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Autore: DDaniele    10/03/2023    0 recensioni
[Hi-Fi RUSH]
Daniel è un ricercatore della Vandelay, l'azienda che mira a potenziare gli esseri umani tramite l'impianto di parti meccaniche. Daniel è all'inizio completamente soggiogato dall'ambiente che si respira alla Vandelay, manovrato da persone prive di scrupoli e sempre pronte a sfruttare il prossimo. Per fortuna, Daniel incontra Chai, il ribelle, che lo aiuterà ad aprire gli occhi.
Genere: Azione, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   Non vorrei sembrare eccessivamente drammatico, ma mi trovo in una situazione a cui non sono abituato e non so come uscirne. Eppure la giornata era cominciata nel migliore di modi. Mi sono alzato di buon’ora, ho spalancato le finestre del nuovo appartamento e da fuori è entrato un venticello fresco che ha arieggiato tutte le camere. Sentendomi di buon umore, mi sono detto che era l’occasione ideale per rivedere le planimetrie della casa in modo da apportare qualche modifica, dato che è praticamente vuota salvo le cose più essenziali. Mi rendo conto che una persona normale mi direbbe: “Ma Daniel, come fai ad avere voglia di rivedere le planimetrie del tuo nuovo appartamento?” Le risponderei: “Fino a poco tempo fa, prima che la mia vita venisse stravolta, lavoravo per la Vandelay, un’azienda che sviluppa tecnologie robotiche, quindi analizzare grafici e dati era il mio pane quotidiano. Rivedere la planimetria mi rilassa perché mi riporta alla mia normalità, quando avevo la mia vita sotto controllo.” Ma ecco che, come mi sono seduto, laptop alla mano, sul divano del salotto (l’unico mobile nello stanzone altrimenti vuoto), è successa una cosa che non mi era mai capitata prima d’ora.
   Chai, il ragazzo che mi ha salvato dalla Vandelay e con il quale sono andato a convivere (questo fa di lui il mio ragazzo? Non ne sono sicuro, ma ora non ho il tempo di stabilirlo) è uscito dalla doccia e, ancora bagnato e con solo uno stretto asciugamano a cingergli la vita, è venuto in salotto. Ecco quindi che Chai sta gironzolando per la stanza, cercando qualcosa negli scatoloni accatastati negli angoli, mentre è quasi nudo. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Un rivolino d’acqua gli parte dagli arruffati capelli castani e gli scorre lungo tuuuutta la schiena, andando poi a finire dentro l’asciugamano. E tra le sue chiappe, mi dice il cervello che non fa altro che immaginarsi la gocciolina che scende tra gli avvallamenti dei suoi glutei sodi. Altra acqua gli scorre lungo il petto, accentuando le linee degli addominali e la sua vita sottile. Sul serio, che motivo ha di avere una vita così sottile? Vorrei condurre un esperimento e vedere se riesco a circondargliela con il braccio, solo che, mi fa il cervello, ti dovresti piegare su un suo fianco, e se ti pieghi su un suo fianco è un secondo che ti ritrovi seduto con le ginocchia a terra, il viso davanti al suo inguine e ti basterebbe un gesto semplicissimo della mano per aprirgli l’asciugamano e ritrovarti davanti a… Aaaah, non voglio pensarci! Mi metto in fretta il portatile sopra il mio inguine per nascondere l’erezione.
   Chai non sembra farci caso. Canticchia a labbra socchiuse un ritornello che non conosco e si dà il tempo battendo i piedi a terra e agitando la testa avanti e indietro con dei movimenti morbidi. I capelli gli danzano davanti agli occhi castani, così espressivi e profondi. Con le mani fa l’air guitar. Con la sinistra finge di usare il plettro, mentre con la destra, robotica, muove le dita di metallo fingendo di pizzicare le corde della chitarra. Il ritmo viene scandito dall’MP3 che ha sul petto, l’oggetto che gli conferisce gli speciali poteri musicali che lo hanno reso ricercato dalla Vandelay.
   Dopo qualche minuto trascorso a fissarlo, mi faccio coraggio per sbloccare la situazione di stallo e gli chiedo:
   “Stai cercando qualcosa?”
   “Sì” mi risponde interrompendo il motivetto “il rasoio elettrico, mi sono cresciuti i capelli e vorrei tagliarli.”
   “È dentro il pacco dall’altro lato” gli dico indicando con il dito l’angolo opposto della stanza “Dovrebbe essere in fondo a tutto.”
   Chai mi risponde fischiando ravvicinando le labbra (è il suo modo di dire ‘Grazie’?) e si avvicina al pacco. Si china puntandomi il sedere contro (se non sapessi che ha un carattere molto alla mano, penserei che mi stia provocando). Rovista tra gli oggetti e alla fine ne estrae il rasoio portandolo sopra alla testa in una mossa di trionfo.
   “Voglio farmi un undercut. Mi fa il viso più sottile. Ti piacerebbe, vero?”
   “Sì, staresti bene” rispondo arrossendo “ma dovresti tagliarti i capelli come piacciono a te.”
   “A me piace l’undercut, quindi è deciso.”
   Chai si porta il rasoio davanti al viso fissandolo.
   “Posso usare i miei poteri per dargli la carica. Così andrà più veloce.”
   “È meglio di no. Se gli mandi gli impulsi del tuo MP3 potrebbe andare in sovraccarico e…”
   Mentre parlo, Chai agita il rasoio con il braccio robotico. Gli dà due colpetti ritmici e l’MP3 si attiva, mandandogli delle vibrazioni. Il rasoio si aziona muovendo le lamette a una velocità maggiore del normale.
   Chai si passa il rasoio dietro l’orecchia destra.
   “Ahia!” geme e lascia cadere il rasoio a terra “Che male, pizzica.”
   “Aspetta, fammi vedere.”
   Lo prendo per mano e lo porto al divano, dove lo faccio sedere per osservargli la nuca (Chai è più alto di me e se rimanesse in piedi non potrei osservare il danno). Calo il viso all’altezza del suo e osservo dietro l’orecchio. Il rasoio gli ha lasciato un taglio orizzontale da cui sgorga un rivoletto di sangue. Lungo il quadratino di pelle rasata la pelle è diventata rossa, irritata dal passaggio delle lame. Mi scosto dalla sua nuca e Chai mi osserva con degli occhioni languidi, come un bambino che si è sbucciato un ginocchio giocando e cerca attenzioni e rassicurazioni.
   “Non è nulla” gli dico mentre vado al pacco per prendere una pomata “è successo spesso ai nostri test al laboratorio.”
   Ritorno da lui con in mano una scatolina di plastica blu elettrico. La apro e con il dito prendo una generosa quantità di unguento, scivoloso al tatto ma dal profumo gradevole, mi siedo con il busto davanti a Chai e mi chino verso la sua nuca. Gli spalmo la crema con dei movimenti lenti e circolari, facendo attenzione a non passare sul sangue, che intendo aspettare si fermi prima di applicarvi un cerotto. Adesso è più importante fermare l’irritazione, che potrebbe espandersi cellula per cellula al resto della nuca.
   “Basterà che tu usi questa pomata per una settimana. Il prurito durerà, ma tu non grattarti o peggiorerai la situazione.”
   Chai, il viso all’altezza del mio petto, si rimette a canticchiare il motivetto di prima. Credo si senta cullato dai movimenti ritmici con cui gli applico l’unguento. Mi lascio andare ai tempi dettati dai miei gesti e, prima che me ne renda conto, ho preso anch’io a intonare lo stesso motivetto.
   “Finalmente ti sei un po’ sciolto” dice Chai dolcemente, quasi non volesse spezzare l’armonia che abbiamo raggiunto. “Sei sempre così teso. Prima eri una corda di violino. E l’altra sera quando mi hai visto entrare nel letto eri un blocco di granito. Adesso che ci faccio caso, ora ho solo un asciugamano e l’altra volta ero in boxer. Ti imbarazza vedermi svestito? O forse ti eccita?” mi domanda alzando il tono della voce sulla seconda domanda con fare malizioso.
   “No! Cioè, non ci sono abituato, ecco. Non sono mai stato con un ragazzo bello e solare come te. Vivevo praticamente in laboratorio ed ero circondato da colleghi senza scrupoli che badavano solo alla carriera. E non posso biasimarli, ero anch’io come loro.”
   “Ma vedi come siamo in sintonia adesso?” Chai solleva il viso verso di me. Mi scosto un po’ da lui per guardarlo con la sua stessa intensità. È così onesto e genuino da meritare tutta la mia attenzione.
   “Hai ragione. Prometto che mi lascerò andare di più seguendo il flusso, come fai tu.”
   “Bene” mi risponde arricciando le labbra in un ampio sorriso. Gli dò un buffetto sulla testa e mi chino di nuovo sulla sua nuca, cingendolo quasi in un abbraccio.
   Chai poggia il viso sul mio petto e mi chiede:
   “Mi metti tu la crema finché ne ho bisogno?”
   “Va bene.”
   Per tutta risposta, Chai ricomincia a canticchiare, stavolta con un ritmo più veloce che mi fa pensare che si senta soddisfatto. Continuo ad applicargli la pomata fischiettando sulla scia del suo motivetto.
   
 
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