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Autore: Sunako e Sehara    12/09/2009    1 recensioni
Il granducaduca Itachi Uchiha, dopo la conoscenza di una persona misteriosa ed introversa, decide di appuntare su un diario gli avvenimenti che questi sta apportando nella sua vita. Tuttavia, esso non sa che il suo uomo è una persona assai pericolosa, e che lo porterà a perdere la sua umanità...
E' una Itachi, Madara, Deidara...lo scrivo qui perchè Madara non è presente tra i personaggi^^
[Questa fiction si è classificata prima parimerito al contest "I diari della famiglia Dracula" indetto da xXLady_NeneXx e vincitrice del premio speciale "Miglior interpretazione della traccia"]
[Sehara]
Genere: Drammatico, Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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III
Terzo mese


13 Dicembre 1752 Londra.

Sono trascorse più di due settimane da quando ho scritto l’ultima volta, ed ancora non riesco a capacitarmi di come possa essere qui, su questa terra, seduto alla mia scrivania, ed in grado di farlo…
È un miracolo, o almeno questo è quanto affermano i medici che mi guardano come un morto che cammina. Peccato che il sottoscritto non creda nei miracoli.
Se sono vivo lo devo unicamente ai miei familiari, che mi sono stati accanto, a Lord Madara, e alla mia forza di volontà.
Il conte, mio cugino Shisui, ed il mio adorabile fratellino Sasuke, come mi ha raccontato il mio nobile padre, sono rimasti praticamente sempre accanto al mio letto per vegliare il mio sonno ed accudirmi. In quanto a Lord Madara, lui, come già accaduto, era nei miei sogni.
Ve ne è stato uno poi che, a mio avviso, è stato quello che ha permesso il mio risveglio.
Ma voglio andare per ordine perché, quanto avvenuto, è qualcosa che ha dell’incredibile. Come tutto ciò che riguarda la mia vita da quando ho incontrato Lord Madara del resto. Inoltre ho bisogno di scrivere, per rendermi conto di essere vivo ed analizzare i fatti.
Il 26 novembre, come avevo annotato, è stato il giorno dell’arresto.
Io, il granduca mio padre, il conte mio cugino, il visconte Obito ed altre quattro guardie reali, al calar del sole, ci siamo diretti alla dimora del marchese Orochimaru ma questi, inaspettatamente, come se fosse stato avvertito, ci stava aspettando armato di spada e molteplici soldati e ci ha attaccati. Essi, probabilmente, costituivano una parte di quelli che gli sarebbero serviti per la rivolta che stava mettendo in atto.
Essendo in netto svantaggio numerico e non attendendoci tale accoglienza, ci siamo difesi come meglio potevamo. L’ordine era di non uccidere il marchese, ma non è stato possibile attenervisi. Infatti, a causa del cruento scontro, sono stato io stesso a dargli il colpo mortale prima che assassinasse il conte mio cugino, sebbene subito dopo sia stato colpito a mia volta. Ho avvertito la sua lama entrare nel mio fianco e trapassare gli organi che trovava al suo passaggio, prima di riuscire per ripetere quel gesto una seconda volta, e poi una terza.
Ricordo praticamente tutto. Un dolore lancinante, la giubba bagnarsi con estrema rapidità, l’odore nauseabondo del sangue, il mio nome urlato dal granduca mio padre ed infine il contatto con il suolo. Dopo di che il buio.
Al mio risveglio mi hanno raccontato che non ripresi i sensi sino al 30 novembre, quando ho riaperto gli occhi per qualche minuto. Che le condizioni in cui versavo erano altamente critiche ed avevo perso molto sangue, che avevo la febbre alta e deliravo. Poi che l’1 dicembre il mio stato di salute precario è precipitato, e che il medico aveva affermato che non avrei superato la notte. Che a tali parole il granduca mio padre aveva fatto chiamare il prete ma che il sottoscritto, in un momento di lucidità, lo aveva mandato via.
Non era di un pastore che avevo bisogno, ma di Lord Madara. Desideravo vederlo, e lo desideravo talmente tanto che lo ho sognato. Lo ricordo perché rammento quanto ci siamo detti.
- Vuoi vivere?
- Sì…
Tre semplici parole suggellate da un bacio disperato e dal sapore del sangue, il sangue che avevo perso e che ancora riecheggiava nelle mie membra.
A seguito di quel giorno, mi hanno raccontato ancora, non ho ripreso i sensi prima che ne passassero altri quattro, poi è avvenuto quello che tutti hanno chiamato il miracolo. Dopo aver superato la fatidica notte, ho iniziato a riprendermi… o almeno credo.
È tutto talmente surreale. Mi sento strano, diverso, molto diverso, ma non capisco da cosa dipenda, è una sensazione estremamente strana. Persino le cose, quali oggetti o persone, le osservo in modo differente. Il conte mio cugino attribuisce tale fenomeno al fatto che sia stato ad un passo dalla morte. Mi ha domandato dove ho trovato la forza e l’energia per riprendermi, non ho saputo rispondere. L’unica certezza è che non potevo né volevo morire tanto giovane, perchè ci sono ancora molte, troppe cose che desidero vedere, conoscere e scoprire.
Lo ho detto anche a Lord Madara in quel sogno tanto reale, di cui però possiedo solamente il ricordo di quelle tre  parole e l’attaccamento che nutrivo nei confronti della vita. Eppure ho come la sensazione che Lord Madara mi abbia detto molto, molto altro in quel frangente…
Ma cosa importa? Ciò che conta è che sia vivo e che presto potrò riprendere ad uscire! Voglio incontrare Lord Madara il quale, ho scoperto, si è premurato di mandarmi dei libri ed un biglietto, non firmato, in cui mi diceva di lottare con tutto me stesso. Sono l’unico ad aver capito di chi fosse tale regalo, come sono l’unico a non essersi stupito del fatto che in esso non vi erano domande riguardanti il mio stato di salute, probabilmente ne era già a conoscenza.
È incredibile il legame che, in un lasso di tempo tanto ristretto, è riuscito a crearsi tra noi, tuttavia temo che il nostro incontro non avverrà molto presto. È già molto che riesca ad alzarmi dal letto, oltre a tutto non so quando mi leveranno i punti. Mi sento bene ma i medici mi impongono di stare a riposo, ed il mio pallore non aiuta.
Ma tutto a suo tempo, presto sono sicuro di poterlo andare a trovare e di discorre con lui dell’accaduto.
Poi il 6 dicembre è venuta a farmi visita la mia promessa sposa che si è trattenuta per due giorni. Era terribilmente preoccupata per la mia persona ed ha pianto molto non appena mi ha incontrato. Non le avevano permesso di venire prima date le mie condizioni. Quando mi ha veduto, mi ha gettato le braccia al collo ed è stata estremamente dolce, sebbene debba ammettere che mi ha fatto una stana impressione quando le sue labbra si sono soffermate sulla mia guancia, dato che l’ultimo a compiere tale gesto è stato Lord Madara.
Mi sento in colpa a dirlo, ma avrei voluto che ci fosse stato lui al suo posto. Da quando mi sono risvegliato il desiderio di incontrarlo è aumentato, è quasi incontrollabile ed il sapere di non poter uscire… Mi sembra di impazzire!
Vorrei che Lord Madara si introducesse nella mia stanza dalla finestra, così da non essere scorto da persona alcuna, ma so che è impossibile. Basta, inizio a vaneggiare, evidentemente devo ancora riprendermi dall’accaduto…
La compagnia della principessina Haruka Kuran mi ha fatto piacere, come me ne fa quella del conte mio cugino, del mio amato fratello e dei miei diletti genitori, che non avrei mai voluto far preoccupare. Tuttavia, dal giorno in cui mi sono ridestato, ho notato di passare gran parte del tempo a dormire.
I medici dicono che questo accade per permettere al mio fisico debilitato di recuperare, ma essi non sanno che il mio sonno è agitato e discontinuo. Evito di parlarne perchè per lo più rivivo il momento in cui il marchese Orochimaru mi ferisce e lo sgorgare del sangue, non voglio impensierire ulteriormente la mia famiglia. Devo solo attendere che passi, inoltre le poche ore di luce che l’inverno mette a disposizione non aiutano di certo. Spero di rimettermi in fretta, di passare notti tranquille e che questa stanchezza, per lo più mattutina, passi al più presto.


14  Dicembre 1752 Londra

Anche oggi il mio risveglio non è avvenuto prima delle quattro, quando fuori era già l’imbrunire a causa delle giornate notevolmente accorciatesi, e così per leggere ho dovuto accendere delle candele. Non avevo mai fatto caso a quanto fosse ipnotizzante il fluttuare ondeggiante della fiammella. Sono rimasto a fissarla ininterrottamente per due ore. Tutto in lei mi attraeva: la fiamma, la cera che colava in veloci goccioline che poi si depositavano sul bordo del candelabro in argento, il suo lento consumarsi ed abbassarsi. Ero come ipnotizzato, effetto che mi è capitato anche con la tenda, le pieghe del lenzuolo o le venature del mobile. A ridestarmi, stavolta, è stato il mio amato fratello Sasuke, il quale si era premurato di recapitarmi la cena che però ho appena toccato. Come sempre in questi giorni.
Più che fame mi ritrovo ad avere molta sete. La mia bocca è sempre asciutta, ma anche questo per i medici è normale, come il fatto che mi dia fastidio la luce poiché sono stato per molti giorni a letto. L’unica cosa che non si spiegano è la pronta guarigione delle mie ferite.
Devo sforzarmi poiché non basterà solo questo per incontrare Lord Madara…

15  Dicembre 1752 Londra

Il sonno agitato non bastava, esso doveva anche tormentarmi con il ricordo mostruoso dell’incubo fatto…
Era notte, le strade illuminate solo dal pallore della luna ed il sottoscritto stava inseguendo qualcuno, una ragazza. Essa si nascondeva dietro i muri, come io stesso avevo fatto tempo addietro quando era stato Lord Deidara il mio inseguitore.
Non la vedevo, ma sapevo che lei era lì! Sentivo il suo respiro affannoso rimbombare nelle mie orecchie, avvertivo l’odore della sua paura nell’aria, e questo mi piaceva e mi terrorizzava allo stesso tempo. C’era una parte di me che continuava ad inseguirla ed un’altra che mi implorava, come faceva quella povera ragazza, di fermarmi. Poi, sempre in sogno, ho ricordato le parole del biglietto di Lord Madara.
-Combatti con tutto te stesso.
Queste, che fortunatamente mi hanno risvegliato, hanno poi continuato a riecheggiare nella mia testa anche dopo che mi sono destato, facendomi al contempo provare la sensazione che non fosse la prima volta che ciò accadeva. Non mi capacito di come abbia potuto fare un sogno del genere. La malattia deve avermi scosso più di quanto credessi.

15  Dicembre 1752 Londra

Anche quest’oggi ho avuto un terribile incubo, ed anche in questa occasione mi sono destato poco prima di assalire la mia vittima, ed ancora una volta unicamente perchè ho rammentato le parole di Lord Madara, o me le ha sussurrate lui apparendo, non ricordo. Questi sogni mi stanno sfiancando e la sua lontananza non mi aiuta di certo.
Desidero vederlo, parlargli… Inoltre, stando meglio, sia il conte mio cugino che il mio diletto fratello sono tornati l’uno in servizio e l’altro alle lezioni private e, sebbene passi gran parte del giorno a dormire, la sera mi sento solo. Ho invertito gli orari e neanche i libri che mi ha prestato Lord Madara riescono a tenermi la dovuta compagnia. Li leggo non vedendo l’ora di poterne discorrere con lui, così come sono ansioso di discutere sul nuovo modo in cui vedo le cose.
Sì, ho proprio molto da raccontargli…  

16  Dicembre 1752 Londra

Finalmente mi hanno tolto i punti. Il medico quasi non credeva che la ferita si fosse già rimarginata e, mentre operava, mi ha lodato, affermando che un prodigio quale è il sottoscritto non poteva smentirsi neanche in questo. Prima di andare si è raccomandato di riprendere un ritmo più sano e di non strapazzarmi troppo.
Sono ancora un po’ debilitato, ma per festeggiare sono potuto scendere a cena con i miei familiari, anche se non ho mangiato molto.
Ultimamente comunque sto divagando, questo diario lo ho iniziato per parlare di Lord Madara ma, non potendo muovermi dal letto, le ore sembrano non trascorrere e, scrivendo, almeno le notti passano più velocemente ed il qui presente ha una testimonianza permanente dei fatti. Inoltre, il nome di Lord Madara, appare costantemente. Un modo per sentirlo vicino e non rischiare di scordare quanto ho da dirgli.
Ora che mi sono alzato il prossimo passo sarà  Rotten Row.

17  Dicembre 1752 Londra

Ho scritto a Lord Madara: gli ho annunciato che domani sera ci saremmo veduti. Non posso più aspettare. Sento il sangue ribollirmi nelle vene al solo pensiero, mi sembro un adolescente con lo spirito in subbuglio… eppure non si tratta solo di questo.
Non riesco a spiegarlo con le parole, ma quando mai sono stato capace di spiegare qualcosa riguardante Lord Madara, oppure quanto mi sta accadendo negli ultimi due mesi?
La mia vita è radicalmente cambiata dal momento in cui lo ho conosciuto e, se in meglio o in peggio, dipende dai punti di vista. Da quello culturale sicuramente, da quello emotivo...
Quando mi soffermo a pensarci, mi accorgo di provare una sorta di paura per le forti emozioni, fino ad ora sconosciute ed estremamente perverse, che nutro nei suoi confronti, come anche per i vuoti di memoria che mi hanno recentemente colpito. E ciò accade perchè tali emozioni e questo disorientamento non sono da me.
Comunque, oltre a quello di incontrarmi nuovamente con Lord Madara, è forte in me anche il desidero di tornare al più presto in servizio. Intendo aiutare il granduca mio padre, e chi come lui, a scoprire chi ci ha traditi rivelando al marchese Orochimaru le nostre intenzioni.

19  Dicembre 1752 Londra

Mi ritrovo a scrivere oggi quanto accaduto un giorno or sono, poiché ieri ero troppo stanco per farlo. Come annotato, ho incontrato Lord Madara.
Nonostante le proteste del mio nobile padre, finito il pranzo mi sono messo l’abito da passeggio e poi, approfittando del fatto che il cugino Shisui era venuto a farmi visita, gli ho chiesto di accompagnarmi a Rotten Row per sedermi all’aperto e scambiare qualche parola con dei gentiluomini. Sono riuscito a convincere tutti nonostante l’ora tarda, dicendo loro che mi avrebbe fatto bene un poco di aria e del movimento, e che un libro ed una chiacchiera mi avrebbero fatto compagnia per il tempo in cui il mio accompagnatore avrebbe sbrigato i suoi impegni. Ho lasciato tutti sconcertati, il conte mio cugino in testa, ma i miei famigliari sanno che non sono persona da restare inattiva per troppo tempo. Per tale motivo non si sono opposti, sebbene mi abbiano sommerso di raccomandazioni. Così, scrutato dal loro vigile sguardo, ho indossato il mantello, il cappello e, preso il bastone, appoggiandomi ad esso sono uscito.
Non appena varcata la soglia della mia abitazione, ho avvertito l’aria rigida e pungente dell’inverno entrarmi nei polmoni e gelarmi il volto, a causa della differenza di temperatura con l’interno della casa.
Mi ha fatto sentire vivo.
In silenzio, sono rimasto a fissare il paesaggio toccato dalla luce del tramonto che si stagliava dinanzi ai miei occhi. Un tramonto che in questi giorni ho fissato spesso fuori dalla finestra, trovandolo ogni volta  più bello.
In men che non si dica l’odore della terra bagnata ed il freddo hanno invaso le mie narici.
Già, ultimamente sento più forti anche gli odori. Nonostante la porta chiusa della mia stanza, posso capire cosa stiano preparando nelle cucine, o riconosco chi entra dal profumo che porta. Ma non è solo questo, ora che mi soffermo a pensarci, mi sembra di avvertire più forti persino le voci.
Essere sul punto di morire, deve aver sviluppato i miei sensi.
Tuttavia potrebbe risultare una qualità sgradita, visto l’odore poco gradevole che vi è in città.
Credo di essere rimasto fermo, immobile ed assorto per circa dieci minuti. A ridestarmi, il conte mio cugino che aveva molta urgenza. Con la carrozza lo ho accompagnato dal marchese Shikaku Nara ed infine mi sono diretto a Rotten Row, dove ho ordinato al cocchiere di attendere il mio ritorno.
Non riesco a descrivere quanto ho provavo nel percorrere la strada che sapevo separarmi da Lord Madara. Il mio cuore batteva come impazzito, nella mano libera stringevo la costina del libro che mi aveva prestato, mentre guardavo come affascinato tutto ciò che mi circondava e, man mano che mi avvicinavo a destinazione, il cuore batteva più forte. Non ha mai palpitato tanto solo al pensiero di incontrarlo, di solito avviene al ricordo di quanto facciamo.
Poi lo ho veduto, era in piedi, di fianco ad un albero.
Se possibile mi è parso più bello di come lo ricordassi. Credevo che, nonostante la mia giovane età, il mio cuore si sarebbe arrestato mentre mi avvicinavo. Ero felice, estremamente felice, sebbene il mio passo lento e l’espressione composta, non rivelassero tali sentimenti per non tradire la rigida educazione impostami.
Quando gli fui di fronte, rimasi a guardare il suo viso perfetto per diversi minuti, come incantato, e solo quando mi ha carezzato una gota con la sua mano sinistra, gelida a causa del freddo che in questo momento rammento di non aver avvertito, mi sono ridestato. Lo ho salutato con un piccolo inchino e poi gli ho sorriso, notando che anche lui lo faceva. Poi ha alzato il braccio destro, quello che dava verso la strada, sollevando con esso il mantello che stranamente aveva indossato. Mi ci ha avvolto e, buttando a terra il mio cappello, mi ha salutato nel modo che gli concerne.
È stato un bacio ricco di passione e di sentimento, che ho ricambiato nonostante il luogo in cui ci trovavamo, incurante che qualche passante potesse vederci poiché mi sentivo al riparo coperto dal suo manto e dall’oscurità della sera. Che ho ricambiato con la stessa intensità di sempre, ma senza che la parte inferiore del corpo lo desse a vedere. Ero eccitato, sebbene lo fossi unicamente con la mente. Ero in netta adorazione!
Non so quanto sia durato, mi è parsa un’eternità ed un attimo allo stesso tempo. Mi sentivo appagato e completo. Avrei voluto trovarmi a casa sua, abbandonarmi a lui, ma purtroppo eravamo a Rotten Row e così, quando ha liberato le mie labbra, ci siamo accomodati su una panchina adiacente e abbiamo iniziato a parlare.
Gli ho raccontato, molto superficialmente, di quanto successo col marchese Orochimaru, la convalescenza, gli incubi ed anche lo strano modo di vedere le cose da quando mi sono ripreso ma, nonostante l’interesse che sono certo di aver suscitato, il suo viso non si è dipinto di molteplici espressioni. Era come se già sapesse ogni cosa. Però ha sorriso quando gli ho rivelato di averlo sognato e credo che, nonostante la compostezza, sia rimasto stupito ed affascinato da quanto gli ho svelato.
È stato davvero bello rivederlo e poter conversare nuovamente con lui sebbene, purtroppo, il tempo che avevamo a disposizione sia volato ed io abbia dovuto fare ritorno a casa.
Mentre scrivo ripenso alle sensazioni provate e ancora tremendamente vivide. Ho la sensazione che stasera riuscirò a dormire tranquillo.

20  Dicembre 1752 Londra

Essendo andata bene l’uscita di ieri, stanchezza a parte, ho voluto ripetere l’evento così, questo pomeriggio, mi sono diretto a corte e fatto annunciare a sua maestà Hiruzen III. Sua altezza è stato molto contento di vedermi, l’accaduto lo ha toccato profondamente e sapere le malefatte del marchese deve averlo turbato fortemente. Abbiamo conversato a lungo ed ho letto sofferenza nei suoi occhi. Ovviamente sua altezza si è interessato alla mia salute e si è accertato che stessi bene, ed il sottoscritto, per rasserenarlo, gli ha assicurato che sarei tornato presto. Cogliendo l’occasione poi, facendo chiamare il granduca mio padre ed i presenti che hanno preso parte all’operazione del 26 novembre, ho parlato del marchese. La fuga di informazioni è stata esclusa, e come abbia fatto quell’uomo a sapere dell’attacco è un mistero che dovrò svelare al più presto, non credo nel detto - a corte persino i muri portano orecchie -.
Per ora però mi godo la degenza e a tale proposito, a fine incontro, mi sono diretto alla residenza  di Lord Madara.
Ad aprirmi al mio arrivo, una nuova domestica che mi ha condotto subito in sala dove, con mia somma sorpresa, ho trovato Lord Madara e Lord Deidara intenti in una conversazione riguardante l’arte. Erano entrambi accomodati sul divano, Lord Deidara osservava Lord Madara con fare assorto, ed il suo linguaggio era assai meno sboccato di quello che gli ho sentito usare nelle uniche volte in cui lo ho incontrato o mi ha parlato. Il suo sguardo, era esattamente come quello che sono solito rivolgergli io, questo almeno sino a quando non ho varcato la soglia della camera. Con il mio arrivo l’espressione è mutata facendosi, se possibile, più fredda di quella che gli ho veduto l’ultima volta tuttavia, stranamente, in questa non ho avvertito alcun tipo di disagio. Forse perché vi era anche Lord Madara, che invece mi ha sorriso venendomi incontro.
Ovviamente Lord Deidara non ci ha onorato della sua compagnia, si è congedato subito dopo avermi deliziato con un epiteto non molto gentile. Ma non mi lamento poiché, dopo la sua uscita, io e Lord Madara ci siamo accomodati ed abbiamo potuto parlare tranquillamente.
La conversazione si è incentrata sui libri prestatimi, che quel giorno mi ero premurato di restituire, e, prima di andare, essendo venuto a conoscenza  del fatto che domani inscenano la prima di un dramma di cui abbiamo discusso tempo addietro, lo ho invitato a teatro.

21  Dicembre 1752 Londra

Un nuovo incubo, analogo ai precedenti, ha turbato il mio sonno. Non mi era mai capitato di fare lo stesso sogno per così tante notti consecutive o, per meglio dire, giorni. Speravo di essermi ristabilito dato che ieri non ne avevo avuti ed invece... credo che chiederò al medico di prescrivermi dei calmanti.
Sono tanto agitato che non mi sento neanche di uscire, ma ho un’opera che mi aspetta e non voglio permettere ad un sogno, per quanto terrificante, di rovinarmi la serata!

22  Dicembre 1752 Londra
 
Il mio giovane animo non riesce a trovare pace ultimamente!
Londra è una città piena di crimini, ma la notizia di cui sono entrato a conoscenza quest’oggi ha avuto il potere di spaventarmi. Il granduca mio padre ed il cugino Shisui stavano parlando di aggressioni ai danni di alcune meretrici che, da qualche giorno a questa parte, imperversano per le vie della città. Incuriosito, mi sono aggiunto alla discussione, e a turbarmi è stato il venire a sapere che esse sono accadute esattamente nei luoghi da me sognati e con le medesime modalità. Le ragazze sono state inseguite, graffiate e terrorizzate, ma sono vive.
La fonte è certa, si stanno occupando del caso quattro uomini tra cui il cugino Shisui che, raccontandomi i particolari, mi ha agghiacciato. Persino l’aspetto delle donne è simile a quello di coloro che erano nel mio sogno.
La cosa mi sconvolge alquanto e non so se confidarmi con qualcuno, data la delicatezza e la follia dell’accaduto. Probabilmente, se ne parlassi, mi prenderebbero per pazzo e mi direbbero che è colpa del colpo che ho ricevuto alla testa cadendo in terra.
In effetti l’unica spiegazione che mi viene da attribuire a riguardo, è quella di aver udito il conte mio cugino parlarne al mio nobile padre nel sonno, ed averlo quindi rielaborato.
Ma certo, deve essere andata in questo modo, poi mi sono impressionato perché un tempo ne feci uno simile con protagonista Lord Deidara…
Ma la colpa è anche di tutti i cambiamenti che sono avvenuti da quando mi sono ridestato. Il sonno disturbato, gli orari invertiti, il mal di testa costante...
Se mi sentisse Lord Madara sicuramente si farebbe beffa di me poiché sono sempre stato un tipo realista e pratico, che non si è mai fatto impressionare da cose come il destino, i fantasmi o le religioni.

23  Dicembre 1752 Londra

Un altro incubo…
Temo che dovrò chiedere al cugino Shisui di smettere di parlare di certe cose in mia presenza, per lo meno fino a che non mi sono ripreso!
È impressionante come quando le cose ci riguardino riescano a sconvolgerci.
Nonostante sia abituato alla morte, con cui ho avuto a che fare da quando avevo solo tredici anni, ora che mi perseguita con tali sogni mi crea una certa inquietudine. Tuttavia sono solo macabre fantasie e tali devo ritenerle, se non voglio farmi scoppiare la testa o, peggio ancora, impazzire più di quanto non sia.
Fortunatamente ci pensa Lord Madara a farmi passare ogni brutto pensiero.
Ma ora è meglio che cerchi di dormire, domani è la vigilia di natale e, come ogni famiglia che si rispetti, mi attende una cena fastosa e la messa dalla quale in questa occasione non posso esimermi.

24  Dicembre 1752 Londra
 
Come immaginavo il conte Shisui mi ha deriso per la mia richiesta. Deve essergli suonata come una cosa assai bizzarra una guardia che chiede di non parlare di delitti ma poi, tornando più serio, ha affermato che è normale dopo quanto ho passato. Specialmente per le mie condizioni che comunque non sono delle migliori, nonostante sia fuori pericolo.
Inoltre sostiene che il mio atteggiamento negli ultimi tempi sia ancora più strano, probabilmente perchè qualche volta mi ha sorpreso ad incantarmi su cose o persone. E quando ciò è avvenuto, mi ha guardato nello stesso modo in cui io osservo Lord Madara quando accade. Un misto di fascino e sconcerto.
Che abbia assorbito troppo la sua influenza? Sicuramente!
Per quanto riguarda questa vigilia, non ho praticamente toccato cibo ed ho fatto molta fatica a scendere in sala per l’ora di cena. Inoltre, entrando in chiesa, ho avvertito un po’ di malessere, ma sono stato felice di vedere il mio diletto fratellino Sasuke sorridere. Dopo quanto accaduto si era piuttosto agitato, ma questa festa è servita a farlo stare bene ed io me ne rallegro. Avrei voluto far visita a Lord Madara ma purtroppo, come avevo preventivato, non mi è stato possibile e temo che la cosa si ripeta anche domani.

25  Dicembre 1752 Londra

L’ennesimo incubo ha turbato i miei sogni, e ieri il conte mio cugino non ha fatto riferimento all’accaduto, né lo ha fatto il granduca mio padre da cui lo ho appena appreso poiché ne stava parlando alla mia nobile madre.
Questa storia inizia davvero a spaventarmi. La stanchezza durante giorno, il fatto che spesso dopo una certa ora mi addormenti pesantemente, il mio corpo che manifesta impercettibili cambiamenti… Lo so che è un’assurdità ma… temo di poter soffrire di qualche strano disturbo.
È assurdo dubitare delle mie capacità, me lo dico io per primo, ma alla luce dei fatti non saprei cos’altro pensare. Inoltre a volte mi sento il sangue ribollire nelle vene e, quando ciò accade, ho una tremenda sete. Una sete che non riesco a far scomparire bevendo né acqua, né vino. Sento il mio battito accelerare, i miei sensi sembrano acutizzarsi e la testa mi gira.
Quando accade cerco di calmarmi e penso a Lord Madara, mi chiedo cosa stia facendo, cosa direbbe ed allora mi tranquillizzo e piano mi addormento. Tuttavia, quando ciò avviene, faccio quei sogni, che divengono ogni giorno più vividi e ricchi di particolari, e nei quali spesso penso di non potermi fermare. Se vi riesco è unicamente perché il mio io grida con tutto il suo essere di trattenermi o avverto la voce di Lord Madara sussurrarmi quelle parole, e poi vengo a sapere che ci sono ragazze o ragazzi che sono stati aggrediti sul serio.
Ho paura che il presentimento che ho avvertito quando ho riaperto gli occhi, possa avere un fondamento di realtà.
Non posso continuare a questo modo. Ho deciso, devo parlarne, e lo farò con il conte mio cugino poiché non temo la sua opinione quanto quella di Lord Madara.

26  Dicembre 1752 Londra

Il cugino Shisui mi ha dato del pazzo visionario ma quanto meno alla fine, dopo un lungo giro di parole, sono riuscito a convincerlo di non aver perso il senno, di non parlarne al granduca mio padre per non impensierirlo, e a sorvegliarmi per un’intera notte.
Io stesso non posso credere di averglielo chiesto ma è l’unico, a parte Lord Madara, di cui mi fidi ciecamente e che sia in grado di contrastarmi, qualora io c’entrassi qualcosa con questa orripilante storia.
So che è solo la mia immaginazione, ma non potevo rimanere con tale dubbio.
Domani, al mio risveglio, tutto mi apparirà come un ricordo su cui scherzare e sul quale il cugino Shisui mi schernirà per i prossimi decenni.

27  Dicembre 1752 Londra

Sono tormentato, il conte mio cugino Shisui è sparito.
Al mio risveglio, non essendo in stanza, ho creduto che se ne fosse andato ma poco fa, il granduca mio padre mi ha dato la terribile notizia. Sono molto preoccupato per lui, specialmente per via dell’incubo che ho fatto questa notte.
Mi tremano le mani al solo scrivere, io… Io ho sognato il cugino Shisui che, seduto alla scrivania, leggeva questo diario.
A destarmi, nel mio sogno, un calore estremo e la gola secca. Il desiderio di avere qualcosa da bere a portata di mano, ma la consapevolezza che nulla mi avrebbe dissetato; nulla a parte lui. Una bramosia più bruciante degli altri giorni. Ricordo, come se fosse reale, la stanza buia, eccetto la scrivania, e lui che leggeva…
La sua inconsapevolezza e la sua innocenza mi attiravano e mi spaventavano allo stesso modo, non potevo rifuggirne. Sentivo il suo respiro riecheggiare nelle mie orecchie. Lo fissavo, intensamente, ossessivamente, e la saliva aumentava nella mia bocca ad ogni secondo, come la voglia che avevo di lui. Era immobile, rapito da ciò che aveva catturato la sua attenzione, il mio diario, ed io ho avvertito una forte ira. Il cugino Shisui era intento a leggere i miei segreti, i miei pensieri, mi stava mettendo a nudo. Stava venendo a conoscenza di Lord Madara, di quanto avevamo fatto e questo, se da una parte mi eccitava, dall’altra mi faceva infuriare. Una rabbia che non ho mai provato prima. Feroce, perversa. Mi ha avvertito, me o il pericolo. Si è voltato, mi ha incomprensibilmente sorriso ma, improvvisamente, nei suoi occhi ho letto la paura. E ne ho provata anche io.
Mi sono veduto attraverso di lui…   
Ho fissato il mio viso, tremendamente pallido, illuminato dalle candele poste sulla scrivania. Le labbra incurvate in un ghigno maligno che distorceva i miei lineamenti, la malvagità dipinta sul volto. Gli occhi grandi e scuri, iniettati di sangue, che non ammettevano che si distogliesse lo sguardo da loro. Il mio dito indice che si posava sulle labbra, in segno di silenzio e, allo stesso tempo, lui che obbediva mentre mi avvicinavo famelico.
Il suo terrore mi eccitava, il fatto stesso che fosse in mio potere lo faceva. Un’eccitazione mentale e maligna che mi ha spinto fino a lui. Lui, così simile a me nelle fattezze e nel carattere, che indietreggiava senza proferire parola alcuna, poiché troppo terrorizzato per farlo. Lui, che prima ho baciato sulla bocca e poi sul collo che ho morso e, a causa dei canini leggermente appuntiti, ha iniziato a sanguinare. Sangue che io ho avidamente bevuto.
Ho sentito quel liquido caldo e denso colare giù per la mia gola, soddisfare tutta la sete sino ad allora provata. E mentre lo facevo, udivo ogni suo gemito, ansito e verso di piacere. Il suo sesso duro premere contro il mio ventre ed il suo cuore galoppare prima, ed iniziare a rallentare i propri battiti man mano che succhiavo via la sua vita. E più andavo avanti, più sentivo che cercava di opporre una debole quanto futile resistenza. Ha tentato più volte, invano, di staccarmi, di aggrapparsi alla vita, vita che io gli ho sottratto…
Una bestia, ecco cos’ero. Ecco cosa vedevo: una bestia che, a causa della propria ingordigia, non si è staccata da quel corpo sino a che il cuore non ha cessato di battere. Una bestia che è rimasta con il cadavere del proprio cugino, nonché compagno nella squadra di polizia e suo migliore amico, tra le braccia. Una bestia dalle sembianze di uomo che piangeva sangue, quello appena versato.
Poi il nulla e, quando ho riaperto gli occhi, mi è mancato il fiato.
 La stanza era vuota e debolmente illuminata dal tramonto che filtrava da dietro le tende, luce  stranamente troppo forte nonostante l’ora, ed una terribile sensazione di disagio. Questo diario aperto sulla scrivania all’1 novembre, ma nessuna macchia di sangue sul pavimento o sulle pagine.
Cosa è accaduto? Cosa è realtà e cosa finzione?
Il sapore che percepivo nella bocca, ciò che ho veduto, era tutto così vero. Più delle altre volte, come lo sono i canini affilati che mi accorgo premere, più appuntiti che mai, contro le labbra. Sono pazzo… pazzo!  Ed anche un mostro! Un mostro che ho paura di rivedere qualora dovessi specchiarmi, cosa che non avverrà entro breve per tale motivo.
Questo sogno mi fa orrore, quello che ho veduto e fatto me ne fa… io, io devo cercare mio cugino, il conte Shisui, e poi devo parlarne con qualcuno.
Lord Madara… ora posso parlare unicamente con lui. Gli altri non mi crederebbero e mi rinchiuderebbero da qualche parte prima che io possa capire cosa stia accadendo.
Sento di perde delle certezze e con esse il mio raziocinio...

28  Dicembre 1752 Londra

Ho cercato il cugino Shisui ovunque, sotto una pioggia battente, nel buio della notte e in ogni vicolo di questa maledetta città. Ho domandato a chiunque ma nulla, di lui non vi è alcuna traccia. Sembra uno dei miei incubi, ma questo è reale!
Temo per la sua incolumità, e temo per me…

29  Dicembre 1752 Londra

Le mie mani sono ancora impregnate di sangue…
Un’altra vittima, stavolta reale. La ricordo, la ho sentita, ero desto!
Cosa ho fatto… I miei occhi piangono il suo sangue.
Ero diretto a Rotten Row e, sulla via, quella sensazione. Quel calore, la sete insaziabile e poi quel ragazzo…
È stato un momento. Lo ho afferrato, trascinato in un vicolo poco distante e poi lo ho sbattuto contro il muro affondando i denti nel suo collo, godendo del suo gemito strozzato. Mentre bevevo ho capito che si trattava del visconte Obito Uchiha ma, nonostante lo sapessi, non sono riuscito a frenarmi. Come è accaduto in sogno con il cugino Shisui non mi saziavo, ignoravo la voce dentro di me che mi implorava di lasciarlo e che mi dava della bestia! Ero come un lupo affamato.
Bevevo, avido, e mentre lo facevo avvertivo tutto il suo terrore ed il suo piacere. Ho continuato fino a che il suo cuore non ha cessato di battere, e solo allora lo ho lasciato. È caduto a terra. Era morto, morto! Lo ho ucciso io... lo ho privato della sua vita.
Impietrito, sconvolto, non vi sono termini per spiegare come osservavo il suo corpo chiaro ed esanime, esattamente come quelli del caso che seguivo, riverso in terra.
Sono rimasto a guardarlo per qualche minuto, cercando di dare una impossibile spiegazione all’orrore che andava in contraddizione con il piacere che scorreva nelle mie vene poi, con ancora il sangue sulle labbra, sono corso via.
Passo dopo passo mi sono reso conto di poterlo fare più veloce di prima, molto più veloce. Tanto veloce che, nel giro di neanche mezz’ora, ero dinanzi alla residenza di Lord Madara, dove ho preso a bussare freneticamente al battiporta a forma di lupo, incurante dell’ora tarda o del mio aspetto impresentabile.
Ad aprirmi, Lord Deidara che mi ha fissato sprezzante e con il solito astio.
Senza badare al suo sguardo, gli ho domandato dove fosse Lord Madara e lui ha risposto che ero patetico e di pulirmi quantomeno la faccia poiché ero uno spettacolo indecente.
Era estremamente tranquillo, mi osservava con aria di superiorità e disprezzo, sembrava crogiolarsi nel constatare la mia disperazione. Lui, così maledettamente composto, ed io, così maledettamente agitato. Sembrava che ci fossimo scambiati i ruoli, ancora una volta eravamo agli antipodi. Ma non mi importava. Avevo bisogno di vedere Lord Madara in quel momento, così lo ho afferrato per il bavero della maglia e lo ho tirato verso di me, accorgendomi di possedere una forza ed un’audacia nei suoi confronti al sottoscritto ignote, ma fu quanto affermò a sconvolgermi più di quanto non fossi.
- Non capirò mai cosa ci abbia trovato Lord Madara in uno come te. Sei solamente un miserabile e patetico nobile di bell’aspetto che, nonostante l’intelligenza che vanta, non la ha adottata per comprendere cosa stesse accadendo intorno a sé. Che si è lasciato soggiogare e che non è neanche capace di controllare i propri istinti… Tu, tu dovevi essere solo un inutile giocattolo, il passatempo di qualche notte ed invece ti sei trasformato in una piaga. Ti ha tramutato in uno di noi!  E sì che ho fatto di tutto per sbarazzarmi di te, ma neanche rivelare il tuo arrivo a quell’ insulso umano dalle manie di onnipotenza è servito ad allontanarti da lui. Anzi, ho sortito l’effetto contrario. Che tu sia maledetto granduca dei miei stivali. Itachi Uchiha, io ti maledico…Ti maledico per il resto della tua misera esistenza!
Parole piene di odio e disprezzo, che non mi rivolgevano la cortesia del voi, che mi privavano del titolo nobiliare di cui si era fatto beffa, il modo in cui mi aveva chiamato unicamente per nome, tutto ciò mi colpì come una spada in pieno petto.
Parole che ricordo precisamente perché me le sono ripetute molte volte nella mente e, assieme ad esse, delle domande: come faceva Lord Deidara ad essere a conoscenza del marchese Orochimaru, dell’attacco e, soprattutto, cosa voleva dire che Lord Madara mi aveva fatto diventare uno di loro?
E poi l’appellativo con cui aveva chiamato il marchese, insulso umano…
Dovevo avere chiarimenti, e così ho posto tali quesiti che hanno ricevuto delle risposte. Lord Deidara non è come Lord Madara, lui mi ha detto tutto. Ed ora, con il senno di poi, posso affermare che sarebbe stato meglio non sapere.
Non so neanche da dove iniziare… questo, questo è un incubo…un incubo… Io stesso mi maledico, maledico il giorno in cui ho incontrato Lord Madara, o farei meglio a chiamarlo Lord Madara Uchiha!
Un Uchiha, consigliere di sua maestà Hashirama Senju.
Un Uchiha scacciato più di trecento anni or sono, il cui nome è stato bandito dall’albero genealogico e dal ricordo della città. Un uomo tornato solo ora, poiché il maleficio che gli era stato imposto ha perso di efficacia, per vendicarsi della gente che lo aveva scacciato. Di parenti ed abitanti della città a cui aveva dedicato tempo e denaro, che lo avevano accusato di intrattenere rapporti con un conte chiamato Dracula. Un conte malvagio e perverso, che aveva traviato anche lui facendolo divenire una parte di sé. Un conte che era un vampiro, così Lord Deidara lo ha chiamato; una creatura della notte che per sopravvivere succhia sangue. Un essere dalle infinite conoscenze che aveva ammaliato Lord Madara, come lui ha fatto prima con Lord Deidara e poi con me. Un uomo che ci ha condannato alla dannazione eterna.
Non ho potuto ascoltare altro ora era tutto chiaro, quei decessi stessi lo erano e, per la prima volta nella mia vita, sono scappato.
Non potevo credere alle sue parole, ciò che aveva affermato era surreale, al limite dell’orrore eppure il conte  Shisui ed il visconte Obito erano morti, li avevo uccisi io ed ora mi domando quante altre persone ho assassinato!
Dovevo incontrare Lord Madara e non so neanche io come, né perché, mi sono diretto a Hyde Park certo che fosse lì, ed infatti lo ho trovato sotto un albero. Era bello ed impeccabile come sempre ed il mio cuore era spezzato in due. Lo odiavo per quello che mi aveva fatto e lo amavo perché era Lord Madara, il mio amico, il mio maestro, il mio amante ed infine il mio padrone.
Sì, il mio padrone, il mio creatore e, nel momento stesso in cui ho desiderato ucciderlo, ho compreso che non vi sarei mai riuscito.
-Itachi…
La sua voce era così soave, così bassa e piena di tristezza…
Era rivolta unicamente al sottoscritto, difatti solamente io ho potuto udirla, e poi mi ha letto nel pensiero. Non c’è stato bisogno di alcuna domanda, stavolta mi ha risposto e lo ha fatto dicendo:
- Perché mi sono innamorato. Non li ho uccisi per te, perché erano la tua famiglia. Amore, sì amore… Mi sono invaghito della tua sete di conoscenza, della tua bellezza, della tua forza, del tuo entusiasmo e della tua purezza che, infine, ho infangato per sottrarti alla morte.
Tu lo volevi. Oh, se lo volevi, o non saresti ciò che sei.  Ti avevo detto di combattere contro te stesso, ma tu hai ceduto ed io non sono riuscito a fermarti. Non avrei voluto questo per te, il mio piccolo e prezioso umano…   
Mentre parlava si era avvicinato per carezzarmi il viso, non mi sono nemmeno accorto di come abbia fatto data la sua velocità. Non ho potuto sottrarmi, possedeva lo stesso fascino e lo stesso magnetismo, anzi essi erano addirittura aumentati se possibile. Ma, a quelle parole, tutto prese forma. Ho capito che era Lord Deidara il carnefice dei corpi da me ritrovati, che lo aveva reso tanto plateale per attirare l’attenzione di Lord Madara. L’attrattiva che quest’ultimo esercitava su di me e che mi ha reso succube e scarsamente obbiettivo. Che era sua la voce che nei sogni mi ripeteva di combattere contro me stesso e non con tutto me stesso, come invece era scritto in quel biglietto. La stanchezza che alle volte mi coglieva dopo i nostri incontri. La sua conoscenza ed il piacere estremamente intenso. Che mi aveva morso senza uccidermi, e che la mia paura nutrita nei confronti di Lord Deidara era perchè non si trattava di un umano. Nonché che essa è svanita nel momento in cui io sono divenuto come lui. Non posso spiegare come o per quale motivo abbia compreso, so unicamente che è avvenuto.
Comprendevo sì e, man mano che accadeva, nel mio animo si faceva largo una consapevolezza.
- Non puoi.
Aveva ancora letto nella mia mente, ma io me ne sono andato, non lo ho ascoltato. Non voglio sentire, desidero solo dormire e dimenticare…

30  Dicembre 1752 Londra

Dimenticare… ma in che modo posso dimenticare? In che modo se vedo la mia famiglia e la mia gente come prede!
La mia nobile madre, il granduca mio padre, il mio amato fratello e qualsiasi altra persona mi venga vicino…
Sento il loro respiro, il loro battito e, di tanto in tanto, anche il loro pensiero! Li osservo, sotto una nuova e spaventosa luce. Sono ammassi di carne morbida e perfetta che attende solo di essere morsa da me. Vedo le loro vene pulsare, sento la mia bocca asciugarsi e la mia gola chiedere il sangue.
Io cerco di resistere, ce la metto tutta ma non ce la faccio… Ho ucciso anche ieri, un altro Uchiha.
La bestia, il lupo affamato che racchiudo nel mio corpo, prende il sopravvento, ma io devo e voglio dominarla. Inoltre avverto la mancanza di Lord Madara, il mio carnefice e padrone, la sento estremamente forte. Come un richiamo a cui non posso oppormi.

31  Dicembre 1752 Londra

Sono una creatura orribile, un assassino, un miserabile… Io, che dovrei salvare la gente, la uccido!
La uccido in un modo infido e spietato! Li seduco, me ne nutro.
Sono un mostro, un mostro che non può che bruciare all’inferno, se esso esiste. La mia anima sarà dannata per l’eternità, come da richiesta di Lord Deidara.
Ho toccato il fondo: ho sottratto la vita alla mia nobile madre, al granduca mio padre e alla servitù. Lo ho fatto senza rendermene conto, perché ho perso il controllo, perché Lord Madara aveva ragione.
- Non puoi più vivere con gli umani, non sei in grado di controllarti. Li ucciderai.
Ed io, stolto, non gli ho creduto, mi sono sopravvalutato e sono scappato. Io, stolto, che mi ero illuso di resistere nonostante sapessi, nel profondo del mio animo, che non ne sarei stato in grado. Non lo accettavo; non c’è nulla che io non possa fare, mi dicevo. E mi sbagliavo, l’odore del sangue mi ha dato alla testa.
Oh, se solo non si fosse ferita! Se solo quella cameriera non si fosse ferita io…
Si è tagliata raccogliendo da terra i cocci di una tazzina che le era caduta quando, spaventata dal mio pallore e da un mio scatto d’ira, le avevo intimato di andarsene.
Le avevo risposto in tale modo perché intento a lottare contro l’irrefrenabile desiderio di bere, il quale mi rende estremamente irritabile ma la piccola lacerazione, da cui è fuoriuscito quel liquido intenso e vermiglio, mi ha fatto seccare la gola e perdere definitivamente il senno.
Non ho avuto il tempo di fare nulla: non ho ragionato, non ho pensato, ho agito!
Con uno scatto felino mi sono ritrovato al suo fianco. Come? Non lo so, non mi ero mai mosso tanto agilmente. Perché? Per leccare il suo indice. E lei? Lei mi guardava ipnotizzata, rapita ed incredula. Si è ridestata quando lo ho morso. Ha gemuto e mi ha chiesto di lasciarla, ma io non potevo.
Non volevo…
E quando non lo ho fatto ho avvertito la sua paura, ed è stato invano il suo tentativo di ribellarsi. La ho fatta mia. Come ho fatto mia la contessa mia madre che, entrando nella camera, mi ha trovato con Ivette morta tra le braccia, questo il nome della cameriera, ed ha urlato.
Il suo grido ha echeggiato nella mia mente. Era fastidioso, estremamente fastidioso, ed irritante. È durato un secondo, ma alle mie orecchie è parso infinito ed acuto. Volevo che smettesse e così ho lasciato cadere Ivette a terra e, con un balzo, mi sono portato dinanzi alla mia giovane ed indifesa madre per tapparle la bocca. Sentivo tutto il suo terrore, e ho veduto la sua guancia rosea tingersi di rosso quando vi ho premuto le mie labbra sporche contro, in una muta preghiera di silenzio. Avevo ancora il sapore di Ivette sul palato, ma la contessa mia madre non era Ivette.
Poiché continuava ad agitarsi le ho chiesto di stare zitta, di calmarsi, ma non lo ha fatto. A causa della mia debole stretta, intenta a non farle del male, si è liberata ed è scappata.
Non doveva fuggire, ha segnato la sua condanna. La ho rincorsa, sbattuta in una stanza e lì, senza più riguardi e con la mente offuscata, la ho graffiata con le mie unghie, che nonostante dalla morte del cugino Shisui tagli ogni giorno quello successivo ritrovo lunghe ed affilate, per farla tacere. Questo accadeva perchè lei non stava ferma, perché mi riservava lo stesso trattamento per allontanarmi. E, più ci ferivamo, più l’odore del sangue mi entrava nelle nari turbando ed eccitando al tempo stesso il mio animo corrotto.
Lei gridava per attirare l’attenzione e teneva gli occhi chiusi per non dover guardare i miei da cui, ancora una volta, uscivano lacrime di sangue. Urlava che non ero io, che non ero il suo bambino, bensì un demonio. Ed io volevo solo che tacesse, che non dicesse più nulla e, preso dall’ira a causa di quelle parole fin troppo vere e dalla situazione, la ho morsa con rabbia. Solo allora ha taciuto. Ha gemuto, come tutte le altre prede, ed era in mia balia esattamente come loro. Non era più la mia genitrice, era una vittima.
Non ho smesso fino a che la porta della stanza non si è aperta ed ha rivelato il granduca mio padre che, armato, ci è corso incontro intimandomi di lasciarla. Ma non ha potuto fare nulla perché io, più veloce, gli ho spezzato il collo prima che mi trafiggesse con la sua spada.
E dopo di lui ho ucciso chiunque in quella casa mi si parasse dinnanzi, in un raptus di follia e disperazione.
Non ho più nulla, non sono più nulla, solo un mostro.
Un mostro da controllare, una bestia assetata di sangue che solo Lord Madara può tenere a bada!
Ed è da lui che sono, nella sua residenza, in una delle tante stanze del deserto piano superiore. Sono arrivato in sella al mio destriero che stranamente non mi ha rifiutato. Sono sconvolto, scrivo cosa è accaduto e penso a mio fratello, a cosa vedrà quando tornerà a casa dopo la sua passeggiata. A come proteggerlo da me stesso, dagli altri come noi e, allo stesso tempo, penso a Lord Deidara che, quando sono arrivato, ha voluto accogliermi mostrandomi la mia fine con la sua.
Lord Deidara che mi ha odiato perché ho osato prendere il suo posto.
Sì, perchè grazie alle sprezzanti parole che mi ha rivolto prima di morire, ho potuto capire ciò che provava. Mi invidiava, mi disprezzava perchè, a suo avviso, Lord Madara lo aveva sostituito con il sottoscritto. Dovevo capirlo, la rassomiglianza fisica nonostante la diversità che ci contraddistingueva era un palese indizio, eravamo due opposti che si completano. Entrambi non troppo alti, magri, con i capelli lunghi e raccolti in una coda bassa, sebbene i miei neri come le tenebre ed i suoi luminescenti e del colore del grano. Lui ossessionato con l’arte, io con la conoscenza; i suoi modi villani contro i miei aristocratici. Ambedue di circa quindici anni e fanciulli dotati, dote che mi ha portato alla rovina poiché, ancora una volta, il mio essere speciale si è ritorto contro di me. Ed infine, entrambi innamorati di Lord Madara.
L’unica differenza è che è stato Lord Deidara a scegliere questa vita, sebbene Lord Madara abbia affermato che lo ho fatto anche io. Ma in un letto ed in punto di morte non è una scelta, è un obbligo. Che d’altronde non avrei mai accettato, se ne avessi conosciute le conseguenze.
Ci siamo incontrati solo ieri eppure, quando oggi Lord Deidara mi ha veduto, ha capito che era per restare.
Lord Deidara ha scelto di seguire Lord Madara, e lo ha fatto per più di cento anni. Eppure oggi lo ha abbandonato...
Con il solito astio che gli induriva i lineamenti, mi ha osservato varcare la soglia dell’abitazione e poi, lasciando cadere a terra il corpo esanime della cameriera di fianco a quello dell’altra di cui si era nutrito probabilmente in mio onore, senza che ne capissi il motivo, venendomi incontro ha iniziato a parlare.
- Ho incontrato Lord Madara per la prima volta all’età di sette anni. Stavo per morire di fame. Ero solo un orfano, ma non volevo arrendermi all’infausto destino di morte che era stato scritto appositamente per me, e così continuavo a cercare cibo e acqua per le sudice strade del mio paese. Ero sporco, rozzo e senza soldi, ma vivo! Mi piaceva la vita, mi divertivo a costruire animali ed oggetti modellando l’argilla. Ne facevo molti, avevo imparato guardando mio padre. Lord Madara mi osservava, lo ha fatto a lungo, fino a quando non gli ho fatto dono di un piccolo lupo. Da quel giorno ho iniziato a parlargli e lui deve aver veduto qualcosa in me. Nei miei occhi. Mi ha preso con sé e mi ha istruito, ogni briciola del mio sapere la devo a lui.
Non ho avuto paura quando all’età di dodici anni ho scoperto chi era trovandolo attaccato alla gola di un ragazzo poco più grande di me, avevo capito che c’era qualcosa di oscuro in lui, ed anche che io ne facevo parte.
Non era raro che Lord Madara baciasse anche me in quel punto, ed era troppo il piacere che ne derivava per essere dato da un umano. Inoltre non potevo non notare che, con l’inevitabile passare del tempo, sebbene io crescessi lui restava uguale, immutabile, come l’amore che provavo nei suoi confronti. Quando ho scoperto il suo segreto, piuttosto che fuggire gli ho chiesto di farmi diventare come lui, ma egli non volle. Ho dovuto implorarlo.
Lord Madara ha tentato di dissuadermi in ogni modo, dicendomi che sarei diventato un mostro, che ne avrei sofferto, che la vita eterna era una dannazione e che avrei dovuto compiere un sacrificio, ma non mi importava. Avevo deciso, volevo passare la vita mia con lui.
Mi ha raccontato la sua storia, ciò che non ha fatto con te, ed io gli ho chiesto di farmi diventare parte di sé, di rendere anche me Dracula. Lo ho baciato, lo ho carezzato, mi sono ferito... Ho fatto sì che mi mordesse e poi lo ho implorato ancora ed ancora, fino a quando Lord Madara non mi ha dato il suo sangue. Ho ucciso quello che era il mio migliore amico  e la trasformazione ha avuto atto.
Siamo stati bene per cento lunghi anni, fino a che Lord Madara non ha deciso di portare a termine la sua vendetta e sei arrivato tu.  
Tu, tu maledetto, che dovevi essere la sua prima vittima! Tu, maledetto, che hai rapito il suo cuore come feci io… Tu, maledetto, che dovevi essere lo svago di qualche giorno. Ho provato ad allontanarvi in tutti i modi, ma nulla! Eri speciale, sei speciale, ed io non posso sopportarlo. Lui afferma di amarmi ancora, mi bacia, mi morde come allora e mi fa bere il suo sangue, ma io… Io non tollero di vederlo fare lo stesso con te. Non sopporto la tua presenza. Io ti odio, ed odio lui! Odio entrambi e vi maledico entrambi. Desidero che soffriate tutti e due e lo farete, ti mostrerò la tua stessa fine, quella che farai non appena ti abbandonerà, il dolore che proverai nel momento della tua morte…Brucia, come ora farò io!
Detto ciò, Lord Deidara è uscito fuori dalla portone di casa dove, a questo punto credo grazie ai suoi poteri e quelli che forse anche il sottoscritto ha ereditato, le nuvole avevano lasciato il posto al sole, ed i miei occhi hanno veduto qualcosa di terribile. A contatto con quella luce la sua pelle, la pelle chiara e cristallina di Lord Deidara, ha iniziato a bruciare, a sciogliersi come neve al sole e lui gridava, gridava di dolore mentre la bocca si contorceva lasciando vedere i canini appuntiti.
Ero pietrificato, quella bellissima quanto maligna creatura stava sparendo davanti ai miei occhi, occhi che soffrivano anche solo nel vedere quel bagliore da lontano. Occhi e membra pieni di orrore, incapaci di distogliere lo sguardo dalla figura che continuava a dimenarsi agonizzante davanti ad essi. Quelle urla viscerali però hanno allertato Lord Madara che, riconoscendone il proprietario, è accorso, ma non ha potuto nulla se non pormi una mano sulle palpebre per impedirmi di continuare a guardare sebbene tali grida, seguite dalle sue maledizioni, riecheggiassero nella mia mente.
Una scena che è durata solo pochi minuti, ma che resterà scolpita nel mio animo per ogni attimo che mi resta da vivere. Poi il silenzio e l’odore del sangue, quello di lord Madara, che ricadeva in gocce sulle mie guance e le mie labbra. Le maledizioni che, nella mia testa, mi dicevano di bruciare all’inferno.
Ora, in questa buia stanza dai tendaggi neri e con l’unico ausilio di una candela, cerco di eliminare l’orrore e la bruttura che vi è davanti ai miei occhi e, per la prima volta in vita mia, prego.
Dio, nel quale io non ho fede, aiutami!
Non credo in te: non ci credevo, ma se devo accettare il male infinito che sono diventato, allora prego che esista anche il bene infinito, e che abbia misericordia di ciò che rimane della mia anima. Io sono il lupo. Io sono Dracula. Il sangue degli innocenti macchia le mie mani, e ora io attendo di ucciderlo.
Sì, perchè so che lo rifarò. Almeno fino a quando non saprò controllarmi. So di dover essere fermato, ed ho anche deciso chi sarà a farlo.
Lord Deidara mi ha mostrato la mia fine, lo ha fatto per terrorizzarmi, per punirmi, e punire Lord Madara che da quando è accaduto il fatto non ho più veduto né sentito. Sì, perchè per quanto mostri, per quanto alberghi una bestia al nostro interno, essa non ha ucciso i nostri sentimenti, e questo Lord Deidara lo sapeva, lo sapeva sin troppo bene. Ma egli non ha messo in conto che io non sono solo, ho una persona da proteggere. Mio fratello!
Sarà lui ad uccidermi, ed uccidere Lord Madara, di cui subisco il fascino.
Nel frattempo devo imparare a dominare la belva che risiede in me, per far sì che non prenda mai più il sopravvento. Raccoglierò informazioni utili affinché il granduca Sasuke possa sconfiggerci. Se è vero che Lord Madara mi ama, non farà nulla contro di me anche se dubito di queste sue parole… Lord Madara, mi ha mentito per molto tempo, celando la verità che io stesso ero stato incaricato di scoprire, ha ottenuto la sua vendetta, io ho ucciso molte persone della mia casata, sono diventato un mostro e starò per sempre al suo fianco. Almeno sino a quando il granduca, mio fratello Sasuke, non riuscirà a porre fine a questa maledizione.
A tempo debito farò in modo di fargli sapere che sono stato io ad uccidere i nostri genitori così da farmi odiare. Lo saprà lui e lui soltanto, perchè per gli altri io voglio essere morto. Non voglio causare altro dolore.
Tuttavia Lord Madara legge nel pensiero, quindi devo sbarazzarmi di questo diario al più presto sebbene non intenda buttarlo. Da ora in poi, inoltre, devo evitare di pensarci in sua presenza.
Lo affiderò ad un cassetto della scrivania sino a quando il mio amato fratello non sarà abbastanza grande da poterglielo far trovare. Mi scorderò della sua esistenza finché non giungerà il momento della mia morte, che non è poi così lontano.
Difatti, essendo divenuto un immortale, la mia percezione del tempo è radicalmente cambiata. Non passerà molto prima che il granduca compia l’età giusta per uccidermi. Ai miei occhi apparrà come un battito di ciglia, così come credo sia avvenuto per i cento anni passati da Lord Deidara al fianco di Lord Madara. Non mi resta che attende e dare sfogo a quanto fino ad ora ho rincorso.
La conoscenza.
In questi anni vedrò le cose sotto un nuovo aspetto.
Resterò incantato ed affascinato dagli odori, dagli oggetti e dalle innumerevoli informazioni che fluiranno in me. Starò al fianco della persona che mi ha legato a sé e che, nonostante tutto, non riesco ad odiare, ma il prezzo di tutto questo sono la vita, malauguratamente non solo la mia, e la felicità.
Da oggi non avrò più un cognome, né sentimenti, né patria ... Io sarò unicamente Itachi, Dracula, il vampiro…

P. s.
Mio caro Sasuke, mi rivolgo a te che, inorridito, avrai letto le pagine di questo diario, per chiederti perdono e di non avere pietà di me.
Io ho ucciso molte persone, la mia anima è dannata.
Ho assassinato i nostri genitori, la nostra gente e, per quando tu avrai letto queste pagine, probabilmente avrò mietuto molte altre vittime.
Ti prego, libera la mia anima, abbi pietà di uno stolto che ha perso di vista la ragione e che si è invaghito di una creatura delle tenebre.
Non pensare a me come ad un umano, ma come ad un carnefice.
Mio amato Sasuke, tu non possiedi più un fratello, esso è morto la notte in cui il marchese Orochimaru ha piantato una spada nel suo corpo.
Non avere rimpianti… Odiami, uccidimi, e poi vivi la tua vita.









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Fine decisamete amara, ma credo che non ce ne sarebbe stata una più adatta.
All'inizio avevo deciso che Itachi avrebbe ucciso anche Sasuke, compiendo così il massimo dei sacrifici, ma poi ho pensato che, come nel manga, sarebbe stato meglio lasciargli l'ingrato compito di ucciderlo.
Di salvargli l'anima...
Cosa dire, spero davvero che vi sia piaciuta a presto ^^


mizukage: Posso permettermi di dire che questo capitolo è molto più intrigante e perfetto rispetto al primo?
Certo che puoi dirlo, anzi, mi rende onore! Sono troppo contenta che ti abbia incantata ><
Spero vivamente che la fine non abbia deluso le tue aspettative.
Per quanto riguarda altre fiction su di loro, se arriverà l’ispirazione, stai certa che le scriverò xD
Sì, Deidara ci sta molto bene come amante geloso, non  vedevo altri al suo posto xD
Spero che ti sia piaciuto anche questo ultimo capitolo, a presto =)

Mayumi_san: Ma grazie**
Non ho parole per dirti quanto sono contenta per questi complimenti!
Spero che ti sia piaciuto anche questo ultimo capitolo, a presto =)
  
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