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Autore: Chiara PuroLuce    27/03/2023    5 recensioni
Patty ha preso una decisione importante e non intende tornare sui suoi passi. Holly l'ha fatta troppo soffrire e l'ha delusa. Ma proprio questo dolore assoluto, la porta a rinascere proprio lì dov'era nato il loro amore, a Nankatzu, lontano da lui. E quando pensava di essere andata oltre, lui ricompare nella sua vita e...
Holly non riesce a crederci. Patty è riuscita a sconvolgerlo e ora non gli rimane che rimettere insieme i pezzi della sua vita. Come fare? Non lo sa, ma deve almeno provarci. E proprio quando crede di esserci riuscito, ecco che il destino si mette in mezzo e...
Due cuori che sembravano destinati al per sempre, sono in crisi, ma non tutto è perduto... o forse è già troppo tardi? Dicono che il tempo è la miglior medicina, ma sarà vero? Possono due anime ritrovarsi dopo essersi perdute per tanto tempo? Il dolore ha scandito le loro vite in modi diversi, ma riusciranno a superarlo e a rimettersi in... gioco? L'amore vero è davvero così potente da superare anni di silenzio e lontananza? Patty e Holly ancora non lo sanno, ma stanno per scoprirlo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Cinque anni dopo.


Casa Hutton, Nankatzu.

 
«Oh, Holly, tesoro, che bello riaverti a casa. Non ti aspettavamo» gli disse sua madre mentre lasciava cadere la cesta dei panni per terra e correva ad abbracciarlo stretto.

Beata lei che la pensava così. A lui, invece, quella cittadina andava stretta e ci era ritornato solo per guidare la Nazionale, come era solito fare.
 
«Ho deciso di farvi una sorpresa. È bello rivederti, mamma. Pensavo ci fosse anche papà. E Daichi dov’è?» Chiese guardandosi in giro.

«Tuo padre tornerà tra una settimana e resterà a terra per almeno un mese questa volta. Non vedo l’ora che se ne vada in pensione per non doverlo più dividere con la sua nave» gli confessò ridacchiando. «E tuo fratello è ancora a scuola, stanno preparando la Festa di Primavera e la sua classe ha deciso di aprire una casa degli orrori. Si sta divertendo come un matto a prepararla con i suoi compagni. Però, ora che ci penso, è quasi ora di cena e dovrebbe arrivare a momenti. Sarà felicissimo di rivedere il suo fratellone.»

Eh già, ormai Daichi era un adolescente e, a differenza sua che era sempre stato concentrato sul calcio, aveva anche altri interessi e proprio non capiva come riuscisse a stare a dietro a tutto senza impazzire. Sul fatto che fosse felice… Holly aveva qualche dubbio.
Daichi aveva iniziato a essere freddo con lui subito dopo avere scoperto che aveva divorziato da Patty e ogni volta che lo rivedeva era sempre peggio. Sua madre Maggie minimizzava la cosa dicendo che era perché il piccolo di casa era molto affezionato a Patty e gli dispiaceva non averla più come cognata. Ma lui non ne era del tutto sicuro.

 
«Mamma, lo sai benissimo che non è vero, ma non importa. Sono deciso a mettere fine a questa cosa.»

«Oh, tesoro, era ora» disse lei facendogli un largo sorriso.

«Mettere fine a cosa… fratello?»

Ed eccolo lì, Daichi, colui che lo odiava a morte e non si premurava più di nasconderlo. Ah, il potere dell’adolescenza.
 
«Sono felice di rivederti» gli disse.

«Davvero? E perché?»

«Be’, perché sono mesi che non ti vedo e non ti sento per iniziare e poi perché sei mio fratello e mi sei mancato. Non ti sembrano delle buone ragioni?»

«No», gli rispose lapidario lui. «È già tempo di Nazionale?» Chiese poi senza un vero interesse.

«Sì, sai benissimo che lo è. Sono tornato appunto per prenderne il comando e vincere il campionato.»

«Tu? Perché, ti ricordi ancora come si gioca in una squadra? E poi cosa ti fa credere che ne sarai il capitano anche questa volta?»

«Daichi! Chiedi subito scusa a Holly» s’intromise sua madre.

«Io? Lui fa il presuntuoso e in torto sarei io?» L’attaccò Daichi. «Oh, andiamo, hai visto anche tu che il signorino qua gioca solo per se stesso. Che diamine ti è successo? Una volta non eri così. Ti divertivi, non ti stancavi mai, era la tua passione. L’hai trasmessa a me. Ho seguito le tue orme e ora sono il numero 9 della Nankatzu, il braccio destro del nostro capitano. Mi piace quello che faccio e ci metto tutto me stesso, non mi risparmio proprio come facevi anche tu, ricordi? Tu non eri solo il leader della squadra, eri anche il trascinatore, colui su cui tutti potevano contare. Vivevi per la squadra. Vivevi per questo sport meraviglioso. Mentre ora? Cos’è il calcio per te, ora, fratellone?»

Cos’era il calcio… ma come osava il piccoletto di casa parlargli così?
 
«Non è cambiato nulla, Daichi. Per me è ancora la mia vita e mi piace ancora scendere in campo e dare il meglio di me stesso.»

«Sì? Davvero? Ne sei proprio sicuro?» Lo punzecchiò lui.

«Che intendi dire? Certo che è così!» Gli rispose con fare risoluto.

«Se ancora non te ne sei accorto, non sarò certo io a dirtelo» disse suo fratello senza pensarci un attimo e poi si diresse in cucina. «Mamma, ho fame. Che c’è per cena?» Lo sentì chiedere con tono allegro alla loro madre che lo guardava attonita.

Incredibile. Era appena stato sgridato da suo fratello minore, Daichi. Aveva appena quindici anni e una parlantina niente male.
 
«Daichi, dov’è finita l’educazione?» Lo sgridò sua madre raggiungendolo.

«Con chi se la merita» le rispose lui di rimando.

«Cooosaaa? Senti un po’ ragazzino. Non ti permetto di parlare così a tuo…»

«Non importa mamma, davvero. È arrabbiato con me, posso cap… aspetta un attimo? Che hai detto? Sei il numero 9 e non sei il capitano della squadra?»

Ma dico, stava scherzando, vero?
 
«Non mi interessa esserlo e, a dire il vero, non me ne è mai importato» rispose lui candidamente. «La cosa sconvolgente, semmai, è che lo scopri solo ora» l’accusò lanciandogli uno sguardo serio. «Rifletti, mio caro fratellone, perché? Vedo che qui ancora non c’è nulla di pronto, be’, chiamatemi quando è ora di cena» disse cambiando argomento e poi sparì in camera sua sbattendo la porta.

Ah, però, che tipetto che era diventato.
 
«Non so cosa gli prende quando ti vede» gli disse sua madre «eppure ti adorava fino…»

«Fino al mio divorzio da Patty» concluse lui. «Vado a parlarci» fece per salire, ma sua madre lo bloccò.

«No, non ora, lascia perdere. Quando è così non ascolta nessuno, ha bisogno di calmarsi da solo e poi lo rivedremo a cena. Potrai parlargli dopo, se sarai ancora dell’idea» gli consigliò. «Perché non vai a farti una bella corsa? C’è ancora tempo per mettersi a tavola» gli suggerì infine.

E così fece. Uscì dieci minuti dopo, in tenuta sportiva, da sempre la sua preferita. Doveva calmarsi o rischiava di dire cose di cui si sarebbe pentito al caro fratellino. Non era pronto a tutto quell’astio. Certo, sapeva che Daichi lo detestava, ma così tanto no e poi era la prima volta che cercava un confronto. Holly era rimasto spiazzato da lui. Come doveva comportarsi, come?
Ok, era arrabbiato per via di quello che aveva fatto a Patty divorziando da lei, ma cavoli, erano passati cinque anni da allora, non aveva senso avercela ancora con lui.
Ok, era stata Patty a chiedergli il divorzio e lui non si era opposto, anzi, avrebbe fatto di tutto per riavere colei che aveva sposato invece di una sua pallida ombra. Persino divorziare, sì. Le aveva concesso il divorzio, ma aveva insistito per prendersi la colpa davanti a tutti. Era stata dura farglielo accettare, ma alla fine l’aveva spuntata e ora, per tutti, era lui il cattivo. Pazienza. Però… però Patty lo aveva umiliato in aula con le sue assurde richieste. Ancora non aveva capito cosa le fosse preso all’improvviso. Sulla carta avrebbe dovuto essere un divorzio facile e invece lei gli aveva giocato un brutto scherzo; prima non presentandosi in aula e poi stilando le sue assurde condizioni che erano state esaudite totalmente.
E allora perché suo fratello ce l’aveva con lui? In fondo, tra i due ex coniugi Hutton a rimetterci era stato lui.
Non la vedeva da quando lui aveva lasciato casa loro qualche giorno dopo una brutta litigata, assurda a dir poco. Così lui si era trovato un monolocale vicino allo stadio e aveva pensato che se le avesse lasciato qualche giorno per sbollire la rabbia… e invece no. Dopo una settimana, Patty lo aveva chiamato al telefono e gli aveva sparato quella bomba. Si era rifiutata di incontrarlo per discuterne meglio a quattr’occhi e poi l’aveva fatto chiamare dal suo avvocato in tempo record. Fine della loro storia. Per lei.
Nei giorni successivi alla sentenza, Holly aveva cercato nuovamente di rintracciarla per chiederle spiegazioni verbali accettabili, ma Patty era sparita nel nulla.
Il telefono di casa risultava staccato e anche l’appartamento era chiuso e i vicini gli avevano detto che non vedevano la signora Hutton da parecchio tempo. Ma perché?
In più, la sua cara ex moglie aveva anche cambiato la serratura e, per quanto ci avesse provato, non era riuscito a entrare in casa. Assurdo.
Dov’era andata? Non lo aveva mai scoperto e alla fine ci aveva rinunciato. Quello che non capiva ancora oggi, era perché chiedere il provvedimento di allontanamento, per poi scomparire così.
Aveva vissuto nella paura di incrociarla per strada, ma anche quello non era mai successo. Davvero strano. Barcellona era una città estesa, ma non tanto da svanire totalmente.
Stava pensando troppo a lei e non andava bene. Nankatzu aveva il potere di riportarlo indietro nel tempo e di confonderlo. Patty. Patty aveva ancora il potere di confonderlo ed essere tornato lì, anche se lei non c’era, gli faceva rimpiangere quello che aveva perso.
La verità era che gli sarebbe piaciuto cambiare il suo… il loro passato, ma ora era troppo tardi ed era stata tutta colpa sua.
Holly corse fino allo sfinimento, in testa un turbinio di pensieri tali da avergli fatto dimenticare che a casa lo aspettava una battaglia epica con Daichi.
Dannazione, lui era il fratello maggiore e il piccoletto avrebbe dovuto starlo a sentire una volta per tutte, che lo volesse oppure no.


 
 
 
 
L’ultima persona che Daichi si aspettava di vedere una volta rientrato a casa, era suo fratello. Oliver. Colui che tutti al club di calcio volevano che emulasse. Lui non ci pensava neanche.
Era estenuante sentire tutti i compagni di squadra che lo osannavano. Loro non lo conoscevano veramente. Lo vedevano solo come un genio del calcio, una macchina da goal e vittorie. Non lo vedevano come un essere egoista che non si preoccupava di chi o cosa si lasciava dietro.
Perché Holly – il vero Holly – era così e lui lo aveva imparato cinque anni prima nel modo più brutto, quando aveva telefonato a casa per comunicare loro l’avvenuto divorzio dalla moglie. Loro ne erano rimasti sconvolti e addolorati, loro tre, ma lui no. Lui ne era felice, sollevato addirittura. Poco importava che avesse rovinato la sua famiglia e fatto soffrire tutti loro. Poco importava se da allora si erano rotti i rapporti con i Gatsby, la famiglia d’origine di Patty. Poco importava se la loro madre aveva vergogna ad avvicinare la sua ex consuocera se la incontrava in paese. Poco importava se aveva contribuito a rovinare la sua amicizia con il suo migliore amico nonché cognato, Nobuo.
Già, Nobuo. Daichi ancora sperava in un loro riavvicinamento. Gli mancava il suo amico d’infanzia. Gli mancava ridere e scherzare con lui. Gli mancava confidarsi con lui. Ora tutto quello che riceveva da Nobuo, erano sguardi carichi di disprezzo e di odio, per quanto fosse assurdo. Cosa aveva fatto per meritarselo? Eh, a saperlo… ma era determinato a scoprirlo che a Nobuo piacesse oppure no.
Ed era tutta colpa di suo fratello Holly. Non l’avrebbe mai perdonato, mai!
 
 



 
Casa di Patricia Gatsby, Nankatzu.
 
«Ehi, pestifera pelosa, è ora della pappaaa!»

Un missile bianco dalle lunghe orecchie grigie e dal musino spruzzato di marrone chiaro, saltellò fino a lei e la guardò speranzosa.
Patty adorava quella bestiolina che aveva adottato l’anno precedente. Miss Fluffy, Signorina Soffice. E lei lo era, davvero. Aveva scelto quel nome non appena l’aveva presa in braccio la prima volta e aveva affondato le sue dita nella morbida e folta pelliccia.
Miss Fluffy le aveva ridato la voglia di amare. L’aveva persa completamente dopo gli eventi drammatici di cinque anni prima. Era caduta in depressione e poi lentamente era risalita, ma ci aveva messo qualche anno per uscirne completamente. Tre, a volerla dire tutta.
Appena lasciato alle spalle quel periodo di sofferenza, Patty aveva deciso di partire per visitare il mondo, con l’approvazione della sua famiglia che non desiderava altro che vederla tornare quella di sempre.
Poco bagaglio stipato in un capiente zaino provvisto di tutto – dal kit di pronto soccorso all’ombrellino di emergenza – senza una meta precisa, aveva visitato tutta l’Europa, per poi tornare in Asia alla volta di casa. Era stato l’anno più bello, interessante e istruttivo della sua vita.
Rientrata in Giappone con le idee molto più chiare, aveva lasciato il suo appartamento a Tokyo per tornare a vivere a Nankatzu, in quella piccola casa con due mini giardini, uno sul davanti e uno sul retro, che ora amava alla follia e che si trovava a cinque minuti a piedi da casa dei suoi.
E poi… e poi, del tutto inaspettata, era arrivata Miss Fluffy. Una sera, mentre tornava dal market, aveva notato un esserino peloso che tentava di scavalcare un cartone basso pieno di buchi e subito si era avvicinata. Era stato amore a prima vista. Come lasciarla lì dopo che un qualche disgraziato l’aveva abbandonata senza cibo né acqua in balìa delle intemperie e dei pericoli? Lei, che aveva esperienza solo con il gatto dei suoi, Flash, non ci aveva pensato due volte a portarla via con sé. L’inizio era stato pieno di paure e dubbi, ma ora erano inseparabili e lei amava viziare la sua coniglietta.
Infine, aveva riallacciato i rapporti con le sue amiche Eve e Amy, ma non ne aveva voluto sapere di rivedere tutti gli altri. Dal giorno in cui aveva detto addio a Holly, Patty non aveva più seguito una partita di calcio né dal vivo né in televisione. Le amiche avevano capito. Argomento vietato.
L’unico neo, era che neanche a loro due aveva confidato cosa le era capitato. Non sapevano di Mairi. Non ce l’aveva fatta a parlare di lei, era troppo doloroso. Sapevano solo che Holly aveva chiesto il divorzio e lei – stanca di vivere in un paese straniero che le era ostile e di essere messa in secondo o terzo piano dal marito – aveva accettato senza opporsi. Almeno, questa era la versione che avevano concordato insieme prima di separarsi per sempre. Quella telefonata, l’ultima, che gli aveva fatto, se la ricordava ancora molto bene, purtroppo.
 
«Patty, lasciami almeno fare questo per te, non negarmelo. La verità sulla nostra separazione, rimarrà solo nostra. Io sarò il cattivo tra noi due, ma non m’importa.»

«Smettila di fare l’eroe» aveva rimbeccato lei «non lo sei. Io ho deciso, io ne subirò le conseguenze.»

«No, ne usciresti distrutta. Io sono l’uomo e mi assumo le mie responsabilità, semmai ne ho. Se proprio sei decisa ad andartene, sappi che d’ora in poi, per il resto del mondo, sarò io ad averlo deciso e tu la vittima. Credimi, è meglio così. Se… anzi, quando i giornalisti lo scopriranno – nel caso ti ostinassi a dire a tutti che l’idea è stata tua – be’, addio libertà e serenità per te. E io non voglio questo, chiaro? Ti distruggeranno mentre con me non oseranno farlo. Dammi retta una buona volta Patty Promettimi che lo farai, promettimelo!»
 
E lei l’aveva fatto, suo malgrado.
Quando Patty aveva ritrovato le amiche, aveva omesso quel dettaglio, ma dopotutto aveva dato la sua parola a Holly e non poteva venire meno. Amy ed Eve ne erano rimaste sconvolte, ma l’avevano capita e supportata e, cosa più importante per lei, avevano attribuito la sua depressione al divorzio stesso e non ad altro.
Miss Fluffy la riscosse dai suoi pensieri strusciandosi alla sua gamba e lei le sorrise di rimando.

 
«Ho detto la parolina magica, vero?» Disse alla coniglietta mentre si abbassava per metterle davanti la ciotolina con dei pezzetti di fragola. «Mangiona dolcissima. Buon appetito» e con una piccola carezza sul dorso, la lasciò sgranocchiare tranquilla.

Bene. Missione pappa, conclusa. Ora non le restava che…
Dlin Dlon Dliiin Dlooon DlinDlonDlinDlonDlinDlooon.
Oddio, sono già arrivate? Ma sono in anticipo di almeno mezz’ora!, pensò guardando l’orologio alla parete. Meglio andare ad aprire o…

 
«Hai deciso di mandarmi in tilt il campanello, carissima Eve?» Esordì accogliendole.

«E pigiama party siaaaaa!» Urlò quella entrando. «Ma dov’è la bellissima Miss Fluffy, dov’è?»

«E ciao anche a te. Sono felice di vederti» le disse pur sapendo che non le avrebbe risposta tutta presa dalla ricerca della coniglietta.

«Scusala, ma lo sai com’è fatta» intervenne Amy che era rimasta sulla porta. «Buonasera amica mia. Allora, pronta a divertirti come non mai?» Le chiese poi mentre entrava con calma.

«Sono impaziente, rossa. È tutto oggi che ci penso e non sto nella pelle» le confessò. «Ecco, vedi com’è gentile lei che saluta?» Gridò dietro Eve inutilmente.

«Ohhh, ma eccola qui la meraviglia di casa. Ciaooo tesorina. Ahahah, ti sei messa il rossetto? Sei fortissima così. Devo assolutamente farti una foto» disse Eve, ignorandola, poi recuperò il cellulare e aggiunse facendole una linguaccia «ah, ciao Patty.»

Tanto entusiasmo la fece sorridere, ma non se la prese. Quella palla di pelo aveva il potere di catturare l’attenzione di tutti in un nano secondo. Patty vide Miss Fluffy ignorare beatamente Eve, mentre continuava il suo pasto. Eh, sì, non amava essere interrotta. Ben le stava.
 
«Effetto fragole. Ho anch’io varie foto sue così, è uno spasso. Allora, che avete portato in quelle borse?» Chiese indicando i vari pacchetti con cui erano arrivate, oltre a quello del cambio d’abiti.

«Schifezze golose, giochi in scatola, film e tante nostre vecchie foto per ricordare i vecchi tempi» le rispose Amy.

Ahia. Quello faceva male. Perché le loro foto comprendevano anche certi calciatori che avevano caratterizzato la loro infanzia. Soprattutto uno di loro. Dannazione. Dopo tanti anni, pensare a lui le faceva ancora male e rivederlo in foto… Sì, perché Patty aveva nascosto tutte quelle che la vedevano immortalata con lui e non solo.
Era rimasta fedele alla sua scelta, quella che aveva fatto esporre al giudice che aveva decretato il divorzio da Holly. Voleva cancellarlo dalla sua vita. Foto comprese. E c’era riuscita. Dopo l’udienza l’Avvocato Mendoza l’aveva contattata due volte; la prima per riferirle che era andato tutto bene e che era ufficialmente una donna separata; la seconda – qualche tempo dopo – per aggiornarla sull’avvenuto cancellamento delle sue foto dalla rete, avvisandola inoltre che anche da Wikipedia era sparito il suo nome associato a quello del calciatore Hutton.
Aveva pianto. Un giorno intero. Ma andava fatto se voleva lasciarsi quel periodo buio alle spalle. Una volta ripresa, si era detta che aveva fatto bene e non se ne era mai pentita.  

 
«Terra chiama Patty, terra chiama Patty, rispondi Patty!»

Eh? Ah. Oddio, si era persa nei ricordi. Era bastato accennare alle foto ed era partita per un brutto viaggio.
 
«Ci sono, ci sono. Bene, vogliamo iniziare con la cena?» Glissò.

«Hai… cucinato tu?» Le chiese una Eve titubante.

«Dubiti forse delle mie capacità culinarie?»

«Em… nnnooo… sì, un pochino» ammise infine facendole ridere.

«Guarda che sono migliorata molto con gli anni» confessò stupendole entrambe.

«Lo spero per noi» ribatté l’amica guadagnandosi un’occhiataccia.

«Ok, e con cosa hai deciso di avv… em, iniziare?» Intervenne Amy che subì lo stesso trattamento.

«Se non la smettete subito vi sequestro le patatine e le mangio tutte da sola lasciandovi a digiuno.»

La minaccia ebbe effetto e alla fine Patty ricevette i complimenti delle sue amiche che non si erano aspettate una cena tanto gustosa. Non era avanzato nulla.
 
 



 
«Dicci un po’, ma dove hai imparato a cucinare così?» Le domandò Eve mentre trangugiava l’ultima fetta di Cotton Cheesecake.

«Da mia madre. In vista del mio trasferimento in Spagna avevo deciso di imparare seriamente delle ricette nostre per fare sentire Holly più a casa quando rientrava dopo gli allenamenti, ma… non è che mi sia servito a un gran che. Così finivo sempre per cucinare per me stessa e basta.»

«Oddio, Patty scusa, non volevo…»

«Ah, non preoccuparti Eve. Parlare della mia vita lì non mi fa male, persino se include parlare di lui brevemente. Quello che non sopporto è non avere i bei ricordi che avevo immaginato di costruirmi.»

Holly era un cretino. Di questo Eve ne era certa. Aveva visto come l’atteggiamento del marito faceva soffrire la sua amica. Si ricordava bene le lunghe videochiamate che facevano. Dall’essere entusiasta e piena di aspettative, a poco a poco la sua cara Patty si era trasformata in un fantasma e Eve l’aveva vista spegnersi lentamente. In quei momenti le veniva una rabbia addosso che avrebbe volentieri preso il primo aereo per ripotarla in Giappone. Ma non poteva. E in tutto questo, la cosa più triste era che Holly non si era accorto di nulla. Dopo poco più di un anno di matrimonio, lui si era limitato a sbarazzarsi di Patty chiedendole il divorzio. Inconcepibile. Assurdo.   
Eve si era tenuta in contatto con Patty per i primi tempi e poi lei era sparita. Preoccupatissima si era recata a casa Gatsby per avere sue notizie, ma la madre l’aveva rassicurata, Patty aveva solo bisogno di tempo per riprendersi e si sarebbe rifatta viva una volta che si fosse sentita pronta.
Quattro anni. Quattro lunghi e interminabili anni, durante i quali lei e Amy avevano sentito terribilmente la mancanza dell’amica. Per fortuna la madre si era tenuta in contatto con loro e spesso erano passate a trovarla per avere notizie e, semplicemente, per sentirsi più vicine a Patty. Ma anche lei non diceva molto, solo che la figlia era rientrata in Giappone, ma che non voleva fare sapere dove si trovasse e che aveva bisogno di tranquillità perché era caduta in una brutta depressione dovuta al divorzio.
Patty, depressa? La notizia le aveva scosse come non mai, ma sia lei che Amy erano convinte che la signora Gatsby stava nascondendo qualcosa. Qualcosa che per qualche strana ragione, non voleva rivelare, ma che le faceva venire gli occhi lucidi.
Poi, un giorno di un anno prima… Patty le aveva cercate entrambe e loro subito erano corse da lei per abbracciarla stretta e farsi promettere che non sarebbe sparita mai più.

 
«Patty, mi spiace rovinare questa bella atmosfera, ma dobbiamo dirti una cosa e sappiamo già che non ti piacerà» le disse prima di ripensarci.

«Oh, ok… dite pure, sono pronta a tutto.»

«Em, no, a questo proprio non lo sei, credici» intervenne Amy.

Eve guardò Amy che annuì. Si erano accordate per riferirle la novità nel corso della serata e il momento era arrivato prima del previsto.
 
«Tu sai che… che questo è tempo di Nazionale, vero?»

«Ho dei ricordi vaghi… ma sì, lo so, purtroppo. E me lo stai dicendo… perchééé?» Le chiese con voce guardinga.

«Be’, perché… qualcuno oggi è atterrato in Giappone pronto per riprendere il comando della squadra» le confessò velocemente.

«Già e domani mattina si riuniscono tutti alla sede del ritiro per la prima riunione» concluse Amy per lei. «E, em, dovremo esserci anche noi in quanto manager. Dobbiamo essere là per le 9.30, ma ci uniremo formalmente alla squadra solo tra un paio di giorni.»

«Esatto, quindi se non hai niente da fare e non ti dispiace averci attorno, subito dopo la riunione torneremo qui e passeremo il week-end insieme. Infatti, nei borsoni abbiamo un multi cambio. Nel caso dicessi di no, tranquilla, ci appoggeremo dai miei. Visto che per qualche tempo non potremmo vederci o sentirci spesso… abbiamo pensato di portarci avanti ora e recuperare poi alla fine dei Mondiali.»

«Non volevamo tenderti un agguato in casa tua, giuro, ma solo farti una sorpresa. Insomma, è la prima volta da che ci siamo ritrovate che passiamo del tempo insieme senza limiti e…» quando Amy era agitata parlava in fretta e arrossiva vistosamente, a lei faceva tenerezza.

Eve vide il volto di Patty passare attraverso varie emozioni, ma alla fine un bel sorriso prevalse.
 
«A me sta bene, a patto che non mi parlate di loro e… di lui. Questo sarà il nostro week-end e niente dovrà interferire e rovinarlo» proclamò.

«Promesso!» Esclamarono insieme spaventando Miss Fluffy che cercò riparo dietro le gambe della padrona.

«Come ti senti?» Le domandò Eve vedendola pallida.

«Bene, passerò due giorni con voi, come dovrei stare… bene. Sono felice. È proprio una bella sorpresa.»

«No, non per quello scemetta. Per il fatto che Holly è tornato» le domandò Eve.

«Oh, bene, perché mai non dovrei stare bene» rispose con voce tesa.

«Forse perché ti abbiamo appena detto che il tuo ex che non vedi da cinque anni è nella tua stessa cittadina e ci rimarrà per un bel po’» le rispose. «Davvero non ti importa?»

Eve la vide pensarci su un po’, sospirare pesantemente ed evitare il loro sguardo. Poi le rispose cercando di mostrarsi forte, ma la voce incrinata tradiva i suoi veri sentimenti.
 
«No, mi è indifferente.»

«Patty, lo sai che con noi non devi avere segreti, vero? Avete un passato importante, puoi dire quello che vuoi, ma non quello. Puoi essere sincera, lui non lo saprà mai» le disse Amy con voce dolce e pacata.

«Amy, cara, e anche tu Eve cara, vi ringrazio, ma non dovete preoccuparvi per me perché non ho intenzione di rivederlo né ora né mai. Mi ha fatto troppo male in molti modi e non ci penso neanche a tornare indietro. Sapete che mi sono allontanata dal calcio come da lui e sto tanto bene così. Voi non avete idea di… non potete neanche immaginare… e tutto il dolore che… no, lasciate stare, non è importante» la voce rotta e flebile, Patty si bloccò per qualche secondo prima di riprendere. «Quello che lo è, invece, è che il signor Hutton è il passato e lì deve rimanere. Senza di lui sto meglio. È stato il mio fallimento e la mia illusione più grande e non mi interessa cosa fa, dove va, perché ci va, se esce con un’altra o se ne cambia una a settimana oppure al giorno… per me può pure sposarsi di nuovo, persino con un travestito guardate, che la cosa mi lascerebbe neutra. Mi sono spiegata? Perché non ve lo ripeto. E vi do’ anche il permesso di riferirgli tutto ciò quando lo vedrete, ovviamente se dovesse essere così idiota da chiedere di me, ma non credo proprio che lo farà. Ci siamo capite?»

Cosa aggiungere? Lei e Amy sapevano che c’era molto di più sotto e che l’amica non pensava veramente a ciò che aveva detto, ma non volevano rovinare la serata.
Chissà perché, aveva la sensazione che Patty amasse ancora Holly, ma che avesse paura di ammetterlo e di lasciarsi andare nuovamente a quell’amore, dopo il flop del loro matrimonio che aveva sconvolto tutti. Eve capì che Amy concordava con lei anche senza parlare, le era bastato uno sguardo per saperlo. Insieme annuirono.

 
«Perfetto. E adesso basta con questi discorsi. Brindiamo alla nostra amicizia e a questa serata che aspettavamo da tanto, anzi no… brindiamo al nostro fantastico week-end» esclamò Patty riempiendo tre flûte con un liquido rosa dal sapore dolciastro. «Mogu Mogu alla fragola.»

«Lo adorooo, te ne sei ricordata. Sei fantastica» le disse Amy andando ad abbracciarla e strappandole un risolino.

«Giochi sporco, amica mia. Lo sai benissimo che ho un debole per questa bibita e spero per te che in casa ce ne siano altre. Non l’ho mai bevuta in un flûte, ma è talmente buona che merita.»

«Per esserci, ci sono, Eve, ma te ne concedo un’altra più tardi e basta, troppe ti darebbero la nausea» la bloccò lei. «Ok, che film avete portato?» Chiese prima di prendere una Miss Fluffy mezza addormentata in braccio e dirigersi ai divani.

Eve sapeva che non doveva tirare troppo la corda con l’amica o si sarebbe chiusa a riccio per tutto il tempo. Decise di lasciare correre, per il momento, ma sia lei che Amy, ne era certa, sarebbero tornate alla carica.
Idiota era troppo poco per definire il capitano della Nazionale. Si era lasciato sfuggire una perla rara come Patty e, ora che poteva parlarci di persona, Eve aveva in serbo per lui un discorsetto che da anni aveva in testa. Non l’avrebbe passata liscia per avere fatto soffrire la sua amica così.
Qualcosa, però, le diceva che tra Patty e Holly l’amore non era finito, ma solo sopito sotto un mucchio di parole non dette e fraintendimenti. Non aveva mai visto due persone più innamorate di loro ed era un peccato che ora soffrissero entrambi.
Nulla era perduto e questa convinzione non gliel’avrebbe tolta nessuno. Prima o poi, ne era sicura, l’avrebbero capito anche loro.
 
 



 
Holly era a Nankatzu. Holly era a Nankatzu.
Oddio. Oddio Oddioooooo. E adesso che faccio? E che devi fare, Patty, niente!, pensò.
Lui non fa più parte della tua vita. Punto.
Ma il provvedimento del giudice, valeva anche lì in Giappone? Non ne aveva idea, ma, nel dubbio, era meglio chiamare l’avvocato Mendoza per scoprirlo e poi…
E poi niente di nuovo, Patty. Lui non sa che tu ora vivi qui ed è venuto solo per la Nazionale. Ha tutto il diritto di stare qui. Dannazione. Non sa nemmeno che sei rientrata in Giappone a dirla tutta. Cazzo, che situazione assurda!, si disse. Sei sparita dalla sua vita e lui non ti ha mai cercata. Se ti avesse amata veramente…
Forse le cose sarebbero andate in modo diverso, forse e invece…
Lui mi ha lasciata andare senza protestare troppo. Si è assunto la colpa della separazione, anche se non ne era tenuto e mi ha detto di sparire se era quello che veramente desideravo. Lo era. E l’ho fatto, eccome se l’ho fatto. Sono sparita!, pensò.
Ancora non capiva perché Holly si era arrabbiato in aula quando il giudice aveva accettato le sue condizioni. L’avvocato Mendoza era rimasto sconvolto da quel comportamento e, le aveva riferito anche, che il signor Hutton non aveva avuto l’espressione tipica di qualcuno che ottiene la vittoria tanto sognata, piuttosto aveva l’aspetto di chi era stato preso in contropiede e non aveva potuto fare nulla per ribaltare la situazione. Per dirla con termini calcistici.
Non doveva pensarci più. Il problema semmai ora è uno solo… come fare per evitare di incontrarlo in una cittadina come Nankatzu? Era quasi impossibile, ma lei doveva riuscirci per la sua sanita mentale. Anche se il suo cuore…
Sì, perché aveva mentito alle sue amiche quella sera. Che Holly fosse da qualche ora a Nankatzu, l’aveva turbata non poco e il suo cuore traditore aveva preso a battere furiosamente a quella notizia. No, Holly, non le era indifferente. Nonostante tutto continuava ad amarlo ed era quello il vero e grosso problema.
No, basta, doveva bandire quei pensieri o rischiava di restare sveglia tutta la notte mentre le sue amiche riposavano beate accanto a lei.
Sorrise. Povere, erano crollate dopo l’ultima sfida al karaoke dove una stonatissima Amy aveva vinto l’ambito trofeo “spaccatimpani dell’anno”. Trofeo che altro non era che un mini microfono stile anni ’60 che aveva ordinato on line proprio per l’occasione della loro festicciola. Ah, come le erano mancate quelle due.
Guardò Miss Fluffy che dormiva beata sul cuscinone nella sua ampia gabbia e come sempre si calmò. Poco dopo cadde addormentata.
   
 
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