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Autore: Cunegonda109    03/04/2023    14 recensioni
«Se fuggire fosse la soluzione, io sarei fuggito da te tanto tempo fa, Oscar... È inutile fuggire, Oscar, credimi!»
Mi sono sempre chiesta come facesse André a esserne tanto sicuro. Ho immaginato, quindi, che in passato almeno una volta abbia provato ad allontanarsi (se non altro temporaneamente) da Oscar. Questa storia nasce per raccontare quell’esperienza.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Marron Glacé, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Giugno 1779. Palazzo Jarjayes.
 



«Avanti!»
«Buongiorno, signor Generale.»
«Avvicinati pure. Dunque, di cosa volevi parlarmi, André?»
«Grazie per avermi ricevuto, Signore. Debbo rivolgervi una richiesta, che spero accoglierete…»
 
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L’estate stava sbocciando.

Il colonnello Oscar François de Jarjayes, comandante delle Guardie reali, pareva essersene accorta quella mattina, all’improvviso.

Da qualche tempo si era immersa nel lavoro per non pensare, per seppellire sotto un cumulo di doveri l’inquietudine del proprio cuore e s’era talmente concentrata sulle incombenze quotidiane che, nonostante l’usuale percorso a cavallo tra la propria dimora e la reggia e le innumerevoli ronde nei giardini di Versailles, aveva mancato di notare il sole farsi più luminoso, le giornate allungarsi e l’aria riscaldarsi.
Solo quel giorno, al risveglio, puntando lo sguardo fuori dalla grande finestra della propria camera da letto, s’era accorta con stupore del lussureggiare delle ortensie fiorite e aveva avuto coscienza della stagione incombente. Nemmeno l’inizio del suo consueto periodo di licenza, scattato la sera precedente con la firma dell’ultimo ordine di servizio prima di rientrare a palazzo, era servito a restituirle la cognizione del tempo. La mente era altrove. E il cuore con essa.

Davanti a quell’inatteso spettacolo vegetale si sentì improvvisamente a disagio. Le prese quasi un disgusto di se stessa per quella debolezza così estranea all’educazione ricevuta e a quella che aveva creduto fosse la propria indole. Decise, quindi, che non sarebbe rimasta a macerarsi nell’inazione, che il fare – ancora una volta – sarebbe stato la migliore delle cure. Occorreva impegnarsi in qualcosa. Se solo non fosse stata in licenza…

Le balenò un’idea: pensò che sarebbe partita. La Normandia e le sue spiagge da divorare a cavallo sarebbero state un ottimo modo di riposarsi tenendosi al riparo dall’ozio e dai pensieri cupi e sentimentali che la ottenebravano. Riempire il tempo di sole, onde e gabbiani. Di vento tra i capelli e sabbia a perdita d’occhio. E dedicarsi alla piccola Rosalie, di cui avrebbe potuto curare più assiduamente l’istruzione e l’educazione ai costumi nobiliari, nonché l’allenamento all’equitazione e all’uso delle armi. Sì, non appena fosse stato possibile – giusto il tempo di preparare i bagagli – avrebbe raggiunto la dimora di Fécamp.

Sorrise tra sé orgogliosa della propria capacità di prendere decisioni rapidamente, come si confà a un ufficiale.
Per non sottrarre tempo all’organizzazione, altra attitudine militare di cui andava fiera, pensò di scendere immediatamente ad avvertire la governante, affinché avviasse i preparativi. Poi avrebbe annunciato la vacanza ad André e Rosalie.
 
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Trovò la governante affaccendata a contare le posate d’argento, lavoro che compiva con scrupolo dopo ogni lavaggio, per assicurarsi che non vi fossero ammanchi nel prezioso servizio di Madame Marguerite. Era così assorta che non s’accorse della sua presenza e Oscar decise di attendere che finisse almeno la conta dei coltelli da pesce, prima di interromperla: «Ho bisogno che tu mi faccia preparare i bagagli. Partirò per la Normandia al più presto.»
«Certamente, cara, come desideri.»
«Porterò con me Rosalie. Aiutala a preparare anche i propri, per favore.»
«Provvederò immediatamente.»
«Ti ringrazio.»

L’anziana fece un accenno d’inchino e s’apprestava a rimettersi al lavoro, quando Oscar ne richiamò ancora l’attenzione: «Prima che tu riprenda a contare le posate, sapresti dirmi dov’è André? Non l’ho ancora visto stamani.»
«È a colloquio con tuo padre, nel suo studio.»
La giovane donna registrò la risposta con noncuranza. D’altronde non avrebbe avuto motivo di stupirsi della cosa, poiché non era inusuale che il suo attendente si recasse dal Generale, il quale aveva fiducia in lui e lo stimava per la sua competenza, onestà e intelligenza e spesso lo convocava per affidargli compiti relativi soprattutto alla gestione dei cavalli e alla manutenzione delle carrozze o per sentirne il parare a proposito di faccende che riguardavano tali argomenti, di cui era innegabilmente un esperto.
E altre volte lo faceva chiamare per discutere di lei. Sapeva anche questo, ma in fin dei conti la cosa non la infastidiva. Era certa di godere della stima del proprio padre e André non aveva mai dato prova di agire alle sue spalle, considerandola una donnetta indifesa, una fragile creatura incapace di badare a se stessa e che, pertanto, necessitava di un custode che rispondesse direttamente a un’autorità superiore. Le eventuali raccomandazioni del genitore, pensava, erano dettate dalla normale preoccupazione che un padre avrebbe avuto per il proprio erede. E chi altri sarebbe potuto essere il referente del Generale, se non André, che da sempre era la persona a lei più vicina?
Così, per nulla turbata e totalmente ignara di ciò che stava accadendo in quella stanza, Oscar si avviò verso lo studio del padre, per attendere l’uscita di André.
 
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Non appena ebbe richiuso la porta dello studio del Generale e si fu girato verso il corridoio, André Grandier si trovò faccia a faccia con il biondo colonnello Jarjayes.
Per un momento s’irrigidì. Aveva sperato di poter rimandare quel confronto, in modo da avere il tempo di preparare il terreno per ciò che avrebbe dovuto comunicarle. Costretto ad affrontare la faccenda di petto, tuttavia, non si lasciò intimidire dalle circostanze, sfoderando un sorriso franco dei propri e rapidissimo, prima che Oscar potesse dire qualsiasi cosa, parlò: «Buongiorno, Oscar. Capiti a proposito: se non fossi già qui, sarei venuto a cercarti io…»
«Mio padre ti ha riferito qualcosa che mi riguarda?», domandò perplessa.
«No… ma… be’, a dirla tutta, in un certo senso, sì…», rispose enigmatico André.
Oscar lo guardò con aria interrogativa, non avendo idea di cosa volesse dirle.
Egli se ne avvide e spiegò: «Sono io che ho riferito qualcosa che ti riguarda al Generale. Anzi, per essere precisi gli ho chiesto un’autorizzazione. E me l’ha accordata.»
«Continuo a non capire… non essere così ellittico: parla chiaro, sai che non mi piacciono i giri di parole!», lo sollecitò in tono marziale, un po’ spazientita. Tanto che André se ne dispiacque. Doveva essere nervosa, si disse, e se lo era non poteva che imputarsi a una ragione…

«Ho chiesto una licenza a tuo padre.»
«Perché? Tu sei il mio attendente, avresti dovuto chiederla a me, eventualmente…», replicò Oscar, ma non sembrava risentita, piuttosto incuriosita.
«Vedi, Oscar, in questo momento io sono già in licenza come tuo attendente, essendo tu al momento svincolata dai tuoi uffici, ma non lo sono come servitore in questa casa. Pertanto, per allontanarmi avevo bisogno del permesso di tuo padre.»
La risposta di lui la colpì, al punto che Oscar equivocò, immaginando che André avesse previsto la sua volontà di recarsi a Fécamp: «Come sai che ho deciso di partire per la Normandia? E poi che bisogno avevi di chiedere il permesso a mio padre per accompagnarmi? Non è la prima volta che accade e non mi sembra che sia mai stato necessario che ti accordasse una licenza…»
«In effetti non sapevo nulla della Normandia…», rispose genuinamente sorpreso, «non è per quello che sono andato da lui. Vedi, io… io debbo allontanarmi per una questione personale.»
«Una questione personale… quale questione personale? E perché non ne hai parlato con me, prima di chiedere a lui?», lo incalzò indispettita la giovane.
«Perdonami, non volevo scavalcarti», si giustificò André, «tuttavia, poiché, come ti dicevo prima, io formalmente non ho bisogno del tuo permesso, essendo di fatto già in licenza come attendente, avevo necessità che fosse il Generale a dispensarmi temporaneamente dalle mie mansioni, prima di sapere se avrei potuto o meno realizzare il mio proposito di allontanarmi da palazzo. Non avrebbe avuto senso parlarti di qualcosa che avrebbe anche potuto non realizzarsi, ti pare?»
«Ebbene, dov’è che devi andare?»
«È una questione privata e preferirei non dirtelo, Oscar…», replicò con gli occhi bassi.
Una saetta sembrò attraversare lo sguardo di lei: «Cos’hai combinato, Grandier? Non ti sarai messo nei guai?»
«Sta’ tranquilla, nessun guaio. Non ho nulla di cui vergognarmi o pentirmi e, se non te ne parlo, è esclusivamente perché è una questione che riguarda solo me. E il mio desiderio è che tale rimanga.»
«Da quando abbiamo dei segreti io e te?», un misto di rimprovero e delusione a colorirle la voce.

André le lesse negli occhi allungati un’ombra di paura che lo fece tentennare. Ferirla era l’ultima cosa che desiderasse, ma si impose di non cedere e ribatté con tono asciutto, quasi impersonale: «Tutti hanno diritto a una sfera intima, Oscar. A custodire qualcosa solo per sé, se lo desiderano. Non concordi? Non siamo più due bambini, ormai possiamo entrambi avere una vita privata…»
Si pentì subito di aver detto “entrambi”, come se l’avesse voluta accusare di qualcosa. Che colpa aveva di essersi innamorata? E di certo non la biasimava per il fatto di non avergliene parlato, le era, anzi, grato per quella sua ostinata riservatezza: non avrebbe mai voluto condividere con lei quel tipo di confidenze. Ciò che intuiva lo faceva soffrire già abbastanza, figurarsi il supplizio che sarebbe stato sentire certe verità pronunciate dalla bocca di lei!

Allora la voce di André si ammorbidì, ritrovando le usuali note rassicuranti per rammendare subito quell’accenno di strappo tra loro: «Oscar, credimi, mi dispiace non trascorrere le vacanze con te in Normandia, ma c’è una cosa che debbo fare, o meglio, che desidero fare. Non è nulla di compromettente né di pericoloso, se è questo che temi. Abbi fiducia in me, rispetta la mia scelta e lasciami andare serenamente. Te ne prego. È davvero importante...»
«Ma a mio padre hai dovuto dire cosa andrai a fare, non è vero?», abbaiò per nulla ammansita la giovane, evidentemente ferita da quell’esclusione.
«Ho dovuto spiegarglielo sommariamente, sì…», ammise l’altro con un accento colpevole, che poi sembrò rinfrancarsi repentinamente, sforzandosi di suonare quasi divertito, «Se ti fa stare più tranquilla, anche mia nonna ne è al corrente. Se tuo padre non ha avuto da ridire e mia nonna non mi ha picchiato con il mestolo, non può essere nulla di così disdicevole, non credi?», provò a sdrammatizzare. Inutilmente, tuttavia, perché Oscar tornò alla carica ancora sospettosa e decisamente risentita: «E perché a me non puoi dirlo, dunque? Mi chiedi fiducia, ma sei tu il primo a non averne in me…»
«Non è così, Oscar! Non pensarlo mai, nemmeno per un istante!», si affrettò a precisare accorato, quasi implorandola.

Prima di proseguire prese un respiro profondo e la fissò intensamente. Non aveva messo in conto la fatica che gli sarebbe costato tenerla all’oscuro dei propri intenti e intuirne la delusione. Percepire che si sentiva tradita fu dilaniante. Deglutì, serrò i pugni e le rivolse un’ultima invocazione, perché non insistesse, perché non continuasse a mettere alla prova la sua vulnerabile forza di volontà: «Ti prego, non chiedermi più niente. Starò via solo un paio di settimane. Non è detto che non riesca a raggiungerti in Normandia, alla fine...», concluse con un’espressione stremata.

E finalmente Oscar si arrese, vinta dalla tribolata determinazione che gli leggeva nello sguardo e dalla logica inappuntabile del suo ragionamento. Aveva ragione André: erano adulti e segreti ormai ne avrebbero potuti avere e, pensò con un velo di amarezza e nostalgia, già ne avevano.



N.d.A.: Questo è il mio primo esperimento di più ampio respiro, spero di esserne all'altezza. I commenti e le critiche sono oltremodo graditi: siate spietati!
   
 
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