corrente punk è tutta un’altra storia.” Sputò fuori, toccandosi le punte dei capelli. 
“Sì.” Rispose Regulus, “C’est clairement Sirius.”  
“Non è possibile.” Mormorò Sirius, rivolgendosi a Silente. “È morto. Era morto. È stato morto, per vent’anni quasi. La Gazzetta del Profeta aveva annunciato la sua morte.”  
“Non parlare di me come se non fossi qui.” Borbottò Regulus, sbuffando. 
“Tecnicamente, Sirius, era un Infero. Il suo corpo deve esser stato trasformato dopo esser stato ritrovato da Voldemort, all’interno della grotta. Se non fosse stato così sciocco da credere insuperabili le prove che aveva posto di fronte all’Horcrux, probabilmente il sacrificio di Regulus non sarebbe mai venuto allo scoperto.” 
“Per tutti questi anni lui...?”  
Silente gli sorrise, e Sirius lo detestò, perché lo fece sentire vulnerabile. “È riuscito ad indicarci l’ubicazione dell’Hocrux, nascosto da Kreacher sotto suo comando. Severus dovrebbe trovarsi proprio in questo momento a Grimmauld Place, per riportarlo qua da noi. Procederò alla sua distruzione io stesso, ma adesso-” 
“L’Horcrux era a casa? Tutto questo tempo, era sotto ai nostri occhi?” Si intromise nella conversazione Harry, interrompendo il preside.  
“Era a casa vostra, sì. Ma adesso, vorrei dedicare qualche parola per Regulus-” Indicò il ragazzo, ancora seduto sul letto, che abbassò lo sguardo imbarazzato. 
Non era cambiato di una virgola, esattamente come Sirius l’aveva visto l’ultima volta, qualche mese prima della sua morte. 
Magro, alto ed allampanato, a disagio in quei vestiti colorati e moderni con cui l’avevano rivestito, ma sempre Regulus, solo un poco più grande di Harry. 
“-le vacanze estive si stanno avvicinando, e il ragazzo ha espresso il desiderio di tornare a casa. Sono sicuro che troverà una famiglia amorevole pronto ad accoglierlo, nonostante il tempo e le divergenze passate che vi hanno allontanato.” 
“Assolutamente.” Rispose Remus, sorridendo a Regulus. Solo qualche anno prima, in quelle stesse stanze, lo stesso identico Lunastorta assonnato per la luna piena appena passata, aveva tramato assieme a Sirius per nascondergli una salamandra dentro gli stivali del Quidditch. “Saremo felici di averlo con noi. Vero Harry?”  
“Vero.” Si avvicinò a Regulus, porgendogli la mano.  
“Harry Potter.”  
“Regulus Black.” Rispose l’altro, stringendola controvoglia. “Somigli molto a tuo padre.” 
“Lo so, me lo dicono in tanti.” 
“Sirius?” Remus lo incalzò a dire qualcosa al fratello, che lo osservava con la coda dell’occhio.  
Occhi verdi, come quelli della madre. 
“Sì. Saremo felice di averti con noi, Reggie.”  
•°. *࿐ 
“E questa è la tua camera. Non pensavano saresti, uhm, tornato, quindi la hanno usata i gemelli la scorsa estate. Spero non ti dispiaccia...”  
Harry gli aprì la porta della stanza, come se quella non fosse stata casa sua, prima ancora che all’Harry-feto fossero spuntate le gambe nell’utero materno. 
Dentro, il suo letto a baldacchino era scomparso, favorendo due piccoli letti identici, posti l’uno di fronte all’altro. 
Anche alle pareti, non c’era più alcuna traccia di quella che era stata la sua vita: i ritagli di giornale, i premi vinti agli Scacchi Magici, i piccoli stendardi di Serpeverde.  
Nulla. 
Tutto scomparso.  
Il giovane pallido, infelice, ansioso Regulus Black sembrava non avesse mai messo piede in quella stanza. 
Sembrava che tutti fossero riusciti ad andare avanti tranquillamente, dopo la sua morte, e considerando le scelte che aveva fatto quando era ancora in vita, tutto il male che aveva fatto, nemmeno si sarebbe aspettato diversamente. 
“No. Avete fatto bene.” 
“Abbiamo tenuto le foto però! Sono nel cassetto della scrivania, a Rem dispiaceva disfarsene. Se vuoi possiamo vederle insieme.” Harry lo sorpassò, andando dritto a grandi falcate verso la scrivania.  
Non gli stava antipatico, non davvero.  
Anzi, riusciva a capire come mai tutti sembravano stravedere per il ragazzo: era estremamente gentile, anche con una persona come lui. 
Ma il modo in cui somigliava a James Potter...  
Ebbe un brivido lungo la schiena.  
“Vieni, Reg.” Lo chiamò, sedendosi su uno dei letti con in mano una scatola di cartone. 
Era quello tutto che erano rimasto di lui? Una patetica scatola?  
Si sedette al suo fianco, imbarazzato, mentre tutta la sua vita gli veniva passata distrattamente tra le dita. Un’occhiata veloce, qualche volta la domanda, “Chi era quel ragazzo? Sembra un volto famigliare.”  
“Barty Crouch.”  
Oh. Eri davvero suo amico?”  
Regulus non rispose, perché riusciva a percepire il disgusto nella sua voce.  
Cattivi amici, per un ragazzo che era stato cattivo.  Si ricordava quando era stata scattata quella foto: terzo anno, Barty aveva appena preso una punizione con la McGranitt per aver tormentato un Corvonero del primo anno. 
“Sorridete!” Aveva esclamato Evan, prima di esser stati accecati dalla luce del flash della macchina fotografica. Il sorriso di Barty era falso e sarcastico, ma potevi saperlo solo se davvero avevi avuto occasione di conoscerlo.  
Adesso Evan era morto, e Crouch rinchiuso in una cella, senza più l’anima. 
Remus Lupin aveva cercato di spiegargli cosa si fosse perso, e il sunto era stato: metà dei suoi amici finiti ad Azkaban. L’altra metà uccisi. Non che non se lo fossero meritato, alla fine.  
I suoi genitori invece erano morti dopo la sua scomparsa. 
Orion solo qualche mese dopo, una Maledizione al sangue. La madre, invece, se n’era andata di vecchiaia, due prima del suo ritorno, in quella stessa casa. Li aveva pianti in silenzio, senza farsi vedere da nessuno. 
E intanto, mentre Regulus marciva tra l’acqua salata e qualche scoglio, la guerra era andata avanti per altri due anni, Sirius era stato ingiustamente incarcerato e il tutto era stato un bel casino, risoltosi grazie al ragazzino che aveva seduto di fianco e alla cicatrice sulla sua fronte. 
“Dopo scendi per la cena? Vengono Ron e la sua famiglia.”  
Regulus annuì, osservandolo mentre usciva dalla sua camera, e rivolgergli un ultimo sorriso come saluto. 
Aveva lasciato la scatola con le fotografie accanto a lui, sulla coperta sfatta dove qualche secondo prima si trovava Harry.  
Ai suoi piedi, lo zainetto rosa shocking cui erano ripiegati i pochi capi che gli aveva regalato a scuola, presi dalla dispensa dell’Infermeria. Il maglione che aveva ora indosso, azzurro e bitorzoluto, di lana spessa, era appartenuto ad un certo Christopher, il cui scrivere il nome sull’etichetta non era riuscito a non farglielo perdere. 
Per la biancheria, quella non aveva neanche il coraggio di pensare a chi fosse appartenuta prima di lui. 
Aprì l’armadio, desideroso di cambiarsi e di mettersi qualcosa che lo facesse sentire più a suo agio, ma come aveva immaginato anche lì non c’era traccia dei suoi vecchi averi. 
Quattro paia di pantaloni di velluto, un po’ di biancheria, due o tre maglioni verdi, ancora con il cartellino attaccato.  
Almeno, chiunque avesse fatto la spesa, conosceva i suoi gusti. 
 
Scese a cena qualche ora dopo, cercando di essere il più silenzioso possibile, ma a giudicare dalla confusione anche Kreacher sui pattini a rotelle sarebbe riuscito a passare inosservato. 
Scivolò sulla panca, accanto a Remus, facendo attenzione ad evitare i due gemelli che si urlavano da un lato all’altra stanza scambiandosi un palloncino che emetteva scintille.  
Harry era seduto vicino al fuoco, tenendosi le mani con una ragazza dai capelli rossi, e quasi gli venne un colpo scambiandoli per James e Lily Evans. 
Sirius era occupato in un’accesa discussione con il padre di tutti quei ragazzetti dai capelli rossi, un uomo che ricordava di aver visto, molto più giovane, al Ministero, durante un attacco contro di esso.  
Dalle occhiate e dai sorrisi tirati che riceveva, era certo che tutti sapessero quel che Regulus era stato e quel che aveva fatto e questo lo faceva vergognare molto. 
Si grattò l’avambraccio, dove il Marchio sembrava ancora bruciare, dopo tutti quegli anni. 
“Hai trovato i vestiti nuovi, ne sono felice. Spero sia tutto della tua taglia, Sirius non si ricordava bene e ha preso a modello Harry.” Remus sorrise gentile, rivolgendogli la parola. 
“Sì. Grazie, io non-” Le parole gli uscirono a fatica. Non era abituato a ringraziare, ma la sua redenzione iniziava anche da queste piccole cose, no? “-non me lo aspettavo. Sirius è andato a prenderli?”  
“Certo! Non avrebbe mai permesso che ti aggirassi per la casa con quei maglioni smessi della scuola.” Gli strizzò l’occhio, “Troppo anni ottanta.”  
Da quando era tornato, -letteralmente tornato in vita- lui e Sirius non avevano avuto molte occasioni di parlare.  
E quando l’occasione c’era, Regulus scappava. 
Perché Regulus era stato veramente cattivo, con lui, e non era ancora pronto a sopportare il peso del suo passato, e nemmeno a lasciarselo scivolare via, lontano da sé. 
Per adesso, quel reciproco ignorarsi, lo faceva sentire al sicuro. 
 
“Non vuole parlarmi!”  
“Sì che vuole, Sirius. Non sa come fare. E tu sei il maggiore, dovresti fare il primo passo.”  
Sirius si tirò le coperte fin sopra la testa, nascondendosi da Remus. 
“Non so come fare. È sempre stato così silenzioso e poi-”  
“E poi cosa?” Anche Remus si infilò sotto, avvicinando il viso a quello di Sirius. Un bacio sulle labbra, appena sfiorato, uno sulla mascella.  
Qualcosa sotto il pigiama iniziò a pulsare dolorosamente. 
“Dobbiamo proprio parlarne ora?”  
“Sì. È importante Sirius, sono passate settimane da quando è tornato a Grimmauld Place e a malapena esce dalla camera per venire a mangiare.”  
“Non so nemmeno io cosa fare, Rem. Non ho mai saputo come prenderlo, e da quando me ne sono andato lui...” Sospirò, girandosi verso Remus. “È cambiato. Lui, e okay posso capirlo, ma anche tra di noi.” 
“Ma adesso sei tornato. E sono passati anni, sei un adulto Sirius. Non sei più il ragazzino che si precipitò a casa dei Potter. Puoi farcela,” La sua mano si insinuò tra l’elastico delle mutande e la sua pelle, sfiorandolo piano con la punta delle dita, “hai solo bisogno della giusta spinta. Mh?”  
Sirius grugnì, spostando il peso del suo corpo contro quello di Remus.  
Parlare al fratello, quello sarebbe stato un problema del giorno dopo. 
Adesso, aveva la testa piena d’altro. 
 
I ragazzi erano già scesi per la colazione, e Sirius li trovò seduti uno di fronte all’altro. 
Harry raccontava qualcosa sul fratello più grande dei Weasley, Bill, che era andato in Egitto e aveva visto una mummia in carne ed ossa –In bende ed ossa. Ah ah ah. Formazione da Malandrino-.  
Regulus sembrava lo stesso ascoltando, guardandolo di tanto in tanto, annuendo quando necessario e mostrandosi sorpreso, mentre rigirava il latte con i cereali con il cucchiaio. 
Ma Sirius lo conosceva bene, e sapeva che in quel momento Regulus si trovava a decine e decine di chilometri da loro. 
Era lo sguardo che si perdeva, a tradirlo, facendolo inciampare nei propri pensieri. 
A cosa pensi, Reggie? Si chiese, versandosi un bicchiere di latte anche per lui.  
Si era chiesto più volte se avesse dei ricordi, della sua passata natura da Infero: passare quasi vent’anni al buio, immerso nell’acqua gelida, non doveva esser stata una passeggiata, non più del suo periodo passato ad Azkaban coi Dissennatori. 
Spesso aveva ancora incubi o allucinazioni che lo lasciavano stranito per ore: anche per lui, era così? 
“Reggie?” 
Lui alzò lo sguardo, le guance che presero immediatamente colore.  
“Oggi Harry va dai Weasley, io invece ho del lavoro da fare su in soffitta. Secondo Rem c’è un Molliccio che si nasconde dietro la collezione di teiere della nonna, ti va di aiutarmi?”  
Regulus sembrò sorpreso, ma annuì energicamente. 
Sirius, invece, sorrise. 
 
Riddikuls.” 
La stanza vuota si illuminò improvvisamente, e il Molliccio si ripiegò su sé stesso, trasformandosi in una polpetta polverosa. 
Sirius gli diede il colpo di grazia. 
“Hai paura del buio?”  
“No.” Rispose Regulus. Sirius lo osservò mettersi la bacchetta in tasca, pulirsi le mani ai pantaloni. Gliene avevano recuperato una nuova da Ollivander, ma non l’ascoltava e non rispondeva ai suoi incantesimi come avrebbe dovuto. Forse ci voleva solo tempo, che si abituassero l’uno all’altra. 
“E quello quindi era...?”  
“Devo proprio dirtelo?” Regulus sembrava imbarazzato. 
“No, se non vuoi no. Era per fare discussione.”  
“Potresti chiedermi altro.” Osservò Regulus giocherellare con una teiera di ceramica giallo canarino, ricoperta di girasoli. “Tipo, la mia squadra di Quidditch.” 
“Puddlemore United.” 
Si voltò verso di lui, con gli occhi sbarrati per la sorpresa. Verdi, come quelli della mamma, ma non cattivi. 
Luminosi. 
“Te lo ricordi?” 
“Certo che me lo ricordo, Reggie.” 
“Io non me la ricordo, la tua.” Ammise, facendo cadere nuovamente lo sguardo. Sirius faceva un passo avanti, e quello sembrava allontanarsi di altri tre. Alcune volte, era veramente snervante. 
“Non ce l’ho mai avuta, io preferivo giocare. E poi, avrei seguito qualunque squadra fosse entrato James.”  
Ai tempi di Hogwarts, James Potter aveva ricevuto innumerevoli offerte, per altre innumerevoli squadre di Quidditch che lo volevano ad ogni costo nel loro team. Le leggevano insieme, sdraiati sul letto di Ramoso, e pensavano al loro futuro: “Questa no, la scorsa stagione hanno fatto veramente schifo.” “Duh? Per questo gli servo, Felpato.” 
“Mi dispiace,” Regulus parlò così a bassa voce che quasi fu impossibile udirlo. “per James. Quando ho visto Harry io ho creduto che-” Lo sentì strozzarsi con le sue stesse parole, trattenere il respiro per qualche secondo. “Ho creduto fosse James. Quando sono... morto-” Un’altra pausa. Sirius avrebbe voluto avvicinarsi a lui, buttargli un braccio sulle spalle, dirgli: va bene così, Reg., ma pensava che anche solo un respiro troppo forte avrebbe mandato in frantumi il fratello. “Quando sono morto, pensavo davvero potesse servire a qualcosa. A fermare tutto. Ho ucciso delle persone, cazzo, pensavo che- Pensavo che almeno tu e i tuoi amici-”  
Sirius si mise al suo fianco, tirandolo verso di sé. 
Non gli disse nulla, perché anche a lui le parole sembravano montargli su in gola, per poi rituffarsi giù nello stomaco con un tuffo triplo carpiato. Ma quelle evidentemente non sapevano nuotare, perché scalciavano contro le sue viscere tanto forte da togliergli il fiato. 
“Non ho paura del buio, Sirius.” Sussurrò, con il volto basso coperto dai ricci neri.  
“Lo so.” Aveva solo diciannove anni, ma aveva perso così tanto. 
“Okay.”  
•°. *࿐ 
Il compleanno di Harry cadeva prima della fine dell’estate, a fine luglio. Quasi vent’anni prima –a Regulus veniva sempre un giramento di testa a pensare al tempo che realmente era passato- il trentun luglio era tradizione andare fino a Glascow, da Evan Rosier, per il suo, di compleanno. 
Abitava in una palazzina in periferia, e Barty percorreva tutta la strada stringendosi al petto il regalo come se avesse potuto difenderlo dalle gang della zona.  
“Sei ridicolo, amore mio.” Gli sbuffava Regulus, le mani in tasca e l’aria spavalda. Le maniche corte, a mostrare quel tatuaggio sul braccio di cui al tempo andava tanto orgoglioso. 
“Tu non li conosci questi babbani, sono dei pazzi. Dei barbari.” 
“Parli come un principino.” Si sfilava la bacchetta dai pantaloni, passandola sotto il naso dell’amico, “E poi abbiamo questa.”  
Barty allora si caricava, rideva. Diceva, speriamo d’incontrarne qualcuno, questa notte, mentre torniamo a casa. 
Rideva anche Regulus, perché era stupido e giovane, e la notte era solo sua. Se la divorava, cruda, spietata come egli stesso si sentiva. 
E se quasi vent’anni prima gli avrebbe detto che si sarebbe trovato per Diagon Alley assieme al fratello maggiore a scegliere un regalo per il figlio di James Potter, si sarebbe pisciato sotto dal ridere. 
“Un manico di scopa?”  
“Ce l’ha già.” Gli rispondeva annoiato Sirius, facendo scivolare sugli occhi sugli scaffali del negozio. 
“Ha già tutto, quel ragazzino.”  
Reg.”  
Regulus alzò gli occhi al cielo. 
Alla fine, optarono per un ricambio di saggina per la sua Firebolt, regalo che fu molto gradito.  
Harry addirittura si alzò per venirlo ad abbracciare, seppellendo il suo viso sulla sua spalla.  
Fu una festa tutto sommato carina, i gemelli si sedettero accanto a lui parlandogli di questo brownies che se lo mangiavi troppo velocemente, ti gonfiava come un palloncino, se invece lo facevi troppo lentamente, quello che ti rendeva sottile come un pezzo di carta.  
Sorrise educatamente, ascoltando le varie discussioni sul sapore che avrebbe dovuto avere: cioccolato, sdegna. Marmellata ai frutti di bosco? Forse. Ancora meglio: cerume. George si portò le mani ai capelli, disperato: chi mai mangerebbe un brownie al cerume, Fred?  
Quando gli scambi di battute si fecero più accesi, sgusciò via dal divanetto, cercando di non attirare troppo l’attenzione su di sé.  
Harry era occupato a leccare via la faccia alla giovane Weasley, nascosti dietro una colonna, Sirius invece stava borbottando qualcosa a Lupin, i visi vicini e le mani che si sfioravano.  
Nessuno si sarebbe accorto della sua assenza.  
E anche se era quello che voleva, questo lo fece sentire stranamente solo. 
Stava per sgattaiolare in cucina, dove avrebbe chiesto a Kreacher di trafugargli un panino dalla dispensa: il rapporto con l’elfo domestico, forse, era l’unica cosa che non era cambiata di una virgola in tutti quegli anni, e non aveva parole per esprimere la gratitudine che provava nei suoi confronti. 
All’apparenza nessuno sembrava aspettarsi qualcosa da lui, che brancolava nel buio tra una stanza e l’altra di Grimmauld Place, sentendosi continuamente dire: “No Reggie, va bene così, non ci serve aiuto.” “Vai di là, Regulus.” e ancora, “Sono questioni dell’Ordine, Reg.”, ma Kreacher era l’unico a non farglielo pesare. 
Era solo Regulus, mentre addentava un panino al miele, ancora caldo, e si toglieva le scarpe per acciambellarsi sopra lo sgabello che l’elfo usava per arrivare ai ripiani più alti. 
Solo Regulus. 
 
Il professor Silente entrò nella stanza, più scuro e preoccupato in volto che mai.  
Harry si guardava le mani, che giocherellavano sul tavolo con il tappo di sughero di una bottiglia, mentre Sirius, Lupin e gli altri membri dell’ordine prendevano posto intorno alla tavola della cucina. 
“Peter Minus è riuscito a trafugare informazioni prezioni, grazie alla cattura dell’Auror Emmeline Vance,” parlava grave, il preside, facendo oscillare lo sguardo su ciascusono dei presenti. Regulus si appiattì contro il muro, sentendosi penetrato dai suoi occhi chiari. “Ma fortunatamente, Lord Voldemort ancora non sa nulla della distruzione di tre dei suoi Horcrux. E’ un vantaggio da non sottovalutare, quello che abbiamo.”  
“Sporco ratto del cazzo.” Sentì Sirius borbottare, mentre lo guardava alzarsi dalla sedia e sbatterla sotto al tavolo quasi prendendola a calci.  
Felpato.”  
Regulus aveva notato come spesso a Lupin servisse anche solo una singola parola per mitigare il carattere del fratello, ma non quella volta. 
“Felpato, cosa? Esattamente: cosa?” Si passò una mano fra i capelli, spettinandoseli. Harry si voltò a guardarli con un’espressione ferita. “Non si fa così. Cazzo.” Altro calcio alla sedia.  
Silente gli intimò di non perdere la pazienza, ma le sue parole si persero nelle urla di Sirius: “Schifoso ratto voltagabbana. Non si tradiscono gli amici. Non si cambia fazione da un giorno all’altr-” 
“Ma è quello che ho fatto anche io.” Le parole uscirono prima ancora che avesse potuto avere il tempo di fermarle.  
Avrebbe voluto portarsi le mani alla bocca, ma aveva paura di risultare ridicolo. 
Ancora rosso in volto, Sirius si voltò verso di lui, apostrofandolo con espressione confusa, “Reggie?”  
“E’ quello che ho fatto anche io. Li ho traditi, li ho traditi tutti i miei amici. Evan. Barty. Gaige Mulciber.” Non osava guardare l’espressione delle persone intorno a sé, e tenne lo sguardo basso, sulla punta delle sue scarpe. “Sono un ratto anche io? Sono sporco?”  
“Regulus, non è assolutamente la stessa cosa.” La voce di Lupin, così tranquilla e confortante sembrava fuori luogo nel gelo che aveva pervaso la stanza. “Tu hai fatto la cosa giusta.”  
“Ma non per loro.”  
“Dovresti andartene in camera.” La voce di Sirius lo raggiunse piatta, fredda. “E’ una riunione dell’Ordine. Avrei dovuto dirti di lasciare la sala molto prima.”  
“Harry può partecipare, però.” Gli uscì più tagliente di quanto avrebbe voluto, ma ormai era troppo tardi per mordersi la lingua. Lo fece lo stesso, e il sapore metallico del sangue gli inondò la bocca: buttò giù, alzando finalmente lo sguardo sull’Ordine. 
“Harry è una situazione totalmente diversa. Vai in camera tua.”  
“Altrimenti? Mi metti in punizione? Papà?”  
Sirius estrasse la bacchetta, puntandolo contro il suo petto. Se non ci fosse stato il muro dietro di lui probabilmente sarebbe caduto all’indietro. 
Sirius, basta!” Lupin lo afferrò per un braccio, portandolo dall’altro lato delle cucine, mentre Arthur Weasley si alzava di scatto, “I toni si stanno scaldando troppo, non ci siamo riuniti per litigare.”  
“Il signor Weasley ha ragione,” Si intromise il preside, mentre nel suo petto il cuore di Regulus stava battento così forte da lasciarlo senza fiato. “Non dovremmo-” 
Ma non ascoltò il resto della frase, corse in camera sua, e per Salazar, come si era sentito ridicolo a dare le spalle a tutta la confusione che aveva causato per poi scapparsene con la coda tra le gambe. 
 
“Regulus?”  
Si sarebbe aspettato Lupin, bussare alla sua porta con le braccia incrociate al petto e il volto stanco, ma invece era venuto Harry.  
Fece squittire le scarpe da ginnastica sul pavimento dell’uscio, imbarazzato, mentre aspettava che Regulus gli desse il permesso di entrare. 
“Stai bene?” Gli chiese, una volta che si fu accomodato sul suo letto. 
“Mh mh”, rispose Regulus, nascondendo il braccio marchiato sotto alle coperte. Non aveva mancato di osservare il modo in cui gli occhi del ragazzo era guizzati ad esso, prima di sedersi accanto a lui. 
“Sirius non voleva farti del male.”  
“Lo so.”  
Harry si portò una mano alla bocca, mangiandosi un’unghia sovrapensiero. Anche Barty era solito farlo. 
“Pensano che voglia tornare da loro? Vero? Dai Mangiamorte.”  
“No!” Ma Regulus riuscì ad intuire la bugia, dal mondo in cui Harry rispose velocemente, sporgendosi un po’ più su di lui. “Assolutamente no! Sono solo preoccupati. E’ una-” Il suo sguardo guizzò lontano da lui, posandosi sulla maglia che Regulus si era tolto prima di andarsi a coricare a letto, gettata sul pavimento. “-una situazione strana. Domani poi c’è la luna piena, sono tutti nervosi perché Piton non è ancora venuto a portare l’Antilupo e-”  
“Antilupo?” Regulus si rigirò nel letto, per poter veder meglio Harry in faccia. “Per chi?”  
“Per Remus.”  
“Remus? Remus Lupin è un lupo mannaro?”  
“S-sì, aspetta, non lo sapevi?” 
“No.” 
“Ma andavate a scuola insieme.” 
“Ti giuro! Non lo sapevo.”  
Risero entrambi, per la situazione appena creatasi.  
E per una manciata di secondi, non furono altro che solo due ragazzi. 
“Non voglio tornare da loro.” Disse poi Regulus, tornando serio. Harry lo scrutò a lungo, dietro le lenti dei suoi occhiali. La cicatrice sulla sua fronte risplendeva perlacea, contro la luce della lampada ad olio che Regulus aveva posato sulla scrivania, accanto al letto. 
“Lo sappiamo. Ci fidiamo di te, Regulus.” 
 
 
“Beh, se questa non sono le conseguenze delle proprie azioni.”  
“Felpato. Lo hai minacciato con la bacchetta.”  
“Mi ha paragonato a nostro padre!” 
“E’ un ragazzino, ha solo diciannove anni! Ha semplicemente fatto un’uscita infelice. E poi tuo padre non si comportava esattamente in quel modo?”  
“Sei dalla mia parte o dalla sua?”  
“Felpato. Smettila.” 
Sirius si lasciò cadere sul letto, scalciando via gli anfibi. Uno si infilò sotto il comodino, l’altro sbattè contro la porta.  
“Perché ha detto quelle cose?” 
“Perché si sente solo. Gli mancano i propri amici. I Malandrini non erano tutta la tua vita, quando avevi la sua età? Gli mancano, è normale.” Remus si stava slacciando i bottoni della camicia, con le dita che tremavano per la pozione Antilupo. Alla fine Piton era arrivato, portandone con sé un calderone fumante: “Per le prossime due lune dovresti essere a posto.”, aveva biascicato, lasciandolo fluttuare sul tavolo della cucina. 
Sirius aveva Kreacher sporgersi sul composto curioso, e arricciare il naso disgustato quasi immediatamente. 
“Qualche volta parla in francese.” Sbuffò fuori. 
“Mh?” Remus si voltò a guardarlo, infilandosi la camicia di flanella del pigiama. Sirius si alzò dal letto, portandosi davanti a lui. Uno per uno, fece entrare ogni bottone dentro la propria asola, dando alle mani di Lunastorta un attimo di tregua. 
“Reggie. Parla in francese. Qualche volta gli scappa un ouì o un merci beaucoup.” 
“Anche tu lo facevi, il primo anno. E poi osavi prendermi in giro per il mio accento.”  
“Non avevo mai sentito un accento del Galles! Perdona il mio culo aristocratico.”  
“Va bene principino. Per la cronaca, anche tu venivi preso in giro. Specialmente quando forzavi quell’inglese perfetto, sembrava di sentir parlare la Regina.”  
No!” Sirius si portò la mano alla bocca, fingendosi scioccato. 
“Mh mh. Pardon, signor Silonte, non è stata colpa mia! Il dovmitorio ha pveso fuoco da solo! 
“Lunastorta, sei un enorme bastardo quando ti ci metti.”  
Remus gli sorrise, portandogli una ciocca di capelli dietro l’orecchio, “Andrà bene, con Regulus. Bisogna avere pazienza. Mh?”  
“Ci sto provando. Davvero.”  
•°. *࿐ 
Harry voleva rendersi utile, ma era difficile quando tutti gli adulti sembravano nascondergli ogni cosa. 
“Sono stato io a scroprire il primo Horcrux,” o quasi, “Non capisco perché Silente non mi faccia andare con lui.”  
“Perché hai solo diciasette anni.” Ginny gli sistemò gli occhiali sul naso, che pendevano un po’ storti.  
“Sono maggiorenne.”  
“Ma non hai ancora finito la scuola, Harry. Hai ancora tempo per trasformarti in un eroe.” 
Harry si incupì, incrociando le braccia al petto. “Non voglio trasformarmi in un eroe. Voglio fare la cosa giusta.” 
“Lo so.” Ginny si avvicinò al suo volto, rubandogli un bacio a fior di labbra.  
Dolce, come i biscotti alla cannelle che preparava sempre la madre. Un altro bacio, più umido e sentito, mentre con le mani giocava con i suoi capelli rossi. 
“Oh. Scusate.”  
Regulus si trovava sull’uscio, una sigaretta in bocca e il volto leggermente arrossato. Fece per andarsene, ma fu Ginny alzarsi per prima. 
“No, stai pure. Dovevo uscire in ogni caso, stasera torna a casa Charlie dalla Romania.” Si chinò per salutare Harry, lasciandogli un bacio in mezzo agli occhi. 
Aveva passato con lei quasi ogni giorno, da quando era finita la scuola e tra poco che sarebbe ricominciata avrebbero potuto vedersi ancora più spesso, ma sembrava che il tempo passato inseme non bastasse mai. 
Regulus salutò Ginny con un sorriso tirato, la sigaretta sempre tra i denti, e prese posto vicino ad Harry. 
“Non volevo disturbarvi, ma è l’unico posto dove Sirius non mi scoprirebbe la sigaretta. Le nasconde sempre nel solito posto da quando ha quattordici anni, e ancora si sorprende quando finiscono prima del previsto.”  
Regulus parlava piano, il volto ancora arrossato.  
“O no, Ginny stava per andarsene in ogni caso.”  
“Mh. Okay.” Con uno schiocco delle dita, una piccola fiammella iniziò a danzare sul dorso della sua mano, con cui accese la sigaretta. Un tiro profondo, poi il fumo danzò via dalle sue narici.  
Odoravo un poco di Whisky Incendiario e le sue solite occhiaie si erano fatte molte più scure ed evidenti.  
“Tu e la Weasley. Mi ricordate James e Lily.” Strascicava le parole, tra un tiro di sigaretta e l’altro. Aveva sicuramente bevuto. 
“Me lo ha detto anche Sirius. E poi anche Remus.” Harry si mosse a disagio, guardandosi la punta delle scarpe da ginnastica. La gomma bianca sulla punta era stata scarabbochiata da Ron, qualche mese prima. Molly gli aveva consigliato un poco di Sgrassatore Magico per pulirle, ma ad Harry piacevano più in quel modo: aveva un po’ del suo amico, dovunque andasse.  
Non era da sottovalutare, in tempi di guerra. 
“Anche io avevo qualcuno. Ad Hogwarts.” Il tono di voce di Regulus era così basso che Harry dovesse riavvicinarsi a lui, per ascoltarlo. “Era un ragazzo, del mio anno. Oh, non fare quella faccia, dai.”  
“Non sto facendo nessuna faccia.” Harry però sentiva di essere arrossito violentemente, “Come si chiamava?” 
“Non posso dirtelo! Suo padre lo ammazza se ci scopre.” Un altro tiro, mentre lo sentiva tirare su col naso. 
Harry pensò che chiunque fosse stato, dovrebbe aver avuto quasi quarantanni adesso, e il padre l’aspetto di Silente. Ma non lo disse ad alta voce. 
“Suo padre lo ammazza, Harry. C’est un homme horrible. Je crois que je le déteste. Non riesco a capire come abbia potuto avere un figlio come lui. Je l’aime. Je ne peux pas le laisser être blessé.” Si appoggiò con la testa alla sua spalla, facendo cadere a terra la sigaretta. Harry la spense veloce, calpestandola, e avendo Regulus così vicino in quel momento l’odore di alcol e fumo era talmente forte da dargli mal di testa. 
“Quanto hai bevuto, Reg?” Pregò che non gli rispondesse in francese, perché stava veramente diventanto difficile riuscire a seguirlo. 
“Non tanto. Juste une bouteille.” Un sospiro, prima di scoppiare a ridere. “Non ti offendere, ma probabilmente se mi avessi lasciato nella caverna avrei sofferto di meno. Non vi fidate di me.”  
“Non vogliamo che tu stia male. Silente voleva salvarti, pensava che-” 
“E perché non lo ha fatto quando ero ancora in vita? Perché hanno portato via Sirius hors de cette maison ma non me?”  
Harry non rispose. Batté piano la mano sulla sua spalla, cercando di cingerlo. A contatto con il suo braccio, riusciva a sentire ogni vertebra, le costole, i pochi muscoli che fasciavano il suo corpo. 
Si chiese anche se non avesse caldo, sempe a maniche lunghe, in quel semplice tentativo di coprire il Marchio che aveva sul braccio. 
“Non lo so.” 
“Ho sonno.” Biascicò. 
“Ti accompagno in camera.” 
 
Regulus stramazzò nel suo letto, addormentandosi quasi immediatamente. 
Harry pensò che se ci fosse stata Hermione, gli avrebbe consigliato di andare subito da Sirius, ma qualcosa dentro di lui disse che era una cattiva idea. 
Regulus si era mostrato vulnerabile, e non poteva tradirlo in quel modo.  
Per quanto amasse il suo padrino, c’erano cose che forse non avrebbe potuto capire.  
Essere un bambino e crescere in una guerra, era terribile. Tornare ad Hogwarts ogni anno, senza sapere chi dei compagni quell’anno sarebbe tornato, era terribile. Se chiudeva gli occhi ancora riusciva a vedere Cedric Diggory cadere di fronte a lui come ad un marionetta a cui qualcuno aveva tagliato i fili. 
Immaginò come dovesse essere, morire nel bel mezzo di una guerra per poi risvegliarsi in una nuova, senza le persone che ami al tuo fianco. Se ad Harry avessero portato via Ginny, era sicuro che sarebbe tranquillamente impazzito. 
Forse anche Regulus aveva avuto lo stesso pensiero, e quello era il suo modo per tener duro. 
Si chiuse la porta della camera alle sue spalle, cercando di non fare troppo rumore, con un macigno in più sullo stomaco. 
 
Harry osservava il professor Silente sedersi accanto a Narcissa Malfoy, tenerle una mano in conforto, mentre la donna guardava il vuoto davanti a sé.  
Anche Draco cercava di tenere lo sguardo basso, con l’espressione più miserabile che gli avesse mai visto in sei anni di scuola. Sotto al suo occhio, argentea e brillante, svettava una piccola cicatrice, ricordo del Sectumsempra dell’anno prima, e Harry sentì i sensi di colpa grattargli furiosamete le pareti dello stomaco. 
Sirius non era sceso per la riunione, e Regulus sembrava aver preso il suo posto come padrone di casa. 
Aveva gli occhi arrossati, i ricci schiacciati su un lato della testa come se ci avesse dormito sopra tutta la notte, ma nulla nella sua voce o nel suo comportamento faceva trasparire quello che era successo la notte precedente. 
La somiglianza tra Narcissa e Regulus, era veramente impressionante; sul volto della donna, pallido e tirato per lo stress, era ancora possibile cogliere rari sprazzi della bellezza che ancora apparteneva al giovane Black: il taglio degli occhi, verdi, ma allo stesso tempo scuri come le profondità del Lago Nero, le labbra rosse, il naso dritto. La stessa espressione, arrogante e spietata, che aveva visto anche in molte foto di Sirius da giovane. 
E se gli anni, nonostante la loro crudeltà, l’avevano addolcita in Sirius, Narcissa la sfoderava ancora con orgoglio, esattamente come faceva Regulus. 
“Lucius non è-” Narcissa chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo. “-non è voluto scappare. Con noi. La sua fedeltà è rimasta all’Oscuro Signore.” 
“Oh, non me lo sarei mai aspettato.” La voce di Regulus uscì tagliente, l’accento francese molto più marcato del solito. 
Harry vide Draco trasalire e lanciare un’occhiata in cagnesco a Regulus una volta raccolti nuovamente insieme i pezzi. 
Regulus.” Lo richiamò Remus, con lo stesso tono che usava per Sirius. “Non obbligarmi a chiederti di andartene.”  
“Non posso essere sorpreso? Era una così cara persona, Lucius. Mi aspettavo veramente una sua redenzione.”  
Harry si fece piccolo, sulla panca, per paura che venisse chiesto anche lui. 
Non vedeva Draco dalla fine della scuola, e nonostante l’attrito tra di loro sembrava essersi smussato nelle settimane precedenti alle vacanze non aveva assolutamente voglia di doversene andare mentre lui rimaneva lì ad ascoltare. 
Sarebbe stata una vera e propria ingiustizia, e non avrebbe potuto tollerarla.  
“Sei sicura di questo? Una volta iniziato non si torna indietro, Narcisse.” 
Lei lo guardò con occhi gelidi, la bocca ridotta ad una fessura. “Sì. Non ho alcuna intenzione di cambiare idea. Devo proteggere mio figlio.”  
Regulus sembrò soddisfatto della risposta. Incrociò le braccia al petto, tirandosi indietro sulla sedia. 
“Bene.”  
“Bien.”  
La voce del preside squarciò il silenzio che ne seguì, “Benvenuti nell’Ordine, signori Malfoy.”  
 
Narcissa aveva cresciuto Regulus. 
Lo aveva aiutato a muovere i primi passi, in quelle stesse stanze, lo aveva consolato quando era caduto sbucciandosi le ginocchia, lo aveva accompagnato a Diagon Alley per comprare la sua prima bacchetta. 
Narcissa aveva da sempre desiderato essere madre, e aveva soddisfatto il suo bisogno su Regulus quando Walburga era troppo occupata con Sirius per degnarlo anche solo di qualche sguardo annoiato. 
Narcissa aveva pianto la sua morte senza neanche aver ricevuto indietro un corpo da seppellire, e aveva poi cercato i suoi occhi in quelli del figlio, Draco, ritrovandoli per la prima volta quando anche lui era stato costretto a prendere il Marchio. 
E adesso era di nuovo lì, con tutta la sua rabbia, il suo risentimento.  
Narcissa odiava Regulus. 
Che era cresciuto così lontano dal bambino che era stato per rendersi così simile a Sirius.  
Quand avez-vous cessé de m’aimer?” Le chiese quel pomeriggio. 
Lo sapeva, Regulus. Lo aveva sempre saputo.  
“E’ per quello che ti sei fatto ammazzare? Per amore?” Lo canzonò. Non avrebbe voluto farlo. 
“Sì, ma non per il vostro.” 
“Ti credevo più sveglio, Regulus.”  
Lui alzò le spalle, sorridendo. “Sei qui anche tu.”  
“E’ diverso.”  
Lei lo aveva fatto per Draco. Per evitare che anche lui finisse come  
come 
come Regulus. 
“Pensala come vuoi, se questo ti fa dormire la notte.” Rispose lui alla fine. Non aveva ancora smesso di sorridere. 
•°. *࿐ 
Reggie?”  
“Entra pure.” 
Sirius aprì la porta della sua camera, timidamente. “Tutto bene?”  
“Oui.”  
Regulus mise da parte il libro che stava leggendo, posandolo sul comodino. Il buio oltre la siepe. Lo aveva lasciato a Grimmauld Place un’Auror di mezza età, dimenticato su una poltroncina. 
Era un’edizione tascabile, rovinata ed ingiallita, e Regulus ne era stato subito attratto per quanto poco magica fosse. 
Se l’era intascato immediatamente, attento a non farsi beccare dagli membri dell’Ordine, e quando l’Auror era tornata la settimana dopo e non aveva detto su un qualche libro babbano dimenticato, Regulus aveva deciso di tenerselo per sé. 
“Domani Harry e gli altri tornano a scuola per il loro ultimo anno.” 
“Oh sì, lo so.”  
“Mi chiedevo, se...” Regulus osservò il fratello far vagare lo sguardo nella stanza, che in quei mesi era tornata sua. Qualche libro sopra la scrivania, il letto gemello davanti al suo ricoperto dei vestiti che ci tirava sopra quando si cambiava, due tazze con i fondi di the ormai freddi. Accanto al suo, di letto, quella foto che gli aveva fatto vedere Harry, mesi prima. 
Quella di lui e Barty. “...se volevi tornare anche tu. So che dopo di G.U.F.O. non hai potuto continuare e-” 
“Sirius, non penso sia una buona idea.” Regulus gli mostrò il braccio marchiato, cercando di non far trasparire la delusione nella sua voce. 
Certo che gli sarebbe piaciuto tornare. Probabilmente Hogwarts era stato uno dei pochi posti dove realmente si era sentito parte di qualcosa. 
Ma non era più un luogo adatto a lui. Aveva smesso di esserlo quando il Signore Oscuro aveva deciso di prenderlo all’interno delle sue file. 
E non avrebbe potuto sopportare di guardare negli occhi i figli delle persone contro le quali aveva combattuto. 
“Sì beh, ho provato a spiegarlo anche io a Remus.” Si mosse a disagio, sedendosi accanto a lui. “Chi l’ha fatta?” Chiese poi, indicando la foto sopra alla sua testa. 
“Evan Rosier.” 
“Oh. Quello biondo che è venuto a casa nostra per Natale, vero?”  
“Oui.”  
“Sai che non ricordo che fine ha fatto?”  
“E’ stato ammazzato. Da Malocchio Moody, durante il tuo settimo anno. Anche lui ha lasciato dopo i G.U.F.O per unirsi al Signore Oscuro.”  
“Ah.”  
“Mi dispiace. So che non riesci a provare compassione, e non te lo chiedo ma non-” Regulus prese un respiro, tenendo dentro l’aria finché i polmoni non iniziarono a fargli male. “-non chiedermi di non parlare di loro. O di parlarne male. Lo so che hann-abbiamo fatto tutte le scelte sbagliate. Lo so. Ma non chiedermi di nascondere la foto. O di smettere di pensare a quello che sono stato.”  
Parlare in quel modo, a cuore aperto, gli stava costando ogni singola cellula di energia che teneva in corpo, e prima ancora che avesse finito le lacrime avevano già iniziato a scorrere, bollenti contro il suo viso. 
Walburga ne sarebbe stata sicuramente delusa. 
“Reg. Mi dispiace.” Sirius lo attirò a sé, e Regulus non oppose resistenza. “Mi dispiace. Hai fatto la cosa giusta e hai perso tutto. E questo non è giusto nei tuoi confronti.”  
Regulus si lasciò coccolare, in quel momento non gliene importava nulla di esser cresciuto troppo, per esser stretto in quel modo. Lasciò che Sirius giocasse con i suoi capelli, come faceva quando erano più piccoli, che gli picchiettasse con un dito sulla schiena. 
Tap, taptap. Tap, taptaptap... 
“Ti ricordi quando parlavamo in Codice Morse?” Sussurrò, “Per non farci scoprire dalla mamma?”  
“Sì che mi ricordo.”  
Tap, taptaptaptap. Tap, tap, taptap. 
“Ti voglio bene anche io, Sirius.” 
Lo strinse un po’ più forte, poggiando il mento sulla sua testa. 
“Mi dispiace. Cerchiamo di far funzionare tutto questo, okay? Non sono stato un buon fratello maggiore, adesso lo capisco. Ma ci hanno dato un’altra possibilità. Possiamo farcela.” 
Notre deuxième chance.” 
 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: berettha