Film > Salvate il soldato Ryan
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Autore: Abby_da_Edoras    23/03/2023    9 recensioni
È buffo scrivere in un fandom in cui praticamente nessuno ha mai scritto o letto, ma io questa storia me la porto dietro da più di vent'anni, da quando vidi il film la prima volta, e anche a distanza di tanto tempo, per quanto assurda e impossibile sia, ci credo e ci sogno, tanto che adesso posso finalmente anche metterla in ordine e pubblicarla (e finire alla neurodeliri definitivamente!). Dunque, io sono quella che nelle ff salva tutti i personaggi e si inventa le ships più improbabili, no? Ed ero così anche vent'anni e più fa, per cui ecco a voi la mia follia: il soldato tedesco che Miller decide di liberare (e che qui ha un nome e una storia) non è un ingrato, bensì lo ritroveremo a Ramelle e arriverà in tempo per salvare Mellish! Quindi Miller e i suoi decideranno di prenderlo sotto la loro protezione e... e lui pian piano inizierà a provare qualcosa proprio per Mellish, il soldatino che ha salvato.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori del film Salvate il soldato Ryan.
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 2: With the hurt

 

Mother, I keep letting you down
Tell me why it's never enough
I end up with nothing at all
Father, you would not let me fall
But why are you afraid to look down?
Afraid we'll end up with the hurt
Mother, why do we act so cold?

The difference it would have made
To realise we were the same
And all the good we could have done
If we had felt like we were one

You're my palm reader, wanna know all my secrets
I could stop trying to change you, can you take me for who I am?

(“With the hurt” – Elisa)

 

Le riflessioni e i ricordi di Mellish furono bruscamente interrotti dalla voce di Reiben che lo chiamava.

“Ehi, Mellish, non hai niente da fare stamani?” chiese, beffardo. “Oggi non devi fare compagnia al tuo amico tedesco? Si sentirà solo senza di te…”

Mellish sbuffò.

“Non sono mica la sua balia” ribatté. “Adesso è con Upham che gli fa lezione di inglese, ha più bisogno di quello se vuole trovarsi bene in America. Comunque ora puoi anche smetterla di chiamarlo il tedesco, visto che conosciamo il suo nome, e non è amico mio, semmai è amico di Upham. Mi ha salvato la vita e io gli restituisco il favore, tutto qua.”

“Sì, come no, io credo proprio che lui preferisca stare con te piuttosto che con Upham” insinuò Reiben con una risatina. “Insomma, se non hai niente da fare che ne dici di venire con noi?”

“Andiamo con altri soldati a perlustrare le case in rovina e le strade di Granville per trovare e smantellare eventuali mine o bombe inesplose che ci fossero rimaste, così quando gli abitanti torneranno in città potranno ricostruire le loro case in sicurezza” spiegò Jackson, anche lui parte della spedizione. “Ci saremo io, Reiben e Ryan. Allora, sei dei nostri?”

“Sì, certo, arrivo subito” acconsentì il giovane, unendosi agli amici. Gli faceva piacere pensare che, dopo aver assistito e partecipato a tanta distruzione, la loro missione fosse finalmente quella di mettere in sicurezza le case e iniziare una prima ricostruzione. Certo, la guerra continuava e chissà quando sarebbe finita, ma la Francia era stata liberata e, almeno là, le persone sarebbero potute tornare a vivere nelle loro case e nelle loro città. Mellish era felice di poter partecipare alle opere di ricostruzione e, a dirla tutta, preferiva non avere troppe occasioni di pensare a quello che gli era successo (o meglio, a quello che sarebbe potuto succedergli) in quella stanza al secondo piano della casa bombardata a Ramelle. Non aveva detto a nessuno in che modo il soldato delle SS aveva cercato di trafiggergli lentamente il cuore con una baionetta, gli altri compagni e perfino il capitano Miller sapevano solo che era stato aggredito da un soldato tedesco e che Saltzmann aveva sparato al suo camerata per salvarlo: Mellish non aveva raccontato a nessuno i particolari, l’angoscia e il terrore che aveva provato, il dolore quando la punta della baionetta aveva iniziato a scalfirgli il petto… Non voleva più pensarci, avrebbe voluto dimenticare tutto e durante la giornata cercava di stancarsi fisicamente sperando di poter dormire la notte senza sognare quei momenti spaventosi durante i quali si era sentito perduto e aveva avuto tutto il tempo di rendersi conto che sarebbe morto e che avrebbe provato un dolore atroce prima della fine. *

I gruppi di soldati, dunque, trascorsero quella giornata impegnati a recuperare mine e bombe inesplose da case e strade per mettere in sicurezza più zone possibili della città; all’ora di pranzo si fermarono per mangiare panini, fumare e scambiare due chiacchiere, visto che diversi tra loro si conoscevano appena e iniziavano a fare amicizia. Infine, dopo una lunga e fruttuosa giornata di lavoro, i giovani tornarono al campo per lavarsi, cambiarsi e prepararsi per la cena nel refettorio che era stato allestito sotto un grande tendone.

Mellish si sentiva bene: aveva trascorso una giornata piena insieme agli amici e ad altri nuovi compagni e, dopo una bella doccia e con addosso un’uniforme pulita, provava una sensazione di benessere e serenità che lo riportava ai primi tempi dell’addestramento, quando arrivava a sera stanco ma felice, credendo davvero che lui e gli altri ragazzi che sarebbero stati mandati in battaglia avrebbero potuto fare la differenza. Ora non ci credeva più, già lo sbarco in Normandia con i suoi orrori gli aveva aperto gli occhi, ma principalmente la missione per salvare Ryan… con tutto ciò che aveva comportato. Ora, per fortuna, era tutto finito per lui, per Ryan e per il piccolo gruppo che lo aveva salvato, ma il ragazzo non poteva non pensare al suo grande amico Adrian Caparzo, morto proprio all’inizio di quella missione suicida e che non avrebbe goduto del privilegio di ritornare a casa.

“Stan?” ancora una volta una voce riscosse Mellish dai suoi pensieri, ma questa volta era il tedesco, Josef Saltzmann, che lo aveva chiamato e che ora aspettava la sua attenzione con un sorrisetto.

“Ah, sei tu” Mellish aveva sempre un atteggiamento duplice nei confronti di quell’uomo che sì, gli aveva salvato la vita, ma lo metteva a disagio per un sacco di altri motivi, non ultimo il senso di colpa, perché lui era uno di quelli che lo avrebbe fucilato su due piedi e il soldato, poi, lo aveva salvato. “Credevo che fossi con Upham, non deve insegnarti l’inglese e tante altre cose?”

Saltzmann era un tipo piuttosto alla mano e, probabilmente, non aveva mentito solo per farsi liberare da Miller al nido delle mitragliatrici, quando aveva detto e ripetuto di amare l’America, Hollywood, i film e cartoni americani… del resto non avrebbe neanche potuto conoscere tutte quelle cose se non fosse veramente stato interessato, a quei tempi di certo non c’erano Internet, Google e Wikipedia e neanche la televisione: per conoscere gli attori americani, Steamboat Willie e Betty Boop doveva pur averli visti al cinema. Non era un mostro ma solo un uomo comune che all’età del capitano Miller era rimasto un soldato semplice, perciò con ogni probabilità nella vita normale faceva un lavoro umile e, magari, era stato arruolato a forza, visto che non era più un ragazzo che potesse farsi affascinare e travolgere dalla propaganda hitleriana.

“Tutta giornata con Upham per imparare, ma a me piace stare con te, Stan” replicò tranquillamente il tedesco.

“Ti piace stare…? Okay, a quanto pare con l’inglese hai ancora parecchio da lavorare” tagliò corto il giovane soldato. “Non è uno scherzo, qui non si tratta solo di conoscere qualche attrice americana, spero che Upham ti faccia studiare sul serio.”

“Io capire poco di quello che dici” ammise Saltzmann, ridacchiando. “Upham dice che parlare per imparare inglese, no solo studiare libro. E a me piace parlare con te e con Upham chiedo di te.”

“Che?” Mellish era allibito. “Sì, va bene che per imparare bene l’inglese è forse più utile parlare che studiare la grammatica o che so io, però perché accidenti dovete parlare proprio di me? Non lo trovate un argomento un tantino più interessante? Non è che ci sia poi così tanto da dire di me, non ho avuto una vita tanto interessante, sono un normale ragazzo ebreo americano di ventun anni!”

Saltzmann fece due passi verso di lui e da come lo guardava sembrava che, invece, per lui Mellish non fosse affatto comune e, al contrario, che gli interessasse e anche parecchio.

“Ventuno… tu tanto giovane” disse, intenerito. “A me piace sapere di te, conoscere te…”

Mellish si sentiva sempre più a disagio.

“Non c’è niente di speciale da sapere e non sono un argomento interessante” ribadì, imbronciato. “Con Upham potete parlare di qualsiasi altra cosa per esercitarti nell’inglese: parlate di Betty Boop, dei film americani, di King Kong, parlate del Mito di Cthulhu, delle Regole di Yog-Sothoth o dei Grandi Antichi o di quello che vi pare, ma non di me, chiaro?” **

Mellish non se ne rendeva conto, ma più faceva così e più piaceva a Saltzmann che lo vedeva ancora più ragazzino e buffo…

“Io non capire cose che dici, Yog… cosa? King Kong? Non sapere, ma tu insegna me, a me piace parlare con te, stare con te, Stan, racconta tu cose” insisté.

Mellish alzò gli occhi al cielo, esasperato. Quell’uomo era disarmante, non poteva proprio mandarlo via, però quei discorsi sul fatto che volesse parlare con lui e stare con lui non gli piacevano, lo facevano sentire strano e imbarazzato, era meglio cambiare davvero argomento.

“E va bene: allora, King Kong è una scimmia enorme, gigantesca, che viene catturata nella sua isola e portata a New York dove, però, ovviamente combina un sacco di casini, insomma, è un film entusiasmante, visto che hai detto che ti piacciono i film americani…” ***

“A me piace film americano, ma non conosco film di scimmia” rispose Saltzmann, che forse aveva capito il tentativo di depistaggio di Mellish e stava tranquillamente per bloccarlo. “Tu fai vedere me film di scimmia in America? Insieme? Io voglio fare cose insieme con te.”

Fare cose insieme con te? Ma che vuole questo? Magari voleva dire un’altra cosa, comunque non mi piace la piega che sta prendendo il discorso, pensò il giovane soldato per poi riprendere a parlare.

“Senti, io credo proprio che non ci siamo capiti, magari è colpa mia, non so che idea tu ti sia fatto di andare in America, però…”

“Andare in America insieme, a me piace stare con te, a me piaci tu, Stan, io voglio vivere con te” chiarì il tedesco, che evidentemente aveva imparato dell’inglese quello che gli bastava per farsi comprendere.

“Eh, ma non funziona mica così!” trasecolò Mellish, fingendo volutamente di non capire gli evidentissimi sottintesi delle frasi di Saltzmann. “Non è così semplice. Dunque, io non so spiegartelo bene e magari poi chiederò a Upham di ripetertelo più dettagliatamente nella tua lingua, però le cose stanno così: appena la situazione si sarà calmata qui, noi della Compagnia Charlie ripartiremo per l’America con Ryan e tu potrai venire con noi, chiedendo asilo politico perché adesso per i tuoi compatrioti sei un traditore. Io e Upham garantiremo per te e penso che anche il capitano lo farà, se ce ne sarà bisogno. Quindi tu all’inizio potrai stare in America grazie all’asilo politico, ma poi, se vuoi rimanerci per sempre, dovrai trovarti un lavoro, una casa, e ottenere la cittadinanza americana e per quello ci vuole tanto tempo. Ma sicuramente dovrai sapere bene l’inglese e conoscere le leggi e la Costituzione Americana, quindi è questo che devi farti insegnare da Upham, non i cartoni animati o King Kong. È più chiaro ora?”

Non era dato sapere se Saltzmann avesse capito o no tutto quello che Mellish aveva spiegato, forse no, ma in ogni caso non era tanto quello che gli interessava, lui continuava ad avere il suo chiodo fisso e insisteva su quello.

“Upham poi spiega, ma io voglio vivere con te, a me piaci tu, Stan, a me piace stare con te, insieme con te in America” ripeté il tedesco, cui certo non mancava la perseveranza!

Il giovane soldato americano era esasperato.

“Va bene, parlerò con Upham e dirò a lui di spiegarti meglio come stanno davvero le cose, tu la fai troppo facile” tagliò corto. “È ora di cena e vado alla mensa, tu fai quello che vuoi.”

“Io venire con te, a me piace stare con te, Stan” disse di nuovo Saltzmann, tutto contento.

Mellish sospirò e scosse il capo: non ce la poteva fare! Sperava che almeno Upham riuscisse a farlo ragionare!

Fine capitolo secondo

 

 

 

 

* Ovviamente al tempo non si parlava del DPTS (Disturbo post-traumatico da stress) che colpiva principalmente i soldati, ma io mi sono immaginata che, se Mellish fosse davvero sopravvissuto, ne avrebbe sofferto perché la scena della sua aggressione è stata particolarmente angosciante per chi l’ha vista, figurarsi per lui che l’ha vissuta, anche se nella mia storia finisce bene!

** Qui Mellish prende in giro il tedesco, nominandogli cose che sicuramente non può conoscere per sviare il discorso, però io mi sono fatta l’idea che, essendo un ragazzo americano cresciuto negli anni Trenta, Mellish possa essersi divertito a leggere i racconti di H.P. Lovecraft, che allora erano pubblicati su riviste e di certo attiravano l’attenzione dei ragazzini come accade oggi con i libri di Stephen King o cose del genere (e diciamo che metto un po’ di me nel personaggio di Mellish, perché a me piacciono un sacco le storie di paura! XD).

*** Il primo film di King Kong esce in USA nel 1933, quindi è altamente probabile che Mellish ragazzino lo abbia visto e che gli sia piaciuto parecchio!

   
 
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