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Autore: Neamh Moonstar    14/04/2023    2 recensioni
«Sapete, la gente tende a cacciare i demoni per vedere esaudito qualsivoglia desiderio. Credono che confinarli sia abbastanza da poter chiedere loro ciò che desiderano ed ottenerlo, ma non c'è niente di più sbagliato. Un po' di gesso per terra e qualche parola ben pronunciata non sono abbastanza; inoltre, i demoni sanno sempre come fregarti una volta che hai deciso di fare patti con loro. Gli angeli, invece? Oh, loro sono così difficili da trovare ma così facili da intrappolare. Non possono mentire ad un essere umano, sono fatti per proteggerci e consigliarci, feriscono solo i demoni e i loro stessi simili se Dio glielo chiede. Ma quando sono dentro quegli stessi cerchi è come se sparissero: i ponti con l'Altissima vengono tagliati, e per chiedere loro qualcosa basta strappargli una sola, candida piuma.»
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    «Che schifo» ringhiò Gabriel sottovoce, guardando incredulo oltre la vetrata della caffetteria.

    «Su, non siate così irrispettoso» scherzò Lily sorseggiando dalla sua solita tazza fumante. «Si stanno solo dando un bacetto.»

Dall'altro lato della strada, oltre il via vai della folla, un angelo e un demone si stavano effettivamente scambiando un bacio. Una scena che si confondeva tra la frenesia cittadina tanto da passare inosservata.

La Cacciatrice li osservò quasi incuriosita, studiando le loro labbra che si univano, si separavano, si cercavano e si riunivano. Poche volte aveva visto coppiette così affiatate. Quasi quasi li invidiava.

    L'arcangelo, dal canto suo, distolse lo sguardo lilla con un'espressione di puro disgusto. «Lo avevamo immaginato ma, Dio mio. È così sbagliato da fare ribrezzo.»

    «Meglio se non dite queste cose ad alta voce» lo riprese lei senza smettere di sorridere. «Le persone tendono ad essere sensibili su certi argomenti» concluse con un occhiolino.

    «Non mi interessa di quello che pensate. Prima metti fine a questa storia, meglio sarà per tutti.»

    «Non preoccupatevi, so già come fare. Alla fine non è un lavoro così complicato.»

    Gabriel non pareva convinto. Si lisciò la morbida sciarpa con fare nervoso: «Sicura che non si siano accorti di niente? Secondo me hai fatto male ad avvicinarti già così tanto.»

    Lei non si scompose. Non era la prima volta che qualcuno criticava i suoi metodi. «Il vostro ex-angioletto luminoso è attento, anche se non sembra. Fintanto che tengo il pugnale lontano da lui, non dovrebbe accorgersi di nulla.»

    «E come farai quando glielo dovrai puntare addosso?»

    «Velocità, o grande messaggero. La velocità è la chiave.»

Lui parve rilassarsi, seppur solo un pochino. Tirò di sottecchi un'ultima occhiata ai due, guardandoli mentre rientravano nella libreria. Sicuramente si era messo a pensare a tutte le cose sconce che avrebbero fatto una volta varcato l'uscio, Lily ne era certa.

    «E Crowley?» Chiese l'arcangelo, tornando a guardarla con una durezza che serviva solo a nascondere il suo reale nervosismo. «Come farai con lui?»

    Lily sorrise. «È ancora indaffarato nel suo piccolo trasloco. A questi due piace fare le cose all'umana maniera. Basterà agire in un momento in cui non c'è.»

    «Si sono abituati» sputò Gabriel con disprezzo. «Stare troppo tempo in questo posto ti fa diventare un rammollito.»

    «Ti fa solo sembrare più mortale» precisò la Cacciatrice. «Credetemi: sottovalutare una creatura divina, chiunque essa sia, non è mai la più furba delle mosse. Non sono mai stata avventata, nemmeno con i custodi.»

Lui parve rabbuiarsi dinnanzi a quell'affermazione. Effettivamente aveva già sottovalutato quei due una volta: non se la sentiva proprio di farlo di nuovo.

Per questo sono qui, si disse Lily. Io non sbaglio mai.

    «So che conoscere la vera natura del loro rapporto non vi servirà a granché» affermò poi. «Ma sapete, alle volte è meglio scoprire la verità e farsi male piuttosto che lasciarla celata per sempre.»

La verità era che la Cacciatrice sapeva bene quanto tutto ciò avrebbe portato dubbio e confusione nella testa di Gabriel. Sicuramente, ora si stava chiedendo come una cosa del genere fosse passata inosservata agli occhi di Dio. La sua aura violacea pareva acqua increspata dal vento e, quel che era meglio, aveva ora una punta non indifferente di disprezzo totale.

    Difatti, l'arcangelo si risistemò la sciarpa con fare nervoso e aggrottò le sopracciglia. «Fa' quel che ti pare, l'ho già detto. Non mi interessano i tuoi metodi.»

    Lily fece spallucce. «Lo so, vi interessa il risultato. Noi diciamo che il fine giustifica i mezzi.»

Gabriel alzò un sopracciglio.

    «Significa che non importa cosa fai fintanto che raggiungi il risultato sperato. Per me cambia poco, in fondo,» spiegò lei, finendo di sorseggiare, «sono già destinata all'Inferno.»


**


Piombò di botto su un freddo pavimento ligneo dai riflessi rossastri - mogano, un classico. Tutt'attorno la luce era bassa e tremolante, proveniente da candelabri che rendevano l'ambiente buio e lugubre - un altro cliché che ormai sembrava un marchio di riconoscimento.

Il colpo lo aveva lasciato inebetito per un attimo, ma solo un altro attimo gli ci era voluto per capire cosa stesse succedendo.

    Si alzò sui gomiti e fissò con fastidio crescente gli umani incappucciati attorno a lui. Si soffiò una ciocca via dalla faccia e si voltò verso quello che sapeva essere l'artefice di quella pagliacciata (ce n'era sempre uno ed era quello con l'abito più pomposo e l'aspetto più stupido). «Che cazzo succede qui?» Ringhiò, mettendosi lentamente in piedi.

Ovviamente, era intrappolato in un cerchio disegnato ad arte sul terreno. Se avesse avuto una moneta per ogni volta che qualcuno lo aveva evocato, a quest'ora ne avrebbe avute tre - che non sono tante, ma già era strano il fatto che fosse accaduto per ben tre volte.

    Mister cappuccio nero parve non riuscire più a reggersi sulle gambe. Cadde in ginocchio davanti al cerchio e, tremante di emozione, allungò un braccio. «Oh, grande Tentatore» mormorò. Sotto l'ombra della sua tunica, Crowley poté intravedere un sorriso trionfante.

    Il demone alzò gli occhi al cielo. Perché doveva sempre finire nelle grinfie di qualche esaltato? Va bene che, effettivamente, lui era la creatura oscura più facile da raggiungere dato che si trovava già sulla Terra... Però. «Falla breve. Cosa vuoi?» Ordinò, già stufo. Era lì lì per incontrare Aziraphale quando, puff, eccolo tirato dentro ad un rito contro la sua volontà. Una gran rottura di palle.

    Il capo dei pazzoidi si ricompose, farfugliando un: "Certo, subito", intanto che si passava le mani sudate sui fianchi. Si presentò, abbozzando un inchino: «Mi chiamo Chrysanthemum Queen.» 

    «Che nome orrendo.»

    «E questa è la mia famiglia.»

Ora che osservava bene gli umani attorno a sé, Crowley poté notare quanto fossero diversi in altezza e corporatura. Alcuni di essi erano davvero minuscoli: bambini mezzi nascosti dietro le gonne delle loro madri.

Ancora non lo sapeva, ma quel nome, Queen, sarebbe diventato alquanto ridondante nel corso della sua esistenza. Molto, ma molto tempo dopo, glielo avrebbero ricordato le canzoni che sembravano comparire magicamente nel mangiacassette della sua macchina. Ora come ora, era certo solo di una cosa: tutti lì sarebbero finiti nella sua mentale lista nera.

    «Sì, Chrys. Bella famigliola. Cos'è, vuoi darmi in sacrificio tuo nipote o cose del genere? Sappi che non è così che ottieni quello che vuoi» precisò, fissando il tizio con tutta la durezza di cui era capace.

    Chrysanthemum gesticolò freneticamente con le mani; intanto, uno dei bimbi alle sue spalle si mise a piangere - sicuramente uno dei suoi nipoti. «Oh, no. No, grande Tentatore. Vedete: abbiamo sì un regalo per voi, ma non ciò che credete.»

Crowley trattenne il senso di nausea. Solitamente gli mettevano davanti animaletti morti e capre squartate, un vero schifo. Doveva ancora capire chi aveva messo in testa agli umani quella storia degli ovini demoniaci.

    Decise di affrettarsi a precisare che, no: non voleva vedere altre carcasse. «Ascolta, non voglio le tue budella. Dimmi cosa vuoi e-»

Non fece nemmeno in tempo a finire la frase. Chrysanthemum si cacciò la mano nella larga manica della tunica, iniziando a frugarci dentro. Poi, sorridente e tremante come non mai, ne tirò fuori una lunghissima piuma dalla punta ocra.

A Crowley bastó guardarla per un attimo. Il cuore di cui era disposto era assolutamente inutile ma, in quel momento, prese a battere all'impazzata. Indietreggiò fino a sbattere contro le invisibili pareti che delimitavano il cerchio in cui lo avevano infilato. Non aveva bisogno nemmeno di respirare, ma aveva il fiato corto.

    Le parole vennero fuori in un rantolo, tanto che si chiese se il signor Queen lo avesse sentito. «Dove l'hai presa?»

    Chrysanthemum parve rallegrarsi. «L'abbiamo strappata ad un angelo! Per voi!»

Loro avevano fatto cosa?!

Il primo pensiero di Crowley fu ovviamente per il suo angelo. Dovette sforzarsi di ragionare: ricordava le ali di Aziraphale meglio della posizione delle stelle che aveva messo in cielo, perciò sapeva che erano bianchissime, senza neanche una sfumatura. Non era sua. Una magra consolazione.

Quel gruppetto di sprovveduti aveva strappato una piuma dalle ali di un angelo. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere prima di allora. Non era semplicemente possibile. Era sbagliatissimo. Le implicazioni di quel gesto erano semplicemente troppo- significava che-

    Chrysanthemum prese il silenzio del demone come un permesso di parola. Avvicinò il suo regalo al cerchio, eccitato: «Abbiamo fatto tutto questo per poter avere la vostra protezione» spiegò. «Possiamo procurarcene molte altre se volete! Possiamo-»

    «No!» Scattò Crowley, facendo tremare appena la stanza. Gli umani si misero le mani sulle orecchie, sopraffatti. «Avete la minima idea della cazzata colossale che avete fatto?»

Ne aveva incontrati di esaltati, ma questi? Questi erano l'apice dell'idiozia umana. Gli facevano paura, il che faceva capire molte cose.

    Il signor Queen sembrava perso in un'altra dimensione. Difatti, il suo buonumore malato sembrava adesso ancor più evidente. «Lo sappiamo, lo sappiamo eccome. Faremmo di tutto per avervi dalla nostra parte. Voi siete il vero artefice della razza umana. Strapperemmo le ali di tutti gli angeli del Paradiso per la vostra benevolenza.»

Tutto ciò era troppo. Crowley non volle sapere altro: il suo unico obbiettivo, adesso, era uscire da lì e magari dare fuoco alla casa di Chrys e famiglia.

    «Voi, stupidi- non meritereste la protezione nemmeno della creatura più meschina dell'universo» sputò, in preda ad una crescente ansia. «Ma ve la darò se mi fate uscire da qui.»

Non ci sarebbero mai cascati, e lo sapeva. Doveva farsi furbo, cercare una soluzione ed eliminare quel branco di pazzi. Normalmente non avrebbe mai neanche lontanamente pensato ad una cosa simile, ma quelli lì erano ancor più fuori di senno di certi demoni di sua conoscenza.

Eppure, alla sua affermazione, tutta la famigliola parve tirare un sospiro di sollievo. Lo stesso Chrysanthemum smise di tremare e si lasciò cadere a terra per baciare le estremità del cerchio, la piuma di nuovo nelle sue grinfie. I presenti dietro di lui iniziarono a fare lo stesso, cadendo in ginocchio uno dietro l'altro.

Un coro di: "Grazie" si levò nell'aria come un mantra, iniziando a rimbombare tra le pareti. Si faceva ogni secondo più insopportabile, una cacofonia confusa che portò Crowley a coprirsi le orecchie.

Voleva che tutto finisse.

Voleva tornare a casa.


**


Si svegliò con un sussulto, più confuso di quando si lasciava dominare dall'hangover.

Buttandosi un braccio ancora mezzo intorpidito sugli occhi, fece mente locale: l'odore attorno a sé era quello della vecchia carta e, sotto la sua schiena, sentì l'inconfondibile morbidezza del suo divano preferito. Era alla libreria. Era a casa.

    Una voce lo riportò totalmente al presente: «Tutto bene?»

Fu come ricevere una benedizione. Si scoprì gli occhi e guardò Aziraphale: se ne stava bello comodo sulla sua poltrona, un libro tra le mani e l'aria confusa, oltre che leggermente preoccupata.

    Con nonchalance, Crowley si portò le mani dietro la testa: «Sì, perché?» Chiese con un sorriso. Tanto, non esisteva incubo capace di resistere alle belle pozze azzurre ora fisse su di lui.

    «Stavi mugugnando». L'angelo aveva messo la sua lettura da parte, il che significava solo che riteneva la questione sottomano più importante.

    «Non lo faccio sempre?»

    «Non così tanto.»

Non puoi scappare da lui: ti conosce troppo bene. Ti conosce anche meglio delle sue stesse ali.

Ali, piume. Brr. Non voleva pensarci.

    Il rosso cercò di buttare la questione sul leggero. «Una brutta dormita può capitare a chiunque» disse, girandosi su un fianco. «Non è di certo la prima volta per me, d'altronde. E lo sai.»

    Aziraphale sospirò: «Proprio per questo non capisco perché ti ostini a farlo. Dormire, dico.»

    «Perchè il tuo divano è comodo?»

    «È inutile...»

    «È rilassante.»

    «Dalle espressioni che fai nel sonno, non si direbbe.»

    «Tu continui a leggere anche se alle volte ti imbatti in storie tragiche, no? È la stessa cosa.»

Il biondo aggrottò le sopracciglia. Scacco matto. Con un sorrisetto, Crowley si rigirò nuovamente sulla schiena, soddisfatto.

    «Bah, io non ci riuscirei» mugugnò Aziraphale, riprendendo il suo libro con fare leggermente stizzito.

    «Non ci hai mai provato, come fai a dirlo?»

    «Lo so e basta.»

Quel facciotto arrabbiato ben affondato nelle pagine era ciò che di più adorabile esisteva nell'universo. Il demone avrebbe fatto di tutto per vederlo così come lo vedeva adesso, mezzo rischiarato dalla luce del pomeriggio. Aveva fatto tanto per farlo suo e non se lo sarebbe fatto portare via per nulla al mondo.

Si mise a fissare il suo angelo, rimuginando. Presto sarebbero ufficialmente stati loro due, insieme, sotto quello stesso tetto. Non c'era nulla di cui preoccuparsi, in fondo: no? Tutto stava andando per il meglio.

Con un unico, fluido movimento si alzò dal divano e andò ad appostarsi dietro la poltrona. Diede un'occhiata alle pagine, iniziando a stuzzicare un po' i riccioli di Aziraphale. Non era veramente interessato a ciò che c'era scritto davanti ai suoi occhi e l'altro lo sapeva benissimo.

    In ogni caso, l'angelo non fece una piega. «Cosa c'è?» Chiese semplicemente. Aveva fatto di tutto per sembrare ancora stizzito, ma la domanda venne fuori con un velo palpabile di dolcezza.

    «Niente, pensavo solo a tutte le cose che devo ancora portare qui.»

    «Se vuoi le andiamo a prendere. Ti do una mano.»

    «Nah, magari dopo.»

Non avevano nessuna fretta, nessuno che li seguisse o inseguisse. Crowley assaporò quella convinzione, spostando la mano verso le guance morbide che tanto adorava. Le accarezzò, guardando con piacere il rossore farsi sempre più evidente sul volto dell'altro. Non c'erano parole per descrivere quanto lo adorasse.

    Con un sospiro, Aziraphale cedette: «Perchè non mi chiedi semplicemente di spostarmi sul divano?»

    «Perchè non sarebbe divertente.»

    Staccando gli occhi dalle pagine, l'angelo volse lo sguardo al cielo: «Ti piace solo stuzzicarmi» disse alzandosi e andando a sedersi sul suo lato di divano.

    Crowley ridacchiò: «Puoi dirlo forte». Andò a ributtarsi sui cuscini, poggiando la testa sulle gambe del suo amato. Accolse la mano dell'altro tra i suoi capelli, felice di averla spuntata anche quella volta.

Si riaddormentò sotto il tocco di quei gesti dolci e affettuosi, dimenticandosi di quell'incubo che in realtà era un ricordo.

Non aveva idea del perché la sua mente ingarbugliata lo avesse ritirato fuori... Era passato tanto di quel tempo, l'Inferno aveva tenuto d'occhio quella famiglia per molto tempo ancora.

Ma non gli importava.

Esisteva una sola ed unica cosa importante, adesso. E ce l'aveva accanto.

   
 
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