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Autore: Bombay    18/04/2023    0 recensioni
Dal testo: - Non ho mai scritto un diario, l’ho sempre trovata una cosa inutile, ma questo quaderno me lo ha dato Hajime, il suo regalo per il diploma "Puoi usarlo come un diario di viaggio, così non ti dimentichi di raccontarmi le cose, le appunti qui e quando ci sentiamo me ne parli e quando torni hai un ricordo del tempo passato lì" -
[Challenge 1st April - sfida mensile - indetta dal gruppo FaceBook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Challenge 1st April - sfida mensile - indetta dal gruppo FaceBook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”

2° entries

 

Genere: introspettivo

Tipo: flash-fic

Personaggi: Tooru Oikawa

Rating: PG, verde

Avvertimenti: slice of life, malinconico

PoV: prima persona

Spoiler: sì, post time skip

Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Haruichi Furudate. I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

 

Io, Tooru

(2° pagina)

 

20 aprile 2013

Ascolto il rumore della strada sottostante, i richiami e le risate che giungono dalla finestra aperta.

Sono a San Juan, in Argentina, ho impiegato un giorno intero a riprendermi dal viaggio, quando sono arrivato nel mio appartamento sono crollato esausto per la stanchezza e l’emozione.

Piano piano mi sto rendendo conto di quello che ho intorno, ho imparato a orientarmi, in questa nuova e grande cittadina, l’appartamento che mi hanno assegnato e a un quarto d’ora a piedi dalla sede della squadra (per fortuna)

Le persone qui sono gioviali, anche se mi guardando comunque con un po’ di sospetto, dopotutto sono uno straniero lo sarò sempre per loro.

Ho conosciuto la squadra ed ho iniziato subito ad allenarmi con loro, non so cosa mi aspettassi, ma sicuramente non la freddezza con cui sono stato accolto.

Non sono niente per loro, se non un ragazzino raccomandato spuntato dal nulla.

Sono tutti più grandi di me, sono tutti ottimi giocatori, mi alleno dando tutto me stesso come ho sempre fatto, ma non sembra bastare mai, non riesco ad ingranare come vorrei, hanno un livello superiore al mio è inevitabile.

Mi sento fuori posto e inadeguato, ma stringo i denti e vado avanti, dopo tutto sono qui da pochi giorni.

Il palleggiatore titolare mi ha squadrato dall’alto in basso, mi ha rivolto sì e no un saluto, non gli sto simpatico o forse… forse si sente minacciato da me.

Questo mi fa sorridere tristemente, minacciato da un ragazzo più giovane, con più talento di lui.

Dopo tutto la storia si ripete, sempre.

Mi è tornato in mente un ricordo simile al fatto che mi è accaduto oggi, solo che ero io quello che guardava male il nuovo arrivato: Kageyama.

A distanza di anni mi rendo conto di avere esagerato, Tobio è un talento naturale, per lui giocare a pallavolo è facile come respirare.

Mi sono sentito minacciato da lui alle medie e quando il coach mi ha sostituito ho dato la colpa a Kageyama, ma la realtà era che era colpa mia della mia insicurezza.

Chissà se Tobio si è sentito come me in questo momento, smarrito e abbattuto.

Mi chiedo una volta di più se ho fatto la scelta giusta… a venire qui… ho tanto da imparare, lo so, l’ho sempre saputo: mi devo allenare per supplire alla mancanza di talento, per affinare la mia tecnica, la mia capacità di gioco se voglio un posto da titolare.

Titolare.

Sono sempre stato titolare, non ho mai dovuto guadagnarmi il posto in squadra, l’ho sempre dato per scontato.

Alle medie e alle superiori appena entrato in squadra… è facile diventare titolari se gli altri tuoi compagni hanno un livello inferiore al tuo… ma se sono tutti più bravi di te come si fa?

Si dimostra di meritarselo, si cerca di migliorare ogni giorno di più, si lavora sodo.

Ho chiamato Hajime e gli ho raccontato tutto, la prima cosa che mi ha detto è di farmi degli amici, di non isolarmi e di non esagerare con gli allenamenti.

Non avrei mai pensato di dirlo, ma Iwaizumi mi manca, mi manca il suo modo brusco di rapportarsi con me, di dirmi chiaro e tondo quello che non voglio sentire, a modo suo di spronarmi e aiutarmi nei momenti di difficoltà.

Sento l’assenza di mia madre, che si affaccia alla porta dicendomi che la cena è pronta, di non rovinarmi gli occhi a guardare per la milionesima volta una partita, che la so a memoria.

Ho nostalgia di mio padre che mi chiede come è andata la giornata, di ascoltare la sua voce mentre racconta qualcosa che è successa al lavoro.

Mi manca casa…

   
 
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