Se ti stai chiedendo perché stai
leggendo il capitolo 2 invece del 25 è perché ho inavvertitamente cancellato la
storia e la sto ripostando.
Se vuoi saperne di più vai a leggere la intro al
capitolo 1
L’Isola
dei Dannati
A.o.T. Mission Impossible
2
Le verità
nascoste
Mercoledì ore 8,30 am
Maeci consolato italiano
Park Avenue, New York.
«Salve sono Marco, il segretario del console e le dò il benvenuto».
Levi mostrò il suo tesserino e il ragazzo lo accompagnò attraverso la lunga scalinata
di quel palazzo stile europeo. Attraversarono un corridoio e poi il giovanotto
lentigginoso aprì la porta e lo introdusse nella sala conferenze.
«Ben arrivato Levi, accomodati» disse Dot Pixis facendogli un cenno con la
mano.
«Il capo della CIA in persona» commentò sardonico, poi dette un’occhiata agli
altri «Erwin il suo braccio destro» aggiunse.
«Ciao Levi» lo salutò il vicecapo.
«E questo biondino chi è?» chiese squadrando severamente Armin. Non lo
conosceva, ad occhio e croce doveva avere sui vent’anni o giù di lì, gli pareva
un po’ troppo giovane.
«È un analista di Langley. L’ho reclutato io» disse Hanji uscendo da un cono
d’ombra che l’aveva temporaneamente nascosta alla vista dell’uomo, il quale fu
colto di sorpresa, ma non lo palesò. La guardò con la sua tipica espressione a
metà tra l’annoiato e l’infastidito.
«Ci mancavi solo tu, ora sì che si profila come una missione di merda!»
commentò.
La donna invece di offendersi sorrise divertita. Lo conosceva molto bene e
sapeva leggere perfettamente certe sue reazioni. Non se la prendeva mai per
quel suo modo di fare e di apostrofarla. Sapeva che le uscite di Levi non erano
mai veramente acide come sembravano, non nei suoi confronti almeno.
Armin invece era piuttosto perplesso, come tutti gli agenti della CIA conosceva
Levi di fama, era una leggenda in seno all’agenzia, ma se lo sarebbe immaginato
diverso. Era molto basso, molto elegante e molto… come dire, indisponente,
oltre che sboccato come uno scaricatore di porto. Cosa tra l’altro che strideva
tantissimo con il costosissimo completo Burberry che indossava. Pareva anche
una persona per niente accomodante e poi come faceva ad avere quella fama se a
stento arrivava, forse, al metro e sessantacinque?
«Cerchiamo di non perdere tempo in chiacchere inutili» li richiamò Pixis.
Levi lo ignorò palesemente.
«Perché siamo nel consolato italiano, che c’entra con la CIA?» chiese con
sospetto.
«È una missione molto delicata e molto pericolosa. Abbiamo scelto un posto
neutro, che non desse nell’occhio, per alzare il livello di sicurezza. Nessuno
penserebbe mai che degli agenti della CIA organizzerebbero un incontro di
reclutamento, per una missione segreta, al consolato italiano» spiegò Pixis.
Levi li guardò non troppo convinto, ma non sillabò.
«Va bene abbiamo capito, ma veniamo al sodo, come mai ci avete fatti venire
qui?» chiese Hanji
Pixis continuò. «Per farla breve un luminare della medicina stava lavorando ad
una cura super innovativa per curare una malattia autoimmune. Qualcosa che ha
dell’incredibile, ma che è assolutamente Top Secret. Un miliardario che si fa
chiamare Fritz ha voluto scommettere su di lui e ha finanziato il suo progetto.
Quando, contro ogni aspettativa ciò che ha scoperto è andato oltre ogni più
rosea previsione, il medico è misteriosamente scomparso».
«Abbiamo il sospetto che possa essersi venduto a qualcuno, o che sia stato
rapito» continuò Erwin «Almeno questo è ciò che si dice in giro».
«È tutto troppo nebuloso. Intanto in cosa consiste questa cura?» chiese Levi.
«Top Secret» tagliò corto Pixis.
Levi lo fulminò con lo sguardo e subito incalzò: «E il medico scomparso chi è?»
«Top Secret».
Avrebbe voluto prenderlo per collo ma sapeva che sarebbe stato inutile, quei
due non gliela la contavano giusta, aveva già capito l’antifona.
«Senza stare a perdere altro tempo ci potete dire cosa non è Top Secret, e caso
mai perché dovremmo accettare questa missione che mi puzza come una cacata di
mucca fumante?» disse infine.
«Tralasciando la colorita similitudine di Levi, concordo con lui. La faccenda è
molto nebbiosa. Non ci vedo chiaro neppure io» s’intromise Hanji, poi continuò
«Erwin se sarai tu a capo dell’operazione come credo, ti chiedo per favore di
fare un po’ di chiarezza. Non potete pretendere che accettiamo alla cieca».
«Neanche io conosco bene tutti i dettagli» cominciò Smith «In tutta onestà
posso dirvi che è un’operazione ad alto rischio, per questo vi abbiamo
reclutati. Abbiamo pochissime informazioni, ma sappiamo che ne va della
sicurezza nazionale, addirittura mondiale. Abbiamo bisogno dei migliori, cioè
di voi».
«E ancora non ci hai detto niente» brontolò Levi.
«Sappiamo dove è stato avvistato l’ultima volta il medico».
«Che non sappiamo come si chiama…» scappò detto ad Armin che fino ad allora
aveva ascoltato in religioso silenzio.
«Non stiamo cercando solo lui in realtà» disse Erwin.
«Ah no?» chiese il ragazzo stupito. Ora non ci stava davvero capendo niente
neppure lui.
«E chi stiamo cercando, di grazia?» chiese Levi che stava perdendo la pazienza.
«Uno dei miei» proseguì Erwin «È andato sotto copertura a Paradise un’isola
vicino al Madagascar, un posto defilato che non è neppure segnato sulle cartine
geografiche. Avevamo avuto una segnalazione che il professore potesse essere
lì».
«Invece no?» chiese Hanji.
«Purtroppo più notizie del nostro contatto: Damned. Era sotto
copertura ma è svanito nel nulla» precisò Erwin.
«Damned? Ma che nome è? Davvero Erwin sei serio?» commentò Levi che ancora non
aveva capito dove volessero andare a parare. Li conosceva quei due, partivano
da una parte per poi portarti da tutt’altra. Non erano mai chiari, con loro era
tutta una sorpresa e quasi mai gradevole.
«È un semplice nome in codice, non sottilizzare Levi. Ad ogni modo temiamo che
sia stato scoperto. Forse è morto, o forse, come speriamo è prigioniero.
Abbiamo bisogno di fare una ricognizione con eventuale estrazione in loco».
«Perché?» chiese Levi scrutandolo.
«Che domande! È uno dei nostri» sbottò Erwin.
«Pensi che me la beva? Difficilmente sei tornato indietro per qualcuno, se
questa volta vuoi farlo ci deve essere un motivo molto forte a monte e io
voglio saperlo, o non se ne fa di nulla».
Erwin era conscio che sarebbe arrivata quella domanda e giocò d’astuzia.
«Mi dispiace non posso dirtelo. Ma quanti anni sono che mi conosci? Ti ho
reclutato io. Sai che c’è sempre un’ottima ragione dietro quello che faccio.
Appena mi sarà possibile vi dirò tutto, ma ancora neppure io sono al corrente
di ogni particolare e parlarne potrebbe compromettere tutta l’operazione. Devi
fidarti di me» concluse fissandolo dritto negli occhi senza avere un solo
secondo di cedimento.
«Quanto è pericolosa questa faccenda da uno a dieci?» chiese infine Levi.
«Cinque, forse sei» rispose Erwin.
Levi pensò che se aveva detto così, il rischio era davvero alto forse anche
dieci su dieci. Conosceva bene Erwin e sapeva pesare le sue parole.
«E saremo solo noi?» chiese serio e poi aggiunse «Mi spiegate casco
d’oro cosa ce lo portiamo dietro a fare? Mi pare che sia una matricola
no? Non mi sembra il caso di trascinarci dietro un cadavere che cammina».
«Ti sorprenderai di quanto potrà essere utile. Comunque è una matricola, ma di
tutto rispetto! È stato uno dei primi nel suo corso di addestramento sul campo,
proviene dal fantastico gruppo del centoquattresimo reggimento Navy Seal. È un
top gun!» specificò Hanji non senza una punta d’orgoglio.
«Ah beh allora!» fece Levi sarcastico e poi aggiunse «Comunque in caso te
ne prendi carico tu, non possiamo certo rischiare la vita per star dietro ad un
moccioso appena uscito dall’accademia!» disse più per protesta, che per reale
convinzione. Levi era uno che davvero non lasciava mai indietro nessuno.
Anche se aveva accettato di fidarsi di Erwin, quella faccenda gli puzzava
troppo, qualcosa non lo convinceva e se doveva andare sul campo, voleva gente
di livello, non analisti.
«Signore con tutto il rispetto non sono un moccioso ho ventisette anni e sono
uscito dall’accademia da più di un anno» specificò serio Armin, anche un po’
frastornato da quel batti e ribatti e da tutte quelle informazioni, non informazioni,
che gli ronzavano in testa come uno sciame d’api.
«Ora basta polemizzare Levi» tagliò corto Pixis «Non facciamo mai niente a
caso, tu questo lo sai bene. Comunque non sarete soli ma sarete affiancati
anche da tre agenti speciali dell’FBI. Come ha detto Erwin è un’operazione
congiunta, l’allerta sicurezza e altissima: livello tre, quindi capirai
bene che il pericolo del controspionaggio è praticamente una certezza. Per
tutti questi motivi gli agenti che parteciperanno alla missione dovranno fidarsi
ciecamente di Erwin e accettare il fatto di scoprire le strategie in corso
d’opera».
Fu a quel punto che Levi ed Hanji si scambiarono un’occhiata d’intesa.
E poi annuirono entrambi.
«Va bene, ci sto» disse Levi annoiato.
«Anche io» gli fece eco la donna decisamente più entusiasta.
«Se mi volete ci sono!» s’intromise Armin, che comunque si sentiva a un po’ a
disagio.
«Bene. Allora siamo a posto. Levi sarai tu il mio braccio destro» e questa fu
la ciliegina sulla torta da parte di Erwin per sedare ogni restante dubbio a
Levi.
Forse…
*
Levi in verità non si fidava neppure della sua ombra. Cercava sempre di giocare
d’anticipo con il nemico e di avere la situazione sott'occhio, anche perché era
un vero maniaco del controllo.
Per questo motivo appena uscito era andato a procurarsi un cellulare
prepagato usa e getta. Qualche ora dopo stava chiamando chi di dovere.
Dall’altro capo, il modo di squillare del telefono, gli fece subito capire che
il contatto con cui stava cercando di interloquire era sicuramente all’estero.
«Pronto» gli rispose dopo molti squilli.
«Ciao Scarface abbiamo solo trentotto secondi e poi potrebbero
intercettarci» disse.
«Ti ascolto nano-malefico».
A Levi scappò un mezzo sorriso, quei nomi in codice erano proprio una
stronzata, ma funzionavano senza dover dar adito a troppi preamboli.
Certo Scarface non aveva mai apprezzato quell’appellativo e
per vendetta lo aveva a sua volta battezzato: nano-malefico, ma
a Levi non importava, non si lasciava toccare da questo genere di cose.
«Il cacciatore ha preparato l’esca» rispose.
«lo so» commentò Scarface.
«Sei già in gioco?» chiese Levi.
«Sì. Ho avuto ordini e consegne».
«Quindi mi dai conferma che se avrò bisogno mi coprirai le spalle».
«Affermativo nano-malefico!».
E a quel punto dopo trentacinque secondi esatti, la conversazione si concluse.
I monologhi dell’autrice
Buonsalve!
I primi due capitoli sono tornati al loro posto, la pausa pranzo però è finita, quindi se ce la faccio
continuo stasera, almeno altri due.
Grazie della comprensione!