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Autore: Feathers    26/03/2023    2 recensioni
Passeggiando nel bosco accanto al paesino di Viedlenhid, alla ricerca delle memorie che la sua mente ha deciso di nasconderle, la nobile Chrissy Cunningham si imbatte in Eddie Munson, un giovane dalla personalità frizzante che le farà conoscere un mondo di cui lei ignorava l'esistenza. Un mondo fatto di magia e di musica, di libertà e di meraviglie, ma anche della sofferenza di chi è costretto a nascondersi.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Chrissy Cunningham, Eddie Munson
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ogni singola cosa pareva ingoiata dalla luce: l'erbetta appena bagnata di rugiada, i fiori, le farfalle, il cestino in vimini, le fette di torta alla fragola, i biscotti a forma di cuore, i loro capelli intrecciati, gli abiti leggeri le cui gonne di seta rosa, bianca e azzurrina erano sparse sul telo.
I picnic erano il genere di uscita preferita da Chrissy e dalle sue amiche: rappresentavano un'occasione più che perfetta per discorrere, scherzare e respirare un po' d'aria pulita.
Eppure, quel giorno Chrissy non si sentiva esattamente a suo agio. Da un paio di notti, i pensieri ricorrenti che la tormentavano sin dalla più tenera età erano tornati a bussare alla porta della sua mente, inquietanti come al solito, e nemmeno il canto degli uccellini misto alle allegre risate delle ragazze riusciva a distrarla, tanto che ad un certo punto Nancy la guardò con aria interrogativa. "Hey... va tutto bene?"
Chrissy sbatté le ciglia, e prese un biscottino. "Sì, tutto perfetto. Sto... beh..." Morse una metà del cuore, e mise un palmo a coppa sotto di esso, per non far cadere le briciole sul vestito.
Esther si consultò con Nancy con un rapido sguardo. "I tuoi incubi...?"
"Uhm no, no, no. Sto bene, d'accordo? Ho solo un gran sonno. Non ho dormito tanto, fuori c'era rumore." Fece un sorriso radioso dei suoi. Non voleva far preoccupare nessuno; sentiva di aver già dato troppi pensieri alla sua famiglia con quei sogni e tutte quelle crisi, e le giornate passate a letto da ragazzina, e i medici che uscivano ed entravano da casa sua manco fosse un ospedale. Uno specialista le aveva spiegato che la cosa più saggia da fare era evitare di pensarci se non voleva impazzire. «Se il tuo cervello ha scelto di dimenticare tutto questo, ci sarà un motivo». aveva sentenziato, scuotendo il capo calvo.
Chrissy finse di non notare gli sguardi poco convinti delle compagne, e guardò Nancy. "Piuttosto... mi rivelerai la ricetta di tua madre, prima o poi?" Indicò i biscotti a forma di cuore. "Sono ottimi."
"Ah..." Nancy si strinse nelle spalle. "Purtroppo mia madre ci tiene molto che non la sappia nessuno, tanto che non la rivela nemmeno a me. Ma il tuo palato sopraffino può facilmente intuire quali sono gli ingredienti." la pizzicò l'amica.
Chrissy le diede una spintarella affettuosa. "Dubito."
Si sentì il nitrito di un cavallo. Le giovani si voltarono verso il laghetto. A diversi metri di distanza da loro, c'era una figura nera che spiccava in mezzo a quel verde lucente e costellato di margheritine e ranuncoli. Un cavallo dal manto scuro si stava abbeverando.
"Oh cielo, io so chi è quello lì..." sussurrò Nancy, a voce bassissima, e smise di mangiare la sua fetta di torta.
"Chi... ? Quel..." Chrissy guardò la figura, e aggrottò le sopracciglia. "...ragazzo? Sembra giovane."
"Sì. Si dice che... beh che... che sia una specie di... stregone." rispose Nancy.
"Ma dai, che scemenze!" esclamò Esther. "E tu ci credi anche?"
"Mio padre sostiene di averlo visto scomparire nel nulla, mesi fa. Proprio... scomparire, capite?!"
"Sshhh!" intimò Esther.
La figura si voltò verso di loro, e le ragazze distolsero lo sguardo. Soltanto Chrissy si azzardò a sbirciarlo. Non era abbastanza vicina a lui da poter distinguere i tratti del suo viso, ma si accorse che aveva i capelli lunghi e scuri e le mani piene di grossi anelli.
"Che fai!?" Nancy la prese per il polso e la fece girare, con urgenza nel tono. "Non dovresti guardare persone del genere, è pericoloso."
Chrissy emise un gemito. "Che succede se lo fissiamo, scusa?"
"Che è poco educato da parte nostra, fine della storia." disse Esther, roteando gli occhi al cielo. Si sdraiò supina, e lanciò un biscottino in aria nel tentativo di farlo arrivare in bocca, ma le arrivò in piena fronte. "Ahia! Non c'è nulla da temere, ragazze. Le streghe non esistono, Nance, al massimo sarà un tipo stravagante. Dovrebbero essere concetti superati ormai da secoli."
"Non puoi saperlo con assoluta certezza, Esther. Io ho letto delle cose, tante cose... e... non dico che siano reali per forza ma..." Nancy sistemò alcuni tovaglioli nel cestino della merenda. "Ma non escluderei del tutto la loro esistenza."
"Sì certo, e io sono la fata delle fragoline di bosco."
Mentre le due ragazze discutevano, Chrissy si girò di nuovo, rapita da quella strana figura, suo malgrado. Era stata cresciuta sotto una campana di vetro per tutta l'infanzia e l'adolescenza, e aveva conosciuto pochissima gente escludendo le figlie degli amici dei suoi genitori. Ogni persona nuova per lei era un'occasione per venire a contatto col mondo esterno, con la vita che sua madre cercava di negarle più che poteva per chissà quale motivo. Il ragazzo non stava più guardando dalla loro direzione, ma era intento ad accarezzare il cavallo, e sembrava che gli stesse dicendo qualcosa.
Chrissy strizzò le palpebre per la troppa luce che le infastidiva gli occhi chiari, e si mise una mano sulla fronte per ripararsi e vedere meglio. Il giovane indossava un mantello nero, vestiti del medesimo colore e degli stivali a punta. Gli anelli e la catenella luccicavano in modo quasi accecante. Ad un certo punto, lo vide girarsi di nuovo e puntare lo sguardo su di lei, ed ebbe un sussulto, ma restò immobile. Sollevò appena la scollatura del vestitino, come d'istinto, e deglutì. Lui aggrottò le sopracciglia, e la fissò. Chrissy trattenne il fiato; non avrebbe saputo interpretare quell'espressione.
"Chrissy..." la chiamò Esther, e le agitò una mano davanti. "Chrissy!"
"Hm sì?!" esclamò la ragazza.
"Smettila di fissarlo, dice Nancy, altrimenti ti fa un incantesimo e ti trasforma in una ranocchia! Cra cra!"
Nancy le guardò in cagnesco. "Sei una str... ma guarda un po' se devi pure farmi diventare scurrile..."
"Almeno impari! Sei sempre così rigida e perfettina! Dilla qualche parolaccia ogni tanto!"
Chrissy rise. "Penso che tu ne dica a sufficienza per entrambe, Esther." Si voltò ancora e cercò il giovane, ma non lo vide più.

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Voleva vederci chiaro, e avrebbe tentato finché non ci sarebbe riuscita, nonostante tutte le raccomandazioni di lasciar perdere, di accantonare quelle vecchie sensazioni e di dimenticarsene piano piano. Un misto fra curiosità e voglia di ribellarsi le attanagliarono lo stomaco al momento del ritorno. Disse alle ragazze che Thomas, un amico di famiglia, l'avrebbe riportata a casa entro il tramonto, e che desiderava passeggiare un altro po' per conto proprio. Una bugia bianca e innocente, detta giusto per raggiungere il suo scopo senza fare la figura della matta.
Non era nemmeno la prima volta che si addentrava in quel bosco: lo conosceva quasi a memoria e ne era sempre uscita viva e vegeta; non c'era alcun problema. Era un luogo che risvegliava in lei degli strani ricordi confusi, dei frammenti di vita circondati da una fitta nebbia, un fiume di bizzarri ricordi che alla fine non si mostrava mai del tutto, un po' come se ci fosse una diga a trattenerlo a dovere. Eppure, Chrissy sentiva che a ogni passeggiata in quella meravigliosa selva, un minuscolo pezzo della diga cedeva.
Passeggiò per un'oretta, finché non vide il sole scendere, e le ombre allungarsi.
"Okay, torno indietro..." disse a sé stessa. Girò i tacchi, e si ritrovò davanti un albero che decisamente non aveva mai visto. Sulla corteccia c'era uno strano simbolo, probabilmente tracciato con qualcosa di appuntito. Sembrava un ragno. Allungò le dita sottili, e lo sfiorò. "Ma che..." Di colpo, fu sopraffatta da una paura irrazionale, che la fece tremare da capo a piedi. Fece un passo indietro. Era quello, il ricordo che tanto la spaventava? Era legato a un ragno? L'unica cosa che sapeva con certezza è che doveva andarsene di lì, e in fretta. Iniziò a correre in direzione opposta, e si imbatté in un altro albero con quel ragno intagliato. Guardò a destra, a sinistra. Altri alberi col simbolo. Gemette, e socchiuse gli occhi. Non vedeva nulla. Nessun ricordo. Solo puro terrore. Il sole stava tramontando in fretta. La ragazza corse finché gli alberi intagliati non svanirono, ma quella terribile sensazione la fece perdere. Rimase a vagare nel buio, circondata da cespugli, rami intrecciati e animaletti che sbucavano. Si fermò per un momento in ascolto, alla ricerca di un qualunque rumore che potesse ricondurla verso la civiltà: una carrozza, una voce umana, dei passi. Non udì nulla se non il bubolare dei gufi, il fruscio delle foglie, e il fischio leggero del vento. Un brivido le corse su e giù per la schiena. Era stata una pessima idea, quella di mentire. Avrebbe dovuto ammettere che stava ancora tentando di recuperare quelle misteriose memorie, ma ormai era inutile piangersi addosso. Nonostante il timore e il freschetto che le faceva venire la pelle d'oca, si incamminò. Prima o poi sarebbe uscita dal bosco, e al massimo avrebbe dovuto chiedere un passaggio o un'indicazione a qualcuno.
"Sono una ragazza coraggiosa. Molto coraggiosa. Uh... Esther dice che... che le parolacce aiutano ad avere meno paura. Okay okay, cazzo cazzo... cazzo..." Le venne da ridere: pronunciava troppo di rado termini come quelli. "Merda...? Perché ne ricordo così poche?"
All'improvviso, una lucina giallastra spezzò il buio pesto della radura in cui era arrivata.
La giovane emise uno strano verso. "C'è... c'è qualcuno...?" bisbigliò, col fiato pesante. Il lumino si avvicinò. "C'è-" Un urlo stridulo abbandonò la sua gola quando vide un'ombra alta. Cadde e cercò di rialzarsi in fretta, ma finì per inciampare sulla gonna e ruzzolò nuovamente a terra.
"Hey..." La persona pose il lume accanto al proprio viso. "Vi siete fatta male?" domandò con una voce un po' nasale e un accento strano.
Chrissy gemette. Riconobbe immediatamente quei quei capelli scuri, folti e lunghi, e quel mantello. In quel momento, si ricordò delle parole di Nancy, e indietreggiò. "Vi prego, non fatemi del male..."
"Del... male? Uh..." Il giovane sbatté le palpebre, e si inginocchiò con un movimento lento, per non spaventarla ulteriormente. "Voglio aiutarvi. D'accordo?" sussurrò, guardando quel bel viso atterrito con l'espressione più confortante che conosceva. "Qual è il vostro nome?"
Chrissy rimase immobile e in silenzio. Il suo battito decelerò di poco, il respiro si fece meno pesante. Sembrava innocuo. Non sapeva bene come, ma c'era qualcosa di essenzialmente puro in quelle iridi nere, qualcosa che sprizzava bontà e onestà. No, forse non sarebbe stata comunque una buona idea dargli il suo nome completo: avrebbe potuto intuire di chi era figlia. Le era stato raccontato dalla madre che alcune ragazze ricche erano state tenute in ostaggio e liberate solo in cambio di un'ingente somma di denaro. Avrebbe rivelato il primo nome, gli bastava.
"Chrissy... Christine."
"Chrissy, o Christine?" domandò lui, con un sorrisetto.
"...Christine."
"Hm... cosa vi è accaduto? Se non erro eravate in compagnia di altre signorine, prima. Non che vi... stessi spiando o cose così- solo..." farfugliò. "Solo, credo che foste voi. Prima, al laghetto. Giusto?"
"Sì, ero io." La ragazza abbassò il capo. "Volevo passeggiare più a lungo, ma mi sono persa..."
Il ragazzo annuì. "Nessun problema. Vi riporterò a casa, sana e salva." Allungò una mano piena di anelli dalle forme bizzarre; a Chrissy parve di riconoscere un teschio umano e un leone. Lei lo fissò, e sollevò la mano a sua volta, con lentezza. Prese la sua, e lasciò che lui la aiutasse a rialzarsi.
"E il vostro nome qual è...?"
"Edward, anche se io preferisco Eddie." Il ragazzo sorrise. "Uh, se non avessi riportato Ozzy..."
"Ozzy?"
"Sì, il mio cavallo. Quel fifoncello..." mormorò lui, con affetto nel tono. "Lo lascio sempre nella sua stalla, prima di passeggiare la sera, perché ha il terrore dei gufi e appena ne vede uno impazzisce."
"Oh no..." Chrissy ridacchiò. "Poverino, però..."
"Già, non so perché faccia così. Comunque, venite da questa parte. Usciremo dal bosco in un batter d'occhio, vedrete."
La giovane inspirò. "Vi ringrazio, ma..." Avrebbe voluto dirgli che trovava sconsigliabile fidarsi di uno sconosciuto, ma le parole le rimasero in gola.
"Vi faccio paura?"
"No! No affatto." Chrissy arrossì, e ringraziò il fatto che fosse troppo buio.
Edward ghignò gentilmente. "So di incutere timore a tanti: le voci in giro sul mio conto... il mio... aspetto non proprio rassicurante. È che... non lascerei mai una persona sola e sperduta qui. Non potrei mai perdonarmelo."
"Non mi fate paura, è che... non vi conosco. E non so se posso fidarmi di voi."
Eddie si schiarì la gola. "Certo, capisco." Fece una pausa, e la sua espressione sembrò mutare in modo radicale sotto la luce della lanterna. "Però sapete, io penso che... la fiducia sia una cosa un po' più complicata. Non necessariamente si costruisce nel tempo. Ci sono persone che conosci da dieci anni e ti farebbero del male molto più volentieri di altre persone che magari... conosci da dieci minuti. Oserei dire che è più come una scommessa, quando si dà la propria fiducia a qualcuno, chiunque sia. Almeno, io la vedo così, ormai da tempo."
Chrissy si umettò le labbra, e rifletté su quelle parole. Che qualcuno di apparentemente fidato gli avesse fatto del male? "Beh... non avevo mai pensato a questo, e devo ammettere che non fa una piega. In... in ogni caso, mi tocca fidarmi di voi. Sono già persa in mezzo al bosco."
Il ragazzo posò la lanterna per terra, e si tolse il mantello. "Permettete? Fa freddo per un vestito così leggero."
Lei annuì. "Grazie. Davvero."
Eddie le coprì le spalle nude con fare gentile, e scostò la lunga treccia bionda a destra del collo di lei. Un'ondata del suo profumo la avvolse piacevolmente: un misto di cannella, legno e qualcos'altro di buono.
"Andiamo." disse lui, e riprese la lanterna, puntandola verso la bussola che tirò fuori dalla tasca. "Ecco, si va da questa parte per... Viedlenhid. Ovest. Vedi, se non avessi avuto questa, mi sarei perso anche io. Il mio senso dell'orientamento non è dei migliori. Starei qui a vagare da molto più tempo rispetto a voi, fidatevi."
Chrissy scoppiò a ridere di cuore, per la prima volta dopo tanto tempo.
Non ci volle molto per superare il bosco e giungere davanti all'imponente casa dei Cunningham. Il ragazzo non assunse un'aria troppo sorpresa quando la vide: doveva aver facilmente intuito da prima a che ceto sociale appartenesse lei. In fondo, Chrissy stava indossando un abito di seta, e aveva i capelli intrecciati, come usavano fare le nobildonne di Viedlenhid.
"Vi... ringrazio ancora..." mormorò la ragazza.
"Oh, era il minimo."
"Vi... farei entrare per un tè, è che... mia madre è già parecchio apprensiva nei miei confronti, e preferirei che pensasse che... che me la sono cavata da sola. Se per voi non è un problema."
Eddie ridacchiò. "Nessun problema."
Lei inspirò. "Troverò un modo per ricompensarvi, lo prometto."
"No! Non c'è alcun bisogno. Mi ha fatto piacere incontrarvi."
"Suvvia, accettate almeno un piccolo ringraziamento..." lo implorò Chrissy, con un sorrisino.
Eddie ci pensò su. "Hm, forse ci sarebbe qualcosina."
"Cosa?"
"Beh se... se poteste farmi sapere se qualcuno ha bisogno di lezioni di musica sarebbe grandioso. Il mio cognome è Munson, nel caso. Abito a Windmill Road al numero 6. E... sono disposto a venire a casa, oppure anche a-"
La giovane annuì, e quasi senza rendersene conto, disse subito: "Io ne avrei. Cioè. Bisogno di lezioni."
Edward reclinò la testa da un lato e ridusse gli occhi a fessura, con un'espressione sospettosa ma dolce al contempo. "Ma... non vi ho ancora nemmeno detto cosa suono..."
Lei trasalì. "Uh... emh, non importa. Vorrei imparare a suonare uno strumento. Mia madre sostiene che mi gioverebbe." farfugliò.
"Ah-a... d'accordo. Allora, io suono il piano, il violino, la ghironda, la cetera, la bombarda..." Iniziò ad elencare con naturalezza e senza un goccio di spocchia, come se suonare tutti quegli strumenti fosse la cosa più normale al mondo. "...hm aspetta, non ricordo più cos'altro suono." Corrugò la fronte, e si portò due dita sul mento.
Chrissy scosse il capo, divertita dal fatto di non riuscire a capire se stesse scherzando o no. "Il piano va più che bene. So fare qualcosina, ma sarebbe meglio se prendessi lezioni. L'ho trascurato."
"Magnifico. Quando posso venire?"
"Uh... il... martedì e il giovedì... potrebbe andare?"
"Sì. Dopo le sedici, magari." Eddie le rivolse un sorriso. Sotto la luce del lampione era più facile vedere le belle rughette espressive che si formavano accanto ai suoi occhi scuri e l'accenno di una cicatrice che gli deturpava la guancia sinistra. Anche lei si ritrovò a sorridere, irrimediabilmente contagiata da quello sguardo amichevole.
"Beh. Ci vediamo, Christine." Edward prese la mano di lei fra le proprie, e posò un bacio delicato sul dorso, per poi girare i tacchi degli stivali e sparire in mezzo al buio.
Chrissy rimase incantata a lungo, la bocca schiusa, incapace di decidersi a rientrare in casa. All'improvviso si riscosse, si toccò le spalle e si diede una piccola manata in fronte. "Oddio, il mantello!"
   
 
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