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Autore: Khailea    30/03/2023    0 recensioni
Un'avventura action con trame avvincenti e personaggi unici e caratteristici!
Saghe appassionanti e ricche di colpi di scena, special divertenti e di ogni genere!
Unisciti alle stravaganti avventure degli studenti della Werewolf Shadow!
I personaggi di cui si parla in queste storie sono inventati da un gruppo di role chiamato Werewolf's Shadow 2.0.
Questo è il secondo progetto di fiction scolastica del gruppo fatto con l'approvazione dei suo componenti.
Non ci sono collegamenti con il precedente progetto e la trama é molto diversa.
Il logo del lupo appartiene al nostro gruppo esattamente come i personaggi e l'ambientazione.
Se volete unirvi a noi potete fare richiesta qui https://www.facebook.com/groups/660949357417726/members/
Genere: Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Personaggi in questo capitolo: 
Jack
Daimonas 
Ailea
Khal 
Lighneers 
Zell 
Astral 
Lacie 
Hope 
Grace 
Milton 
Seraph 
Alexander 
Johanna 
Samantha 
Nadeshiko 
Ayame 
Ryujin
Yume
Cirno
Vladimir
Annabelle
Wyen
 
 
 
 
 
 
 
 
-Parola mia, ma riesci ad essere più deludente di così?-
Lentamente, Lighneers alzò il capo, e senza sorpresa trovò di fronte a sé il professor Zero.
Ormai non si chiedeva nemmeno più come facesse a fare quelle cose, non era umano semplicemente, per quanto non riuscisse a percepire alcuna anomalia su di lui.
L’unica certezza era che fosse diventato uno dei suoi incubi più ricorrenti.
-Non rispondere, so già che potresti stupirmi ancora una volta.- lo zittì rapidamente l’uomo, ma tanto Lighneers non gli avrebbe risposto.
Abbassando il capo appoggiò il viso tra le mani, stanco.
-Perché…-
-Articola babbuino.- sbuffò l’altro, estraendo da chissà dove una lima per le unghie.
Forse gliel’avrebbe ficcata nel cranio.
-Perché hai portato Ayame all’orfanotrofio?-
-Oh, quello. Per farti un favore. Non è quello che hai sempre voluto? Che smettesse di correrti dietro come una cagnolina fedele, e che si dimenticasse di te? Visto tutto l’impegno che hai messo negli allenamenti, ho pensato di darti un premio.-
Con il capo chino, Lighneers si morse il labbro dalla frustrazione.
Il sorriso del professore gli comparve al lato, come una mezzaluna nel cielo. -O forse, non era quello che volevi realmente?-
Se avesse cercato di attaccarlo, lo avrebbe ucciso, però così almeno non avrebbe più dovuto averci a che fare.
-Lo sapevi.-
Una risata confermò quel dubbio.
-Te l’ho detto, continuando sulla tua strada non diventerai altro che un patetico e miserabile insetto. E guarda un po’, avevo ragione.- Zero si inginocchiò di fronte a lui, non stava più sorridendo, ed i suoi occhi erano carichi di freddezza. -Non ho tempo da perdere con gli insetti, capisci?-
Stavolta Lighneers alzò il capo, guardandolo senza timore. Un guscio vuoto al quale non importa più niente.
-Mi ucciderà.-
Un altro piccolo sorriso, e quello sguardo fa felino che gioca con la sua preda. -Ti piacerebbe eh?-
Si alzò in piedi, mettendo le mani in tasca, osservando il ragazzo per qualche istante, valutando se ci fosse ancora un briciolo di potenziale in lui. -Ti darò un’ultima possibilità.-
Avrebbe dovuto ringraziarlo?
Qualsiasi idea avesse in mente non poteva che essere una tortura, ma lo lasciò continuare.
-Andrai in uno spazio al confine di questo mondo, dove il tempo ed i confini cessano di esistere. Ti allenerai senza sosta, sia nel corpo che nella mente, e se riuscirai ad uccidere questo disgustoso te, potrai tornare indietro.-
Quindi, doveva andarsene, era questo il punto. Forse era meglio così, tanto nessuno avrebbe sentito la sua mancanza, e con ogni probabilità nessuno si sarebbe fatto domande o l’avrebbe notato più di tanto.
Vista la posta in gioco, non aveva alcun problema a rischiare.
-D’accordo.-
Il professore si voltò, schioccando le dita, e di fronte a lui apparì una gigantesca porta bianca dalle rifiniture ondulate. Senza che ci fosse bisogno di toccarla si aprì, e Lighneers la oltrepassò, finendo in un luogo del tutto inusuale.
Non c’era assolutamente niente, era uno spazio bianco, senza inizio o senza fine, di cui non si riusciva nemmeno a separare il cielo dal terreno.
Il professore non l’aveva seguito, si limitava a stare dietro l’uscio.
-C’è un frigorifero che si riempie all’infinito ed un bagno con la doccia. Più qualche arma e dei libri sparsi in giro. Ci vediamo.-
La porta scomparve all’istante, senza nemmeno chiudersi.
Non c’era più niente, oltre al ragazzo ed alle poche cose che Zero gli aveva descritto.
Guardandosi attorno Lighneers si ritrovò leggermente disorientato.
Era in un edificio? Era all’aperto?
Zero aveva detto che si trovava oltre i confini dello spazio, quindi probabilmente era vero.
Di fronte a quel nulla assoluto il ragazzo non aveva molta voglia di esplorare, ed in assenza di un letto o un qualsiasi altro posto in cui riposare, si accontentò del pavimento, chiudendo gli occhi, sperando di riuscire almeno a riposare.
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando il ragazzo si sentì abbastanza in forza per muoversi aveva aperto il frigorifero, trovando qualche panino e delle bottiglie d’acqua. Diede anche una rapida sfogliata ai libri, tutti sugli stili di combattimento, ma li abbandonò quasi subito, spostandosi sulle armi.
Ce n’era una per ogni tipo, e molte assomigliavano a quelle usate dai suoi ex-compagni. Raccolse un coltello, sicuramente di Ailea, ed appena lo fece comparve una decina di metri più in là una sua perfetta copia, anche lui armata.
Quindi, quello era il suo manichino da allenamento eh?
Si rigirò il coltello tra le mani, avvicinandosi al finto-Lighneers. Non era sicuro di cosa aspettarsi, ma di certo non che questo scattasse verso di lui, attaccandolo come una macchina da guerra.
La sorpresa fu tale che l’altro lo disarmo con estrema facilità, provocandogli anche un taglio alla guancia destra.
Era questo che intendeva Zero quando diceva che per uscire doveva uccidere sé stesso?
Quell’uomo era un vero psicopatico…
 
 
 
 
 
 
 
 
Un’altra lotta, un’altra ferita, l’ennesima sconfitta.
Non importava quali armi utilizzasse, quel fantoccio riusciva sempre a disarmarlo ed a batterlo nel giro di pochi secondi. Ormai non c’era un angolo del corpo di Lighneers che non fosse ricoperto di ferite.
La frustrazione aumentava, e la rabbia saliva giorno dopo giorno.
Aveva provato a contarli all’inizio, basandosi sulle volte in cui dormiva, ma presto senza un modo in cui segnarli aveva perso il conto.
La solitudine per il momento non lo toccava, aveva dei rari momenti in cui pensava alla gente che aveva lasciato indietro, ad Ayame, ad Annabelle, ma tornava subito a lottare scacciando quei pensieri.
I libri neanche li aveva toccati, ricordava gli stili di combattimento con quelle armi, e confidava che il tempo e la costanza fossero dalla sua parte.
Raccolte una delle tante spade nel mucchio, e fu pronto a ricominciare.
 
 
 
 
 
 
 
 
Contro ogni calcolo di Lighneers, il tempo non era assolutamente dalla sua parte, anzi, aveva come l’impressione che solo il falso stesse diventando più forte.
Aveva provato a utilizzare una pistola, pronto a saltare sul fianco ed a sparare appena il fantoccio fosse comparso. Questo aveva schivato facilmente il suo primo colpo, e con la sua arma aveva mirato dritto alla mano che teneva la pistola.
Il proiettile trapassò con facilità la carne, e Lighneers si accasciò immediatamente a terra quando un secondo colpo gli perforò il polso.
Con un urlo di dolore cercò di fermare il sangue, ma non aveva nulla per curarsi, se non i suoi poteri.
Non ci riusciva, non riusciva mai a vincere, e ad ogni sconfitta le ferite lo costringevano a riposare per giorni interi, togliendogli qualsiasi possibilità di distrarsi e di non pensare al passato.
-Merda…-
Strinse i denti sentendoli stridere, e con la rabbia che gli riempiva il corpo si rialzò correndo verso le armi, raccogliendo il coltello-tirapugni da terra.
Non fece in tempo a girarsi, che il fantoccio comparendogli alle spalle lo colpì alla testa, e gli conficcò la lama proprio nel ginocchio, tagliando fino al polpaccio un enorme squarcio.
Scomparve nell’istante stesso in cui Lighneers lanciò un urlo di dolore, ed il sangue creò una gigantesca pozza sul terreno.
 
 
 
 
 
 
 
 
Presto, la solitudine cominciò a fare impazzire Lighneers.
Non avrebbe mai scommesso che una cosa simile potesse accadere, ed invece si trovava sempre più spesso a vaneggiare, ad avere delle vivide allucinazioni dei suoi vecchi amici e dei suoi fratelli che venivano a prenderlo.
Quando si rendeva conto che era tutto un sogno, scoppiava a piangere. Non c’era nessuno con cui poter parlare, non c’era niente a scandire il tempo, era tutto costante ed inalterato, senza senso, solo dolore.
Era finito all’inferno, e nessuno sarebbe venuto a prenderlo.
-Uccidimi! Uccidimi per l’amor di Dio!-
Urlava a squarciagola, pregando che Zero arrivasse per porre fine a quella tortura. Aveva addirittura raccolto alcune delle armi rimanendo inerme di fronte al fantoccio, ma questo non l’aveva mai attaccato in quei momenti, e quando invece Lighneers si scagliava su di lui sperando di suscitare una reazione evitava solo i colpi e lo disarmava.
Aveva addirittura smesso di mangiare e di bere, ma a quanto pare per quanto l’attesa fosse infinita ed il dolore insopportabile non poteva morire così semplicemente.
Steso a terra, piangeva fino a scorticarsi la gola, terminando ogni lacrima lasciando solo lamenti.
Il suo sguardo cadde sui libri che Zero gli aveva lasciato. Una volta che il ritmo del petto tornò ad un livello normale strisciò lentamente verso di loro, raccogliendone uno, cominciando a sfogliare le pagine.
 
 
 
 
 
 
 
 
I libri erano diventati i migliori amici di Lighneers.
Non potevano parlargli, ma gli davano tante risposte a delle domande che lui nemmeno si era mai posto. Oltre ai manuali sulle tecniche di combattimento aveva trovato molti libri di psicologia, bibliografie di grandi ed orribili uomini, e molti delle frasi che aveva incontrato gli avevano aperto gli occhi su molti dei suoi errori.
Aveva dato tutto per scontato, aveva rinunciato alla ragione per seguire un istinto suicida. Per quanto cruda, quella parola era l’unico modo per definirlo. L’aveva guidato senza uno scopo, senza una destinazione, e l’unico motivo per cui era nato derivava dalla vergogna e dal senso di colpa per ciò che era successo in quel locale, e la perdita di tutti i suoi beni materiali.
Era successo qualcosa che l’aveva ferito, e lui non era stato in grado di imparare nulla per migliorare.
Per molto tempo aveva rinunciato a lottare con il finto-Lighneers, aveva bisogno di capire, e stava cominciando a fare dei progressi a numerose domande che aveva fino ad ora ignorato.
Dove voleva arrivare?
Ai suoi fratelli.
Cosa doveva fare?
Diventare abbastanza forte da trovarli, sia nel corpo che nella mente.
Perché lo stava facendo?
Perché loro erano la sua famiglia, e li rivoleva nella sua vita.
Cosa era disposto a fare per riuscirci?
Tutto.
Compreso il desiderio che lo muoveva, si mise a riflettere sulle parole di Zero, sulla solitudine che lo muoveva.
Sì, voleva riavere la sua famiglia, quella trovata in un luogo orribile e persa il giorno stesso in cui aveva ottenuto la sua libertà, tuttavia, al mondo non c’erano solo loro.
Non poteva muoversi solo con le proprie gambe, non poteva raggiungere niente se rimaneva impantanato nella sua stessa ottusità.
Aveva bisogno degli altri come gli altri avevano bisogno di lui. Il suo più grande sbaglio era stato credere che questi legami lo avrebbero allontanato dal suo desiderio, che si sarebbe ritrovato a fare una scelta che non era disposto a confrontare, ma non era così.
Non c’era solo il nero o il bianco, e se avesse mantenuto la ragione come la propria bussola allora sarebbe riuscito nel suo intento.
 
 
 
 
 
 
 
 
Per ritrovare i suoi fratelli, lo sapeva bene, sarebbe stato costretto a prendere molte vite, e per farlo doveva comprendere gli insegnamenti di Zero.
Non vedeva l’uomo da molto tempo, ma i libri rimasti, e soprattutto il fantoccio, erano tutti gli strumenti di cui aveva bisogno.
All’inizio non ci aveva fatto caso, ma i movimenti del falso-Lighneers erano una guida per fargli apprendere le tecniche di lotta.
Doveva guardare ed imparare, provare e riprovare.
Con il passare del tempo i loro combattimenti duravano sempre di più, e quando raggiungevano uno stallo il vero Lighneers abbandonava l’arma che stava utilizzando per passare a quella successiva.
Lentamente, stava imparando.
 
 
 
 
 
 
 
 
Circondato da nient’altro che il nulla, Lighneers stava rileggendo uno dei libri della sua collezione personale, tenendo accanto a sé la fila di armi che con cura aveva disposto sul pavimento.
Arrivò fino alla termine della pagina, poi lo richiuse, e raccolse una spada.
Il falso-Lighneers comparve subito, ma come il vero non si mosse.
I due si guardarono a lungo, Lighneers studiava i particolari di quel viso che avrebbe dovuto conoscere a memoria, ma che ormai gli sembrava un estraneo: i corti capelli arruffati, la pelle pallida, gli occhi feroci che nascondevano una profonda tristezza, l’espressione cupa.
Un giovane privato dell’infanzia, e che non si era concesso di divere la propria fanciullezza.
Lighneers fece un passo verso di lui, l’altro rimase fermo, lasciandolo arrivare ad un passo da sé.
Non aveva idea dell’aspetto che aveva in quel momento, non c’erano specchi in quella dimensione, ma non era questo ciò che contava.
Quella rabbia, non la sentiva più. Ora c’era solo calma.
-Non fai più parte di me.-
L’espressione del giovane Lighneers si ammorbidì, le spalle si sciolsero e la mano lasciò cadere l’arma.
Un vento che non aveva mai toccato quella terra arrivò solo per lui, e l’immagine volò via, per non fare mai più ritorno.
Prendendo un profondo respiro, anche Lighneers lasciò cadere l’arma, ed alle sue spalle sentì dopo tanto tempo una voce familiare.
-Tanti auguri a te, tanti auguri a teeee, tanti auguri babbuino, tanti augurii a teeeee!-
La porta era ricomparsa, e con lei anche Zero.
Lighneers ebbe un capogiro, la luce che entrava oltre l’ingresso sembrava quasi irreale, e la presenza dell’uomo l’ennesimo miraggio.
-Se non ti muovi, ti lascio qui.-
Anche con la minaccia servirono comunque alcuni minuti al ragazzo per riprendersi. A passo incerto si avvicinò, ed appena varcò la soglia questa svanì nuovamente, riportandolo nella camera del resort che aveva lasciato ormai a lungo.
Lighneers si sentì sul punto di svenire, il rumore del mare alle sue spalle era così surreale, ed ogni cosa era talmente perfetto da farlo quasi piangere.
-Diamine, vatti a fare una doccia. Puzzi di morto.- disse Zero tappandosi il naso, allontanandosi da lui.
Effettivamente non si lavava da molto.
-Non… ci sarà qualcuno?-
A malapena riconobbe la sua stessa voce. Senza nessuno con cui parlare aveva semplicemente smesso di farlo, ed ora per quanto roca e rotta sentiva una nota profonda a lui sconosciuta.
-A quanto pare il tempo passato in quel posto non ti è servito. Fai ancora le solite domande stupide.- sbuffò l’uomo, con ancora il naso tappato. -Non ricordi? Ti ho detto che saresti andato oltre lo spazio e il tempo. Per te sono passati anni, ma per il resto del mondo, solo una notte.-
Solo una notte?
Quindi… la sua scuola, i suoi compagni… non era cambiato nulla?
-Cosa significa per me?-
-Nulla, continuerai a fare la solita vita di sempre. Andrai a lezione, continuerai i tuoi allenamenti, e speranzosamente, con qualche miracolo ti diplomerai.- disse Zero sereno. -Ora però sul serio, lavati.-
Il ragazzo annuì, voltandosi verso la porta del bagno. Sussultò al contatto con il legno, ed al freddo della maniglia. L’aprì, ma prima di entrare aveva un’ultima domanda.
-Era il mio compleanno… quanti ne sono passati?-
Stavolta Zero accolse la domanda con un sorriso. -Sette. Ad oggi, hai venticinque anni.-
L’intero corpo del ragazzo vacillò, e fu sul punto di cadere, ma riuscì ad entrare nel bagno chiudendosi la porta alle spalle, e ad appoggiarsi sul lavandino.
Sette anni… non era possibile… eppure, quando alzò lo sguardo, trovò la cruda verità.
Nello specchio di fronte a lui c’era un uomo pallido, dai lunghi capelli verdi ed una folta barba che gli nascondeva metà del viso. Di quello che rimaneva c’erano solo due occhi rossi, sperduti, ma vividi.
Quasi come se fosse stato uno sconosciuto il ragazzo arretrò, e l’immagine fece altrettanto.
Era lui, su questo non c’erano dubbi.
Si sfregò gli occhi sentendo altre lacrime bagnarli, un misto di gioia e tristezza lo avvolsero. Erano successe così tante cose, ma era tornato. Era cambiato, ed il mondo era rimasto uguale. Si trattava di un’enorme occasione, che intendeva cogliere.
Già nudo, visto i vestiti con cui se n’era andato erano stati distrutti già da tempo, aprì l’acqua della doccia e si lavò a fondo, passando le dita sulle cicatrici che avvolgevano il suo corpo, lasciate da infinite lotte. Una volta finito, tornò allo specchio, e trovò nel mobiletto al di sotto un paio di forbici ed un rasoio.
Con la mano ben ferma si sistemò barba e capelli, lasciando la prima lunga, ma ben curata e con dei baffetti sotto il naso, i capelli invece li spuntò giusto per renderli pari, e con un elastico li legò in un piccolo nodo dietro la testa.
Soddisfatto del proprio lavoro si accarezzò la barba, ancora incredulo per quel cambiamento così drastico. Doveva pensare su cosa dire agli altri. Probabilmente per i capelli poteva dire erano extension, la barba invece era un po’ troppo lunga perché credessero veramente gli fosse sbucata dal giorno alla notte, però poteva confidare non indagassero troppo.
Tornando nella camera principale non trovò Zero, solo altri abiti nel cassetto ed il suo cellulare.
Per fortuna non ci aveva messo nessuna password. Controllò i messaggi, trovando il gruppo della classe che aveva silenziato per non leggere le notifiche. Tolse quell’opzione, riattivandolo, e lesse l’unico messaggio comparso: “Si torna a casa domani alle 11”
Guardando l’orologio vide che mancava ancora un’ora prima di andare, ma era rimasto chiuso in quel posto abbastanza tempo, e decise di uscire per fare una passeggiata, comprando magari dei vestiti della sua taglia invece che quelli si era costretto a indossare.
 
 
 
 
 
 
 
 
Raggiunte le undici tutti si erano radunati puntuali nello stesso parcheggio dove l’autobus li aveva portati all’arrivo, e lo stesso mezzo li stava aspettando sul bordo del marciapiede.
-È stata una vacanza fantastica, mi ci voleva proprio!- sorrise Johanna, scattando le ultime foto.
-E dire che sembrava non volessi venire all’inizio.- la prese in giro Nadeshiko.
-Daii, sai che ero giù di morale per Mattia…-
-Su su, non roviniamoci il buon umore. È stata una vacanza perfetta.- sorrise Hope, lanciando una rapida occhiata verso Daimonas e Jack, che si tenevano per mano.
Entrambi indossavano gli anelli che si erano regalati, e Daimonas aveva spiegato un piccolo particolare che rendeva l’anello di Jack ancora più speciale. Proprio come la rosa di Milton, era collegato direttamente a lui, quindi ovunque fosse andato Daimonas non l’avrebbe mai lasciato solo.
Gli amici stavano lasciando il giusto spazio ai due per riavvicinarsi, ed anche Wyen desiderò farlo, infatti propose al fratello di farli sedere assieme sull’autobus.
Lei avrebbe speranzosamente trovato un altro posto, e si sarebbe messa a leggere un libro, o almeno questo era il suo piano, quando Lacie la raggiunse, mettendole una mano sulla spalla.
-Anche tu adesso sei diventata il terzo incomodo eh nya? Non preoccuparti, ti terrò compagnia io nya!-
La sua frase non le fece mozzare il fiato, ma si sforzò di sorridere. Le sembrava brutto ritenersi esclusa da una parte della vita di Daimonas, ed ingiusto nei suoi confronti visto meritava una relazione sana, però in parte era anche vero che da quel giorno le cose sarebbero cambiate…
Probabilmente Lacie notò il suo cambio di espressione, e mutò subito carattere.
-Scusa nya, non volevo dire così. Era una battuta stupida nya.-
-No, non preoccuparti…-
-Sì che mi preoccupo nya! Guarda che faccino hai nya!- esclamò, prendendole il viso tra le guance. -Daimonas ti vorrà sempre bene, non preoccuparti nya. Ed ero seria quando ho detto ti avrei tenuto compagnia nya, se non ti do fastidio…-
L’impetuosità di quella ragazza riusciva sempre a prenderla alla sprovvista, ma il suo buon cuore scacciò le nubi che rischiavano di addensarsi su Wyen. -Affatto, sarei molto felice di godere della tua compagnia.-
-Nya evviva! Allora andiamo a sederci assieme sull’autobus nya!- gridò l’altra, trascinando Wyen nel mezzo.
Per il momento erano saliti solo Hope ed Alexander, Astral e Seraph, Jack con Daimonas, Sammy e Milton, ed infine Johanna e Zell, con il ragazzo che recuperava alcune ore di sonno perse.
Tra quelli rimasti a terra, Cirno stava aiutando Yume a caricare tutti i suoi bagagli, con Nadeshiko accanto che sperava di convincerla a fare lo stesso, e tra gli altri Ailea e Khal, che se ne stavano in disparte.
-Mi vuoi dire che succede? È da stamattina che non mi parli.- disse Ailea, a disagio per quella situazione.
-Non è niente…- rispose il ragazzo, lanciando l’amo in acqua.
-Non è vero. Puoi dirmi la verità?-
E… abboccato.
-È solo che… in questo periodo mi sembri un po’ distante.-
A quella risposta la ragazza vacillò confusa. -Come distante? Che ho fatto?-
-Non lo so, stiamo poco assieme, esci sempre con gli altri… insomma, se ti ho stancato, puoi anche dirmelo.-
Non la stava nemmeno guardando, ma non gli serviva per conoscere la sua espressione. La confusione nella ragazza aumentava, e data l’inesperienza con le relazioni, la principale reazione fu la paura che stessero per lasciarsi.
-No, non volevo… mi dispiace, ti darò più attenzione.-
Esatto, era quello che doveva fare. Interessarsi solo ed esclusivamente a lui e a nessun’altro.
-D’accordo… saliamo adesso.- rispose ancora vago, per tenerla sulle spine.
L’altra annuì, seguendola in silenzio con un nodo allo stomaco.
A loro seguirono anche Ryujin poi Vladimir, Ayame ed infine Annabelle.
Per quest’ultima erano rimasti pochi posti liberi, ed uno di questi era proprio accanto ad Ayame, che le fece cenno di sedersi.
-Vieni.-
Ubbidendo Annabelle si mise accanto a lei, provando improvvisamente una certa tensione.
Voleva parlare di quello che era successo all’andata? Minacciarla, o prenderla in giro?
Con Ayame si aspettava qualsiasi cosa, ma non quello che disse realmente.
-So che abbiamo avuto i nostri attriti, ma sei una apposto.-
Annabelle rimase immobile, disorientata, e solo dopo un po’ riuscì a trovare una risposta. -Anche… tu.-
Sì, proprio la più sensata delle risposte.
-Ti volevo parlare, perché so che saprai prenderti cura di Lighneers.-
-Io…-
Ed ecco che si ritrovava senza parole, Ayame però continuò a parlare come se niente fosse.
-Lo so che quello provi per lui non è lo stesso provavo io, ma è un sentimento sincero, ed ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino.-
-Perché tu…-
Stavolta, fu lei a non lasciar finire la frase. Quelle lacrime che Ayame aveva pianto potevano dire solo una cosa ormai.
L’altra sorrise, prendendole la mano. -So che riuscirai ad aiutarlo.-
Annabelle sentì un nodo in gola, ma annuì, stringendole la mano in risposta.
Ormai mancavano poche persone a salire, e Grace stava ritardando la partenza il più possibile.
Tutta la sua famiglia era lì per salutarla.
-Ci mancherai tanto!- dissero in coro i fratellini, abbracciandola stretta.
-Anche voi mi mancherete, ma ci rivedremo presto.-
-Promesso?-
-Promesso, vi voglio bene.- rispose Grace, dando un bacio sulla fronte di entrambi.
La madre dei bambini l’aiutò a liberarsi, e la strinse in un abbraccio. -Scrivi quando arrivi a casa, e fate buon viaggio.-
-Certo, mi ha fatto piacere rivedervi.-
Sciolto l’abbraccio Nate la catturò subito a sé, stringendola tanto forte da toglierle il respiro.
-Tu non vai via. Resti qua.-
-Ahaha, Nate ho appena finito io di tartassarla così ed inizi tu?- disse il padre, suscitando delle risate.
Lui e Grace si guardarono qualche istanti, indecisi su come salutarsi. Avevano parlato, e deciso di ricominciare, ma l’imbarazzo rimaneva.
Alla fine Grace si fece coraggio, ed abbracciò il padre, impacciatamente, ma sincera.
-Ciao papà… ti voglio bene.-
-Ti voglio bene anch’io. Fai attenzione in città, e se hai bisogno chiama.-
-Va bene. Ci sentiamo presto.-
Non aveva mai fatto tanto fatica a salutarli prima d’ora, ma dovette farlo, e raggiungere gli altri sul bus. Anche il professor Zero era lì, e stava per iniziare la conta, quando Lighneers arrivò.
Inutile dire la sorpresa del gruppo vedendolo tanto cambiato, ma come aveva immaginato si limitarono a qualche sguardo, per lui l’incontro però fu altrettanto d’impatto.
Sembravano tutti così… piccoli.
Guardò ciascuno di loro, provando una nota di nostalgia di fronte a tutti gli anni che erano trascorsi, mentre per loro era passata solo una notte.
Li ricordava, anche se in maniera leggermente vaga, ed ora che era maturato abbastanza riconosceva il loro potenziale che ancora doveva completamente fiorire.
Quando passò di fronte ad Ayame, la sensazione fu più o meno la stessa.
Timidamente la ragazza lo guardò negli occhi, sperando l’altro non portasse alcun rancore. -Buongiorno…-
-Buongiorno Ayame.-
Ayame… era un nome a cui aveva pensato spesso, soprattutto nel primo periodo, quando ancora non riusciva ad allontanarsi il rancore di dosso. Ora invece, rimaneva solo una nota d’affetto per una persona che era stata importate per lui, ma che non aveva trattato con rispetto ed ora seguivano strade diverse.
-Buongiorno Annabelle.- disse poi, guardando la rossa.
-Ciao Lighneers.- sorrise la ragazza.
Anche la sua allegria gli era mancata. Annabelle gli era sempre stata affianco, era una brava ragazza, e se con Ayame aveva sbagliato non avrebbe trattato anche lei allo stesso modo.
Prese a camminare lungo il corridoio, salutando tutti come amici che non vedeva da anni, ed infatti era così.
-Buongiorno Jack, Daimonas.-
-Giorno.- rispose sorpreso il secondo.
-Bei capelli.- disse l’altro.
-Grazie, me li sono fatti fare prima di venire qui. Buongiorno Ailea, giorno Khal.-
-Buongiorno.-
Solo Khal rispose, come immaginava Ailea no. Era sempre stata una persona carica di rancore, come lui in passato.
-Buongiorno Seraph, buongiorno Astral.-
Seraph rispose solo con un breve cenno del capo, e l’altro con un gesto della mano.
-Buongiorno Hope ed Alexander.-
-Buongiorno.-
Hope si forzò di sorridergli, per quanto incerta, Alexander invece proprio come il fratello rimase in silenzio, ma non era altro che l’ombra di Khal.
-Nadeshiko, Yume, buongiorno.-
Se Nadeshiko gli sorrise rigida Yume gli scoccò un’occhiataccia, dopotutto era la migliore amica di Ayame, e sapeva che l’aveva fatta soffrire.
-Buongiorno Ryujin, e buongiorno Cirno.-
-Ehilà bello.- lo salutò Cirno, e così anche Ryujin, seppur più che per educazione che per simpatia.
-Buongiorno, Lighneers.-
-Buongiorno Sammy, spero tu abbia dormito bene. Buongiorno Milton.-
-Buongiorno Lighneers.- rispose quest’ultima, con la piccola che annuì.
-Sì, il letto era tanto comodo. Buongiorno anche a te!-
-Ne sono felice.
-Buongiorno Johanna, e buongiorno Zell, o buonanotte.-
-Che simpatico.- brontolò il biondo, l’altra invece cercò di mostrarsi gentile.
-Buongiorno.-
Passando oltre, Lighneers arrivò ormai alle ultime file, dove i tre posti in fondo erano già occupati.
-Buongiorno Grace, Wyen e Lacie.-
-Buongiorno Lighneers.-
Solo Wyen gli rispose, le altre due invece lo guardarono con circospezione.
L’unico posto rimasto dove sedersi era accanto a Vladimir, il ragazzo però a malapena lo notò. Aveva ancora il pc in mano, e stava lambiccando con degli strani dati che l’altro non aveva mai visto.
Sedendosi, lo osservò un po’ lavorare, con una maestria tale che lo colpì.
Se ben ricordava, un tempo desiderava imparare qualcosa anche sull’hacking e l’informatica.
-Che cosa sono quei dati?- chiese non aspettandosi alcuna risposta, non solo perché i rapporti con tutti erano estremamente stretti, ma perché era palese che Vladimir stesse soffrendo di un pesante post-sbornia.
-Magia.- disse invece il ragazzo. -Una palla, se vuoi una lezione.-
Contro ogni sua previsione Lighneers annuì.
-Sarebbe interessante.-
Da sotto gli occhiali Vladimir gli lanciò un’occhiata, alzando il sopracciglio. -Come mai questo cambio di look?-
-Avevo bisogno di cambiare.- rispose vago l’altro, e sembrò bastare.
Facendo spallucce Vladimir prese dalla tasca un paio di cuffie, e ne diede una a Lighneers. -Al momento non posso fermarmi, ma qui c’è qualcuno che può rispondere alle tue domande.-
Dallo schermo del pc comparve in un quadrato l’immagine di una ragazza, che Lighneers non aveva mai visto prima. Vladimir gli spiegò rapidamente che cosa fosse. -Lei è Raye, la mia gioia più grande. Un’intelligenza artificiale come non ne sono mai esistite. Potrei benissimo fare il mio lavoro da solo, ma lei mi semplifica le cose, sai nel violare siti o trovare mappe ed informazioni varie. Mi avrai visto fare un sacco di magie con solo il cellulare, beh, lei è il motivo per il quale ci riesco. Puoi anche essere Dio, ma non violerai mai un circuito di telecamere con un telefono, è impossibile, sempre se non hai un mattone per telefono con dei super componenti.-
Lighneers annuì colpito, infilandosi la cuffia nell’orecchio.
-Fagli tutte le domande che vuoi, ma non aspettarti di diventare un genio dell’informatica solo grazie ad una chiacchierata.- lo ammonì Vladimir. -Se entri in quel tunnel, non ne esci più.-
Lighneers non diede troppo peso alle sue parole, l’unica cosa che aveva in mente era a tutte le possibilità che la loro conoscenza poteva aprirgli.
-Penso di poterlo affrontare.-
 
   
 
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