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Autore: Babbo Dark    24/03/2023    0 recensioni
Nel cuore della California, circondata dalla riserva e dal mare, si trova una città speciale; Beacon Hills sorge in un luogo assolato e pacifico ma quello che la caratterizza maggiormente non sono i luoghi turistici né il buon cibo ma una famiglia straordinaria: gli Hale. Grazie ai loro talenti, ogni membro della famiglia Hale ha ricevuto in dono un talento e la possibilità di essere dei licantropi stabili e perfetti, capaci di proteggere e aiutare la città e tutti i cittadini; tutti gli Hale sono speciali, tutti quanti, tranne Eli...
Unico membro del Branco e della famiglia a non avere un talento, si ritroverà a vivere un'avventura avvolta dal mistero e dai dubbi con il solo scopo di salvare la magia, il miracolo e la sua famiglia perché sì, Eli potrà anche essere l'unico licantropo Hale a non avere un talento ma non ha alcuna intenzione di voltare le spalle alla propria famiglia.
[Sterek]; [Omegaverse]; [Song-Fic]; [Cross-Over]; [SterekInDisney]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Famiglia Hale, Stiles Stilinski, Talia Hale
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sterek in Disney... '
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Note iniziali: eccoci infine giunti a quest’aggiornamento! Ragazzi, la storia è praticamente conclusa; devo solamente scrivere gli ultimi paragrafi e correggere il tutto, oltre che pubblicarla.

La mia bimba è cresciuta e ora andrà a fare compagnia alle sorellone TT_TT

Prima di lasciarvi alla lettura vorrei esprimere una mia perplessità: con la conclusione di “Encanto”, ispirazione permettendo, vorrei dedicarmi alla stesura di una fanfiction Sterek che mi frulla da molto tempo nella testa e che mi è venuta in mente ascoltando l’album “Fatti sentire” di Laura Pausini; qualora la cosa non dovesse andare in porto potrei sempre dedicarmi a una nuova Sterek-In-Disney ma non saprei veramente quale Classico Disney usare. Inizialmente avevo pensato a “Cenerentola” o “La Sirenetta” ma EFP è pieno di queste AU e, se è vero che il sottoscritto cerca di essere il più fedele possibile al film, è anche vero che non posso pubblicare l’ennesima storia su Cenerentola!
Anche perché non tutti i Classici posso essere riadattati; ci ho provato con “Frozen” ma era un delirio e si distaccava completamente dal film. Quindi stavo pensando a “Il re leone” o “Lilo & Stitch”. Non so… Deciderò…

Bene, il delirio è finito e quindi vi lascio alla storia!
 

Buona lettura!
 



ENCANTO
Capitolo 05: La Stanza delle Sabbie del Tempo
 


‘Ok, per prima cosa devo trafugare del cibo dalla cucina per far guarire queste dannate ferite; per seconda cosa, devo intrufolarmi nella vecchia ala della Villa e cercare la stanza dello zio; per terza cosa devo riuscire ad aprirla; per quarta cosa devo trovare qualche indizio su cosa stia danneggiando la magia; per quinta cosa devo riuscire a decifrare la cosa che probabilmente troverò nella sua stanza. Il tutto senza destare sospetti e soprattutto senza essere visto da nessun membro della…’
 

«Ciao Eli.» Eli sobbalzò visibilmente quando udì la voce di Derek, tirando un urlo per nulla virile che sembrava stesse riecheggiando per tutto l’universo; voltandosi di scatto, fissò il proprio sguardo sul volto confuso del padre e si portò una mano sul cuore, sapendo benissimo che tutta la strategia che aveva elaborato di ritorno alla Villa era appena andata in fumo «Si può sapere perché ti aggiri come un ladro da quando hai rimesso piede in casa?» domandò Derek posando lo strofinaccio, che fino a pochi secondi prima aveva usato per pulire la cucina, per poi incrociare le braccia al petto e sollevare scetticamente le sopracciglia.

«Oh… Beh… Io…» farfugliò Eli, spostando il peso da una gamba all’altra e grattandosi distrattamente la testa.

«E perché sei sporco di sangue?!» immediatamente Derek sgranò gli occhi e gli si avvicinò, preoccupato come non mai.

«È… È…» Eli indietreggiò, completamente preso dal panico, e si ritrovò a dire la prima stronzata che gli venisse in mente «È stato Liam!» esclamò, rosso come un peperone, per poi sgranare gli occhi davanti all’espressione dubbiosa del padre.

«Liam Dumbar? Il figlio dell’architetto?» chiese facendolo annuire «E perché mai Liam Dumbar avrebbe dovuto ferirti?» domandò, irritato e curioso; Eli si sentì sprofondare in una voragine senza fine e abbassò lo sguardo, percependo il proprio cuore battere così furiosamente da sentirlo nelle orecchie. Non era abituato a mentire ai suoi genitori, complici anche le capacità di smascherare una menzogna semplicemente ascoltandolo, ma a quanto pare la sua buona stella doveva essersi improvvisamente interessata a lui visto che Derek sgranò gli occhi e fece un passo indietro, uno strano sorriso a tirargli le labbra «O mio… Hai avuto un incontro focoso con Dumbar?» chiese raggiante ed Eli spalancò la bocca, incredulo a quelle parole.

«PA’!» esclamò iniziando a gesticolare ma Derek si portò le mani davanti al volto, iniziando a ridacchiare.

«Il mio ometto tutto speciale ha scoperto le gioie dell’amore…» disse guardandolo emozionato «È per questo che sanguini? Ti ha morso su una spalla eh?» chiese ed Eli si ritrovò ad annuire, incredulo al fatto che il suo stesso padre mannaro si stesse creando quel castello in aria senza neanche aver trovato l’odore di sesso su di lui; ringraziò la sua stella per quella botta di fortuna ma poi, tempo due minuti, la maledì come se non ci fosse un domani visto che l’altro suo padre entrò proprio in quel momento in cucina e si bloccò a guardarli, visibilmente confuso.

«Che succede qui?» domandò Stiles, posando sul tavolo un cesto di verdure.

«Eli ha il fidanzatino!» disse Derek, incurante del “NO!” praticamente urlato dal ragazzo «E credo che qualcuno si sia divertito parecchio senza vestiti.» aggiunse lanciandogli un’occhiata saputa; Eli desiderò la morte per autocombustione come non mai.

«Piccolo Alpha sporcaccione!» esclamò divertito Stiles ma appena il ragazzo provò a spiegare, a tentare di sistemare quella menzogna che aveva detto, si ritrovò con la bocca piena di torta alle pesche «Sai, Der, credo che tra poco ci toccherà andare a cena da qualcuno…» gongolò avvicinandosi al figlio e posandogli un braccio sulle spalle, guardandolo divertito mentre masticava e ingoiava con lo sguardo rigorosamente incollato alla punta delle scarpe «Ok giovanotto, credo che sia arrivato il momento per te di sentire quel discorso.» Derek scoppiò a ridere notando l’espressione disperata messa su dal figlio e si asciugò gli occhi umidi di lacrime.

«Non riesco a credere che sia cresciuto anche tu…» disse Derek per poi prendere un profondo respiro «Ok, ok! Lascio la stanza per questo discorso da Alpha.» aggiunse notando lo sguardo che il marito gli riservò; Eli voleva morire per avvelenamento.

«Bene giovanotto!» esclamò Stiles non appena la porta fu chiusa, incurante del verso disperato che abbandonò la gola del figlio «Sono contentissimo che tu abbia scoperto le gioie del sesso e ti auguro di godertela al massimo, sperimentando e capendo cosa ti piace fare con… Con… Con chi fai ginnastica da letto?» chiese dubbioso e per poco Eli non iniziò a battere la testa contro la prima superficie dura disponibile.

«Liam Dumbar…» disse sottovoce, sperando che nessuno dei suoi due padri decidesse di andare dal diretto interessato per parlargli.

«Fan della salsiccia eh? Come darti torto ragazzo, come darti torto…» ridacchiò Stiles ed Eli desiderò che un asteroide colpisse la Villa in quel preciso istante «Comunque ricordati queste cose: pulito sempre e comunque, non vorrai mica che il tuo amichetto puzzi di ricotta no? Poi usa sempre protezioni Eli, sempre, e ricorda che il sesso non è come nelle fiabe o come nei porno che guardi a tarda notte: il sesso è sporco e selvaggio e ti prego, ti scongiuro! Non fare il salto della quaglia che ci fai diventare nonni prima del tempo!» una risata riecheggiò da oltre la porta, segno che Derek si fosse appostato lì davanti per origliare tutto, ed Eli desiderò che la terra si aprisse in due e lo inghiottisse «E se ti servono i preservativi chiedi a noi, ok? Non fare senza!» esclamò, facendolo annuire.

«Forse posso essere utile io qui…» disse Derek, rientrando nella stanza e stringendo tra le mani un paio di Durex «Per ogni necessità!» esclamò mettendoglieli in mano e facendogli l’occhiolino, incurante del volto incandescente del ragazzo.

«Vado in camera mia!» urlò Eli, facendo ridere sguaiatamente i due genitori.

«Il sesso porta sonnolenza e fame!» urlò Stiles, beandosi del verso disperato che li raggiunse poco dopo.
 


 
***
 



Il tonfo provocato dalla porta della sua camera lo fece sobbalzare, come se non si fosse limitato a prendere uno zainetto dall’armadio ma qualcosa di prezioso da uno dei suoi cugini, ed Eli sospirò rumorosamente prima di dirigersi a passo incerto verso la vecchia ala della Villa; una parte di lui sapeva benissimo che, apparentemente, non c’era nulla di male nel dirigersi da quella parte visto che era proprio lì che si trovavano le stanze dei suoi genitori e dei suoi zii ma ogni passo compiuto verso la propria meta sembrava far crescere sulla sua fronte un enorme cartello che svelava quale fosse la sua vera destinazione. Fu con uno sbuffo irritato che si rese conto di quanto gli mancassero i suoi sensi sviluppati e l’istinto del lupo, sapere di non poter più fare affidamento su quella parte di sé lo destabilizzò portandolo a scuotere vigorosamente il capo; era diventato un semplice, banale essere umano che si ritrovava ad affrontare una famiglia di licantropi con dei super-poteri per poter compiere un’azione sicuramente proibita.

In poche parole era spacciato.

Decise di tirare il petto in fuori e alzare la testa, cercando di dare il meno nell’occhio possibile, e quasi urlò disperato quando la voce di sua nonna lo raggiunse da un punto fin troppo vicino; deglutendo, e cercando un modo per poter uscire da quella situazione, Eli prese a guardarsi freneticamente attorno prima di rendersi conto che no, nulla poteva funzionare visto che sua nonna poteva tranquillamente percepire il suo odore e sentire il suo battito cardiaco.

Fu con un euforico sorriso sul volto che si rese conto di poter tranquillamente fingere nonchalance e passare accanto a lei come se nulla fosse e così, benedicendo la sua mente e la sua buona stella, tirò fuori il cellulare e prese a scrivere distrattamente qualcosa sulle note mentre ricominciava a camminare.
 
 

«Sarete una coppia fantastica…» stava sussurrando sua nonna a qualcuno e, sollevando appena lo sguardo, Eli incontrò il volto pallido e sorridente di sua sorella «Hai preso un ottimo partito, mia splendida e perfetta Lydia, e dalla vostra unione nasceranno tanti nuovi membri del Branco che renderanno grande e maestosa la famiglia Hale.» Lydia annuì, anche se Eli pensò di aver visto un alone di tristezza a oscurarle lo sguardo.
 
 

Si passarono accanto come se nulla fosse, nessuna delle due fece minimamente caso alla sua figura silenziosa ma Eli non si perse la scia di petali di papavero che Lydia si lasciava dietro; il ragazzo sollevò un sopracciglio, incuriosito, visto che tra tutti i giovani Hale era proprio Lydia quella in grado di controllare alla perfezione il proprio talento e lei non produceva mai petali senza che ce ne fosse bisogno.

Sbuffò e scosse il capo, non volendo indagare ulteriormente quella nuova caratteristica di Ms. Perfezione la Signorina Principessina Viziata Lydia visto che aveva fin troppi pensieri per la testa e lei non ne aveva mezzo, se ovviamente non si contavano gli inutili ragionamenti su trucchi, vestiti, Alpha carini e quant’altro… ‘Tutti pensieri da premio Nobel, di un certo spessore culturale e sociale!’ pensò rancorosamente.

Sbuffò infastidito e si mosse più veloce e cauto che poté, non volendo incontrare altre persone e di certo non avrebbe avuto la stessa fortuna di venir ignorato come se fosse un pezzo dell’arredamento; purtroppo, però, la sua buona stella doveva essersi eclissata da qualche parte visto che non appena svoltò l’angolo si scontrò rudemente contro un ammasso di muscoli dal delicato profumo di vaniglia.
 
 

«Guarda dove metti i piedi!» urlò l’ammasso di muscoli mentre si massaggiava il petto, incurante di star fissando il proprio cugino steso a terra.

«La cosa è reciproca, Aiden!» rispose Eli intento a rialzarsi.

«Sono Ethan.» disse in un ringhio ma l’altro sbuffò e roteò gli occhi «Sono davvero Ethan, cretino!» esclamò quando vide l’espressione incredula messa su dal cugino «Comunque carina la balla su Dumbar, anche se sappiamo tutti che va a letto con Raeken e che sceglierà lui.» disse malvagio, ghignando divertito e incrociando le braccia al petto ma Eli sbuffò nuovamente e si rialzò per poi imitarlo subito dopo.

«Beh… Di certo non potevo dire la verità su chi mi porto a letto, no?» Ethan ridacchiò e gli si avvicinò di un passo.

«Puzzi di vergine.» sussurrò arricciando il naso «E poi voglio proprio conoscere l’Omega che ti ha fatto annusare il proprio collo, sempre se esista.» Eli sollevò le sopracciglia e indurì lo sguardo, desiderando come non mai di ferire quella stupida faccia ghignante che, insieme al gemello, non perdeva occasione per umiliarlo.

«Di certo sei nella mia stessa situazione, cugino, visto che neanche tu puoi permettere a Mahealani di corteggiarti e…» in un attimo Ethan illuminò le iridi e ruggì, afferrandolo saldamente per il collo e sbattendolo rudemente al muro, incurante dell’ansito spezzato e dell’espressione di dolore che accartocciò il volto di Eli «Punto debole?» sogghignò, incurante degli artigli che avevano iniziano a graffiargli la pelle.

«Ti apro la gola. Con le mie zanne.» ringhiò Ethan.

«Certo, certo Eth!» sussurrò dandogli qualche colpetto sulle spalle «Ma intanto io posso vantarmi di avere una personalità e non di essere sotto il controllo di nessuno ma tu?» chiese corrucciando le sopracciglia «Non ti sta cercando qualche vecchietta per dei succulenti pettegolezzi? UH?!» domandò, imitando quello stupido verso che accompagnava le frasi del maggiore; Ethan ruggì ancora e avviò la trasformazione ma, invece di sentirsi intimorito, Eli sospirò e roteò gli occhi.

«Io faccio ben altro per questa città!» disse con un minaccioso ringhio nella voce.

«E cosa sentiamo?» domandò Eli «Fossimo in guerra pure pure, saresti un ottima spia insieme a quel demente del tuo gemello, ma a Beacon Hills?» chiese come se nulla fosse, incurante della presa sul suo collo che si stava rafforzando «A cosa serve una persona con il super-udito? A sentire le scorregge del panettiere? I borbottii insensati della perpetua? Oppure le confessioni peccaminose dei fedeli?» Ethan deglutì e si allontanò un poco dall’altro, come se si stesse scottando man mano che passava il tempo «Sei così preso dal voler essere utile a tutti i costi, dall’assecondare i desideri della nonna, da aver perso di vista il vero fulcro della faccenda: te stesso.» la presa si allentò appena, permettendo a Eli di respirare più liberamente «Credi che non mi sia reso conto delle tue reazioni quando si parla del legame tra Lydia e Danny? Che non veda quanto ti fa star male quando qualcuno chiama Scott o Aiden per qualche favore mentre tu rimani sempre in seconda posizione, in panchina, a correre da qualsiasi parrucchiere per poter condividere gli scoop spiati tra le mura delle varie famiglie?» domandò e finalmente Ethan lo lasciò andare, facendolo cadere pesantemente al suolo mentre indietreggiava di qualche passo pur mantenendo incollati i loro sguardi «Zia Cora controlla il tempo, ed è utile; zio Isaac è un informatico, controlla la linea telefonica e si assicura che nessuno possa far danni on-line, ed è utile; mio padre Derek cura con il cibo, ed è molto più utile di qualsiasi medico; mio padre Stiles è un musicista e allieta i cittadini con le sue note, ed è utile…» per ogni famigliare, Eli sollevò un dito facendo deglutire sempre più sonoramente il mannaro «Poi c’è Lydia, la splendida Lydia, che crea fiori e petali ed è utile; Scott ha una forza sovra-licantropesca, è in grado di sollevare con facilità un intero condominio ed è utile; Aiden cambia aspetto, principalmente per fare il buffone e far ridere, ed è utile in qualche modo; Allison parla e comunica con gli animali, la nonna la metterà a chiacchierare con topi e blatte per le varie disinfestazioni e sarà utile; io non faccio testo, nessuno si degna neanche di rivolgermi la parola, ma tu?» finalmente Eli abbassò le mani e sorrise strafottente, vedendo come gli occhi del cugino stessero iniziando a farsi umidi «A chi è utile Ethan? A chi può servire veramente il suo talento se non a qualche casalinga disperata che vive per il gossip cittadino? Ma soprattutto: Ethan è utile?» chiese intristito, iniziando a vergognarsi per come aveva ridotto il ragazzo; era talmente tanto preso da quella rabbia contro sé stesso e quello che stava accadendo da averla riversata, più o meno consciamente, sul primo disgraziato che gli fosse capitato a tiro e quando vide una singola lacrima iniziare a solcare il volto imberbe di Ethan si sentì morire «Eth, io…» sussurrò, rialzandosi nuovamente e sollevando una mano per potergli stringere una spalla, ma Ethan ruggì nuovamente prima  di colpirlo con un’artigliata.
 
 

Eli sentì il corpo irrigidirsi e bruciare ma non percepì il dolore, non subito almeno; l’unica cosa che fu in grado di sentire, mentre veniva sbattuto con violenza contro il muro, fu una mostruosa pressione che dalla spalla sinistra si prolungava fino al fianco destro e subito dopo la sensazione calda e viscida del sangue che iniziava a sporcargli nuovamente i vestiti.

Poco a poco arrivò anche il dolore e fu atroce; era come se qualcuno gli avesse iniziato a squarciare il petto con dei pugnali ghiacciati portandolo a singhiozzare miseramente mentre si accasciava al suolo, le braccia corse a stringersi il petto e il panico intento a impadronirsi di lui.
 
 

«Ora non fai più il prepotente, uh?!» domandò Ethan, un sorriso soddisfatto sul volto; ma poi, quando si rese conto che la situazione stava peggiorando sempre di più, e che il cugino non si muoveva da quella posizione fetale, i suoi tratti vennero avvolti da una fredda e gelida paura che lo portarono ad allontanarsi di qualche passo dal corpo sanguinante e singhiozzante di Eli «P… Perché n… Non guarisci?» chiese iniziando a passarsi una mano tra i capelli «E… Eli…» il dolore si stava facendo sempre più atroce, il cuore gli pulsava violentemente nel corpo fino a renderlo sordo a causa dei continui tonfi dentro le orecchie; distrattamente sentì i passi pesanti di qualcuno allontanarsi rapidamente e urlare ma ormai Eli non prestava attenzione più a niente e nessuno.
 
 

La testa iniziò a vorticargli e la vista si sfocò, la debolezza lo stava avvolgendo come una macabra coperta mentre iniziava a tirarselo con forza nelle tenebre più assolute ma lì, nel bel mezzo di quell’incubo, una strana sensazione gli solleticò una guancia umida di lacrime; era come una carezza, come se qualcuno gli stesse passando con delicatezza un piumino per la polvere addosso, ed Eli sollevò stancamente le palpebre cercando disperatamente di mettere a fuoco chiunque sia stato a trasmettergli quella sensazione.

Corrucciò lo sguardo quando vide una piccola sfigura sfocata completamente nera e deglutì nel momento in cui percepì qualcosa di morbido e caldo posarsi sulla sua fronte, picchiettandola, cercando di ancorarlo alla realtà; e alla fine, in quel turbinio di suoni e disperazione, arrivò un miagolio. Eli sgranò la bocca e con le ultime forze rimastogli riuscì a inquadrare la figura snella di un gatto nero che tra le fauci stringeva un panino all’olio; rilasciando un risolino, gemendo di dolore immediatamente dopo, Eli afferrò quel pezzo di pane e se lo portò alla bocca sperando che provenisse dalla cucina di suo padre e non da chissà dove.

La sensazione della mollica sulla lingua fu inebriante, concentrarsi su qualcosa che non fosse il dolore fu estenuante, e quando finalmente percepì il classico formicolio della magia intenta a invadergli il corpo si ritrovò a sorridere spensierato; il dolore iniziò a scemare e sentì la pelle rimarginarsi, il bruciore cominciò a sparire e i sensi si fecero immediatamente più vigili e consci dell’ambiente circostante. Quando anche l’ultimo pezzo di pane fu inghiottito, Eli si sentiva decisamente meglio anche se non pienamente in salute; deglutì amaramente, pentendosi di aver provocato quella reazione violenta nell’altro, e iniziò a osservarsi attorno notando la pozza di sangue che si stava allargando ai suoi piedi.

‘Spero di non aver bisogno di una trasfusione quando tutto ciò sarà finito…’ pensò rialzandosi, ignorando quella violenta vertigine che lo assalì a tradimento, ma alla fine si sostenne al muro e ricominciò ad avanzare sperando di non incontrare più nessuno; il gatto miagolò e con un agile salto gli si arrampicò sulla schiena fino a posarsi pigramente sulle sue spalle, iniziando a fare le fusa e a far oscillare pigramente la coda arrivando a strappargli qualche risolino per via del solletico che gli provocava alla gola.
 
 

«Grazie piccolino, se non fosse stato per te sarei svenuto e probabilmente morto…» disse Eli, carezzandogli dolcemente la testa «Chissà cosa ci facevi qui vicino…» mormorò entrando finalmente nella vecchia ala di Villa Hale.
 
 

Deglutendo, Eli iniziò a guardarsi attorno; le pareti erano del solito color crema, le ringhiere e gli infissi in legno, c’erano piante in vaso e rampicanti praticamente ovunque ma tutto lì parlava di giorni passati e più allegri, spensierati come solamente l’infanzia dovrebbe essere, e il ragazzo si ritrovò a sorridere mentre s’immaginava padre e zii correre e ridere sguaiatamente tra quei corridoi, facendo chissà quale gioco e trascorrendo con semplicità le giornate.

Fu uno strano odore ad attirare la sua attenzione, un mix di aria stantia e polvere, e quando finalmente si voltò riuscì a intravvedere quello che, ne era sicuro, in qualsiasi film horror sarebbe stato il luogo dove si nascondeva il mostro; apparentemente era una semplice scala di legno, su cui si era depositato un dito di polvere, ma la completa assenza di luci e il silenzio innaturale che proveniva da quell’androne gli fece accapponare la pelle.
 
 

«Ehm… Nemeton…» sussurrò Eli, voltandosi immediatamente quando udì il classico crepitio provocato dai rami in movimento «Puoi, gentilmente, sistemare questo postaccio?» chiese indicando con un gesto del capo le scale ma i rami presero a muoversi convulsamente e quasi a tremare, facendogli corrucciare le sopracciglia mentre quel fastidioso groppo alla gola veniva finalmente ingoiato «Tu… Non hai potere qui?» domandò, più a sé stesso che all’albero, e i rami iniziarono a ritirarsi lentamente fino a sparire del tutto «Bene.» sbuffò impaurito «A noi due, zio Peter! Spero che tu non sia un cannibale di giovani Alpha vergini e avventati…» borbottò cominciando a tremare da capo a piedi.
 
 

Sentì il gatto irrigidirsi e mugugnare infastidito ma Eli non tentò neanche di calmarlo, aveva ricevuto fin troppe artigliate dolorose per quella giornata, e così tirò fuori il cellulare e attivò la torcia cominciando a salire attentamente per quei gradini; immediatamente la pelle iniziò a formicolare, facendogli percepire uno strano movimento nel petto, come se il lupo si stesse finalmente ridestando dal letargo in cui era caduto. ‘Che diavolo sta succedendo…’ pensò intimorito continuando ad avanzare.

Tese al massimo le orecchie, cercando di percepire qualsiasi suono anomalo o pericoloso, ma riuscì soltanto a sentire l’eco del suo respiro affannato e i versi del gatto sulle sue spalle; e alla fine, appena illuminata dalla fredda luce della torcia, Eli la vide.
 





 



La porta di Peter era completamente diversa da quelle degli altri membri della famiglia, ‘Quelli della famiglia che hanno un talento...’ puntualizzò immediatamente tra sé, visto che si trattava di un semplice pezzo di legno inscurito dal tempo e dall’incuria con profonde strie nere che primeggiavano nelle scanalature e il disegno stilizzato del proprietario della stanza, più inquietante che mai. Peter sembrava osservare il mondo intero con sguardo severo, quasi malvagio, mentre tra le mani si trovava una clessidra intenta a ruotare su sé stessa; quello sguardo, quell’aura di potenza che emanava la porta, portarono Eli a deglutire rumorosamente e a sperare che il suo misterioso zio non si trovasse al suo interno.

Aveva sentito tanto parlare di Peter L’Innominabile, come diceva sempre qualcuno, ma non aveva molti suoi ricordi; da piccolo lo aveva visto di sfuggita a qualche pranzo o cena, ricordava di averlo intravisto alla cerimonia del talento dei suoi cugini e alla sua ma di Peter Hale non aveva molte informazioni. Suo zio se ne stava sempre chiuso nella sua torre; lì riceveva i cittadini che chiedevano il suo aiuto e lì viveva. Eli ricordava con quanto terrore la gente si presentasse alla Villa, ricordava le persone che scappavano piangendo, e ricordava lo sguardo gelido che suo zio sembrava lanciare a chiunque avesse avuto la sfortuna di incrociarlo; il suo talento era uno dei più potenti, ne era certo, ed Eli si chiese cosa facesse Peter per metterlo in pratica e soprattutto cosa potesse trovare in quella stanza che lo potesse aiutare.

Era arrivato fin lì per riuscire a trovare qualche indizio per salvare la magia, il miracolo e la sua famiglia ma fino a quel momento non si chiese mai che cosa potesse essere quell’indizio né se effettivamente si trovavasse lì; Scott gli aveva parlato di una profezia ma che aspetto avevano le profezie? Silenziosamente, sperò di non ritrovarsi nella copia Haleiana de ‘La Stanza delle Profezie’ presente nel Ministero della Magia.
 

«CHI FA FATTO QUESTO MACELLO?!» la voce furente di sua nonna lo fece sobbalzare, portando il gatto ad artigliarti irritato le spalle, e non servì alcun talento per fargli capire che ovviamente si stava riferendo al pavimento sporco di sangue causato dal piccolo scontro avuto con il cugino.
 
 

Eli sospirò, ben conscio che se qualcuno lo avesse scoperto in quel momento per lui non ci sarebbe stata nessuna scusa capace di giustificarlo e così afferrò di getto la maniglia; prese un profondo respiro e la ruotò, immaginandosi chissà quale mostruosa creatura ad attenderlo oltre l’uscio, ma appena spinse la porta questa si aprì abbagliandolo con una calda luce dorata. Sbatté gli occhi un paio di volte, osservando quello, ma alla fine scosse il capo e si apprestò a entrare; ‘Sono abituato alle stranezze, d’altronde non tutti possono vantare di avere dei rami magici che ti rifanno il letto la mattina, MA QUESTO?!’ pensò avanzando di qualche passo e chiudendosi la porta alle spalle, sperando di riuscire ad aprirla nuovamente quando e se sarebbe uscito da lì.

Prendendo un profondo respiro, Eli fissò quella strana apertura che aveva di fronte e avanzò; era una sorta di buco a forma di clessidra in cui, dall’altra parte, una cascata di sabbia celava qualsiasi cosa nascondesse la stanza di suo zio.
 
 

«Nemeton, immagino che tu non abbia potere nemmeno qui eh?» chiese allungando una mano e infilandola nel flusso di sabbia, rabbrividendo quando sentì il calore dei granelli scontrarsi contro la pelle; nessun crepitio gli giunse alle orecchie ed Eli capì che no, il Nemeton non poteva aiutarlo in quel frangente «D’accordo micetto!» esclamò sollevando il capo e drizzando le spalle, facendo sbuffare infastidito il gatto «Faremo questa follia per il miracolo, per la nonna, per la famiglia e…» un’espressione dubbiosa gli tirò il volto «E anche per me…» aggiunse poco dopo, prendendo un profondo respiro e decidendosi finalmente ad avanzare.
 

La sensazione lasciatogli dalla sabbia bollente che gli cadeva addosso fu strana, era come passare attraverso un velo secco e arido, e la sensazione provocatagli dai vari granelli che presero a entrargli nei vestiti e nelle scarpe era la più fastidiosa che avesse provato in vita sua ma mai, mai, si sarebbe immaginato di ritrovarsi a cadere nel vuoto da un momento all’altro; l’urlo che gli uscì dalle labbra fu tutto tranne che virile ed Eli si ritrovò con il cuore in gola e la mente invasa da mille e più scenari in cui si spappolava contro qualche superficie rigida per poi morire nel modo più doloroso possibile.

Cadde in un calore ustionante, la pelle sembrava andargli a fuoco e quando era convinto che quella dannata corsa non sarebbe mai terminata si ritrovò a impattare dolcemente contro qualcosa di morbido e sdruccevole; l’odore della sabbia gli colpì le narici e poco a poco, con il cuore che rischiava di sfondargli il petto, aprì gli occhi ritrovandosi ad ammirare un gigantesco deserto che proseguiva a perdita d’occhio. Il alto ardeva un Sole cocente e nell’aria non si udiva un singolo suono, non c’era neanche un alito di vento a spazzare quella distesa, e solo allora si rese conto che se ci fosse qualcuno in quella stanza probabilmente avrebbe sentito distintamente il suo urlo; ‘Dannato scalino e dannata stanza magica! Ma chi è quel pazzo che fa una cosa del genere?!’ pensò furibondo riuscendo finalmente a rialzarsi, lanciando uno sguardo in alto e notando una semplice scala di corda che pendeva pigramente dalla sporgenza dalla quale era caduto.

Un miagolio irritato gli raggiunse le orecchie e quando si voltò, maledicendosi per essersi dimenticato il suo compagno d’avventure, si ritrovò giudicato dagli occhi inferociti del gatto.
 
 

«Scusa…» sussurrò abbozzando un sorriso ma l’animale gli soffiò e gli diede le spalle, incamminandosi elegantemente verso un punto ben specifico «Ehi aspetta!» urlò inseguendolo, sbuffando quando udì il proprio eco tornargli indietro.
 
 

I due proseguirono per quella che sembrava un’eternità e più volte Eli si chiese se e come sarebbe riuscito a ritrovare l’uscita da quel posto infernale; già si immaginava ad arrancare disperato per quei deserti infiniti e ben presto l’idea che la stanza di Peter non fosse altro che un passaggio per un'altra zona del globo cominciò a formarglisi nella mente. Sapeva perfettamente che la magia agiva in maniera strana sulle loro camere, ‘Quando ovviamente funziona…’ ragionò irritato, e che le rendeva più grandi rispetto a come apparivano all’esterno ma quello era decisamente troppo! Insomma, se il suo talento fosse stato quello di orientarsi sempre e comunque in ogni luogo del creato si sarebbe ritrovano a dormire nel Labirinto di Cnosso?

Il Sole picchiava sulla sua testa e ben presto la sete cominciò a dargli problemi, portandolo a maledirsi per non essersi portato dietro i viveri e un minimo di attrezzatura; ‘Ma andiamo! Tecnicamente sono ancora a casa mia, chi mai avrebbe immaginato di ritrovarsi nel Sahara?! Peter, la tua stanza è la peggiore!’ pensò irritato, cominciando a borbottare insulti insensati contro quelle quattro mura apparentemente infinite, la magia e le sue pessime idee.

Era così impegnato a borbottare che non si rese conto che poco a poco si stavano avvicinando a una gigantesca scalinata in pietra finché, ovviamente, non inciampò nel primo gradino cadendo miseramente a peso morto su quella costruzione sperduta nel nulla.
 
 

«Cazzo! Credo di essermi rotto il naso!» imprecò mentre si rialzava, sentendo il corpo pulsare in più parti; il gatto miagolò, attirando la sua attenzione, e prese a salire agilmente e incurante del suo malessere.
 

Sgranò gli occhi quando vide un cartello in legno piantato a pochi centimetri dai primi gradini su cui qualcuno, probabilmente suo zio, aveva scritto con lettere insicure “Per il futuro salire le scale” ed Eli sospirò, iniziando quell’enorme sfacchinata.
 


 
***
 



‘158, 159, 160, 161… Dannazione Nemeton, perché tutte queste scale?!’ pensò Eli mentre continuava ad avanzare, sbuffando accaldato e maledicendosi ancora una volta per non essersi portato dietro nulla; il gatto, che da qualche minuto era tornato ad appollaiarsi sulle sue spalle, si stiracchiò a dovere e riprese a dormire facendolo sbuffare sonoramente.
 
 


 
***
 



‘Ma quanti scalini ci sono in questa dannata stanza?!’ il sudore gli aveva completamente bagnato tutti i vestiti ed Eli era convinto al 99% che se si fosse sfilato le mutande queste avrebbero iniziato a gocciolare su quelle scale roventi; aveva il desiderio di spogliarsi, sperando di potersi rinfrescare in qualche modo, ma il pensiero di essere osservato e spiato da qualcuno era troppo forte per spingerlo a esibire le sue grazie e così, semplicemente, si passò un braccio sulla fronte e riprese la sua scalata.
 
 

 

***
 
 


‘Porca Luna quanti scalini!’ aveva la lingua a penzoloni da una buona mezz’ora e da tempo stava proseguendo mezzo nudo, visto che la calura aveva avuto la meglio sul pudore; e così, con la maglia stretta in una mano e le scarpe nell’altra, Eli proseguiva sempre più in alto.
 


 
***
 
 


‘ZIETTO, LA TUA STANZA È LA PEGGIORE!’ non sentiva più la gola, tanto era secca, e le gambe gli stavano andando a fuoco; ormai si stava arrampicando con solamente indosso le mutande ma ovviamente poteva tranquillamente toglierle visto che il tessuto bianco, ormai completamente pieno d’acqua, non lasciava nulla all’immaginazione di un qualsiasi guardone pseudo-omicida. ‘ORA CAPISCO PERCHÉ TE NE STAVI SEMPRE CHIUSO QUI DENTRO!’ pensò, sbuffando per l’ennesima volta.
 
 

 
***
 
 


‘Pensi che la magia ti dia una mano sempre e molto spesso è utile ma MAI quando serve!’ ormai aveva perso il conto di quanti scalini aveva fatto, si era fermato a 2874, e fu quasi con una gioia immensa che accolse finalmente il pianerottolo e la fine di quell’arrampicata disumana; ‘Santo Plenilunio, neanche Pegasus ha fatto una cosa simile quando si stava dirigendo dal Gran Sacerdote!’ rifletté esausto, posando entrambi i piedi su quella distesa di pietra bollente e ammirando il panorama; davanti a lui si ergeva una gigantesca caverna a forma di lupo, nelle cui fauci spalancate ardevano quelle che sembravano delle fiaccole, ed Eli avanzo barcollando appena a causa della spossatezza che lo aveva colpito.

‘Ci manca solo che cada in questo momento e debba ricominciare a salire!’ pensò cercando di camminare stabilmente nel posto più sicuro di quella strana strada; passo dopo passo si avvicinò sempre più a quello che sembrava un ponte sospeso nel nulla e fu solo quando si affacciò appena che un senso di vertigine lo colse in pieno. Sapeva che era salito in alto ma non si era reso conto di quanto in alto era arrivato; doveva trovarsi a 300 o 400 metri dal terreno e sotto di lui si trovava quello che a tutti gli effetti sembrava un fiumiciattolo. Il desiderio di bere si fece impellente ed Eli si ritrovò a deglutire, sentendo la gola secca come il resto di quella dannata stanza in cui si era ritrovato.

‘Ok micetto, è ora della verità!’ Eli fissò il ponte non molto stabile che si trovava davanti a lui e sospirò, preparandosi mentalmente a cadere nel vuoto, e fu con una preghiera nel cuore che prese a percorrerlo lentamente; le assi di legno scricchiolarono sotto il suo peso ma sembravano reggere adeguatamente e così, con una sicurezza che non credeva di avere, si ritrovò a sorridere e ad avanzare più rapidamente. Fu con un urlo e una bestemmia che accolse l’ultima, bastarda tavola che si spezzò non appena ci si appoggiò sopra, portandolo a cadere nel vuoto; il gatto soffiò e saltò agilmente dall’altra parte mentre Eli si aggrappava con tutte le sue forze alle funi che reggevano il ponte, facendolo oscillare e scricchiolare sinistramente.

Deglutì e abbassò il capo, sgranando gli occhi quando sotto di sé non vide altro che il vuoto e una morte sicura, ma le forze sembravano averlo abbandonato improvvisamente e rimase appeso lì come un salame; il gatto miagolò nuovamente, sembrando preoccupato e terrorizzato della situazione, e poco a poco il desiderio di salvarsi e soprattutto di uscire da quell’inferno si fece sempre più forte e con le ultime energie iniziò a issarsi, cercando di ignorare i pericolosi e sempre più minacciosi movimenti del ponte.

Fu con un urlo di pura gioia che decretò la sua salvezza, visto che era riuscito finalmente ad abbandonare quel dannato ponte dopo essersi issato sulle tavole e aver spiccato un salto da medaglia olimpica; ma fu proprio durante quella semplice esclamazione di felicità che il ponte crepitò minacciosamente un’ultima volta prima di cadere rovinosamente verso il basso, sbattendo e sfracellandosi contro le pareti. Eli lo guardò, una paura bestiale a tirargli i muscoli, e si ritrovò a deglutire terrorizzato; ‘E ora come faccio a uscire da qui?’ pensò allontanandosi sempre più rapidamente dalla sporgenza, temendo di fare la stessa fine del ponte. ‘Lo zio doveva avere un’altra uscita, no? Forse io ho percorso la strada dei visitatori…’ pensò mentre finalmente entrava nella grotta, beandosi immediatamente della frescura provocata dall’ombra ma poco dopo un sorriso gli tirò le labbra quando sentì un gorgoglio allegro riecheggiare a qualche passo da lui; quasi pianse quando vide quella specie di fontana e non si curò neanche di sapere se l’acqua fosse potabile, l’unica cosa che fece fu quella di immergerci il volto dentro e bere avidamente finché l’arsura non fosse sparita nel nulla.

Il gatto finalmente gli scese dalle spalle e cominciò a curiosare in giro, annusando l’aria e studiando l’ambiente con le orecchie tese; la grotta era piena di sabbia e polvere, sembrava quasi che nessuno si fosse impegnato per darle un aspetto decente da almeno una decina d’anni e sul pavimento lurido si trovavano quelle che, apparentemente, sembravano delle anfore rotte. Quando finalmente Eli si risollevò, beandosi della frescura provocata dall’acqua mentre gli scorreva sul petto nudo, iniziò a imitare il felino e un fastidioso groppo alla gola sembrava pronto a soffocarlo da un momento all’altro; facendo saettare gli occhi da una parte all’altra, il ragazzo si ritrovò ad ammirare quelli che a prima vista sembravano degli affreschi dipinti a mano.

Ritraevano un uomo in completa solitudine, intento a mettere in pratica una qualche sorta di rito, avvolto da una strana luce verde e dalla sabbia; deglutendo, Eli proseguì la sua esplorazione ma fondamentalmente la grotta non nascondeva nulla di che e i ripiani presenti al suo interno, tutti fatti di una fredda e scura roccia, erano completamente vuoti. Sospirando rammaricato, il ragazzo continuò a guardarsi attorno prima di sobbalzare visibilmente a causa di quel boato; si voltò di scatto, con il cuore in gola, ritrovandosi a fissare il gatto mentre giocava con un’anfora vuota.

'Bestiaccia…' pensò tirando un sospiro di sollievo, irrigidendo immediatamente i muscoli quando un sinistro cigolio gli raggiunse le orecchie; si voltò lentamente, timoroso di scontrarsi contro qualche mostro, e corrucciò le sopracciglia quando notò un portellone in metallo dall’aspetto pesante e appena socchiuso. “Che si fa qui una porta del genere?” deglutendo nuovamente e avanzò di qualche passo fino ad afferrare saldamente la maniglia di quell’affare, tirandolo con tutta la forza che aveva; il portellone si aprì senza fatica, cigolando appena sui cardini, e quello che rivelò fu del tutto banale. Era una stanza ovale al cui interno si trovavano degli spuntoni di roccia e una quantità apparentemente infinita di sabbia; il soffitto a cupola era claustrofobico e la stanza stessa sembrava emanare delle sensazioni terribili da ogni centimetro ma Eli scosse il capo e prese un profondo respiro. 'Se proprio c’è qualcosa in questa stanza allora, sicuramente, si troverà qui dentro…' pensò avanzando di un passo, rabbrividendo alla sensazione donatagli dalla sabbia gelida contro le piante dei piedi; ma poi, semplicemente, la porta si chiuse alle sue spalle.
 
 

«NO!» urlò voltandosi di scatto e colpendo il portellone con tutta la forza che aveva, facendo rimbombare i tonfi nel vuoto della grotta «NO! NO! NO! NO!» ripeté cercando in tutti i modi di forzarla, prendendola a spallate e a calci ma quell’ammasso di metallo sembrava immobile «NEMETON! AIUTAMI! NEMETON, TI PREGO!» urlò sentendo le lacrime iniziare a bagnargli il volto mentre il fiato gli si faceva sempre più corto e la testa iniziava a girargli, il panico continuava a impadronirsi di lui istante dopo istante e poco a poco Eli si ritrovò a perdere la forza nelle gambe e a scivolare a terra, inginocchiandosi davanti a quel dannato pezzo di metallo «V… Voglio a… Andare a c… Casa…» singhiozzò, posando la testa contro il portellone e scoppiando in un pianto disperato «Voglio papà! Papà!» urlò, sbattendo nuovamente i pugni e facendosi un male cane «Papo… Papà…» sussurrò, sedendosi finalmente a terra e permettendo al panico d’impadronirsi di lui definitivamente.
 
 

Non seppe dire con certezza quanto tempo passò, forse minuti o forse ore, il buio totale di quella stanza lo terrorizzava e disorientava ma a peggiorare la situazione c’era quella dannata luce verde che non smetteva un attimo di brillare minacciosamente; forse fu il panico, o forse il buio, oppure ancora era semplicemente la realtà ma ben presto Eli iniziò a vedere i contorni di un enorme mostro ghignante proprio sul fondo della stanza e quella fottuta luce verde era provocata sicuramente dai suoi occhi malevoli. “Morirò…” pensò disperato, rannicchiandosi su sé stesso e portandosi le mani sulla testa nel disperato tentativo di proteggersi dall’imminente attacco del mostro “Morirò qui come un coglione perché nessuno si prenderà la briga di cercarmi, forse solamente i miei padri…” l’immagine dei volti di Stiles e Derek, accartocciati da una smorfia di dolore e bagnati dalle lacrime, lo portò a singhiozzare miseramente e come se nulla fosse iniziò a sentire delle voci.

Sussurravano cose orribili, lo deridevano, lo minacciavano…

‘Ora la belva pasteggerà con il tuo corpo!’

‘Il cucciolo di lupo che voleva correre con il Branco, guardate come si è ridotto!’

‘La sua famiglia lo dimenticherà presto e lui sarà come noi…’

‘Come noi… Come noi… Come noi…’

‘Lasciati andare ragazzo, abbandonati all’oblio…’

Eli singhiozzò e scosse il capo, sperando che quelle orribili voci sparissero nel nulla, ma poi qualcosa attirò la sua attenzione e si ritrovò a sollevare di scatto il capo mentre un timido sorriso gli tirava le labbra; un miagolio. Immediatamente si ricordò del suo improbabile accompagnatore e per un attimo il panico iniziò a ritirarsi dal suo corpo, lasciandolo libero di respirare e ragionare; si mosse sgraziato contro il pavimento, lasciando la sabbia in ogni dove, e non si curò neanche di quel qualcosa di freddo e liscio che aveva colpito accidentalmente perché tutte le sue energie erano concentrate su quel piccolo felino che lo stava ancora aspettando davanti al portellone.
 
 

«Micio!» esclamò, sorridendo ancor di più quando il gatto miagolò nuovamente «Va da Allison!» urlò, sentendosi un perfetto imbecille per non averci pensato prima «Raccontale quello che è successo e dille di andare a chiamare mio padre Derek! Lui saprà cosa fare!» il gatto parve strusciarsi contro il metallo e grattarlo appena, ed Eli desiderò con tutto sé stesso che quella bestia fosse riuscita a capirlo, ma poco dopo il silenzio tornò sovrano e lui si accasciò nuovamente al suolo.
 
 

'La speranza di salvarmi è legata a un gatto, l’animale più pigro ed egoista del mondo! Perfetto!' pensò amaramente, scuotendo il capo e sospirando rumorosamente; lanciò uno sguardo intimorito al fondo della stanza, ritrovandosi nuovamente a osservare la minacciosa luce verde, ma poi una strana sensazione prese a formicolargli all’altezza dello stomaco portandolo a sbuffare infastidito e imitare un ringhio perché, dannazione!, lui era un Hale e non si sarebbe di certo fatto trovare impreparato e impaurito contro il primo mostriciattolo che gli si fosse parato davanti! Nossignore, lui avrebbe combattuto da bravo licantropo qual era e fanculo l’assenza di talento e qualsiasi altra menata, non avrebbe aspettato un secondo di più!

Così, gonfiando il petto e indurendo lo sguardo, strinse i pugni e scattò in corsa mentre l’urlo di guerra gli abbandonava la bocca e iniziava a riecheggiare violentemente sulle pareti della stanza ma nulla aveva più importanza ormai perché il mostro… Non c’era…

Fu solo grazie a un’immensa dose di fortuna che Eli riuscì a non schiantarsi contro il muro visto che aveva raggiunto, e superato, la minacciosa luce verde senza incontrare nessuno e soprattutto senza essere divorato da alcun mostro; barcollò sul posto e cominciò a osservarsi attorno con maggiore attenzione, confuso da quella situazione, e alla fine abbassò lo sguardo fino a posarlo sull’origine di quella luce.

Era un oggetto trasparente, forse vetro, dallo strano colorito verde smeraldo e spesso quasi un dito; Eli inclinò il capo e si accovacciò, fissandolo interdetto, e alla fine lo afferrò attentamente per paura di tagliarsi. Era caldo, come se fosse appena stato tolto dai raggi solari di una tiepida mattina di Maggio, e nonostante avesse la stessa durezza del vetro percepiva anche una sensazione strana, come se stesse tenendo in mano un pezzo di velluto; incantato da quello strano oggetto, lo oscillò appena a destra e a sinistra prima di sobbalzare visibilmente visto che qualcosa comparì per una frazione di secondo sulla sua superficie.

Eli sollevò le sopracciglia, stupito, e prese ad accarezzare i bordi irregolari scoprendo come questi non fossero taglienti ma che, invece, gli provocavano una strana sensazione all’altezza del petto; preso com’era dal suo studio, non si accorse delle crepe che avevano iniziato a percorrere gli spuntoni presenti nella grotta.
 
 

 
***
 
 


Un ringhiò le abbandonò la gola quando, finalmente, l’ultimo petalo fu spazzato via dal corridoio; voleva che la Villa fosse perfetta per quella sera, perfetta sia com’era la sua nipotina che come sarebbe stato il legame con i Mahealani, eppure sembrava che tutto stesse andando a rotoli. Talia era disposta a chiudere entrambi gli occhi e a voltare il capo dall’altra parte davanti al nervosismo di Lydia, d’altronde ricordava ancora come si sentì lei quando aspettava che Pedro si presentasse davanti la sua porta, ma non era assolutamente disposta a soprassedere su tutto quel sangue che aveva incontrato nella vecchia ala della Villa; sentiva l’odore di Ethan ed Eli ovunque e se inizialmente si chiese cosa fossero andati a fare lì con il passare del tempo desiderò solamente sapere cosa avessero combinato quei due per mettere in repentaglio l’intera serata.

Un boato le riecheggiò sulla testa, facendola sobbalzare visibilmente, e si voltò di scatto verso il Nemeton; trovò le fronte intente a muoversi pigramente come sempre ma poco sopra l’albero, come una macchia d’inchiostro su un foglio praticamente immacolato, trovò dei pesanti e minacciosi nuvoloni neri. Talia deglutì e avanzò fino a posare le mani sulla ringhiera, afferrandola con talmente tanta forza da farsi sbiancare le nocche, perché quelle nuvole presagivano un tornado e quella non era la stagione dei tornado!

Deglutì nuovamente, percependo il proprio lupo muoversi nervosamente e ringhiare minaccioso, e lentamente tornò a dedicarsi alle proprie faccende sperando che nessun uragano si abbattesse su di loro quella stessa sera.
 
 

 
***
 
 


Un sorriso euforico gli tirò le labbra quando trovò un altro pezzo di vetro e quasi si mise a ballare quando notò che come questo si potesse unire agli altri due già in suo possesso, permettendogli di vedere uno scorcio di quella strana immagine.
 
 

«Avanti, zio, cosa volevi nascondere…» sussurrò, unendo finalmente i tre pezzi e iniziando a farli oscillare attentamente «Cosa sta danneggiando la magia?» domandò, più a sé stesso che allo zio; il terrore lo avvolse da capo a piedi quando notò finalmente l’immagine «Sono io…» c’erano pochi dubbi in merito, quel volto era proprio il suo.
 
 


Eli si vide immobile davanti a quella che, ne era certo, fosse una Villa Hale devastata dalle crepe e un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra; una lacrima prese a solcargli il volto ma subito dopo una nuova paura gli avvolse le ossa, una paura legata ai crepitii e ai boati che avevano iniziato a riecheggiare attorno e sopra di lui. Finalmente sollevò il volto e sgranò gli occhi quando notò le innumerevoli crepe che stavano percorrendo la volta a cupola, permettendo alla sabbia di filtrare attraverso di esse e riempire poco a poco la stanza; il fiato gli mancò ma non si permise di farsi travolgere dal panico, non questa volta, e seppur terrorizzato si sollevò in piedi e cominciò a fissarsi freneticamente attorno.

Vedeva la luce verde ovunque e più la sabbia sommergeva quel posto e più Eli si gettava a capofitto in un determinato punto, afferrando saldamente il nuovo pezzo di vetro e aggiungendolo agli altri; ben presto furono quasi una decina e quando se ne fece scappare un paio dalle mani, a causa del loro volume e dalla fretta di raccogliergli per poi scappare, imprecò e si ringraziò per essersi portato dietro uno zaino. Poco a poco nuovi pezzi di vetro venivano afferrati e gettati insieme agli altri ma la sabbia continuava a riempire la stanza, privandolo sempre di più dello spazio ma soprattutto dell’ossigeno; fu un semplice dettaglio a fargli notare quello che, sperò con tutto sé stesso, fosse l’ultimo frammetto. Era un tenue bagliore verdognolo che veniva costantemente sommerso dalla sabbia, offuscandolo sempre di più, e sebbene Eli sapesse che fosse un suicidio non poté comunque impedirsi di scattare in quelle direzione; affondò con decisione la mano nel cumulo di sabbia e afferrò saldamente quell’ultimo pezzo di vetro prima di rialzarsi tremolante, un sorriso soddisfatto sul volto.

Un boato più forte degli accompagnò un lieve terremoto che gli fece perdere l’equilibrio, rischiando di farlo cadere pesantemente al suolo, ma alla fine Eli si voltò e ricominciò a correre verso il portellone in metallo; irrigidì le spalle e chiuse gli occhi, preparandosi all’impatto, e quando finalmente avvenne il dolore fu quasi accecante. La porta rimbombò cupamente ma non si mosse mentre la sua spalla doleva e pulsava; Eli la ruotò e, nonostante il dolore, riuscì a sentirla perfettamente al proprio posto e sorrise ancora. Non poteva morire ora, non voleva morire ora, e ricominciò a colpire quel dannato pezzo di metallo con tutta la forza che aveva in corpo; fu quasi con un errore che la sua mano, all’ennesimo schianto contro il portellone, sfiorò qualcosa di rettangolare e duro.

Eli la cercò a tentoni, percependo il proprio corpo premuto saldamente contro il metallo a causa della sabbia che lo aveva completamente sommerso dopo il crollo definitivo della volta; chiudendo gli occhi e impedendosi di respirare per evitare di ritrovarsi soffocato e quando la testa iniziò a girargli vorticosamente, e la speranza sembrava prossima ad abbandonarlo, finalmente la trovò; era una maniglia, apparentemente arrugginita visto che la sentiva ruvida e polverosa al tatto, ma un sorriso euforico gli tirò le labbra mentre finalmente la abbassava.

Ci volle qualche tentativo, perché ovviamente la serratura aveva ben pensato di incepparsi proprio in quel momento, ma alla fine Eli riuscì ad abbassarla del tutto e con le ultime forze cercò di spingere via quel blocco di metallo; lo scoppio causato dal portellone che si spalancava, accompagnando il boato provocato dalla sabbia che finalmente si riversava fuori dalla stanza, parve riecheggiare per tutto l’universo ed Eli si ritrovò travolto da quella valanga.

Vide di sfuggita gli affreschi e la fontana dalla quale si era dissetato prima e già si immaginò mentre precipitava verso una morte certa, ma quel flusso tumultuoso di sabbia e polvere parve cessare all’istante lasciandolo ansante e terrorizzato; si trovava disteso contro la roccia bollente della caverna e la luce del posto sembrava accecarlo, visto che ormai si era abituato al buio quasi totale della stanza, ma solamente quando l’aria fresca iniziò a invadergli i polmoni che capì cos’era accaduto.

Poco a poco una risata genuina cominciò a mozzargli il respiro ma Eli non fece nulla per reprimerla, felice come non mai di essere sopravvissuto a quell’inferno ma soprattutto di aver finalmente trovato un indizio sulla magia e la causa di quegli avvenimenti; un lampo di tristezza lo bloccò, l’immagine che aveva visto nel vetro tornò a perseguitarlo, ma lentamente chiuse gli occhi e scosse il capo. “Era solo un’immagine facente parte di un contesto, non fasciarti la testa prima di cadere…” pensò ricominciando ad alzarsi, liberandosi di un grido terrorizzato quando si rese conto di trovarsi proprio sul precipizio mortale.
 
 

 
***
 
 


Riuscire a tornare indietro fu più complicato del previsto perché, oltre all’assenza di qualsivoglia ponte che collegasse la grotta alla scalinata infinita, Eli dovette fare i conti sia con la sete che da qualche tempo aveva ricominciato a torturalo che soprattutto con quella dannata sabbia che gli si era appiccicata addosso; aveva perso un’infinità di tempo a cercare il modo per poter uscire da quella fottuta stanza ma alla fine, dopo aver studiato con attenzione tutti i particolari della grotta, era riuscito a trovare una scala segreta che da dietro un affresco conduceva direttamente al punto di partenza.

Fu strano per lui imboccare quel lungo corridoio buio e silenzioso e fu ancora più strano ritrovarsi a sollevare una vera e propria botola, osservando confuso la scala a pioli che l’avrebbe condotto all’uscita; si guardò intorno, intravvedendo in lontananza quell’affare mostruoso che aveva percorso prima e la grotta a forma di lupo, ma alla fine scosse il capo e uscì definitivamente. Era stanco di quella distesa di sabbia rovente e voleva solamente dissetarsi e farsi una doccia.

Quando finalmente oltrepassò nuovamente la cascata di sabbia, sospirò sollevato nell’osservare la porta incisa e sorrise trionfante; stava per incamminarsi quando una piccola parte di lui gli ricordò di essere praticamente nudo. Così, sbuffando, strinse meglio i jeans e ricominciò a vestirsi visto che nel tumulto della sua fuga attraverso il portellone aveva perso maglia e scarpe.

Fu quasi tentato di mettersi a urlare di gioia quando vide la luce del Sole ma alla fine si disse di avere una missione da svolgere e prese a incamminarsi a passo svelto verso la propria camera; iniziò a guardarsi attorno, sentendosi praticamente un ladro, e tentando di essere disinvolto s’infilò una mano in tasca. Percepì qualcosa di plastico e duro contro le dita e solo in quel momento si ricordò dei preservativi datogli da suo padre, nonché dell’orribile discorso che aveva vissuto; stava quasi per urlare dalla disperazione al ricordo quando, svoltato l’angolo, si scontrò violentemente con qualcuno.
 
 

«Ma cos… ELI!» Eli chiuse gli occhi e sospirò, maledicendo la sua buona stella sadica per averlo mandato contro la propria matriarca; Talia, infatti, aveva iniziato a ringhiare furibonda mentre si toglieva i granelli di sabbia dal suo bel vestito nero e sollevò le sopracciglia nel notare l’aspetto del ragazzo «Perché sei mezzo nudo? E perché sei ricoperto di sabbia?» chiese illuminando le iridi e facendolo deglutire rumorosamente.

«Io…» sussurrò Eli, lanciando sguardi disperati a destra e a manca «Sono stato al mare!» esclamò quando sentì sua nonna schiarirsi la gola nervosamente.

«Al mare?» chiese infatti Talia «E a fare cosa, di grazia?» domandò incrociando le braccia al petto e sollevando entrambe le sopracciglia.

«Ero con un amico e, insomma sai…» il panico iniziò a impadronirsi di lui ma proprio quando pensava che peggio di così non potesse andare si ritrovò a tirar fuori la mano dalla tasca, desideroso di gesticolare come suo solito, e solo in quel momento si rese conto di una cosa: a causa del movimento agitato e frettoloso, aveva letteralmente lanciato i preservativi in aria; la bustina prese a ruotare e cadde pesantemente al suolo, proprio davanti ai piedi di sua nonna «Posso spiegare…» disse imbarazzato e disperato, fissando la scritta XXL che primeggiava sulla confezione.

«N… Non…» balbettò Talia, rossa come un pomodoro «Non credo di voler sapere…» disse sollevando lo sguardo, permettendogli di raccogliere rapidamente quei dannati cosi; stavano entrambi per aprire la bocca quando un urlo disperato li raggiunse, facendoli voltare di scatto verso le scale.

«NONNA!» urlò Scott, il volto fradicio di lacrime e le iridi che variavano rapidamente dall’oro al marrone «STO PERDENDO IL MIO TALENTO! IL MIO LUPO STA MORENDO!» urlò nel panico più assoluto.

«Che cosa?!» disse immediatamente Talia, facendo un passo nella sua direzione «Che è successo?!» domandò visibilmente terrorizzata; Eli, invece, deglutì un amaro groppo in gola quando vide la disperazione nello sguardo del suo fratellone.

«O… OGGI HO PARLATO CON ELI E LUI, LUI… LUI MI HA DETTO CHE FACCIO TROPPO E ALLORA HO… HO RISPOSTO CHE MI SENTO SCHIACCIATO DALLE PRESSIONI E COSÌ HO DECISO DI… DI… DI RALLENTARE IL TUTTO, DI PRENDERMI PIÙ TEMPO PER LE COSE E… E… E STAVO IN RITARDO!» sia Talia che Eli osservarono il ragazzo urlare e piangere mentre camminava nervosamente avanti e indietro, arpionandosi i capelli e singhiozzando come un bambino; più volte la donna provò a interromperlo ma Scott riprendeva quasi senza fiato, piangendo sempre di più «ALLORA HO AFFERRATO TUTTI GLI ASINI, SONO ANDATO AL RECINTO, LI HO LANCIATI E…» Scott indicò un punto in lontananza, come se stesse indicando veramente quel dannato recinto «E MI SONO SENTITO DEBOLE E STANCO!» urlò prima di portarsi le mani sul volto e scoppiare in lacrime, scappando subito dopo in camera sua; Eli singhiozzò e deglutì, corrucciando lo sguardo quando vide la luminosa porta di Scott brillare a intermittenza come una lampadina prossima alla folgorazione.

«Che. Cosa. Hai. Detto. A. Tuo. Fratello.» Eli si sentì rabbrividire a ogni singola sillaba, e quasi desiderò che un fulmine lo colpisse in pieno quando vide l’espressione furibonda che sua nonna gli lanciò.

«Niente lo giuro!» esclamò ma appena Talia provò ad aprire la bocca, probabilmente per devastarlo visto quando accaduto, le campane della chiesa presero a suonare e la lupa sgranò gli occhi prima di sistemarsi nervosamente gli orecchini e i capelli.

«Non ho tempo per i tuoi giochetti, per te e per le tue stronzate!» disse fuori di sé, incurante dell’espressione distrutta di Eli «Devo andare dai Mahealani per discutere degli ultimi elementi riguardo il calore di Lydia…» aggiunse guardando l’orologio da taschino «Tu mettiti in camera tua e non uscire da lì finché non sarò tornata e, soprattutto, non parlare con nessuno! In special modo con Scott!» urlò puntandogli l’indice contro «CAPITO?!» ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo, facendolo annuire energeticamente.
 
 

Quando Talia finalmente si allontanò, Eli permise a una singola lacrima di solcargli il volto; ‘Non ho tempo per i tuoi giochetti, per te e per le tue stronzate!’ aveva detto sua nonna ma Eli avrebbe tanto voluto urlarle contro che sì, era vero, lei non aveva avuto più tempo per lui da quella dannata cerimonia; era come se Eli avesse perso ogni singolo interesse agli occhi di sua nonna, come se si fosse spento, e in quel momento il ragazzo si chiese che fine avesse fatto quella donna dolce e premurosa che gli leggeva le fiabe prima di andare a dormire e lo tranquillizzava dicendogli che lui era un gioiellino.

Sospirò e continuò a piangere, sentendo il cuore trafitto da una lama quando riuscì a udire i singhiozzi disperati di suo fratello; quando finalmente si chiuse la porta della sua stanza alle spalle, sospirò rumorosamente e gettò malamente lo zaino sul comò. Non ci mise molto a farsi una doccia e bere, non gli importò neanche di essersi attaccato al rubinetto del lavandino, e fu solo quando ebbe indosso un pigiama pulito che riversò il contenuto dello zaino sul comò; non si curò della sabbia che prese a correre ovunque, né del dolore che percepiva nel petto, ma si preoccupò solamente di ricomporre quel dannato pezzo di vetro.
 
 

«Zio Peter, ma che volevi dirci?» sussurrò incastrando due pezzi quando, improvvisamente, un tuono gli riecheggiò alle spalle e un vento gelido lo avvolse da capo a piedi; si voltò immediatamente, premurandosi di coprire il bottino della sua faticosa avventura, e sbiancò visibilmente quando vide lo sguardo furibondo di sua zia Cora.
 

 
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